DAL TOSO, Girolamo
Figlio di Silvestro "dictus tonsus de Nanto" (Zorzi, 1916, p. 125), nacque molto probabilmente in questa località del Vicentino tra gli anni 1480-1490 se nel 1510 firmava, secondo la testimonianza del Barbarano (1652, p. 6), il ritratto, ora perduto, del Beato Forziano per la chiesa parrocchiale di Piovene (Vicenza): prima sua pittura di cui si abbia notizia. Non si può escludere che anche il padre esercitasse l'arte pittorica e si possa identificare con quel "magister Silvestro pictor" che nel 1521 dipinse una Vergine per la Camera dei deputati a Vicenza (Mantese, 1964. pp. 881 s.) e nello stesso anno, a fianco di Girolamo, come si ricava dal Liber provisionum, II, lavorò nel palazzo del capitanio (Barbieri, Vicenza gotica, 1981, p. 126). Se accettata, l'ipotesi getterebbe un po' di luce sull'apprendistato piuttosto oscuro del Dal Toso.
Un interessante documento segnalato dal Mantese (1964, pp. 909 s.), il testamento della moglie Ferbonia del fu Gasparino Rizzo da Castello (Venezia), del 27 nov. 1521, ci informa anzitutto che il D. è cittadino di Vicenza e risiede "in contracta de le Gazole... sub sindacaria S. Pauli"; la testatrice, "uxor in secundo matrimonio Hieronimi filii Silvestri de Tusiis", non accenna a discendenza.
Il testamento, redatto "presentibus... magistro Iohanne q. magistri lacobi Ritii lapicida in contracta de Pedemuro", fa intravedere rapporti di amicizia tra il D. e lo scultore Giovanni da Porlezza, rievocando quel clima di collaborazione tra scultori di origine lombarda e pittori vicentini decisivo per il definirsi del profilo artistico di Vicenza tra 1400 e '500. Altri documenti, scaglionati nel tempo e rintracciati rispettivamente dal Mocenigo (1886, pp. 15 s.), dallo Zorzi (1916, p. 125) e dal Mantese (1964, pp. 881 s.), consentono di ricostruire le dimensioni del modesto patrimonio terriero posseduto dall'artista "in contracta Lazareti".Per l'ultima volta, per quel che sappiamo, il D. compare vivente nel Campione d'Estimo de la Sindacaria di S. Michele (Mocenigo, 1886, p. 17) del 1547, anno che, perciò, può essere considerato il termine post quem della sua morte. Infine, in un atto di battesimo del 28 dic. 1573 (ibid., p. 12) viene citato, in qualità di padrino, un figlio del D.: "Camillus q. Hieronymi de Tonsis Pictoris".
Esiguo il catalogo delle opere superstiti del Dal Toso. Della prima opera nota, il ritratto del Beato Forziano di Piovene, rimane soltanto la puntuale descrizione dei Barbarano (1652). Passerà, poi, più di un decennio prima di incontrare un'altra testimonianza: nel 1521 il D. viene registrato nel Liber provisionum per gli affreschi eseguiti nel palazzo dei capitanio, sede dell'autorità veneziana in Vicenza, allora di recente restaurato. Nulla si sa di preciso, tuttavia, del contributo personale dell'artista alla decorazione, perduta, della loggia, ma la notizia acquista comunque significato se si tiene presente che la commissione degli affreschi era stata affidata, in prima persona, a Tiziano e a Paris Bordone. Questo perché anzitutto la presenza del D. nella loggia potrebbe essere giustificata considerando la particolare congiuntura che si era venuta a creare a Vicenza nel '21 (cfr. Barbieri, Pittori..., 1981, pp. 68-71; L. Puppi, Tiziano tra Padova e Venezia, in Tiziano e Venezia..., Vicenza 1980, pp. 553 s.). Tagliato fuori dalla competizione, infatti, l'ormai vecchio Montagna, non ancora sufficientemente maturi, o lontani dalla città i suoi seguaci, è comprensibile per l'occasione siano stati convocati per i ruoli più impegnativi prestigiosi artisti "forestieri" e per le parti accessorie esponenti della pittura locale non strettamente legati alla cerchia montagnesca, come parrebbe essere il caso del Dal Toso. Situata su questo sfondo più largo, la sua attività a Vicenza cominciò, dunque, prima di quella data 1532 proposta dal Puppi (1958), e in una congiuntura straordinaria data la presenza di Tiziano. Anzi, l'episodio può giustificare la componente blandamente tizianesca nell'eclettico linguaggio dell'artista che l'intervento nel palazzo dei capitanio può, d'altronde, aver posto favorevolmente in luce nell'ambito vicentino, procurandogli l'incarico, giudicato altrimenti "sorprendente" (Puppi, 1958), della decorazione della cappella Barbarano dedicata a S. Caterina in cattedrale: qui il D. subentra al Montagna, che aveva ultimato solo la decorazione dell'abside, verisimilmente dopo la sua morte (1523).
Purtroppo gli affreschi della cappella Barbarano, che raffiguravano vicende della Passione di Cristo ed episodi della leggenda di s. Montano martire, sono andati distrutti con i bombardamenti della seconda guerra mondiale; si era salvata dalla rovina unicamente una scena sulla sinistra in alto, in seguito anch'essa scomparsa, come attesta l'Arslan (1956), né, per quanto è dato di sapere, sussiste dell'opera documentazione fotografica. Non resta, quindi, che affidarsi alle testimonianze degli eruditi locali e principalmente all'attento esame del Morsolin (1882), che individuava nell'opera, insieme a difetti e sproporzioni, anche episodi pregevoli: ad esempio, "teste stupende, specialmente de' vecchi", ammirava, in particolare, "l'armonia del colore"; e descrivendo diffusamente le scene, osservava come non mancassero episodi vari ed animati, serafici e terrifici, su sfondi archeologici o naturali.
Nonostante gli affreschi fossero firmati, B. Berenson, in un primo tempo (Pitture ital. del Rinascimento..., Milano 1936, p. 104), li diede al Buonconsiglio: errore significativo, perché indurrebbe a pensare al D. come stilisticamente orientato, almeno in questi affreschi della cattedrale, nella direzione dei modi del Buonconsiglio, nella consapevolezza dei più aggiornati risultati "della pittura veneziana e veneta, dopo Giorgione e gli epigoni giorgioneschi" (Puppi, 1958).
Sono probabilmente successive agli affreschi della cattedrale le pale dipinte per chiese della provincia. Certo nel 1526 il D. firmava e datava una tela, raffigurante la Madonna con il Bambino tra le ss. Caterina di Alessandria e Apollonia, oggi conservata presso il Museo civico di Vicenza, ma proveniente dalla chiesa di S. Girolamo di Arzignano, "quasi un ex voto paesano, solo ingigantito nelle proporzioni" (Barbieri, 1962, pp. 60 s.).
Affinità stilistiche, "dalla simmetria della composizione all'atteggiarsi delle figure", nonché l'"enfasi un po' vacua", inducono il Barbieri (1964, p. 31) a riconoscere la mano del D. anche in un'altra opera di Arzignano, la pala con S. Andrea tra s. Rocco e s. Antonio abate, conservata nella chiesa di S. Bortolo. Nel 1528 il D. firmava e datava la pala dell'altar maggiore della chiesa parrocchiale di Brendola (Vicenza), raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra due santi.
Dopo il 1528 il D., per quello che si può desumere dagli atti di pagamento registrati nei Libri provisionum (cfr. Trissino, c. 394; Mocenigo, 1886, pp. 28 s.), portava a termine lavori di diversa responsabilità per la città di Vicenza, tuttavia non venendo meno alla sua attività di pittore sacro.
Nel 1531 (cfr. Mantese, 1964, pp. 883 s.) affrescò l'edicola di recente costruzione ai piedi della torre della piazza dei Signori; nel 1533 eseguì altre pitture nel palazzo del capitanio e, in particolare, alcune dorature nella sala; nel 1535 dipinse in un quadro le insegne del nuovo capitano Francesco Morosini; nello stesso anno elaborò "modellum in forma domus insularum Magnificae Civitatis Vincentiae, trasmissum Venetias" (Liber provisionum, V, c. 123), forse testimonianza di una sua altrimenti sconosciuta attività di cartografo.
In una nota di pagamento del Liber provisionum (IV, c. 200) l'artista sarebbe, secondo il Magrini (1848, p. 154), definito "dipintor in la Ca' d'oro" di Vicenza. Il luogo indicato del Liber non è, però, rintracciabile, mentre, in un altro punto dello stesso libro (c. 474v), che si riferisce alle dorature effettuate in capitaniato nel 1533, si legge l'espressione che può benissimo essere all'origine dell'equivoco: "... Maestro Hieronimo de Tosi dipintor la indoro". Non è qjindi accettabile la notizia cit. secondo cui il D. avrebbe affrescato la facciata della vicentina Ca' d'oro (ma si vedano già il Mocenigo, 1886, pp. 27 s., e il Barbieri, Vicenza gotica, 1981, pp. 99 s.).
Sempre a detta dei Magrini (1848, p. 154), sussisteva, ai suoi tempi, nella chiesa di Priabona (Vicenza), un "quadretto di tre piedi", rappresentante "S. Rocco con due altri santi a lato", firmato, "a diritta", H.D.T.P., e datato, "a sinistra", 1539. Il quadro viene fatto coincidere dal Mistrorigo (1933, p. 28) Con un dipinto (m 1,10 × 1, datato anch'esso 1539), passato dalla Galleria Colbacchini di Bassano del Grappa alla chiesa di S. Stefano a Vicenza, ivi tuttora conservato in sacrestia, e raffigurante S. Paolo, s. Sisto papa e s. Rocco. Il Cevese (1969, p. 125) giudica erronea l'identificazione, ma in effetti parecchi elementi di coincidenza tra le due tele orienterebbero ad accettare tale ipotesi. Del resto, l'opera, arcaizzante, sembra ormai dimostrare una certa stanchezza del Dal Toso.
Èandato invece irrimediabilmente perduto il Giudizio finale di cui parla il Baldarini (1779, p. 36) e che si trovava nella sacrestia dei mansionari della cattedrale, poi trasferito, secondo il Trissino, nel collegio Plona: era firmato e datato 1540. Così pure si sono smarrite le tracce della Circoncisione, anch'essa firmata, vista dal Trissino e dal Da Schio, nel primo Ottocento, nel palazzo Leoni Montanari. Forse rimane, nella sacrestia della chiesa di S. Maria della Misericordia a Vicenza (cfr. Puppi, 1958, p. 6 non num. dell'estratto), una copia, risalente al XVII o XVIII secolo, del dipinto, perduto, raffigurante Cristo tra gli infermi, ricordato dal Boschini (1677, p. 4), sempre nella sacrestia dei mansionari della cattedrale, come "opera di Hieronimo de Tassis".
Nel 1541, infine, il D. dipinse alcune figure negli, uffici del palazzo del Comune: anche queste distrutte.
Pittore eclettico, dunque, il D., sebbene di un certo risalto per Vicenza quale espressione di una fase di transizione nell'arte locale, al crepuscolo della scuola montagnesca.
Privo di autentica cultura e quindi di consapevolezza critica e perciò incline a fondere, senza drammi, differenti stilemi, il D. non sembra però, e lo si è, in parte, già visto, del tutto insensibile alle "moderne" istanze, se nel 1543, giunto, per quanto ci è dato sapere, alla sua ultima fatica, avrà la ventura di collaborare con il Palladio e altri insigni artisti vicentini all'allestimento dell'apparato Ridolfi (v. soprattutto Magrini, 1845, pp. 12 s.): macchina fastosa e complessa, simbolo, in un certo senso, anche in "provincia", dell'ormai trionfante, maturo classicismo.
Fonti e Bibl.: Vicenza, Bibl. Bertoliana, Arch. Torre, Libri provisionum: II (795), per gli anni 1517-23, cc. 709v-710r; IV (797), per gli anni 1530-34, c. 474v; V (798), per gli anni 1535-39, cc. 39, 123, 186; VI (799), per gli anni 1540-43, c. 228; Ibid., Mss. Gonz. 26.5.5 (1950): L. Trissino, Artisti vicentini, [prima metà XIX sec.], cc. 394-96; Ibid., mss. G.6.10.1-11, G-5-9-5-16: G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza [XIX sec.], XII (3398), cc. 48-50; F. Barbarano, Historia ecclesiastica della città, territorio e diocese di Vicenza, II, Vicenza 1652, p. 6; M. Boschini, I gioieli pittoreschi virtuoso ornamento della città di Vicenza, Venezia 1676, pp. 2, 4; [P. Baldarini], Descrizione delle architetture, pitture e sculture di Vicenza, I, Vicenza 1779, pp. 34 s.; G. Maccà, Storia del, territorio vicentino, V, Caldogno 1813, pp. 37 s.; XI, 2, ibid. 1814, p. 211; A. Magrini, Memorie intorno la vita e le opere di Andrea Palladio, Padova 1845, pp. 12 s.; Id., Notizie storico-descrittive della chiesa cattedrale di Vicenza, Vicenza 1848, pp. 152 ss.; B. Morsolin, Giangiorgio Trissino..., Vicenza 1878, pp. 293-97; Id., Ricordi stor. di Brendola, Vicenza 1879, pp. 12, 49; Id., La capp. di S. Catarina nella chiesa cattedrale, Vicenza 1882; D. Bortolan, Giambattista Maganza seniore vicentino, Bassano 1883, pp. 102 s.; G. Mocenigo iunior, G.D. pittore vicentino, Vicenza 1886; [L. Ongaro], Catalogo della Pinacoteca, Vicenza 1912, p. 35, G. G. Zorzi, Contr. alla storia dell'arte vicentina nei secoli XV e XVI, Venezia 1916 (Miscell. di storia veneta, 3, X), pp. 125 s. (vedi la recens. di G. Fiocco, in L'Arte, XX [1917], p. 183); F. Mistrorigo, La parrocchia di S. Stefano, in A Don Innocente Bastasin nel XXV anno di cura pastorale la sua Parrocchia, Vicenza 1933, pp. 28 s.; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 7, Milano 1934, p. 17; A. Goli, La cattedrale di Vicenza, Vicenza 1944, pp. 34 s-; F. Barbieri, Le opere d'arte, in Il duomo di Vicenza, Vicenza 1956, p. 164; W. Arslan, Vicenza, I, Le chiese, Roma 1956, p. 36; L. Puppi, G. D., Contributi per un profilo stor. della pitt. vicent. del tardo '400 e del primo '500, in Vita vicentina, VIII (195 8), estr.; F. Barbieri, Il Museo civico di Vicenza. Dipinti e sculture dal XVI al XVIII sec., II, Venezia 1962, pp. 59-61; Id., Antiche pitture d'Arzignano, in Vicenza. Rivista della provincia, VI (1964), 1, p. 31; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III, 2, Vicenza 1964, pp. 881-84, 909 s.; R. Cevese, Ricchezze pittoriche nella chiesa di S. Stefano in Vicenza, in Raccolta di studi di S. Stefano in Vicenza, Vicenza 1969, pp. 125 s.; F. Barbieri, Vicenza gotica: dal testo all'immagine, in G.B. Dragonzino, Nobilità di Vicenza, a cura di F. Barbieri-F. Fiorese, Vicenza 1981, pp. 97-100, 123-33; Id., Pittori di Vicenza 1480-1520, Vicenza 1981, pp. 68-71; A. Ballarin, Pinacoteca di Vicenza, Vicenza 1982, p. 118; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIII, p. 316 (sub voce Toso, Gerolamo Dal;. erroneam. gli attribuisce un fratello Bernardino che invece è fratello di Girolamo di Stefano d'Alemagna).