LAGOMARSINI, Girolamo
Nacque a Puerto de Santa María (presso Cadice, in Spagna) il 30 sett. 1698 da un mercante genovese e da madre spagnola, e trascorse l'infanzia tra Cadice e Siviglia: mai dimenticò la lingua spagnola e serbò sempre una speciale predilezione per quel paese. Alla morte del padre (1708) si trasferì con la madre a Genova, dove lo zio Ottavio Lagomarsini provvide alla sua istruzione, destinandolo prima al collegio Cicognini di Prato e poi al noviziato dei gesuiti (entrò quindicenne in quello della provincia romana, il 29 nov. 1713). Nel Collegio romano ottenne il dottorato in filosofia (1720) e in teologia (1728). Aveva intanto avviato (dopo un soggiorno a Firenze tra il 1728 e il 1729) la sua carriera di insegnante nel collegio dei gesuiti di Arezzo, dove si trattenne, professando lettere e retorica, dal 1720 al 1724 e dal 1729 al 1732 (anno in cui prese gli ultimi voti).
Al primo periodo aretino risale un'operetta satirica, la Risposta di Golmario Pepugiesmarsigliano [anagramma di Giuseppe Lagomarsini] maestro nella città di Clusiadepoli (Trevigi [Lucca] 1723), dove "affine di dimostrarsi potente maestro di precetti grammaticali, s'infinse un pedante immaginario che gli avesse opposto su tal materia" ([Zaccaria], col. 614); con il medesimo pseudonimo pubblicò nel 1726 a Lucca (ristampa Fermo 1734) una Vita in italiano del monaco cassinese s. Fermano. Nello stesso anno recitò a Roma un frammento di un poemetto didascalico in distici ispirato agli scritti geologici di A. Vallisnieri, De origine fontium, poi stampato, tradotto, in testa ai Quattro libri delle cose botaniche del confratello F.E. Savastano (Venezia 1749); a conferma di una duttile competenza nella lingua latina, il L. pubblicò un altro elegante elegiacon in distici per celebrare l'introduzione a Roma nel 1731, sotto Clemente XII, del gioco del lotto (Aleae Ianuensis Romam traductae ratio, in Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, XII, Venezia 1735, pp. 243-256).
Fra il '32 e il '33 insegnò retorica nel collegio di Prato, e dal 1733 al 1744 in quello di Firenze, dove l'11 genn. 1734 pronunciò, presente il legato pontificio F. Serbelloni, un'orazione inaugurale dal titolo Multamdandam litteris esse, at non multis, operam, appassionata difesa della tradizione umanistico-cristiana nel secolo della filosofia e della scienza (in H. Lagomarsini, Orationes quinque, Mediolani 1746; quindi nella raccolta postuma: Opera, Genuae 1842). Di tessitura simile le orazioni pronunciate, per la medesima occasione solenne, negli anni successivi: Prolingua Latina (1736), Pro scholis publicis (in tre parti, 1737, 1738, 1740: tutti testi raccolti nelle edizioni citate). Nel febbraio 1739 il L. fu chiamato a recitare in S. Giovanni Battista l'orazione ufficiale per l'ingresso a Firenze del nuovo granduca, Francesco di Lorena (In adventu Francisci III Lotharingiae, Barri et Magnae Etruriae ducis, in Opera, cit.). Curioso documento dell'operosissima stagione fiorentina la collaborazione del L. alle celebri satire latine scritte dal confratello G.C. Cordara (L. Sectani [=Cordara], Ad GaiumSalmorium [=Lagomarsini] sermones quattuor. Accessere quaedamM. Philocardii [=Lagomarsini] enarrationes, Genevae [ma Lucca] 1737); il libretto, che non dispiacerà a G. Carducci, prendeva di mira vari letterati ed eruditi toscani e provocò una delle più rumorose risse letterarie di medio Settecento (finì addirittura all'Indice, il 13 apr. 1739), cui ebbero parte tra gli altri G.M. Buondelmonti e G. Lami (vedi, a cura dello stesso Lami, la Raccolta di composizioni diverse sopra alcune controversie letterarie insorte nella Toscana nel corrente secolo, Lucca 1761). A questi anni risale il progetto di una nuova edizione delle opere di Cicerone, da eseguirsi sulla base dei codici conservati nella Biblioteca Medicea Laurenziana, nella Riccardiana e in altre biblioteche fiorentine, ad aggiornamento e correzione della grande edizione leidense cum notis variorum di J. Gronov (Gronovius, 1692).
Al progetto, destinato a naufragare, il L. dedicherà per un trentennio le sue energie migliori: il manifesto (Specimen novae editionis operum Ciceronis, Florentiae 1741) fu ripreso dalle Novelle letterarie (1741, coll. 641-644) e dai Mémoires de Trévoux (febbraio 1742, pp. 352 s.), e destò l'interesse dei filologi italiani e francesi. Allo stesso ordine di problemi si riferiva già una lettera latina a J. Facciolati (nella Raccolta del Calogerà, X, Venezia 1734, p. 435-456) intorno all'incipit (acefalo) dell'orazione ciceroniana in L. Pisonem; stretti furono i rapporti di amicizia con il Facciolati, che spessissimo consultò il L. per i propri lavori di lessicografia latina. È dei primi anni Quaranta una polemica che oppose il L., quasi suo malgrado, ancora al Lami: il quale, simpatizzante del giansenismo, aveva pubblicato un trattato De eruditioneapostolorum (1738) contro cui apparvero, pseudonime, le Lettere diAtromo Traseomaco calabrese all'autore del Testamento politico su'l libro De eruditione apostolorum (Venezia 1739), da alcuni attribuite allo stesso L.; in questo violento pamphlet il Lami, che argomentava i motivi della scarsa o nulla cultura teologica degli apostoli, era accusato di sotterranea adesione ai principî del socinianesimo. Ma pare che la collaborazione del L. alle Lettere, redatte verosimilmente dal confratello gesuita F.A. Zaccaria, si sia limitata all'annotazione e alle correzioni linguistiche.
Invitato a Borgo San Sepolcro (oggi Sansepolcro) dalla famiglia Graziani per studiare le carte dell'illustre avo Antonio Maria (1537-1611), prelato e diplomatico al servizio di Sisto V e Clemente VIII, il L. pubblicò e dottamente annotò i due tomi degli scritti autobiografici di A.M. Graziani (De scriptis invita Minerva ad Aloysium fratrem libri XX…, Florentiae 1745-46): il primo tomo dell'edizione è dedicato a L.A. Muratori, il secondo a S. Maffei. Fecondo soprattutto lo scambio epistolare (superstiti complessivamente una cinquantina di lettere) che ne nacque con Muratori, il quale si avvalse della collaborazione del L. per il suo opuscoletto teologico Lusitanae Ecclesiae religio in administrando poenitentiae sacramento (1747) e poi per il compimento della seconda parte del Cristianesimo felice nelle missioni de' padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai (1749): nella lettera dedicatoria premessa alla raccolta del Graziani il L. ricordò da una parte il favore con cui Muratori aveva sempre guardato alla Compagnia, dall'altra il sentimento di alunnato nutrito verso il grande erudito nei collegi gesuitici di tutt'Italia.
Al Maffei il L. indirizzò un saggio in forma di Lettera sulla Merope (datata 5 ag. 1747, poi in Storia letteraria d'Italia, XIV, Modena 1759, pp. 284-299), unico suo contributo alla critica letteraria contemporanea. Vi prese spunto da una comparazione nella scena I dell'atto III della tragedia maffeiana ("Qual rondine talor, che ritornando") per indagare, con tipica argomentazione classicistica, il motivo della verosimiglianza poetica e dell'accordo tra tema lirico e intreccio drammatico. Un paio di anni dopo il cardinale A.M. Querini volle il L. arbitro nella contesa sorta tra Maffei e H.S. Reimarus su un luogo della Storia romana di Dione Cassio: nel suo breve intervento (in data 13 sett. 1749: Storia letteraria d'Italia, cit., pp. 167-171), il L., mostrandosi competente grecista, diede ragione al filologo tedesco, concedendo tuttavia a Maffei l'onore delle armi.
Nel 1751 fu chiamato a Roma per ricoprire la cattedra di letteratura greca presso l'Università Gregoriana: e a Roma rimase sino alla fine, lavorando con sempre maggior lena al progetto di edizione ciceroniana. Il suo carteggio, conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana e studiato da G. Castellani, documenta le crescenti difficoltà del L., angustiato dall'inettitudine dei copisti cui si era affidato per la trascrizione e il fatto che vedeva mancare l'appoggio dei superiori (fra tutti, il generale della Compagnia, F. Retz) e via via sfumare le promesse di finanziamento.
Nel corso degli anni il L. aveva contattato il veneziano M. Foscarini, il confratello genovese G. Durazzo (che gli propose di trasferirsi a Genova per compiere il lavoro), e lo stesso cardinale Querini. Ottenne infine la collaborazione di un gruppo di confratelli portoghesi residenti a Frascati, a villa Rufinella, in particolare di E. Pinheiro, ma non poté fornire l'edizione di neppur uno dei libri ciceroniani. B.G. Niebuhr fu il primo, a inizio Ottocento, a studiare i cosiddetti "codici lagomarsiniani" (già nel Collegio romano, ora nella Biblioteca Vaticana) e a identificare alcuni dei manoscritti collazionati dal filologo italiano; utilizzarono il lavoro preparatorio del L., tra gli altri, A. Peyron per il testo della Pro Milone (Stuttgart 1824), K.G. Zumpt per le Verrine (Berolini 1831), F. Ellendt per il De oratore (Regimontii Prussorum 1840). Negli ultimi decenni l'importanza del lavoro filologico del L. è stata ridimensionata: S. Timpanaro ha indicato in L. un "puro e semplice ammassatore di varianti tratte da innumerevoli codici e stampe ciceroniane", quasi propaggine estrema dell'uso secentesco dell'emendatio ope codicum, condotta dal gesuita, scrive Timpanaro, "in estensione piuttosto che in profondità". Fornendo nel 1972 l'edizione del Commentariolum petitionis di Quinto Cicerone (fratello di Marco Tullio), D. Nardo ha confermato questo giudizio, additando la sproporzione tra il faticoso lavoro di collazione e i modesti risultati ottenuti dal L., che troppo spesso si giovò di edizioni derivate da codici deteriores e quindi destituite di valore per la costituzione del testo ciceroniano. Manca tuttavia ancora un'indagine sistematica che dia conto, almeno per larghi assaggi, del contenuto dell'ottantina di codici lagomarsiniani superstiti: indagine che potrà illuminare un capitolo della storia della filologia classica settecentesca.
Ai primi anni del soggiorno romano risalgono due importanti contributi, l'uno polemico, l'altro storico. Nel Litterarum ad Christophorum Varsaviensem exemplum (Tridenti 1752) il L. entrò in contesa con il padre scolopio U. Mignoni, che nelle sue NoctiumSarmaticarum vigiliae (Brunsbergae 1751) aveva fra l'altro criticato i metodi di insegnamento seguiti nei collegi gesuitici; la ristampa aggiornata del libello del L. (Bononiae 1753) ebbe un'entusiastica recensione nella Storia letteraria d'Italia dell'amico Zaccaria (VIII, Modena 1755, pp. 3-9). Di maggiore impegno il lavoro intorno alle opere dell'umanista Giulio Pogiani, sodale di Carlo Borromeo ed estensore del Catechismo di Pio IV (1566): il L. diede in quattro maestosi volumi l'edizione degli scritti (I. Pogiani Sunensis Epistolae et Orationes, olim collectae ab A.M. Gratiano, Romae 1756-62: il primo volume, per ragioni editoriali, apparve per ultimo), corredandola di copiose annotazioni che, grazie anche all'uso di documenti inediti, precisano i contorni della fase finale del concilio Tridentino, non senza un intento apologetico dell'opera dei teologi gesuiti. Alle controversie intorno al probabilismo è riferito infine un suo scritto di assai più corto respiro contro il domenicano V.M. Dinelli (Litterarum ad Ioannem Vincentium Lucensem exemplum quibus iudicium fertur de aliquot locis libelli Romae mense septembris anno 1753 vulgati hoc titulo: F. V.M. Dinellii ad Carolum Nocetium S.I., Tridenti [Rovereto] 1754) dove alla consueta apologia dei confratelli gesuiti si aggiunge una tagliente censura dei solecismi grammaticali dell'avversario. La strenua difesa della Compagnia, su cui si addensavano almeno da un ventennio le più violente tempeste, divenne la preoccupazione principale degli ultimi anni del L., che volle far radunare dai suoi allievi in vari volumi manoscritti i "clarorum virorum judicia et testimonia" pronunciati in favore dei gesuiti dal tempo di s. Ignazio all'epoca contemporanea.
Sofferente di podagra, il L. morì a Roma il 18 maggio 1773, due mesi prima che la Compagnia di Gesù fosse sciolta.
Raccolte delle sue opere apparvero postume: Opera edita et inedita, [a cura di I. Carminati], Genuae 1842; Operette italiane, Genova 1842. Per un elenco delle opere vedi C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, IV, coll. 1364-1375; Suppl., XII, coll. 539-542.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 11616-11696 (codd. ciceroniani: miscellanei, per lo più di argomento sacro, i codd. 11697 e 11698); 11699-11709 (il ricco epistolario: vi compaiono, tra gli altri, A. Calogerà, J. Facciolati, M. Foscarini, A.F. Gori, S. Maffei, L.A. Muratori, P.M. Paciaudi, A. Zeno; vedi Bibliothecae apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti iussu Ioannis XXIII pont. max. codices Vaticani Latini 11414-11709. RecensuitJ. Ruysschaert, Romae 1959, pp. 424-539); Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., B.III.44 (un codice autografo relativo all'ed. ciceroniana); Genova, Biblioteca universitaria, Mss., E.II.25 (cinque dissertazioni scolastiche); Modena, Biblioteca Estense, Arch. Muratoriano, filza 68, f. 5 (ventiquattro lettere del L. a Muratori: anni 1745-49); P. Tacchi Venturi, Corrispondenza inedita di L.A. Muratori con i pp. Contucci, L. e Orosz della Compagnia di Gesù, in Scritti vari di filologia a E. Monaci, Roma 1901, pp. 263-306 (pubblica le lettere di Muratori; riprende questa edizione, ma omettendo involontariamente tre delle 29 lettere, l'Epistolario di Muratori edito da M. Campori, Modena 1901-15, XI-XII).
[F.A. Zaccaria], necr. in Novelle letterarie, n.s., IV (1773), coll. 613-616, 659-664, 692-695, 725-729; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII. et XVIII. floruerunt, XVIII, Pisis 1799, pp. 139-173; J.M. Parthenius [G.M. Mazzolari], De vita et studiis H. L., Venetiis 1801; L. Grillo, Elogi di liguri illustri, III, Torino 1846, s.v. (C.L. Bixio); L. Laurand, Les manuscrits deCicéron dits Lagomarsiniani: où sont les collations de L.?, in Revue des études latines, V (1927), pp. 257-261; Id., Encore les "Lagomarsiniani", in Revue de philologie, LIX (1933), pp. 370-374; G. Castellani, La mancataedizione delle opere ciceroniane di G. L., in Archivum historicum Societatis Iesu, VIII (1939), pp. 33-65; Id., I manoscritti ciceroniani di G. L., in Boll. del Comitato per la preparazione dell'Edizione nazionale dei classici greci e latini, I (1940), pp. 85-87; W.S. Watt, Notes on the text of the Commentariolum petitionis, in Classical Quarterly, n.s., VIII (1958), pp. 41 s.; J.E. Sandys, A history ofclassical scholarship, II, New York 1958, p. 378; G. Natali, Il Settecento, Milano 1960, pp. 526-528; D. Nardo, Il "Commentariolum petitionis". La propaganda elettorale nella "Ars" di Quinto Cicerone, Padova 1970, pp. 145-148, 154-158; Q. Cicero, Commentariolum petitionis. D. Nardo recognovit, Milano 1972, pp. 10-12; S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Padova 1985, p. 12; Enc. cattolica, VII, pp. 806 s.; Diccionario histórico de la Compañía de Jesús biográfico-temático, III, Madrid 2001, p. 2261.