CLAUDINI, Giulio Cesare
Nacque a Bologna da Tommaso e da Ippolita Dosi, intorno agli anni 1550-53 come si può dedurre dal suo curriculum di studi, anche se i biografi tacciono sulla data di nascita. Il padre Tommaso, proveniente da Mondaino (Rimini), aveva ottenuto per il solo anno 1540-41 la lettura di retorica presso lo Studio di Bologna e si era bene inserito nella vita pubblica tanto da ricevere nel 1592 la cittadinanza per sé e per i suoi discendenti, mentre la madre Ippolita Dosi apparteneva ad una famiglia di giuristi bolognesi.
Il Fantuzzi racconta che il C. da giovane si applicò allo "studio delle belle lettere", ma nulla di specifico risulta in tal senso, a meno che non si voglia ricordare la buona cultura della famiglia, oppure qualche citazione di classici all'interno delle sue opere. Il C. conseguì la laurea in filosofia e medicina il 4 dic. 1574 presso lo Studio bolognese, che proprio in quegli anni (nel 1570 era stata istituita la lettura speciale di anatomia ordinaria) era protagonista nel settore della medicina di un rinnovato interesse per i testi classici e per la ricerca scientifica ed ospitava professori come l'Aranzio e il Tagliacozzi. Nel 1578 il C. iniziò la sua trentennale carriera di insegnante; per i primi due anni ottenne la cattedra "ad logicam matutinam", dal 1580 quella "ad philosophiam extraordinariam" per sette "anni, durante i quali ebbe per collega, tra gli altri, anche il famoso Camillo Baldi; dal 1587 fu destinato all'insegnamento della "practica medicinae extraordinaria" (terza ora di lezione del mattino), e poi nel 1591 a quella ordinaria (seconda ora del pomeriggio). Nel 1588 ottenne dal Senato la provvisione di cui godeva il padre; ebbe due figli maschi, Pompeo, che divenne canonico della cattedrale, e Francesco, che fu lettore di logica, di medicina teorica e pratica e di filosofia ordinaria (1614-1648). Non sappiamo se anche la beata Giulia Faustina Claudini (1583-1657), priora del monastero di S. Mattia, fosse sua figlia.
Il C. riscosse notevole successo e ampio consenso tra i colleghi, i seguaci e gli scolari, come testimoniano gli epigrammi, le odi: le lettere che, per quanto costituiscano letteratura di occasione, gli furono indirizzati e pubblicati come introduzione e degna cornice alla stampa delle sue opere. I suoi primi scritti, anteriori al 1606, come si deduce dalla prefazione delle Responsiones, sono legati alle lezioni universitarie, per le quali era rigidamente previsto nell'arco di tre anni il commento alla "quarta pars primi Avicennae", al "de morbibus particularis" e al "de febribus": si tratta delle Lectiones de febribus e del De re medica opuscola (mss. 484 e 314 della Biblioteca Estense di Modena) e del gruppo di brevi trattati, De sanguinis missione,De hyrundinis,De malleorumsacrificatione,De purgatione (mss. 258 della Biblioteca Classense di Ravenna). La sua fama, diffusasi anche a livello europeo, era però fondata non su scoperte scientifiche, ma sull'abilità professionale, tanto è vero che la prima opera a stampa, il Tractatus de natura et usu lacti et seri, di carattere strettamente divulgativo, non a caso fu pubblicata a Francoforte nel 1605 a cura di Joseph Lautenbach in appendice ai Consilia medicinalia di Antonio Maria Venusti. Nel 1606 a Venezia il C. pubblicò il Responsionum et consultationummedicinalium tomus unicus, dedicandolo ai cinquanta senatori di Bologna, subito ristampato nel 1607 ancora a Venezia e a Francoforte, composto di quarantatré responsiones, ciascuna delle quali è indirizzata ad alcuni medici, in particolare bolognesi e della prima metà del sec. XVI; in esse il C. affronta varie quaestiones, come per esempio la "putredo", la "sectio venae", le "febres", fornendone la definizione (il rinvio canonico è ad Aristotele, Galeno, Ippocrate), ripercorrendone la storia e prendendo posizioni personali; fanno seguito centoquarantasette consultationes, nelle quali sono esaminate le più disparate malattie (dolori reumatici, febbri, emicranie, ecc.), consultationes che costituiscono un interessante documento storico e un panorama della vita cittadina, in quanto ciascuna di esse è indirizzata ai più eminenti personaggi, ecclesiastici e nobili (Alessandro Farnese, Orazio Spinola, Beatrice d'Este, ecc.), ambasciatori, generali di Ordini religiosi, nella maggior parte dei casi citati espressamente, di rado (e con discrezione) lasciati nell'anonimato in rapporto al tipo di malattia.
Il C. doveva essere legato al ceto benestante della città, come suggerisce il fatto che nella chiesa di S. Biagio il pittore Giovanni Battista Gennari dipingeva una tavola per l'altare della famiglia Claudini (A. Masini, Bologna perillustrata, Bologna 1666, p. 136); ed inoltre doveva riscuotere la fiducia delle gerarchie ecclesiastiche poiché il 2 ott. 1610 era chiamato per accertare l'integrità di alcune reliquie (i corpi di s. Vitale e s. Agricola) che erano state traslate dalla basilica di S. Stefano alla chiesa del Cenacolo (ibid., p. 509). Né gli mancò il consenso e il concreto aiuto delle autorità pubbliche, in quanto il Senato con un decreto del 27 febbr. 1612 stanziò la somma di 600 lire per la stampa delle sue opere. Nel 1612 infatti il C. pubblicò il De ingressu ad infirmos dedicato al cardinale Benedetto Giustiniani, opera nella quale è delineata la figura del medico e ne sono indicati i compiti, che vanno dalla "interrogatio" alla "visita" del malato, dalla diagnosi del "morbo" fino ad esortare il malato al sacramento della confessione.
L'opera, chiaramente rivolta ad un interesse "practico", prosegue con la tradizionale distinzione in materie chirurgiche, farmaceutiche e dietetiche e si conclude con due trattati in appendice, il De remediis generosioribus (che riprende con una terminologia simile il De natura et usu del 1605) e il De sede principum facultatum, nel quale il C., in linea con il recupero dei testi antichi e la conseguente polemica contro i commentatori, confuta le tesi di Averroè e Avicenna a proposito delle tre "facultates" ("imaginatrix, ratiocinatrix, memoratrix"), le quali non devono essere ricondotte ai "ventricoli del cervello" e quindi ad un luogo specifico di esso.
Nello stesso anno 1612 il C. pubblicava a Bologna il De catarrho tractatus, anche esso dedicato al Senato bolognese; di tale affezione, così "comune nella nostra Bologna", il C. ricerca la "causa" con rinvio a Galeno e Ippocrate, e analizza le differenze e i segni, proponendo anche consigli curativi. Ancora nel 1612 pubblicò ivi il De crisibus et diebus criticis, ovvero la "repentina mutatio in morbis", trattato in cui enumera i vari tipi di "crisi" e segnala i tempi specifici, nonché affronta un tema molto discusso tra i medici del tempo, cioè la questione dell'influsso degli aspetti celesti: il C., in polemica con Fracastoro e Nifo, sostiene che la causa del "dies critici" non dipende dal movimento della luna in congiunzione con i singoli segni zodiacali, ma dal movimento della stessa solo in relazione ai propri "quarti".
Per il C. non mancarono le polemiche, come quella che lo oppose ad Angelo Sala a proposito di Galeno, oppure quella che Ippolito Obicio svolse contro di lui in appendice al Iatroastronomicon (Vicenza 1618).
Il C. morì il 2 febbr. 1618 a Bologna.
La sua fama continuò nella prima metà del secolo. Moltissime furono le ristampe delle opere, le Responsiones ad Hannover nel 1678 e a Venezia nel 1646, il De ingressu a Basilea nel 1617 e ad Hannover nel 1627 a cura del figlio Francesco (ma ancora a Venezia nel 1628, Basilea 1641, Francoforte 1671, Venezia 1663 e 1690), il De sede facultatum a Basilea nel 1617 e a Parigi nel 1647 a cura di Caspar Hofmann. Soprattutto è interessante notare che nel 1653 a Bologna venne pubblicata dal nipote Giulio Cesare Claudini l'Empirica rationalis libri VI absoluta, dedicata a Ferdinando II de' Medici, dopo che il figlio Francesco (morto nel 1648) l'aveva preparata per la stampa. Un'opera davvero monumentale (il primo tomo è di 958 pagine, il secondo di 399 più un indice molto copioso) che costò ben 2.000 ducatoni al Senato bolognese e che però sembrava essere sollecitata dai massimi dottori del tempo: essa è una trattazione ordinata e sistematica di tutte le malattie allora conosciute, a partire dai morbi esterni ed interni, fino ad arrivare a quelli dei bambini oppure a quelli occulti; per ciascuno di essi il C. fornisce annotazioni sulle cause, indicazioni e consigli utili e soprattutto ricette farmaceutiche.
Fonti e Bibl.: P. A. Orlandi, Not. degli scrittori bolognesi e delle opere loro stampate e mss., Bologna 1714, p. 180; J. J. Manget, Bibliotheca scriptorum medicorum veterum et recentiorum, I, 1, Genevae 1731, pp. 76-77; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 177-179; S. Mazzetti, Rep. di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 96; J. H. Baas, Grundriss der Geschichte der Medicin und des heilenden Standes, Stuttgart 1876, p. 411; I Rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese..., a cura di U. Dallari, II, Bologna 1888, ad Ind.; G. Zaccagnini, Storia dello Studio di Bologna durante il Rinascimento, Genève 1930, p. 308; L. Simeoni, Storia della Univ. di Bologna, II, Bologna 1940, p. 55; L. Thorndike, Ahistory of magic and experimental science, VI, New York 1941, p. 431; VII, ibid. 1958, p. 108; G. Mazzatinti, Inv. dei mss. delle Bibl. d'Italia, IV, p. 201; P. O. Kristeller, IterItalicum, I, pp. 370 s.