MARCHESI, Girolamo (Girolamo da Cotignola)
Nacque in data imprecisata a Cotignola, in Romagna; era figlio di un Antonio non altrimenti noto. Tuttavia, se si vuole dare credito alla testimonianza di G. Vasari (1550, p. 779) che nell'edizione torrentiniana delle Vite lo dice morto all'età di sessantanove anni, sembra possibile ipotizzare un anno di nascita vicino al 1480, data peraltro plausibile rispetto alla cronologia dell'attività giovanile.
Non si dispone di notizie certe circa la formazione pittorica del M., ma la critica è concorde sulla probabilità di un alunnato presso la bottega cotignolese di Francesco e Bernardino Zaganelli, della cui cifra stilistica è informata la sua prima produzione. In seguito allo scioglimento della bottega, il M. seguì forse Bernardino a Ravenna, con il quale lavorò all'esecuzione della Madonna col Bambino e i ss. Apollinare e Cristoforo, conservata nella chiesa dei Ss. Apollinare e Cristoforo a Casteldimezzo presso Pesaro (Zama; Ambrosini Massari, p. 135). Del resto, in ragione dell'affinità formale che lega le opere dei pittori di Cotignola alla produzione giovanile del M., la critica recente tende a espungere dipinti tradizionalmente inseriti nel catalogo dei maestri per proporne una nuova attribuzione all'allievo (Ugolini).
La più antica delle opere certe del M. è la Concezione con i ss. Agostino e Anselmo per la chiesa di S. Francesco a San Marino (San Marino, Museo S. Francesco), pala firmata e datata 1512. La parte di iscrizione con la data di esecuzione, ormai mutila, è nota tuttavia grazie a una trascrizione settecentesca consegnata all'attenzione degli studiosi da C. Ricci (p. 130). Vasari (1568, p. 183) ascrive al nucleo più antico dell'attività del pittore la realizzazione dei ritratti (dispersi) di Gaston de Foix, morto l'11 apr. 1512, e di Massimiliano Sforza. Nell'ambito del mecenatismo sforzesco si inserisce la Concezione con i ss. Agostino (o Anselmo), Caterina, Elisabetta, Girolamo e Costanzo II Sforza, firmata e datata 1513 (Milano, Pinacoteca di Brera), ed eseguita su incarico di Ginevra Tiepolo Sforza per la chiesa di S. Maria delle Grazie a Pesaro.
Sulla base dei comprovati rapporti di committenza tra il M. e la famiglia Sforza, e sulla scorta di considerazioni di ordine stilistico, A. Mazza (1993, p. 120) e M.R. Valazzi (p. 254) assegnano al M. anche la decorazione della sala dei Putti della rocca di Gradara. I riquadri affrescati con giochi infantili presentano infatti figure simili a quelle degli angeli delle Concezioni di San Marino e Brera, cui il ciclo di Gradara si approssima anche per datazione, essendo riconducibile all'inizio del secondo decennio. La critica è unanime a proposito dell'attribuzione a questa prima fase della produzione del M. del Compianto sul Cristo morto della Galleria nazionale di Budapest, già in collezione Esterházy, accomunato al Cristo Portacroce del Musée du Petit Palais di Avignone dall'impiego di modi veneto-padani: in particolare la tavola avignonese sembra ricordare il dipinto di identico soggetto di Marco Palmezzano conservato nella Galleria Spada di Roma (Fioravanti Baraldi, p. 97; Ugolini, pp. 27, 36 nota 38). Mazza (1993, p. 121) ha proposto di ascrivere al M. il disperso S. Sebastiano, già in collezione privata a Modena, e il S. Agostino di proprietà della Cassa di risparmio di Rimini, sicuramente all'origine elementi di un medesimo complesso, come si evince dalle identiche cornici marmoree che fanno da quinta al paesaggio di fondo.
Alla fine del 1513 il M. è documentato a Rimini, dove il 3 dicembre firmò il contratto di commissione per la decorazione della cappella maggiore di S. Colomba, cattedrale andata distrutta nel terremoto del 1672. Gli affreschi, che rappresentavano l'Incoronazione della Vergine con gli Apostoli e gli Evangelisti, non soddisfecero i committenti che aprirono un contenzioso risolto con il lodo arbitrale pronunciato il 27 febbr. 1516 e conclusosi a sfavore del pittore, che ricevette meno di quanto inizialmente pattuito (Grigioni).
In occasione della controversia riminese, testimoniò per il M. Gerolamo Genga, il quale probabilmente in quegli anni si avvaleva della collaborazione del M. per l'esecuzione del polittico per l'altare maggiore della chiesa di S. Agostino a Cesena (Scannelli, p. 183). Sebbene la possibilità di una cooperazione tra i due artisti non sia confortata da riscontri documentari, nella produzione del M. riferibile alla metà del secondo decennio sono stati rilevati elementi formali desunti dalla pittura di Genga. In tale ambito stilistico si inseriscono il Compianto di Brera (da S. Maria in Acumine a Rimini), la Madonna in trono con il Bambino e i ss. Marino, Giovanni Battista, Francesco e Caterina di Alessandria per S. Francesco a San Marino (San Marino, Museo S. Francesco) e lo Sposalizio della Vergine di Berlino (Staatliche Museen, Gemäldegalerie).
Nel terzo decennio si registra una netta svolta in chiave raffaellesca che indusse R. Longhi a immaginare l'esistenza di due pittori omonimi, il primo allievo degli Zaganelli e gravitante nell'orbita romagnola, il secondo, più giovane, che avrebbe mostrato un'evoluzione aggiornata sulle coeve novità romane e toscane. Se l'ipotesi longhiana è stata smentita dall'evidenza documentaria (Fioravanti Baraldi, p. 95), resta tuttavia innegabile l'indirizzo stilistico intrapreso dal M. a partire dallo Sposalizio della Vergine per l'altare maggiore di S. Giuseppe fuori Porta Saragozza a Bologna (Bologna, Pinacoteca nazionale), opera databile intorno al 1522-23, poiché nel 1521 si registra un pagamento ai carpentieri incaricati di approntare la tavola.
Il dipinto, pur presentando ancora elementi formali desunti dal repertorio genghiano, dimostra infatti nella resa dei volumi e nella gestione degli spazi l'avvenuta assimilazione dei modelli raffaelleschi presenti nel contesto artistico felsineo. L'autografia della predella con il Sogno di Giuseppe, la Natività e la Fuga in Egitto è stata messa in dubbio da E. Jacobsen (pp. 86, 88) in ragione della presunta involuzione stilistica rispetto allo Sposalizio, e da S. Frommel (pp. 89 s.), che ha proposto un'attribuzione a Sebastiano Serlio. Inoltre Frommel ha ritenuto di eliminare dal catalogo del M. in favore di Serlio anche le due Vedute di città della Pinacoteca nazionale di Ferrara e quella della collezione della Banca popolare dell'Emilia Romagna, già ascritte al M. da C. Volpe e da D. Benati (1992, p. 282; 2006, p. 51).
Immediatamente successiva alla pala per S. Giuseppe sembra essere l'esecuzione della Madonna col Bambino, due angeli, i ss. Mercuriale, Giovanni Battista e il committente, opera firmata e realizzata per la cappella Orsi in S. Mercuriale a Forlì (Forlì, Pinacoteca comunale).
Stando alla testimonianza di Vasari (1568, p. 184), il M. avrebbe quindi compiuto un breve soggiorno a Roma per poi trasferirsi a Napoli, dove eseguì la Vergine col Bambino in gloria e i ss. Giovanni Battista e Paolo per S. Aniello. Il dipinto, creduto disperso ma riconosciuto nella chiesa napoletana dei Ss. Severino e Sossio da F. Bologna (p. 154), sembra da ricondurre alla stessa fase artistica dello Sposalizio di Bologna, tanto che lo studioso, seguito da Fioravanti Baraldi (p. 99), ha proposto di anticipare di un decennio i soggiorni a Roma e Napoli del pittore.
Il 15 ott. 1525 il M. è nuovamente documentato a Bologna, dove ricevette un pagamento per la decorazione della cappella di S. Benedetto in S. Michele in Bosco. Dai frati olivetani riscosse compensi anche per affreschi nell'abside e in sagrestia, opere andate parzialmente distrutte e i cui lacerti sembrano da ascrivere piuttosto a Biagio Pupini e Giovanni Borghese che con il M. parteciparono al cantiere (Zucchini, pp. 30, 35, 39).
Alla medesima committenza si deve la tavola, firmata e datata 1526, raffigurante Il beato Bernardo Tolomei che riceve la regola dell'Ordine olivetano (Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie), considerata unanimemente il più alto risultato dell'elaborazione plastica derivata dai modelli centroitaliani. Mettendo in relazione questa pala con il S. Bruno della Walters Art Gallery di Baltimora, Zeri ipotizza che esso costituisca il ritratto di uno dei monaci bolognesi già raffigurato tra i protagonisti del dipinto berlinese. Al secondo periodo bolognese sembra appartenere anche la Madonna con il Bambino tra i ss. Giovannino, Francesco e Bernardino, eseguita per l'oratorio di S. Bernardino a Bologna e ora nella Pinacoteca nazionale, e l'Adorazione dei magi della Cassa di risparmio di Cesena. Entrambe le opere possono essere considerate tra gli esiti di maggiore maturazione in chiave di sperimentalismo manieristico raggiunta dal Marchesi.
Negli anni che chiudono il terzo decennio i riferimenti all'attività del pittore si fanno rari e imprecisi, come nel caso della dispersa tavola semicircolare proveniente da S. Francesco a Lugo, passata nelle collezioni Hercolani di Bologna e Solly di Londra e raffigurante i Ss. Pietro e Gregorio adoranti la Vergine col Bambino tra nuvole che G.F. Waagen annotava come firmata e datata 1527. Dopo il 1530, quando si registrano gli ultimi versamenti degli olivetani di Bologna (Zucchini, p. 35), l'unico documento relativo al M. è il testamento, sottoscritto nella stessa città il 16 ag. 1531 (Gualandi).
Pertanto è da supporre che prima di recarsi a Napoli, il M. avesse soggiornato brevemente a Roma, come suggerisce Vasari (1568, pp. 183 s.), e che vi fosse tornato dopo il 1531, o comunque all'epoca di "papa Paulo III" (1534-49). La già ricordata testimonianza di Vasari, che nell'edizione delle Vite del 1550 (p. 779) dà notizia, pur senza specificarne la data, della morte del pittore a Roma, si può considerare un termine ante quem per la morte del Marchesi.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1550), a cura di L. Bellosi - A. Rossi, Torino 1986, pp. 778 s.; Id., Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 182-184; F. Scannelli, Microcosmo della pittura, Cesena 1657, pp. 139, 182 s.; G.F. Waagen, Works of art and artists in England, London 1838, II, p. 190; M. Gualandi, in Memorie originali italiane risguardanti le belle arti, II (1841), pp. 12 s.; C. Laderchi, La pittura ferrarese: memorie, Ferrara 1856, pp. 102 s.; C. Ricci, La pittura a San Marino, in Rassegna d'arte, I (1901), pp. 129-132; E. Jacobsen, I seguaci del Francia e del Costa in Bologna, in L'Arte, VIII (1905), pp. 81-93; C. Grigioni, G. M. e Girolamo Genga a Rimini, in L'Arte, XIII (1910), pp. 291-293; R. Longhi, Ampliamenti nell'Officina ferrarese [1940], in Id., Opere complete, V, Firenze 1956, p. 161; G. Zucchini, S. Michele in Bologna, in L'Archiginnasio, XXXVIII (1943), pp. 18-70; F. Bologna, Il soggiorno napoletano di G. da Cotignola con altre considerazioni sulla pittura emiliana del Cinquecento, in Studi di storia dell'arte in onore di Valerio Mariani, Napoli 1971, pp. 147-165; F. Zeri, Italian paintings in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976, II, pp. 390 s.; C. Volpe, G. da Cotignola, in Mostra di opere restaurate. Secoli XIV-XIX (catal.), Modena 1980, pp. 7-9; A. Mazza, G. di Antonio da Cotignola, in Luca Longhi e la pittura su tavola in Romagna nel '500 (catal., Ravenna), a cura di J. Bentini, Bologna 1982, pp. 143-145; A.M. Fioravanti Baraldi, G. da Cotignola, in Pittura bolognese del Cinquecento, a cura di V. Fortunati Pierantonio, Bologna 1986, I, pp. 95-116; A. Mazza, in Pinacoteca di Brera. Scuola emiliana, Milano 1991, pp. 280-285 (schede nn. 150-151); D. Benati, in La Pinacoteca nazionale di Ferrara, a cura di J. Bentini, Bologna 1992, pp. 281-283; A. Ugolini, Per Gerolamo M.: dalla "Concezione" di Pesaro alla "Madonna in gloria" di Lugo, in Arte cristiana, LXXX (1992), 748, pp. 25-36; A. Mazza, Vicende della pittura tra Romagna e Bologna dai poteri signorili alla legazione pontificia, in Innocenzo da Imola, il tirocinio di un artista (catal., Imola), a cura di G. Agostini - C. Pedrini, Casalecchio di Reno 1993, pp. 118-122; M.R. Valazzi, Le pitture della sala dei Putti nella rocca di Gradara, in Studi per Pietro Zampetti, a cura di R. Varese, Ancona 1993, pp. 252-257; R. Zama, Gli Zaganelli, Rimini 1994, pp. 156 s. (scheda n. 45); A.M. Ambrosini Massari, Un'aggiunta al catalogo di Ottaviano Coli e una nuova attribuzione a G. M., in Pesaro, città e contà, IX (1998), pp. 129-143; V. Fortunati, Spie indiziarie per la storia di una committenza: Battista Bentivoglio, in Il Cinquecento a Bologna. Disegni dal Louvre e dipinti a confronto (catal., Bologna), a cura di M. Faietti, Milano 2002, pp. 17-24; M. Faietti, ibid., pp. 162-165 (scheda n. 37); R. Contini, ibid., pp. 166-169 (schede nn. 38a, 38b); F. Panzavolta, Su tre dipinti della Pinacoteca comunale di Cesena, in Romagna arte e storia, XX (2002), 65, pp. 65-74; L. Giorgini, G. M. da Cotignola. L'"Immacolata concezione" di San Marino, in Studi montefeltrani, XXIV (2003), pp. 161-171; S. Frommel, Serlio pittore. Fantasma o realtà?, in Arti a confronto. Studi in onore di A.M. Matteucci, a cura di D. Lenzi, Bologna 2004, pp. 85-95; A. De Marchi, in Marco Palmezzano. Il Rinascimento nelle Romagne (catal., Forlì), a cura di A. Paolucci - L. Prati - S. Tumidei, Cinisello Balsamo 2005, pp. 332 s. (scheda n. 55); D. Benati, in Banca popolare dell'Emilia Romagna. La Collezione dei dipinti antichi, a cura di D. Benati - L. Peruzzi, Milano 2006, pp. 48-51 (scheda n. 14); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 63.