ESTRÉES, Girard d'
Scarse e disperse sono le notizie biografiche dell'E. anteriormente alla sua nomina a cancelliere sabaudo avvenuta nel 1366. Nel 1362 era tra i milites presenti alle terze nozze di Giacomo di Savoia Acaia con Margherita di Beaujeu, celebrate il 16 luglio nel palazzo vescovile di Belley, accanto a jacques Maréchal, Guillaume de Chalamont e Jean de Chales. Nello stesso anno venne fatto prigioniero dagli inglesi della compagnia di Giovanni Acuto (Hawkwood) a Lanzo, e in questa occasione viene presentato dalle fonti come "signore di Banains"; apparteneva dunque, assai probabilmente, a una delle famiglie nobili tra le quali i conti di Savoia furono soliti reclutare i propri funzionari fino alla fine del sec. XIV.
Questa tradizione appare infatti confermata anzitutto dall'obbligo, imposto da Amedeo VI ai principi d'Acaia, di nominare come funzionarì locali nel territorio piemontese soltanto sudditi sabaudi, legati ai Savoia da un giuramento di fedeltà, e dalle successive sanzioni - rispettivamente del 1393 e del 1395 - con cui si riservarono esplicitamente un certo numero di cariche amministrative a membri di un ristretto gruppo di famiglie nobiliari e si stabilì che i siniscalchi delle contee di Nizza e di Provenza dovessero essere reclutati tra le famiglie nobili della Savoia.
Nel 1366, alla partenza di Amedeo VI per la crociata contro i Turchi in aiuto dell'imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, l'E. acquista una fisionomia più precisa: in qualità di "cancellarius Sabaudie", egli fa parte del Consiglio preposto ad assistere l'operato di Bona di Borbone consorte del conte, da questo nominata reggente. L'operato dell'E. si colloca quindi negli anni immediatamente successivi all'atto del 1362, con cui Amedeo VI aveva investito Giacomo d'Acaia dei territori piem.Ontesi, dichiarando quest'ultimo suo vassallo e ponendolo in una condizione di manifesta inferiorità e subordinazione. Il punto focale della politica sabauda in questo periodo fu, come ha notato il Cognasso (1926), il tentativo di salvaguardare l'indipendenza e l'unità dei domini sabaudi, limitando la formazione di rami famigliari in grado di dar vita a signorie indipendenti. Questo sforzo di mantenere l'accentramento del potere si esplicitò sia nella formazione del Consiglio di reggenza attraverso i maggìorì e più fidati funzionari comitali - il cancelliere E., appunto, e il tesoriere Pierre Gerbaix - sia nella redazione di un testamento provvisorio, da parte di Arnedeo VI, in cui veniva definita con chiarezza la linea di successione e si nominavano esecutori non i familiari del conte, bensi i suoi fedeli: il cancelliere del Consiglio di Chambéry, Guichard Marchand e lo stesso d'Estrées. Il testamento del 1366, di cui si possiedono due redazioni diverse - la prima del 10 gennaio, la definitiva del 3 gennaio -, è apparso al Cognasso (1916) come il frutto della stretta collaborazione tra il conte e questi suoi due funzionari, entrambi "legum doctores et milites". La redazione definitiva del testamento limitava infatti considerevolmente le proprietà signorili e fondiarie di Bona di Borbone, ma rafforzava, in compenso, l'autorità politica di quest'ultima poiché la costituiva reggente.
Per comprendere la funzione istituzionale dell'E. in quanto cancelliere sabaudo, occorre anzitutto premettere che tale carica, nei domini sabaudi, entrò in vigore con un certo ritardo, soltanto a partire dal sec. XIII. L'espansione dei territori e il conseguente aumento degli affari, nonché la costruzione di una sede comìtale fissa a Chambéry, stimolarono la razionalizzazione e l'organizzazione di una struttura burocratica permanente e ufficiale. Tale struttura era composta anzitutto dal cancelliere, che era al contempo guardasigilli ed aveva quindi il compito di autenticare ogni atto, e dal segretario, che doveva redigerli materialmente e provvedere al loro recapito. È stato recentemente notato che l'introduzione in area piemontese della prassi della sigillazione anche nella documentazione privata - imponendo cioè una prassi del diritto consuetudinario di area franca in una zona di diritto scritto - simboleggia il tentativo sabaudo di porre sotto il controllo diretto dei funzionari comitali ogni atto rogato.
Il lento processo di definizione istituzionale della figura e dei compiti del cancelliere, che trovò una sua sistematica definizione solo negli statuti di Amedeo VIII del 1430, fu il frutto di un'elaborazione che ha nell'E. la figura più significativa, poiché il suo operato coprì l'arco di circa ventisette anni in cui vennero poste tutte le premesse per la definitiva codificazione del ruolo del cancelliere.
Compito del cancelliere fu, oltre a quello accennato di autenticare gli atti comitali, quello di contrarre a proprio nome, ma a favore del conte, debiti in denaro con le "casane" dei Lombardi, cioè compagnie di prestito: nel 1367, ad esempio, l'E. contrasse un debito di 100 fiorini con Palmerone Turchi e altri Lombardi soci delle "casane" di Confians, Saint-Pierre d'Albigny e Montmélian; nel 1382 Amedeo VI provvide a saldare l'ultima rata di 50 fiorini del debito complessivo di 350 fiorini contratto dall'E. per il conte stesso. Questi servigi si inseriscono, come ha osservato la Patrone, "nell'attitudine diffusa tra la nobiltà a indebitarsi, richiedendo finanziamenti per le esigenze della propria posizione e soddisfare le richieste di sussidi presentate dal conte di Savoia ai suoi feudatari" e ai suoi funzionari.
L'E. operò inoltre come tramite tra il "secretarius" comitale e il tesoriere e viceversa: nel 1374 ebbe l'incarico di provvedere al pagamento di 200 fiorini per il medico Omobono dì Ferrara; nel 1374 versò al tesoriere la somma, ricevuta dal segretario "Nermet Rouget" dì 29 fiorini veteres e di 40 fiorini di Firenze "de financia recepta in balivatu Malileporarìi". Allo stesso modo l'E. appare intermediario di debiti contratti personalmente dal conte, debìtì che pagava con propri fondi, come fece per quello "de milles fiorins es queulx Monseìgnour estoit entenuz à mossiour Simond son frère", documentato nel 1379.
Parallelamente, la presenza del "cancellarius" e degli altri membri del "Consìlium cum domino residens" era necessaria a sancire la solennità e a legittimare la validità di sentenze gìuridìche dì particolare rilevanza: come quella sottoscritta appunto dall'E. e da Aimone Bonnivard nel 1368, con cui si stabilì l'arresto di Filippo d'Acaia, nonostante questi possedesse un salvacondotto che gli permetteva di transitare liberamente nelle terre sabaude; o come quella del 1371 in cui il medesimo "Consilium", che si dice formato da "viribus nobilibus et prudentibus", è chiamato a convalidare gli accordi tra il conte e le proprie milizie mercenarie. La presenza dei "domini Girardo de Estrées cancellario Sabaudie, Aymone de Castillione domino Lonnati, Gaspardo de Montemaiori, Aimone Bonnivardi militibus, Ibleto de Challant capitaneo Pedemontis, Petro Gerbaissii domicellis et Antonio Barberii notario" è infatti invocata e giustificata "ut appareat evidenter quod ( ... ) fuerunt tractata".
È altresì da notare la notevole mobilità dei membri del "Consilium" stesso, e, in particolar modo, quella del cancelliere, sia seguendo il conte nei suoi spostamenti in Piemonte e in Francia, sia in qualità di rappresentanti della volontà comitale e del "consilium". Tra le uscite finanziarie attestate dal tesoriere sabaudo si trovano infatti con frequenza somme di denaro versate all'E. a titolo di rimborso per le spese da lui affrontate in missioni diplomatiche. Nel 1370 vennero riconosciute all'E. spese per 200 fiorini fatte "eundo, stando et redeundo Avignonem, ad sommum pontificem pro quibusdam negociis dominis". Nel 1382 gli vennero invece rimborsate le spese sopportate "eundo de Chamberiaco apud Ripailliam", "eundo de Chamberiaco apud Belliciuni et veniendo de dicto loco Bellicii apud Chamberiacum". Questi suoi spostamenti furono dovuti anche a vere e proprie trattative diplomatiche, che egli svolse in qualità di rappresentante ufficiale dello Stato sabaudo, come quelle, protrattesi dal 1374 fino al 1378, con Bernabò Visconti e con il Papato.
Lo stipendio dell'E., documentato dai conti del tesoriere sabaudo, appare fissato in 80 fiorini, che venivano versati all'inizio dell'anno; esso era integrato da ulteriori elargizioni del conte, quale quella di 400 fiorini, concessa nel 1382, "consideratis gratis et laudabilibus serviciis per dictum dominum Girardum domino impensis".
Nel complesso, oltre ai suoi compiti ufficiali, l'E. si configura quindi come "uomo di fiducia" di Amedeo VI: la politica che egli svolse dopo la morte del conte, avvenuta il 1° marzo 1383, dimostra l'intento preciso di continuare la strategia di governo nella medesima direzione di unità e di assoggettamento formale degli Acaia che Amedeo VI aveva perseguito. Alla morte di Amedeo VI, in virtù delle sue disposizioni testamentarie, l'amministrazione dello Stato passò alla vedova contessa madre Bona di Borbone. Fino al 1391 l'attività politica sabauda fu dominata dall'E. e dagli altri funzionari del conte defunto, che riuscirono a persuadere la reggente a stipulare un accordo col figlio Amedeo VII, con il quale si stabiliva che quest'ultimo avrebbe effettivamente governato, ma ogni qualvolta la madre avesse voluto esercitare il potere, sia in Savoia, sia in Piemonte, le sarebbe stato ceduto il governo. Appunto nel 1391, dopo la morte di Amedeo VII, venne nominato cancelliere Jean de Conflans, uomo di fiducia di Bona di Borbone, "sub pensione sive salario dari solito egregio viro domino Girardo Destres leguin doctori et militi, consiliario" per volontà della stessa reggente, la quale era propensa a sciogliere'Amedeo d'Acaia dagli obblighi di vassallaggio contratti con il marito nel 1362 al fine di ottenerne l'appoggio.
L'E. morì entro il 1396: una lettera patente di quell'anno stabiliva infatti che al nuovo cancelliere, Pierre Colomb, venisse assegnato lo stesso salario e lo stesso trattamento "quibus nobilis et circumspectus vir dominus Girardus Destres leguin doctor et miles quondam fuerat et existebat cancellarius constitutus".
Fonti e Bibl.: Notizie sull'E. si possono trovare nei conti della Cancelleria conservati inediti presso l'Arch. di Stato di Torino, Sez. riunite, inv. 41, mazzi 2-5, reg. 11-29. Si vedano inoltre i conti della Tesoreria generale tra il 1377 e 1383 editi in J. Jaccod, La comptabilité d'Amédée VI dit le "Comte Vert" (1377-1383). Sa vie, ses monnaies, Torino 1939, nonché il registro dei prestiti delle "casane" lombarde ai conti di Savoia, pubblicato da A. M. Patrone, Le casane astigiane in Savoia, in Misc. distor. ital., s. 4, IV (1959).
Notizie generali sull'E. possono essere rinvenute in S. Guichenon, Histoire de Bresse et de Bugey, Lyon 1650, pp. 159-160; Id., Histoire généalogique de la royale maison de Savoye, Lyon 1660, p. 116; P. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte e paesi uniti, Torino 1798, p. 6; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, p. 188. In particolare sull'evoluzione e il reclutamento dei cancellieri sabaudi si vedano A. Dufour-F. Rabut, Sigillographie de la Savoye, Torino 1882; E. Peverelli, IlConsiglio di Stato nella monarchia di Savoia dal conte Tommaso I di Moriana ad Emanuele Filiberto, Roma 1888, pp. 15-22; L. Chevalier, Recherches sur la réception du droit romain en Savoye des origines à 1789, Annecy 1953, pp. 52-55; A. Perret, Principaux organes de gouvernement de l'Atat savoyard de 1189 à 1323, in Bull. philologique, 1961, pp. 15-21; U. Gherner, Reclutamento di dirigenti, mobilità della corte e circolazione di esperienze nei domini sabaudi, in Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale, a cura di E. Castelnuovo - G. Romano, Torino 1979, pp. 89-105; P. Cancian, Documenti e sigilli come veicoli di cultura "minore" di corte, ibid., pp. 106-115.
Inoltre sul generale contesto politico degli Stati sabaudi si vedano: F. Gabotto, L'età del Conte Verde in Piemonte secondo nuovi documenti (1350-1383), Torino 1891; F. Cognasso, L'influsso francese nello Stato sabaudo durante la minorità di Amedeo VIII, in Mélanges d'archéol. et dhist., XXXV (1916), pp. 257-326; Id., Il Conte Verde (1334-1383), Torino 1926, pp. 160, 214; Id., Per un giudizio del Conte Verde sulle compagnie di ventura, in Boll. d. Soc. pavese di storia patria, XXVIII (1928), pp. 1-21; Id., La prima redazione del testamento di Amedeo VI di Savoia, in Annali dell'Ist. super. di magistero del Piemonte, IV (1930), pp. 205-233.