RAVIZZA, Giuliano
Nacque a Pavia l’8 maggio 1926, secondo di due figli (dopo Carla, nata nel 1923) di Gilio e di Maria Milani. I genitori si erano sposati nel 1922. Il nonno paterno, Luigi, era vetturino agli inizi del secolo.
Il padre era nato nel 1899. Nel 1917 era stato uno dei 'ragazzi del 99' mandati al fronte durante la Grande Guerra. Avviò la sua attività sartoriale dal niente, come spesso accadeva in quegli anni. Aveva iniziato a lavorare da bambino, non appena terminata la terza elementare. Dopo il matrimonio con Maria, figlia di un ferroviere, Gilio si dedicò al lavoro nell'abitazione dove viveva con la moglie e i figli, un appartamento di circa 150 metri quadrati dei quali oltre cento erano riservati al laboratorio, che comprendeva una sala prove e una piccola sala d’attesa. Abile artigiano del taglio, Gilio ebbe successo, arrivando ad assumere nel suo piccolo laboratorio una dozzina di lavoranti. Giuliano ebbe un'infanzia serena, trascorsa tra i tavoli di lavoro del padre con l'unica parentesi della partenza di Gilio per il Corno d’Africa in cerca di maggior fortuna, una esperienza iniziata con il viaggio in nave da Genova e terminata, con esito deludente, circa un anno dopo.
Nel 1936 Gilio aprì il primo negozio, la 'Boutique Ravizza', nel centro di Pavia, a pochi passi dal palazzo storico dell'Università (oggi sede della Fondazione Banca del Monte). Nel 1940 fu la volta del secondo negozio, 'Casanova veste tutti'.
Giuliano si applicò con molto impegno negli studi. Dal 1940 al 1943 concluse con profitto tre anni di Istituto tecnico e scelse quindi il Liceo scientifico, al Taramelli, affrontando le ultime due classi in un unico anno scolastico. Si era scoperto pianista di valore: aveva sei anni quando il padre, come già aveva fatto per la sorella Carla, lo aveva mandato a lezione di piano dal maestro Guido Farina, docente al Conservatorio di Milano. In seguito imparò a suonare la fisarmonica, la chitarra e la batteria. Suonò con il famoso direttore d'orchestra Gorni Kramer e con molti complessi in voga a quei tempi e ne formò uno suo, con quattro amici, il Quintetto goliardico, che si esibì con successo dal 1946 al 1949.
Nel 1944 si iscrisse al primo anno della facoltà di medicina nell'Università della sua città. Si era in piena guerra e ricevette la cartolina precetto: la sua leva, il 1926, sarebbe stata l’ultima a essere chiamata alle armi. Grazie alle amicizie del padre venne arruolato nella Guardia di Finanza e prestò servizio come militare semplice per diciotto mesi a Milano, al comando di via Melchiorre Gioia.
Nel 1946 iniziò l'internato in clinica medica al Policlinico San Matteo di Pavia. Il 20 luglio 1950 conseguì la laurea in medicina con 110, discutendo una tesi su 'Il fegato nell'intossicazione dei farmaci'. Iniziò l'internato in clinica medica, al Policlinico San Matteo.
Nello stesso anno Gilio Ravizza aprì il terzo negozio, che chiamò 'Grandi magazzini al Duomo'.
Il 21 febbraio 1952 Giuliano sposò Antonietta De Silvestri, conosciuta otto anni prima nei corridoi del Liceo. Il 26 marzo 1953 nacque la figlia Simonetta. Furono giorni di paura quando alla famiglia Ravizza fu recapitata una lettera anonima con una richiesta di due milioni di lire e minacce alla vita della bambina, che aveva poco più di un anno. Il responsabile venne arrestato dagli agenti della questura: giocava, era pieno di debiti, gli servivano soldi. Aveva una bambina dell'età di Simonetta, era coetaneo di Giuliano, che lo perdonò. Il giovane fu condannato a nove mesi di reclusione.
Un giorno del 1955 Ravizza annunciò a una quindicina di pazienti in corsia la sua decisione di abbandonare la professione medica. Si sarebbe dedicato all' imprenditoria e alla moda, anche perché, nel frattempo, il padre si era gravemente ammalato.
Nel 1955 compì il suo primo viaggio negli Stati Uniti, a New York, spronato dal padre che ne vinse la riluttanza con una frase che amava ripetergli: «Devi andare e imparare». Rimase profondamente impressionato dai grandi centri, che vedeva per la prima volta, dove accanto ai negozi di abbigliamento si aprivano bar, ristoranti, locali di svago. Tornò a Pavia e iniziò ad affinare la grande intuizione che avrebbe sviluppato di lì a poco: coniugare l'alta sartoria con il prêt-à-porter. Un'idea rivoluzionaria per i tempi, sintetizzata in un cartello esposto nella boutique Ravizza: Abito su misura in 24 ore.
Il 22 aprile 1957 nacque il figlio Ruggero, detto Gegio.
Nel 1960 Ravizza aprì i magazzini 'La Tex', il primo negozio di prêt-à-porter per uomo, donna e bambino. Un negozio rivoluzionario per l'epoca, molto simile agli attuali department store, caratterizzato da una scala mobile, una vera innovazione.
Nello stesso giorno, il 19 marzo, era nato il figlio Riccardo, detto Dado. Nel 1963 aprì la boutique 'Annabella', in piazza della Vittoria, a Pavia. Un nome che richiamava il popolare settimanale femminile, pubblicato dall'editore Angelo Rizzoli, amico di Ravizza. L'imprenditore aveva concordato quel nome con Rizzoli, che garantiva un importante supporto pubblicitario.
Nel 1965 il complesso, tra sarti, commessi e lavoranti, raggiunse 250 dipendenti. Il 25 aprile 1965, convinto da una offerta «nettamente superiore al valore di quello che noi possedevamo», Gildo e Giuliano Ravizza firmarono l'atto di vendita dell'avviamento dei magazzini La Tex che divennero i magazzini Standa. I Ravizza mantennero però la proprietà immobiliare.
Il 15 dicembre 1965 morì, a 66 anni, il padre. Una mancanza enorme per Giuliano, che vedeva in lui non solo la figura paterna ma anche un maestro di vita e un punto di riferimento.
Il 26 dicembre 1969 un violentissimo incendio, provocato da un corto circuito, si sprigionò all'interno di 'Casanova', uno dei negozi di maggior prestigio della famiglia Ravizza, illuminato da centinaia di lampadine per le festività natalizie. Le fiamme devastarono l'intera struttura, tra corso Cavour e via XX Settembre. Ravizza dichiarò che Casanova avrebbe riaperto. Fu così, solo dieci giorni dopo, il 6 gennaio 1970, in corso Cavour.
A 43 anni, a capo di una società in attivo e in continua ascesa, decise di seguire la sua vocazione di imprenditore visionario. Intuiva le possibilità di sviluppo legate al concetto di 'lusso accessibile'. Vendette tutti i negozi tranne le boutique Annabella, che ampliò: una superficie di 2000 metri quadrati, dove si aprivano tredici vetrine. Acquistò lo storico e vicinissimo 'Caffè Demetrio', un punto di riferimento per Pavia.
Il marchio Ravizza cedette il posto al logo rosso e oro di Annabella. Fu il momento della svolta, di una sorta di cambiamento epocale nell'attività e anche nella vita di Ravizza. Non sarebbe stato più un sarto, ma uno stilista e un pellicciaio. E la pelliccia da costoso capo di abbigliamento sarebbe diventato prêt-à-porter, a prezzi accessibili, alla portata del grande pubblico e non solo di una facoltosa élite. Era appunto la filosofia del 'lusso accessibile' che ispirava da tempo la visione imprenditoriale e la genialità di Ravizza. La propagandò facendo pubblicare sui giornali i prezzi dei suoi capi. Erano le sue maxipellicce, il modello che voleva proporre quando la moda del tempo imponeva, invece, pellicce corte e piuttosto smilze, molto simili ai cappotti. Dai laboratori degli artigiani della pelliccia, che Ravizza frequentava assiduamente, uscirono prima decine, poi centinaia di pellicce.
La pubblicità fu l'altra grande intuizione ed esaltò il genio di Ravizza nel marketing per la promozione, nazionale e mondiale, delle pellicce Annabella. Le sua campagne di lancio segnarono un cambiamento definitivo: l'impostazione delle campagne di vendita e promozione costruite sulla pubblicità sui settimanali femminili, sui litorali con aerei che trainavano striscioni con lo slogan Annabella, nei campi di calcio. All'epoca la Rai rifiutava di pubblicizzare prodotti di lusso come le pellicce. Negli anni Sessanta - Settanta il primo canale della Rai trasmetteva, nella serata di domenica, la telecronaca registrata di un tempo di una partita di calcio di serie A (o di B se la massima divisione era ferma) e Ravizza fece collocare negli stadi i cartelloni della pellicceria Annabella che le telecamere, seguendo lo svolgimento degli incontri, non potevano fare a meno di inquadrare.
Nel 1970 presentò le sue creazioni alla prima del film La caduta degli dei di Luchino Visconti, al cinema Capitol di Milano. Un’occasione mondana ed esclusiva, che vide sfilare spendide modelle con le pellicce di Annabella, disegnate per l'occasione da Jole Veneziani. Il 7 dicembre 1970, per la tradizionale serata di Sant'Ambrogio, le creazioni di Ravizza sfilarono alla Scala. Venivano rappresentati I Vespri siciliani di Verdi, direttore d'orchestra Gianandrea Gavazzeni, protagonista femminile la soprano Renata Scotto. Fra il pubblico, la grande cantante lirica Maria Callas. Il 13 dicembre apparve sul Corriere della Sera una intera pagina sulla sfilata.
Donne bellissime e famose, icone di stile, si presentarono all’atelier Annabella di Pavia. Ira Fürstenberg, principessa, attrice e designer, nipote di Giovanni Agnelli, attrici come Gina Lollobrigida, Lea Massari, che posò in un servizio fotografico con un maxi visone bianco, Sylva Koscina, Virna Lisi, che ricevette a Roma Ravizza e le sue creazioni. Florinda Bolkan posò per diversi servizi fotografici; anni dopo, Monica Bellucci e Brigitte Nielsen. Cantanti come Milva, Iva Zanicchi, Rosanna Fratello, Domenico Modugno, Lucio Dalla, Al Bano e Romina Power, Peppino di Capri, Nicola di Bari e ancora attori come Gino Bramieri e Walter Chiari. Più tardi l'attore francese Alain Delon, non solo testimonial ma anche amico di Ravizza.
Ravizza precorse i tempi anche quanto al potenziale pubblicitario delle top model, un fenomeno che sarebbe esploso a livello internazionale soltanto una ventina di anni dopo. Per indossare le sue pellicce scelse Veruschka, la top model che nel 1972 aveva girato il film Salomè di Carmelo Bene. La sua immagine sensuale e nello stesso tempo eterea, distante, quasi aliena, aveva fatto scalpore. Ravizza, facendole indossare le sue pellicce, la trasformò in una donna elegante e dolce nello stesso tempo.
Nel 1974 ebbe dalla città di Sanremo il premio Delfino d'oro per le sponsorizzazioni del Festival della canzone. Nel 1975 ricevette, a Milano, il premio Madonnina insieme con Sophia Loren. Era negli Stati Uniti e il premio venne ritirato dal figlio Ruggero, all'epoca diciottenne.
Nel 1976 Ravizza riuscì a riunire sul palco del Festival Corrado, presentatore ufficiale della manifestazione, Mike Bongiorno, come presentatore del défilé di Annabella, il vecchio amico Walter Chiari e Paolo Villaggio. Ravizza guardò al mondo delle televisioni e ai cambiamenti che avvenivano negli anni Settanta. Fondamentale fu l'incontro, nel 1970, con Mike Bongiorno. Ne nacquero una grande amicizia e l'assidua presenza di Ravizza e della pellicceria Annabella nelle trasmissioni del 're del telequiz'.
Nel 1976 la nascita di Telemilano, antenata del network Mediaset, determinò l'incontro fra Ravizza e l'imprenditore Silvio Berlusconi.
I primi spot televisivi realizzati da Ravizza erano semplici: l'ormai classico marchio Annabella e in sottofondo le note del Sogno d’amore di Franz Liszt, che sarebbe rimasto nel corso degli anni anche per gli spot più sofisticati e romantici, come quelli interpretati da Alain Delon. Nello stesso anno la 'Sojuz Pusnina', che aveva riconosciuto in Annabella il canale migliore per far conoscere le pelli russe in Italia, invitò ufficialmente Ravizza in Unione Sovietica. Il 14 novembre sarebbe dovuto partire dalla Malpensa un volo speciale con a bordo Ravizza, il figlio Ruggero, venti indossatrici, cinquanta giornalisti, una trentina di politici in rappresentanza dei vari partiti. A causa di una bufera che si era abbattuta su Mosca, la partenza ritardò di ventiquattr'ore. La sfilata andò in scena il 17 novembre nelle sale congressi dell'antico e prestigioso Hotel Sovietskaia. Era curata dalla regista televisiva Liliana Simonetta, che da anni si occupava delle manifestazioni di Annabella. Erano presenti anche Viktoria, moglie del segretario del PCUS Leonid Breznev, Linda Gromyko, moglie del ministro degli Esteri Andrej Gromyko, e la prima ballerina del Bolshoi Maria Plisetskaya. Durante la sfilata mancò la corrente elettrica e si rimediò con i generatori. Il successo fu enorme.
Nel 1978 le maxipellicce di Annabella vennero presentate a Leningrado e al premio Maschera d'argento, al Teatro Sistina di Roma. Nel 1979 la principessa Grace di Monaco offrì a Ravizza di partecipare come benefattore al celebre ballo della Croce rossa monegasca, uno dei più grandi eventi mondani. Seguì una tournée a Washington e a New York, per il bicentenario degli Stati Uniti. Ravizza era accompagnato da molti artisti italiani, fra cui il tenore Luciano Pavarotti. Nel 1980, per le Olimpiadi di Mosca, realizzò, in visone russo, gli esemplari di Misha, l'orsacchiotto portafortuna dei Giochi, donati in seguito ai capi di Stato delle nazioni partecipanti.
Furono gli anni di maggiore affermazione e maggiore notorietà per Giuliano Ravizza, consacrato come uno degli ambasciatori del 'made in Italy' nel mondo, conosciuto a New York come a Mosca. I tre figli lo affiancavano nel lavoro all'atelier. Per molti era il 'signor Annabella' o 'mister Annabella'. Coniò il motto 'Pavia capitale della pelliccia'. Su questo non transigeva: chi voleva una pelliccia Annabella doveva recarsi da lui a Pavia. Per chi arrivava in treno, corsa gratuita in taxi dalla stazione all'atelier e ritorno.
Ravizza fu sequestrato poco prima delle 19.30 del 24 settembre 1981, mentre rincasava a piedi. Un commando dell’«Anonima sequestri» calabrese era in agguato davanti alla sua abitazione, in viale della Libertà, a Pavia. Era una serata di pioggia, un giovedì. L'imprenditore ebbe appena il tempo di gridare e tentò di aggrapparsi a un paletto della segnaletica stradale. Tre uomini armati di pistola e a viso scoperto lo costrinsero a salire su una Fiat 131 di colore grigio metallizzato, con alla guida un quarto complice. Perse gli occhiali, le scarpe, la borsa. L'auto partì subito, a gran velocità, in direzione della statale per Genova. Ravizza girava armato, teneva nel borsello una 6.35, ma non aveva mai avuto motivi di timore. Era un obiettivo facilmente controllabile, ogni giorno gli stessi percorsi, agli stessi orari.
Ravizza era dolorante per un costola incrinata e un colpo ricevuto alla nuca, incappucciato con un passamontagna, infreddolito, terrorizzato. Dopo una sosta prolungata in un prato ad Alessandria, i sequestratori lo portarono a Torino. La prima prigione fu un appartamentino di due camere al quinto piano di uno stabile in via Vanchiglia. Verso il 17-18 ottobre fu trasferito in una cantina in via San Massimo, dove rimase per tre notti. Venne quindi portato in una mansarda a Borgaro Torinese. Il 23 ottobre iniziò il viaggio di trasferimento in Calabria a bordo del taxi Mercedes di un autotrasportatore di Ciriè, 'arruolato' dai rapitori.
La prigionia sull'Aspromonte fu terribile, per il gelo e le condizioni in cui veniva tenuto l'ostaggio, incatenato in una piccola grotta, cappuccio sulla testa, tappi nelle orecchie. Momento particolarmente difficile fu quando il prigioniero si ammalò di una broncopolmonite contro cui lottò per quindici giorni, curandosi da solo con gli antibiotici.
Le richiesta di riscatto fu di cinque miliardi di lire. Le trattative vennero condotte in prima persona dalla figlia Simonetta, la 'Sima' di famiglia, affiancata da Edoardo Monti, legale e amico dei Ravizza, e dall'avvocato milanese Cesare Maria Dedola.
Ravizza fu liberato la notte del 25 dicembre 1981, nei pressi di Bruzzano Zeffirio (Reggio Calabria), dopo 93 giorni di prigionia. Erano stati pagati quattro miliardi e centosessanta milioni in due rate: la prima, un miliardo e centosessanta milioni, consegnata il 16 novembre nelle vicinanze dell'abitato di Gallina; la seconda, di tre miliardi, versata il 24 dicembre al bivio per Casignana.
Il 26 dicembre Ravizza fece ritorno a Pavia. Nel gennaio del 1982 scattarono i primi fermi e arresti. Il 2 agosto 1983 Aldo Cicala, giudice istruttore del Tribunale di Pavia, firmò l'ordinanza di rinvio a giudizio per venti delle ventotto persone indagate. Il processo iniziò il 17 ottobre 1983. Ravizza non si costituì parte civile e annunciò pubblicamente, sui giornali, il suo perdono ai sequestratori.
Ravizza depose in aula nell'udienza del 28 ottobre. Il presidente Angelo Scati lesse la sentenza il 21 novembre, dopo una camera di consiglio durata otto ore. Furono inflitte condanne per un totale di 240 anni di reclusione a sedici degli imputati. Una fu l'assoluzione per non aver commesso il fatto e due per insufficienza di prove. La posizione di una delle donne dell'organizzazione criminale fu stralciata per un rinvio alla Corte costituzionale perché si pronunciasse sulla legittimità della concessione di attenuanti, legata al ruolo marginale avuto dall'imputata nella vicenda.
Il 7 gennaio 1985 iniziò il processo di secondo grado, davanti alla terza Corte d'appello di Milano. Il 18 gennaio la sentenza, più severa di quella uscita a Pavia: 249 anni complessivi contro i 240 del primo grado, anche se alle tre assoluzioni per insufficienza di prove se ne aggiunse una quarta. Pene confermate per il nucleo centrale dei sequestratori e più dure per i tre latitanti. Il 18 novembre la Cassazione rese definitive la condanne.
Per un breve periodo, appena dopo l'esperienza del sequestro, Ravizza accarezzò l'idea di abbandonare l'attività di imprenditore che gli aveva dato fama e successo, ma al contempo una grande visibilità, concausa del rapimento. Meditava un ritorno alla professione medica. Era sempre rimasto iscritto all'Ordine. Riprese poi il lavoro nelle pellicceria, affiancato e spronato dai tre figli. Annabella diventò anche altro: occhiali, profumi, oggettistica varia.
Nel 1984 il regista Franco Zeffirelli, che aveva conosciuto Ravizza dieci anni prima, realizzò per Annabella uno spot d'autore (il primo nella storia televisiva) con la modella americana Jerry Hall, al tempo moglie di Mick Jagger, frontman dei Rolling Stones. Furono tre giorni di riprese su un set allestito a Cinecittà, affiancato da professionalità di primo piano, come Piero Tosi per i costumi. Nel 1987 Ravizza mise a segno un altro colpo pubblicitario: uno spot con testimonial Alain Delon e una giovanissima Monica Bellucci, per la regia di Gavino Sanna. L'attore francese fu testimonial delle creazioni di Giuliano e poi di quelle di Simonetta Ravizza, dal 1987 al 2001.
Nel 1990 a Ravizza venne diagnosticato un tumore a un polmone. Lottò con determinazione contro la malattia, senza mancare un solo giorno al lavoro nell'atelier. Lo stesso anno pubblicò con Rusconi la sua autobiografia Dentro una vita, curata da Roberto Alessi.
Morì a Pavia il 9 ottobre 1992.
Drammatica e toccante la testimonianza dell'amico Mike Bongiorno sull'epilogo della vita di Ravizza, raccolta in Dentro una vita: «L'ho visto l'ultima volta quando c'è stata la presentazione della collezione della figlia Simonetta al Teatro Nuovo di Milano. Ero seduto al suo fianco. Com'era sua abitudine, dopo la sfilata ed il party, mi accompagnò verso l'uscita, ma, arrivato al primo scalino, mi disse: "Scusa Mike, ma proprio non ce la faccio a salire le scale. Mi devi scusare". Ci abbracciammo, come sempre, ma io sentivo che quello sarebbe stato il nostro ultimo incontro: non era mai successo che Giuliano si fosse tirato indietro davanti a qualcosa. Con lui se n'è andata una parte importante di me: siamo quasi cresciuti insieme, per trent'anni, trent'anni di lavoro, trent'anni di vita. Trent'anni, Giuliano, di autentico affetto». Un mese dopo la scomparsa dell’imprenditore, il Comune gli intitolò il Palazzetto dello sport cittadino che dal 1992 divenne il Palaravizza. Nel 2002, a dieci anni dalla morte, i figli decisero di donare al Comune di Torre d’Isola un parco pubblico attrezzato. In seguito, altre iniziative di carattere benefico, civico, culturale, vennero attuate a Pavia in memoria di Ravizza, come i restauri nel Duomo e quelli nella chiesa del Carmine. Nel 2010 allo stilista e manager vennero intitolati un trofeo di calcio e uno di basket. L'iniziativa chiamata 'Annabella Special Team' è attiva tuttora a supporto di ragazzi autistici. Oggi la storia di Giuliano Ravizza, della sua famiglia, della pellicceria Annabella, vengono studiate come case-history aziendale in varie università italiane e internazionali.
Nel 1952, consigliere del Pavia Calcio, Ravizza divenne presidente del consiglio di reggenza della squadra che nella stagione 1952-53 vinse il campionato di serie C a girone unico nazionale, ottenendo la promozione in B.
Sempre negli anni Cinquanta sponsorizzò importanti corse ciclistiche, legando il nome della Casa a campioni come Fausto Coppi, Gino Bartali, Fiorenzo Magni.
Dal 1977 al 1982 diede nome e determinanti contributi alla squadra femminile del Basket Annabella, divenendone presidente negli anni dei campionati in A, sino a sfiorare il titolo nazionale.
Dal 1985 al 1890 fu presidente onorario e sponsor della squadra di pallacanestro Annabella. Con lui il basket pavese ritornò in A, lottando, senza fortuna, per salire in A1. Furono anni indimenticabili. La città tutta veniva coinvolta attraverso una prestigiosa sede aperta in piazza Minerva, l'organizzazione di trasferte, la realizzazione di gadget.
Dal 1987 al 1890 Ravizza legò il nome di Annabella anche alle corse di motonautica Offshore Classe 1, attraverso la sponsorizzazione di imbarcazioni pilotate dai figli Riccardo e Ruggero.
Nel 1977 Ravizza divenne presidente della Croce verde, il sodalizio di autoambulanze di Pavia, e mantenne la carica fino al 1982. Fu presidente onorario fino alla morte. Nella sede della Croce verde oggi è presente un suo busto e gli è intitolata la sala riunioni.
Uomo generoso, la sua vicinanza concreta ai più bisognosi, alle persone in difficoltà, fu continua e soprattutto riservata e silenziosa, tanto da essere conosciuta, in parte, soltanto a distanza di anni. Nelle pagine dedicate alla sua scomparsa, La Provincia pavese del 10 ottobre 1992 pubblicò il ricordo di padre Costantino Ruggeri, il frate-artista del convento di Canepanova, a Pavia: «Una cosa che colpiva in lui era la sua disponibilità verso i più deboli. Spesso veniva da noi chiedendo cosa si potesse fare per alleviare certe sofferenze. Lo commuovevano i disperati costretti a dormire in stazione o sulle panchine nei parchi. Voleva a tutti i costi dare loro un tetto e un letto per riposare. Il suo pallino era la realizzazione di una moderna e accogliente casa d'accoglienza. Stava lavorando per raggiungere questo obiettivo».
I proventi della vendita dell'autobiografia vennero interamente devoluti alle famiglie dei detenuti. Nel libro Ravizza parlò del perdono ai rapitori, ai carcerieri dell'Aspromonte: «Proprio perché ho vissuto un'esperienza simile immagino come deve soffrire una persona in carcere, senza la libertà, e magari con la sola lontanissima speranza di riacquistarla. Mi immedesimo e se posso aiutare aiuto, lo faccio anche con semplici parole».
Partecipò finanziariamente anche alla realizzazione della prima sede della Casa del Giovane, una struttura fortemente voluta da don Enzo Boschetti per sostenere i giovani bisognosi di aiuto.
Ravizza scelse il marchio 'Annabella per la sua città' per aiutare, non soltanto come sponsor, l'arte e la cultura. L'ultimo dei molti regali che fece a Pavia fu il restauro dell'affresco di S. Siro in piazza della Vittoria, il 'salotto buono' della città.
G. Ravizza, Dentro una vita, a cura di R. Alessi, Milano 1990; il volume Giuliano Ravizza (ricordi e fotografie, a cura della famiglia Ravizza, stampato a Pavia, a tiratura limitata, il 9 ottobre 1993, a un anno dalla morte).
Su di lui molti sono gli articoli pubblicati dal Corriere della Sera, Il Giorno, La Notte, La Provincia pavese, la Repubblica, La Stampa.
Foto: per cortesia della famiglia Ravizza