TRISTANO, Giovanni
Ferrarese, nacque nel 1515. Esponente di una stirpe di capomastri e architetti attivi nella città e nei territori estensi fin dal XV secolo, ricevette probabilmente nell’ambito familiare e nella prassi di cantiere la sua prima formazione in campo edile, unitamente al fratello Lorenzo. Di questo periodo, tuttavia non si hanno notizie certe.
Oltre a Lorenzo, al quale fu unito da una costante collaborazione professionale, si ha notizia dell’esistenza di altri due fratelli, Alessandro e Alfonso, e di una sorella.
Le prime informazioni documentarie riferibili all’attività professionale di Tristano risalgono agli anni Quaranta del XVI secolo. Tra il 1544 e il 1548 un maestro Giovanni Tristano, probabilmente identificabile con il nostro, ricevette dei pagamenti per lavori edili effettuati nel palazzo di don Alfonso d’Este sulla via degli Angeli a Ferrara, comparendo in sua vece nel 1547 un maestro Lorenzo Tristano, a supporto dell’identificazione proposta. Maestro Giovanni Tristano è presente anche nei conti relativi alle opere realizzate nel palazzo della Rosa nel 1545 e, tra aprile e maggio del 1555, nella residenza di Schifanoia. Negli stessi anni operò in altri cantieri ferraresi anche un Giovan Battista Tristano, la cui identificazione con Giovanni appare tuttavia problematica.
A dispetto delle scarse notizie emerse, l’attività progettuale e da costruttore sviluppata da Tristano entro la prima metà del XVI secolo in ambito ferrarese dovette essere consistente e di elevata qualità, procurandogli la fama di perito nell’arte dell’edificare.
Tale fama ne precedette e facilitò l’ingresso nella Compagnia di Gesù, seguendo l’esempio del fratello Lorenzo, che intraprese analogo percorso fin dal 1552, sotto la guida spirituale del rettore del collegio di Ferrara padre Giovanni Pelletier. Caldeggiata dallo stesso preposito generale Ignazio di Loyola, la risoluzione di Giovanni Tristano di entrare nell’ordine gesuita giunse nell’autunno del 1555 (tra ottobre e novembre), a seguito della prematura scomparsa della moglie e del figlio, professando i primi voti il 6 gennaio 1556 a Ferrara.
Nei vent’anni successivi Tristano prestò la propria attività a servizio della compagnia, diventando il principale e più stimato architetto nella prima stagione edilizia e di affermazione territoriale gesuitica. Di fatto, fu il primo a ricoprire (dal 1558 fino alla morte) il ruolo di «consiliarius aedificiorum», essendo incaricato, oltre che di redigere progetti, supervisionare cantieri e ispezionare siti proposti per le nuove fondazioni, di valutare ed emendare i progetti che dalle diverse sedi giungevano a Roma, in accordo con quanto stabilito in occasione della prima (1558) e della seconda (1565) congregazione generale dell’ordine.
In alcune lettere del preposito generale Diego Laynez, degli anni Sessanta del XVI secolo, che auspicavano l’intervento progettuale di Tristano, compaiono i primi riferimenti al «modo nostro», cioè a quel modus operandi, indirizzato al conseguimento degli obiettivi di comodità, efficienza, solidità, igiene e sobrietà cui mirava la compagnia nelle sue edificazioni, e del quale l’architetto ferrarese fu ritenuto accorto interprete. Nella mole di incarichi progettuali che gli furono assegnati, tra ristrutturazioni di edifici preesistenti e nuove fondazioni, Tristano fu inoltre artefice della messa a punto di schemi tipologici commisurati alle esigenze pratiche della comunità gesuita, in particolare per chiese e collegi.
La sua attività progettuale si concentrò principalmente sulle numerose sedi dell’assistenza d’Italia, tra Nord, Centro e Sud della penisola e la Sicilia, visitando egli di persona la maggior parte dei siti per i quali elaborò dei progetti, ma soltanto in pochi casi soffermandosi a sovrintendere all’avvio della costruzione o seguendone i progressi con visite periodiche. Produsse anche progetti a distanza, basandosi su sommari rilievi o informazioni relative al sito inviati da sedi che non ebbe modo di visitare. Fu questo il caso, ad esempio, del collegio di Dillingen in Germania, con la relativa chiesa.
Sebbene sia difficile esprimere valutazioni approfondite sulle sue opere, essendo state queste successivamente trasformate o rimpiazzate in toto da nuove costruzioni, il suo approccio pragmatico e razionale alle questioni progettuali proprie della compagnia non rimase privo di ricadute, annoverandosi peraltro tra i suoi principali collaboratori e allievi i confratelli architetti Giovan Domenico de Verdina, Francesco Costa, Giovan Maria Bernardoni e Giovanni de Rosis (che lo rimpiazzò nel ruolo di «consiliarius aedificiorum»).
Giunto a Roma il 9 maggio del 1556, Tristano fu innanzitutto impegnato, per circa due anni, nei lavori di ristrutturazione della prima sede della casa professa presso S. Maria della Strada (poi Gesù); a settembre del 1558 elaborò inoltre un progetto per una sede ad Amelia. Dal mese di ottobre del 1558 all’aprile del 1560 soggiornò a Napoli, sovrintendendo alla costruzione della chiesa del Gesù (Vecchio) nella sua prima configurazione, e occupandosi in quel frangente anche del collegio nolano, da ricavare nelle fabbriche del palazzo Orsini.
Richiamato a Roma nella primavera del 1560, si dedicò all’adattamento dei caseggiati donati dalla marchesa Vittoria della Tolfa della Valle, elaborando fin da questo primo progetto un prototipo per la tipologia del collegio gesuita che servì da modello per numerose fondazioni successive. Per lo stesso complesso ideò inoltre la chiesa, dedicata all’Annunziata – e rimpiazzata nel XVII secolo dalla più imponente chiesa dedicata a s. Ignazio – la cui facciata, nota attraverso un’incisione e un disegno (di De Rosis), costituisce anch’essa una sorta di prototipo.
Quest’ultimo progetto fu concepito da Tristano durante uno dei suoi ripetuti soggiorni – tra il 1560 e il 1570 – nella città di Perugia, dove elaborò un disegno per il collegio e diresse la costruzione della chiesa del Gesù, sotto l’egida del cardinale Fulvio Giulio della Corgna (per il quale realizzò anche il progetto del palazzo vescovile e altre commissioni minori).
L’assenza dall’Urbe più prolungata e la spedizione più impegnativa, per la mole di commissioni che dovette assolvere nello spazio di circa due anni, tra il 1563 e il 1565, fu quella relativa al soggiorno in Sicilia, visitando inoltre sulla via del ritorno le sedi calabresi ed elaborando in particolare un progetto per il collegio di Catanzaro (che poi non fu attuato).
Nell’isola Tristano si cimentò innanzitutto nel disegno del collegio di Messina, «corresse» l’impianto (probabilmente a tre navate con colonne) della chiesa di Bivona, essendo inoltre la sua consulenza progettuale richiesta a Caltabellotta, Sant’Angelo, Siracusa e Catania. L’impegno maggiore fu quello relativo alla chiesa del Gesù e al collegio (poi casa professa) di Palermo, progettati in due momenti successivi, rispettivamente nel 1564 e nel 1568. Sebbene della chiesa ideata da Tristano non rimanga quasi nulla, le fonti archivistiche hanno trasmesso memoria dell’impianto originale a navata unica, con tre cappelle per lato, transetto non eccedente e tribuna a terminazione piatta, di profondità pari al transetto, con cupola su tamburo ottagonale sulla crociera. La realizzazione di quest’ultima generò notevoli difficoltà tecniche che ritardarono la conclusione dell’opera, essendo richiesto ripetutamente, ma invano, tra il 1573 e il 1574, il ritorno dell’architetto per risolvere i problemi strutturali.
Sulla base dei progetti elaborati da Tristano furono avviate anche la costruzione del Gesù di Ferrara, dal 1570, e quella del Gesù di Forlì, dal 1572, entrambe nei tratti generali rispondenti all’impianto da lui privilegiato e originariamente coperte da un soffitto ligneo. I lunghi tempi di esecuzione, e nel secondo caso anche le aperte critiche al progetto mosse dal provinciale Cristoforo Rodriguez, rendono tuttavia dubbia l’effettiva aderenza delle fabbriche realizzate al disegno originario. A Ferrara inconsueta è, in particolare, l’articolazione delle membrature architettoniche in corrispondenza degli archi delle cappelle, con l’inserimento, inoltre, di colonne libere.
Ulteriori incarichi e consulenze progettuali (spesso rimaste sulla carta) si affollarono nell’ultimo decennio di attività di Tristano (per Padova, Parma, Bologna, Civita Sant’Angelo, Spoleto, Teramo, Macerata, Novellara); tra questi, la revisione del progetto di Pellegrino Tibaldi per il S. Fedele a Milano (1568; con poche osservazioni su questioni di carattere funzionale, accettando egli tanto le peculiarità di impianto, quanto le coperture a volta) e la sistemazione del primo complesso del noviziato di S. Andrea al Quirinale (1568), ne testimoniano l’approccio pragmatico e scevro da preconcetti.
Tristano ebbe inoltre parte attiva nelle consultazioni che precedettero la definitiva messa a punto del progetto di Vignola per la chiesa del Gesù a Roma, tra il maggio e il settembre del 1568. Sebbene sia stata supposta l’elaborazione di proposte progettuali anche da parte sua, non si hanno certezze in proposito, né in merito al contributo da lui apportato alla discussione sul disegno definitivo della chiesa. Di certo, però, egli ebbe un ruolo primario in fase esecutiva, essendo stato designato dai gesuiti, con il benestare del cardinale Alessandro Farnese, per sovrintendere al cantiere, incarico che mantenne fino alla morte (1575). Un importante contributo tecnico fu dato da Tristano in fase di avvio della costruzione, quando – in virtù delle sue competenze anche in materia idraulica – riuscì a risolvere le complicazioni generate nella realizzazione delle fondazioni dall’abbondante presenza di acqua riscontrata nel sottosuolo.
Tra gli ultimi progetti elaborati da Tristano si annovera infine quello per la chiesa del collegio di Como, inviato da Roma il 25 giugno 1575, la cui conformazione originale – a nave unica con tre cappelle per lato e tribuna quadrata con coretti – offrì un ultimo coerente saggio delle preferenze dell’architetto nella sua intensa attività di progettista al servizio della compagnia.
Morì a Roma l’11 agosto del 1575.
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