CASSIANI, Giuliano
Nato a Modena il 24 giugno 1712 da Andrea e da Paola Guzzi, studiò nella città natale, dapprima presso i gesuiti, quindi al collegio di S. Carlo dedicandosi in particolare alle discipline filosofiche sotto il domenicano Natta, poi cardinale. Fu, invece, sostanzialmente un autodidatta nella sfera degli interessi letterari e artistici (di arte figurativa), divenuti presto preminenti, favoriti anche dal quieto ritmo della sua esistenza in una città ducale che, dalla metà del secolo (la pace di Aquisgrana fu da lui cantata in uno dei sonetti "civili") fino alla invasione francese del 1796, s'era di nuovo stabilizzata sotto gli Estensi, dopo la parentesi austro-sarda (1742-48) della guerra di successione austriaca.
Il ritorno di Francesco III e l'avvio a un dispotismo pacifico e illuminato, riformatore della vita civile e intellettuale, determinò anche a Modena un intenso rifiorire d'iniziative culturali, il sorgere di nuove accademie e istituti, la svolta neoclassica nell'attività letteraria. Il C. partecipò a questo rinnovamento come censore (nel 1750) della locale colonia arcadica dei Dissonanti (fu pure degli Ipocondriaci di Reggio Emilia); come maestro di ragion poetica, secondo un orientamento graviniano, nel Collegio dei nobili fra.il 1752 e il 1773; e infine, nell'università da un anno riaperta, come docente di eloquenza a partire dall'ottobre 1773, incarico associato all'altro di storiografo, che non sembra gli abbia dato spunto per consistenti scritti all'infuori dell'elogio del Tassoni (celebrato nella sua precorritrice ironia), tenuto come prolusione ai corsi il 25 nov. 1774.
La operosità letteraria del C., avviata fin dal 1737 con una serie di sonetti petrarcheschi in una raccolta offerta a Girolamo Tagliazucchi, già parca per la sua natura riservata e dubbiosa - fu un discepolo a pubblicargli l'unico libro di versi -, incontrò spesso l'ostacolo di una salute malferma, che lo costringeva talora a ritirarsi dalla città in campagna. Sposò, s'ignora quando, Maria Battaglia, dalla quale ebbe una figlia, Paola, e forse un figlio. Morì di apoplessia a Modena il 13 marzo 1778. L'anno seguente il letterato e poeta Luigi Cerretti, che gli era collega nell'università, ne tenne l'elogio ufficiale, esaltandone la probità di vita, la ricchezza di cultura e l'originalità dell'opera poetica.
Il C. non può certo ritenersi un protago, nista nella società estense, fervida d'iniziative e realizzazioni facenti capo al sovrano e al ministro Rangone (più volte ricordato nei suoi versi encomiastici), al grande esempio del Muratori che ispirò il primo codice civile, all'insegnamento di Agostino Paradisi, dello Scarpa e dello Spallanzani, e in letteratura alla scuola lirica d'atteggiamento latino, soprattutto oraziano, impersonata dai due Paradisi (Agostino e Giovanni), dal Cerretti e dal Lamberti, impegnata sulle orme del "poeta della ragione" a ricondurre la poesia, in accordo col pensiero riformatore, a maestra del vivere civile. Tuttavia alcune sue composizioni poetiche entrarono nel novero ristretto delle ammirate e imitate dalle grandi personalità di fine secolo e dei primi dell'Ottocento, continuando ad apparire nelle moderne sillogi della sterminata rimeria settecentesca, valorizzate nei nostri tempi anche dal Croce.
Si tratta di un gruppetto di sonetti nei quali il C., abbandonando le convenzioni e le occasioni arcadiche (encomi, nozze, monacazioni, genetliaci, ecc.), che spesseggiano nel suo Saggio di rime, fece propria, dicono per suggestione di un quadro, raffigurante il noto soggetto di Susanna adocchiata dai vecchioni, la tendenza "pittorica", sviluppatasi a partire dalla metà del sec. XVII sulla base del principio dell'ut pictura poisis, e proseguita con maggior prestigio nel sec. XVIII dallo Zappi e dal Frugoni. Il ratto di Proserpina, Susanna, La caduta d'Icaro, La moglie di Putifarre, Atteone, Psiche e altri sonetti su consimili argomenti mitologici e biblici divennero presto famosi, specialmente nelle scuole di recitazione. In essi - spiega il Cerretti nel suo Elogio - è toccato "il sublime della pittoresca poesia", poiché "in un idioma più indocile e meno icastico che non il greco o il latino, unico e primo fra gl'italiani, imporre osò volontario alla pittrice immaginazione un freno ignoto agli antichi, e la forzò sì sovente a circoscriversi in limiti sì penosi e sì angusti, come son quei del sonetto" (p. 49).
In particolare il primo in elenco, a giudizio del Parini, che ne fece una minuta analisi, "ottiene tutti i numeri per la facilità e la sonorità dei versi, per la varietà e la verità delle immagini, per la nobiltà dell'espressioni, per la connessione e per il progresso naturale delle idee, ecc. ecc... la seconda terzina poi dà colla più grande naturalezza tutta la integrità possibile alla composizione, e fa correre la fantasia per un'ampiezza di senso, d'immagine e d'affetto, che, anche terminando, vi tiene tuttavia attenti e sospesi; la qual cosa o è un raggiungere il sublime, o almeno uno accostarvisi assai". Il ratto di Proserpina (ecco l'ultima terzina: "Ma già il carro la porta; e intanto il cielo / ferian d'un romor cupo il rio flagello, / le ferree ruote e il femminil lamento") suggerì all'Alfieri il Ratto di Ganimede, "fatto a imitazione dell'inimitabile del Cassiani" (Vita scritta da se medesimo, epoca IV, cap. 3) e al Monti il Ratto d'Orizia, e insieme con gli altri, anche di soggetto sacro - ché il C. era spirito sinceramente devoto - esercitò un durevole influsso su molti autori di quel genere descrittivo, dal Minzoni al Manara, da Antonio Mussi a Salomone Fiorentino, offrendo modelli di situazioni sceniche rese con icastica vivezza e concisione.
"Tutti gli altri componimenti - scrisse ancora, con ragione, il Parini - sono o mediocri o peggio; di modo che, se egli non si facesse conoscere a qualche maniere di stile sparse qua e là, si crederebbe che fossero opere di tutt'altra mano"; qualche eccezione potrebbe esser fatta per le canzoni, ben congegnate metricamente, e per la sequenza di ottave su Adamo fuori del Paradiso terrestre, che s'inserisce nel tema tutto settecentesco della nostalgia dell'Eden, mentre non hanno rilievo alcuno le lettere informative e convenzionali né le massime prudenziali rinvenute tra i suoi manoscritti e pubblicate dal Corridore nelle sue pagine monografiche.
Opere: Sonetti, in Centuria di sonetti, composta da cinque rimatori modenesi, dedicata a G. Tagliazucchi, Modena 1737; Azione per musica da cantarsi nel ducale palazzo per il ritorno nei suoi Stati.. di Francesco Terzo duca di Modena, Modena s.d. (la dedica è del 1750); Il sesto libro de' Fasti d'Imeneo per le nozze degli Dei in occasione di quelle del Senator Francesco Aldrovandi colla Marchesa D. Lucrezia Fontanella, Bologna 1762; Saggio di rime dato in luce da un suo discepolo amico delle Muse [Girolamo Lucchesini], Lucca 1770; Per il giorno anniversario della dedicazione della statua equestre di Francesco III duca di Modena. Oda, Modena 1775; Poesie, Carpi 1794; Poesie scelte, Mantova 1795 e Verona 1802; Poesie e prose scelte, Milano 1812; Elogio di Alessandro Tassoni, in Raccolta di elogi, I, Modena 1820, pp. 56 s.; Lettere, in Lettere di vari illustri italiani del sec. XVIII e XIX ai loro amici, Reggio 1841. Nel ms. Campori della Biblioteca Estense si trovano poesie inedite: alcune sono state pubblicate dal Corridore in appendice al suo studio sul Cassiani.
Fonti e Bibl.: G. Parini, Intorno alle poesie del C., in Prose, a c. di E. Bellorini, I, Bari 1915, p. 153; L. Cerretti, Elogio del C., in Poesie e Prose scelte di L. C., Milano 1812, II, pp. 29 s.; G. Tiraboschi, Bibl. modenese, Modena 1781, I, pp. 417 s.; F. Salfi, Ristretto della storia della letter. ital., Firenze 1848, p. 296; G. Zanella, Storia della lettor. ital. dalla metà del Settecento ai giorni nostri, Milano 1880, p. 94; V. A. Arullani, Lirica e lirici nel Settecento, Torino-Palermo 1893, p. 67; F. Corridore, G. C., Cagliari 1897; E. Bertana, In Arcadia, Napoli 1909, pp. 81 s.; B. Croce, Sonetti Pittorici, in La letter. ital. del Settecento, Bari 1949, pp. 178-183; E. M. Fusco, La lirica, Milano 1950, ad Ind.;G. Natali, Il Settec., Milano 1955, pp. 718, 765; Lirici del Settecento, a cura di B. Maier, Milano-Napoli 1959, pp. 285291; W. Binni, Il Settecento letterario, in Storia della letter. ital., VI, Milano 1968, p. 549; G. Savoca, L'Arcadia erotica e favolistica dal rococò al neoclassicismo, in La letter. ital., Storia e testi, VI, 1, Bari 1973, pp. 356-358; A. T. Romano Cervone, La scuola classica estense, Roma 1975, pp. 61-69.