DE MARI (Mari), Girolamo
Nacque a Genova da Stefano e da Valeria De Marini, e fu battezzato nella chiesa di S. Siro il 16 dic. 1644.
Bambino, rimase orfano di madre, insieme ai fratelli Giovanni Felice (poi sacerdote), Agostino (poi gesuita) e Nicolò. Il padre contrasse nuovo matrimonio con Livia Maria Lercari, di Giovan Battista, da cui nacquero Domenico Maria (doge nel 1707), Francesco, Teresa (poi sposa a Gerolamo Grimaldi Oliva) e Camillo (poi padre dello. Stefano commissario di Corsica nel 1745 e generale delle Armi nel 1746). La famiglia cui il D. apparteneva, di antichissima nobiltà, potente assentista, proprietaria di vasti domini feudali anche fuori dei domini della Repubblica, raggiunse con Stefano l'apice del proprio prestigio politico, suggellato dalla sua nomina ducale nel 1663.
Confrontata con quella del padre, la figura del D. appare decisamente più defilata nella storia della Repubblica, tanto da lasciare l'impressione o di una carriera politica facilitata dalla posizione familiare o distratta dalla cura di altri interessi. La prima ipotesi sembra trovare conferma anche nel matrimonio del D. con Francesca Gentile, sposata durante il dogato del padre Stefano: anche il padre della moglie, Cesare, sarà doge dal 1667 al 1669. Benché entrambe le famiglie svolgessero precipuamente attività finanziaria a livello internazionale, il D. non vi figura mai direttamente impegnato e sembra piuttosto essere stato avviato all'attività militare e a quella giuridica, almeno a giudicare dalle cariche assunte. Nel 1677 fu commissario della fortezza di Savona, nel 1679 magistrato di Terraferma (che aveva funzioni di giurisdizione civile rispetto ai residenti fuori Genova); nel 1684, durante il conflitto con la Francia e il bombardamento di Genova, era commissario generale della Riviera occidentale; quindi, dopo essere stato estratto tra i dodici senatori della Repubblica nel 1685, fece più volte parte del magistrato di Guerra fino a quando, nel 1694, fu eletto tra i cinque Supremi sindicatori, magistratura di durata quadriennale che, vigilando sull'osservanza delle leggi e sull'operato del doge e dei collegi, godeva di una autorità estesissima. Appena scaduto il mandato di sindicatore, morto il doge in carica, Francesco Maria Sauli, il D. venne eletto a succedergli il 3 maggio 1699.
Il successivo 25 maggio il D. ricevette, in forma privata, il figlio naturale del deposto re Giacomo II d'Inghilterra. Probabilmente, nella delicata congiuntura internazionale, Repubblica e Inghilterra, al di là delle rispettive tradizionali alleanze, venivano scoprendo interessi comuni e trovavano comunque opportuno discutere quegli accordi politici ed economici che erano già stati avviati con Guglielmo III nel 1689 ed ufficializzati nel 1698 con l'invio a Londra di Antonio Giustiniani, quale ambasciatore straordinario della Repubblica.
Sul finire dell'anno 1700, la morte di Carlo II di Spagna, con la conseguente rottura del fragile equilibrio europeo, rimetteva in discussione la neutralità della Repubblica. Come primo effetto dello scoppio della guerra tra Francia e Impero, il D. dovette concedere il passaggio su territorio genovese a quattro battaglioni francesi. Appena terminato il dogato, in una Genova che riusciva ancora a mantenersi neutrale nel dilagare della guerra di successione spagnola, il D. fu eletto contemporaneamente preside del magistrato di Guerra, preside della giunta di Giurisdizione e protettore della cappella di S. Giorgio. Ma la morte lo colse improvvisamente il 3 maggio 1702, probabilmente a Genova. Venne sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Maria della Sanità, che era stata eretta dal trisavolo Stefano e affidata ai carmelitani scalzi.
Il D. lasciava tre figli: Stefano, nato il 18 luglio 1666; Cesare, l'11 febbr. 1668; Giovanni Battista, il 22 nov. 1674, tutti e tre battezzati nella chiesa di S. Siro e iscritti alla nobiltà il 18 dic. 1685.
Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Mss. 493, c209; Genova, Bibl. Franzoniana, Mss. Urbani 125: G. Giscardi, Origini e fasti delle nobili famiglie di Genova [sec. XVIII], c. 372; L. Levati, I dogi di Genova dal 1699 al 1721e vita genovese negli stessi anni, Genova 1912, pp. 6 ss.; L. Volpicella, Ilibri cerimoniali della Repubblica di Genova, in Atti d. Soc. lig. di st. patria, XLIX (1921), 2, pp. 326 s.; G. Guelfi Camajani, Il "Liber nobilitatis Genuensis", Firenze 1965, pp. 327 s.