MASSEI, Girolamo
– Nacque a Lucca probabilmente intorno agli anni 1540-45. Dovette formarsi accanto al senese Bartolomeo Neroni, detto il Riccio, che, dopo la caduta della Repubblica (1555), si era trasferito a Lucca. Mancini riporta che il Riccio, «tornato a Siena coll’ajuto di Girolamo Mazzei, che menò seco di Lucca fece il cataletto di S. Ansano». Nelle quattro tavole del cataletto, databile forse al 1569 (Cornice) e oggi nella chiesa di S. Donato a Siena, non è possibile individuare la mano del M., di cui non è stata ancora identificata alcuna opera antecedente al trasferimento a Roma.
Stando a G. Baglione (I, pp. 104 s.), il M. «si dilettava di prospettiva, e ne dava lettione a chiunque n’era studioso, e voleva appararne documenti»; e, secondo le fonti, il Riccio avrebbe insegnato disegno, prospettiva e architettura militare negli anni trascorsi a Lucca. Sul piano dello stile, però, è difficile individuare nelle poche opere note del M. i segni della sua formazione avvenuta a fianco di questo tardo e modesto seguace dei maestri senesi di primo Cinquecento (D. Beccafumi, G.A. Bazzi detto il Sodoma). L’erudito locale T. Trenta attribuì al M. la Visitazione della cappella degli Anziani in palazzo pubblico a Lucca (oggi al Museo nazionale di Villa Guinigi); ma ora il dipinto è concordemente attribuito a B. Franco (Ciardi, Bellosi).
Al tempo del pontificato di Gregorio XIII, quando si aprirono i grandi cantieri pittorici del palazzo apostolico in Vaticano, il M. si trasferì a Roma per lavorare al secondo piano della nuova ala delle logge (1576-77).
Qui, secondo Baglione (I, p. 104), egli ebbe «molte opere del suo pennello condotte»; ma la genericità del riferimento e la scarsa conoscenza dell’opera del M. rendono difficile l’identificazione delle singole scene da lui dipinte: Zuccari (1981) ha proposto di attribuirgli la Guarigione dell’uomo dalla mano inaridita e la Resurrezione della figlia di Giairo.
Nel 1578 venne accolto nella Compagnia di S. Giuseppe al Pantheon, alle cui sedute fu quasi sempre presente negli anni successivi (Tiberia, 2000). Nei primi anni Ottanta il M. prese parte alla decorazione del chiostro della Ss. Trinità dei Monti, eseguendo cinque lunette con Episodi della vita di s. Francesco di Paola e la Carità sopra la porta che conduce al convento; il ciclo venne descritto e riprodotto in incisioni in un opuscolo del 1584 (Balsamo). Per la Morte del santo rimane un disegno preparatorio (Roma, Gabinetto nazionale dei disegni e delle stampe) che si distingue per la chiarezza della composizione e l’attenzione alla resa della prospettiva.
Baglione non menziona il M. tra i pittori impegnati nell’altra grande impresa decorativa del pontificato gregoriano, gli affreschi della volta della galleria delle Carte geografiche (1580-82), e neanche tra quelli arruolati da G. Guerra e C. Nebbia nei cantieri di Sisto V (cappella Sistina, Biblioteca Vaticana, Scala santa, palazzo Lateranense; 1586-89).
Nel 1594 copiò, per conto dei padri filippini di Roma, l’Ascensione di G. Muziano nella chiesa di S. Maria in Vallicella in un disegno da inviare all’oratorio di Napoli (Cistellini). Dalla lettera in cui è menzionata questa commissione si apprende anche che il M. aveva da poco dipinto la Madonna del Carmelo incoronata da due angeli per una cappella in S. Martino ai Monti, opera citata anche da Baglione (I, p. 104). Il piccolo dipinto, che si presenta oggi incorniciato in una grande tela di A. Cavallucci con Le anime del purgatorio, è esemplato su immagini di carattere devozionale, di sapore quasi neobizantino. Negli anni successivi il M. lavorò, accanto ad artisti spesso di secondo piano, alla decorazione di tre antichi titoli cardinalizi che, nel contesto del revival paleocristiano incoraggiato da Clemente VIII, furono restaurati in vista del giubileo del 1600.
Al 1594-95 risale l’intervento, patrocinato dal cardinale Alessandro de’ Medici, nella navata di S. Prassede, dove il M. affrescò la scena di Cristo davanti a Caifa. Nel 1598-99 lavorò, su commissione del cardinale Bartolomeo Cesi, in S. Maria in Portico; ma il suo affresco nella parete sinistra della navata ricordato da Baglione («l’hultima historia di questa nobile Romana, che Galla si nominava»: I, p. 104) è andato perduto. Nel 1597-98 circa, per conto del cardinale Cesare Baronio, decorò «a graffito» la facciata dei Ss. Nereo e Achilleo. Le pitture sono andate quasi completamente perdute; ma lo schema generale è ricostruibile grazie a un progetto grafico attribuito allo stesso M. (Stoccolma, Musei d’arte statali). Sulla scorta di una postilla di S. Resta all’Abecedario pittorico di P. Orlandi e del confronto con il Cristo davanti a Caifa e con gli Episodi della vita di s. Francesco di Paola, Zuccari (1981 e 1995) ha attribuito al M. anche l’Omelia di s. Gregorio Magno nell’abside e il Battesimo delle ss. Domitilla e Plautilla nella navata della medesima chiesa, taciuti da Baglione. Il riferimento è stato contestato da A. Coliva, che ha proposto il nome di V. Strada; ma la partecipazione del M. all’esecuzione degli affreschi dei Ss. Nereo e Achilleo sembra molto probabile, anche in considerazione della precisa costruzione prospettica dell’Omelia di s. Gregorio Magno.
Nel 1601 si impegnò a eseguire un dipinto con lo Sposalizio della Vergine per la cappella della Compagnia di S. Giuseppe al Pantheon (tutta la decorazione della cappella era già perduta alla metà del Seicento: Tiberia, 2002, p. 134). Il M. venne più volte nominato perito di parte dai suoi colleghi: nel 1594 stimò gli affreschi dei fratelli Giovanni e Cherubino Alberti nella sacrestia dei canonici in S. Giovanni in Laterano (Gualandi); nel 1608-09, quelli di vari pittori nell’appartamento nuovo di Paolo V in Vaticano; e nel 1609, quelli di G. Reni nelle sale delle Dame e Aldobrandini, sempre in Vaticano (Bertolotti, 1881 e 1884).
Al primo Seicento risalivano probabilmente tre perdute pale d’altare già in S. Andrea delle Fratte, chiesa ricostruita a partire dal 1604, e in S. Luigi dei Francesi. Nella prima, assegnata nel 1585 ai minimi di S. Francesco di Paola, per i quali il M. aveva lavorato al chiostro della Trinità dei Monti, si trovavano un S. Andrea sull’altare maggiore e una Madonna con i ss. Elena e Francesco nella quarta cappella di destra. Nella prima cappella di sinistra di S. Luigi dei Francesi, il cui patronato spettava alla Confraternita dei Ss. Sebastiano, Barbara e Apollonia, si trovava una pala con S. Sebastiano affiancata da due tele con S. Caterina e S. Barbara (attualmente nella seconda cappella, ai lati della pala con S. Nicola di Bari di G. Muziano, dove le segnalava già Titi, pp. 161 s.), citate sia da Celio (p. 12) sia da Baglione (I, p. 104).
Nel gennaio del 1612 il M. figura come testimone alla stipula di un atto notarile rogato in casa di G.B. Crescenzi, personalità chiave del circolo degli oratoriani (Pupillo). Il 13 apr. 1620 compare per l’ultima volta alle sedute della Compagnia di S. Giuseppe al Pantheon (Tiberia, 2002, p. 228). Secondo Baglione (I, p. 105) il M. rientrò a Lucca richiamato dal fratello e dopo qualche anno vi morì all’età di «ottant’anni in circa», cioè poco dopo il 1620.
Per Baglione (I, p. 104) il M. era un «pittore ragionevole e diligente», definizione che ben si accorda al composto affresco di Cristo davanti a Caifa in S. Prassede e alle nobili figure di sante in S. Luigi dei Francesi, esempi paradigmatici, queste ultime, della reviviscenza paleocristiana fiorita intorno alla cerchia degli oratoriani. È comunque difficile esprimere un giudizio articolato su di lui che, pur lavorando a Roma per un arco di circa quarant’anni, non riuscì mai a conquistarsi il favore della committenza. Stupisce quindi trovare il suo nome citato, insieme con quello di pochissimi altri artisti, nella seconda edizione dell’Iconologia di C. Ripa, dove alla voce «Interesse» si legge: «huomo brutto, magro, nudo […] così vien dipinto da Gironimo Massei Lucchese pittore, huomo di bello ingegno, et di bonissimo giuditio». La citazione si spiega forse alla luce dell’amicizia di Ripa con G. e C. Alberti: il M., oltre a redigere la stima di parte degli affreschi dei due fratelli nella sacrestia di S. Giovanni in Laterano, aveva anche lavorato accanto a Cherubino agli affreschi in S. Maria in Portico.
Fonti e Bibl.: Siena, Biblioteca comunale, Mss., C.IV.18: G. Mancini, Breve ragguaglio delle cose di Siena (1618-25), c. 56; C. Ripa, Iconologia, Roma 1603, p. 246; G. Celio, Memoria delli nomi dell’artefici delle pitture, che sono in alcune chiese, facciate, e palazzi di Roma (1638), a cura di E. Zocca, Milano 1967, pp. 12 s., 32, 36; G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori et architetti… (1642), a cura di H. Röttgen, Città del Vaticano 1995, I, pp. 104 s.; III, p. 58; F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura, nelle chiese di Roma, Roma 1674, pp. 79, 161 s., 272, 274, 375, 413; T. Trenta, Guida del forestiere per la città e il contado di Lucca, Lucca 1820, pp. 107 s.; M. Gualandi, Memorie originali italiane risguardanti le belle arti, VI, Bologna 1845, pp. 62, 87; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII. Studi e ricerche negli archivi romani, II, Milano 1881, pp. 9 s.; Id., Artisti subalpini in Roma nei secoli XV, XVI e XVII. Ricerche e studi negli archivi romani, Mantova 1884, pp. 158, 169; J. Hess, Le logge di Gregorio XIII nel palazzo del Vaticano: i pittori, in L’Illustrazione vaticana, VII (1936), p. 165; S. Meloni Trkulja, in Museo di Villa Guinigi, Lucca: la villa e le collezioni, Lucca 1968, p. 186; G. Werner, Ripa’s Iconologia. Quellen, Methode, Ziele, Utrecht 1977, p. 46; A. Cornice, in L’arte a Siena sotto i Medici (catal., Siena), a cura di F. Sricchia Santoro, Roma 1980, p. 45; M.C. Abromson, Painting in Rome during the papacy of Clement VIII (1592-1605): a documented study, New York 1981, pp. 118, 165; A. Zuccari, La politica culturale dell’Oratorio romano nelle imprese artistiche promosse da Cesare Baronio, in Storia dell’arte, 1981, nn. 41-43, pp. 179-182; E. Borelli, Nel segno di Fra Bartolomeo: pittori del Cinquecento a Lucca, Lucca 1984, pp. 154, 158; A. Zuccari, Arte e committenza nella Roma di Caravaggio, Torino 1984, pp. 54, 62 s., 112 s., 129 s.; A. De Marchi, Bartolomeo Neroni detto il «Riccio», in Da Sodoma a Marco Pino. Pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento (catal., Siena), a cura di F. Sricchia Santoro, Firenze 1988, p. 157; I. Balsamo, La Trinité-des-Monts à Rome: les décors du cloître (1580-1620), in Histoire de l’art, 1989, n. 8, p. 33; A. Cistellini, S. Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, II, Brescia 1989, p. 915; A. Coliva, I conti di Poli alla fine del ’500: la decorazione ad affresco del palazzo, in L’arte per i papi e per i principi nella Campagna romana: grande pittura del ’600 e del ’700 (catal.), II, Roma 1990, p. 41; S. Macioce, Undique splendent: aspetti della pittura sacra nella Roma di Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605), Roma 1990, pp. 93, 127 s., 156; R.P. Ciardi, Lucca a Roma v/s Lucca e Roma. Intersezioni tra cultura locale e grandi modelli figurativi, in La pittura a Lucca nel primo Seicento (catal.), Lucca 1994, pp. 25 s.; A. Zuccari, in La regola e la fama. S. Filippo Neri e l’arte (catal., Roma), Milano 1995, pp. 86, 498-500, 517 s.; M. Caperna, La basilica di S. Prassede. Il significato della vicenda architettonica, Roma 1999, p. 98; V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nel XVI secolo, Galatina 2000, p. 138; M. Pupillo, «Allettati dal diletto delle virtù». Giovanni Baglione, i Crescenzi e l’Acc. di S. Luca, in Giovanni Baglione (1566-1644). Pittore e biografo di artisti, a cura di S. Macioce, Roma 2002, p. 152; L. Bellosi, Per Battista Franco, in Prospettiva, 2002, nn. 106-107, p. 175; V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nei pontificati di Clemente VIII, Leone XI e Paolo V (1595-1621), Galatina 2002, pp. 134, 228; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 220.