PINTORI, Giovanni
PINTORI, Giovanni. – Nacque, penultimo di sei figli, il 14 luglio 1912 a Tresnuraghes (Oristano), piccolo centro presso Bosa, sulla costa orientale della Sardegna, da Giovanni, operaio caseario, e Caterina Moledda.
La famiglia, originaria di Nuoro – dove i genitori si erano sposati nel 1906 –, vi fece ritorno nel 1918, stabilendosi nel popolare rione di Séuna, abitato da contadini e artigiani. Conseguita la licenza elementare, Giovanni fu messo a bottega da un falegname (detto ‘mastro Chessa’), grazie al quale poté maturare quella diretta esperienza dei materiali rivelatasi in seguito preziosa. Proseguita da autodidatta la propria formazione con vaste letture, si dedicò con costante esercizio al disegno. Dal 1927 frequentò assiduamente il pittore e fotografo Piero Pirari che, in collaborazione con Giovanni Ciusa Romagna (nipote dello scultore Francesco Ciusa) rientrato nell’isola dopo gli studi di pittura all’Accademia di belle arti di Firenze, aveva aperto una galleria d’arte a Nuoro, elevata in quell’anno a capoluogo di provincia.
Assunto come dattilografo presso la Federazione provinciale del commercio, su suggerimento di Pirari – dal quale aveva appreso i primi rudimenti di tecnica fotografica – partecipò nel 1930 al concorso per due borse di studio (di 3750 lire annue ciascuna) indetto dal Consiglio dell’economia corporativa (poi Camera di commercio) di Nuoro per frequentare l’Istituto superiore per le industrie artistiche (ISIA), la Scuola d’arti applicate all’industria aperta a Monza nella Villa Reale, risultando primo. La seconda borsa andò a Salvatore Fancello che, nato a Dorgali (Nuoro) nel 1916, era apprendista nella bottega del ceramista Ciriaco Piras. Il 28 ottobre 1930 i due si imbarcarono a Olbia sull’Attilio Deffenu e, giunti a Civitavecchia, proseguirono in treno per Monza, dove presero alloggio nel convitto dell’ISIA. L’anno successivo vennero raggiunti dal di poco più anziano Costantino Nivola, nato a Orani (Nuoro) nel 1911, già collaboratore di Mario Delitala nella decorazione pittorica dell’Aula magna dell’Università di Sassari (1926) e vincitore della medesima borsa per l’anno 1931. I tre (definiti i tre sardi dell’ISIA) fecero subito gruppo, legati com’erano dalla «comune miseria» e dalla «sardità» (come ebbe a esprimersi lo stesso Nivola; cfr. Nivola Fancello Pintori, 2003, p. 245), e avviarono un intenso sodalizio umano e artistico destinato a interrompersi bruscamente solo a causa del forzato espatrio di Nivola (a Parigi e poi definitivamente a New York) per le leggi razziali che avevano colpito la moglie Ruth Guggenheim (1938), e della prematura morte di Fancello nella guerra d’Albania (1941).
Soprattutto con quest’ultimo, di cui a lungo custodirà il patrimonio grafico, Pintori stabilì un legame privilegiato. «A Monza, nei primi anni, eravamo inseparabili, non lo lasciavo mai, e insieme abbiamo esplorato quello che sarebbe stato il nostro nuovo mondo, completamente diverso da quei mucchi di sassi scomposti che erano i nostri paesi» (Ricordo dell’amico, in La grotta della vipera, 1982, 22-23 [Omaggio a Salvatore Fancello], p. 9).
Abbandonato dalla corte sabauda dopo l’assassinio di re Umberto I (1900), il vasto complesso del parco e della Villa Reale di Monza era stato retrocesso nel 1918 dalla Corona al Demanio e ceduto a un consorzio formato dall’Umanitaria di Milano e dai Comuni di Milano e Monza, che vi avevano aperto nel 1922, sul modello delle Wiener Werkstätte, la Scuola d’arti applicate (inizialmente denominata Università delle arti decorative), e promosso dal 1923 al 1930 le Biennali (l’esposizione, ribattezzata nel 1930 Triennale, fu trasferita nel 1933 a Milano nel Palazzo dell’arte, appositamente costruito da Giovanni Muzio nel Parco Sempione).
L’inizio degli anni Trenta corrispose per la Scuola d’arti applicate al delicato periodo di transizione dalla direzione di Guido Balsamo Stella a quella di Elio Palazzo, che ne mutò il nome e ne riorganizzò incisivamente la didattica, dando un nuovo assetto ai corsi di studio e introducendo nuove discipline. Superati gli anni propedeutici, nei quali ebbe come maestri, tra gli altri, Raffaele De Grada, Pio Semeghini e Ugo Zovetti (tra le rarissime testimonianze del periodo sopravvivono solo gli studi di nudo per il corso di figura, già nella collezione Luca Crippa di Seregno e ora nei Musei Civici di Monza, e i disegni per alcune ceramiche della bottega di Ciriaco Piras, in coll. priv., Milano), Pintori s’iscrisse al nuovo corso di grafica pubblicitaria, subito seguito, dopo l’iniziale adesione a pittura, da Nivola, mentre Fancello optò per il corso di ceramica. I principali insegnanti della sezione – in particolare Marcello Nizzoli, Edoardo Persico e Giuseppe Pagano – coinvolsero subito i tre giovani nelle loro attività professionali, specie nell’allestimento di mostre temporanee e negozi. Nel 1934 Pintori prese parte ai primi Littoriali di cultura e arte tenuti a Firenze, dove giunse secondo dopo Nivola. Nello stesso anno vennero entrambi coinvolti nell’allestimento della Mostra dell’Aeronautica, ordinata da Pagano nel Palazzo dell’arte di Milano, realizzando in fotomosaico l’emblema della mostra e dipingendo due piante topografiche del Parco Sempione. Rientrati in Sardegna per le vacanze estive, i tre amici organizzarono una mostra collettiva nel caffè Deffenu di Nuoro, che non riscosse particolare interesse.
Nel 1935 Pintori, Nivola e Fancello furono coinvolti nell’allestimento della Mostra della Montagna a Torino (di cui Pintori realizzò la documentazione fotografica), ideato da Renato Zveteremich, eclettica figura di letterato poliglotta allora direttore dell’Ufficio sviluppo e pubblicità di Olivetti, aperto a Milano nel 1931, e alla decorazione del negozio Olivetti in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, coordinata da Leonardo Sinisgalli, che nel 1938 sarebbe succeduto a Zveteremich nella direzione dell’ufficio (C. Altea, Costantino Nivola, Nuoro 2005, p. 28).
Assolto il servizio militare a San Remo e in Etiopia, nel 1936 Pintori fece ritorno a Monza per diplomarsi maestro d’arte. Nello stesso anno, sotto la guida di Pagano, collaborò con Nivola alla decorazione dell’ingresso della VI Triennale, nella quale gli allievi dell’ISIA svolsero un ruolo rilevante. Trasferitosi definitivamente a Milano, e organizzato con gli amici uno studio comune in corso Garibaldi, Pintori fu chiamato da Adriano Olivetti, che nella scuola di Monza aveva individuato una sorta di serbatoio di nuovi talenti, a collaborare all’elaborazione della parte grafica del Piano regolatore della Valle d’Aosta (1937), esposto dal 5 al 17 luglio alla Galleria di Roma diretta da Pier Maria Bardi; mentre nel 1938 fu inviato a Ivrea presso lo stabilimento di strumenti di precisione OMO per disegnare il prototipo di una macchina fresatrice-piallatrice. Assunto stabilmente nell’Ufficio sviluppo e pubblicità, si dedicò – prima con Nivola (con il quale realizzò anche il raffinato fascicolo della Storia della scrittura) e, dopo la partenza di quest’ultimo dall’Italia, da solo – alla campagna pubblicitaria per la nuova macchina da scrivere M42 (poi Studio 42), condotta con metodiche (il ‘demone dell’analogia’ di mallarmeana memoria istillatogli da Sinisgalli) e procedimenti grafici del tutto innovativi che contribuirono a definire lo ‘stile Olivetti’, ben presto assurto a prestigio internazionale: «Sin dai primi messaggi ho adottato un linguaggio grafico che si opponeva al gusto della stilizzazione banale che costituiva la regola della tecnica pubblicitaria di allora. Con la campagna della Studio 42 è nata veramente la fisionomia della pubblicità Olivetti. […]» (Pintori, 1972, p. 169). Le sedici tavole elaborate nell’occasione ebbero anche un esito editoriale, accompagnate da un testo di Elio Vittorini (Una campagna pubblicitaria, Milano 1939; cfr. Fiorentino, 2014).
Nel 1940, responsabile unico dell’ufficio, Pintori fu incaricato da Guido Modiano e Raffaello Bertieri di allestire insieme a Sinisgalli il padiglione delle arti grafiche e dell’editoria della VII Triennale.
Sfollato negli anni di guerra a Burolo (Ivrea), rientrò nel 1946 a Milano, riprendendo l’attività lavorativa alla Olivetti. Dal 1950 ricoprì il ruolo di direttore artistico della pubblicità, incarico che mantenne anche dopo la scomparsa di Adriano (1960), con il quale aveva stretto un personale e intenso legame di collaborazione.
Promosse così l’immagine coordinata dell’azienda, dal logo al più semplice prodotto editoriale, ideando numerose campagne pubblicitarie (dalla macchina da scrivere Lettera 22, 1950, alla calcolatrice Tetractys, 1956, alla Lexikon) e manifesti divenuti celebri (come Numbers, 1948). Disegnò inoltre varie copertine per Notizie Olivetti (dal 1952), periodico diretto da Libero Bigiaretti, e curò personalmente anche diciannove edizioni del raffinato Calendario Olivetti (1951-69), dedicato a temi e figure di spicco del mondo dell’arte (nel caso di quello dedicato a Georges Braque fu lo stesso artista a scegliere le opere da riprodurre; cfr. G. Pintori, Visita a Braque, in Notizie Olivetti, 1957, 52, p. 24).
Nel 1952 al Museum of modern art di New York (MoMA) si tenne la mostra Olivetti. Design in industry nella quale fu presentata, accanto alle macchine da scrivere, un’ampia selezione della produzione grafica di Pintori (di cui il museo conserva tuttora un nucleo). Immediato riflesso del successo dell’esposizione fu, nel 1953, l’incarico di disegnare una copertina per la rivista Fortune. Nello stesso anno divenne socio della Alliance graphique internationale, fondata a Basilea nel 1950, di cui in seguito ricoprì anche la carica di presidente. Nella mostra organizzata dall’Alliance nel 1955 al Louvre di Parigi gli venne dedicata una sala. Intanto si moltiplicarono i riconoscimenti: nel 1956 ottenne il Certificate of excellence dell’American Institute of graphic arts, la medaglia d’oro della Fiera di Milano e il primo premio di Linea grafica per le pubblicazioni di Olivetti; nel 1957 ricevette il gran premio della Triennale di Milano, del cui Centro studi farà parte sino al 1973.
Nelle estati trascorse con la famiglia a Bocca di Magra – si era infatti nel frattempo sposato con Maria Beretta, dal matrimonio con la quale erano nati i due figli Paolo e Salvatore – strinse amicizia con il fondatore della Società degli amici di Bocca di Magra, Vittorio Sereni, che ne dette un’icastica definizione («Pintori, bel nome per uno che fa il grafico con un senso squisito del colore e che in segreto dipinge»; Sereni, 1968, ed. 2013, p. 653; cfr. V. Sereni, Un posto di vacanza e altre poesie, a cura di Z. Birolli, Milano 1994).
Fu sempre Sereni a dare una delle rare valutazioni della poetica di Pintori: «All’uomo, tolta qualche ferma convinzione e una precisa coscienza professionale, non si cavano molte parole sul suo lavoro e sul significato che gli annette. Interrogato in proposito vi dirà tutt’al più che “la grafica non è sottopittura”, ma semplicemente altra cosa dalla pittura, con un suo linguaggio autonomo e in rapporto sì con la pittura, ma che non sia “di contaminazione o di tentazione pittorica”. Vi lascerà capire che dicendo questo non intende la grafica pubblicitaria come un’arte applicata, ma proprio come un’arte di cui avverte il condizionamento d’origine e insieme la possibilità di liberare le risorse latenti contenute nell’oggetto o prodotto che le viene proposto» (Sereni, 1968, ed. 2013, p. 653).
Nel 1967, mutato l’assetto della direzione di Olivetti, il lungo sodalizio s’interruppe (anche se non del tutto la collaborazione, che proseguì per qualche anno). Pintori aprì uno studio privato di pubblicità a Milano, in Galleria Unione 5, elaborando campagne pubblicitarie per vari committenti, in particolare per la ditta di trasporti Merzario, di vasta risonanza (nel 1984 la rivista giapponese Idea lo inserì fra i trenta designer più influenti del Novecento). Nel 1972 partecipò alla XXXVI Biennale di Venezia nella sezione dedicata alla grafica sperimentale per la stampa. Tornato alla pittura, nel 1981 venne allestita presso la fondazione Corrente di Milano una mostra personale dedicata alla sua produzione pittorica, sino a quel momento tenuta segreta.
Morì a Milano il 15 novembre 1999.
Fonti e Bibl.: Studi e proposte preliminari per il piano regolatore della Valle d’Aosta, direzione generale di A. Olivetti, Ivrea 1943 (rist. anast. con introduzione di G. Ciucci, Torino 2001); Disegni astratti di Ciuti, Fontana, Lupo, Munari, Pintori, Radice, Soldati, Steiner, Veronesi, presentazione di B. Munari, Milano [1944], ad. ind.; G. Ballo, G. P., in Linea grafica, 1955, 9-10, pp. 242-247; G. Soavi, Olivetti 1908-1958, Ivrea 1958, ad. ind.; G. P., fotografie di U. Mulas, testi di L. Bigiaretti - L. De Libero, Milano 1967; V. Sereni, Prove per un ritratto, in Pirelli. Rivista d’informazione e di tecnica, XXI (1968), 9-10, pp. 49-56 (ora in Id., Poesie e prose, Milano 2013, pp. 651-656); Graphic designers en Europe 2, G. P., Edward Bawden, Hans Hillmann, Herbert Leupin, Fribourg 1972; G. Pintori, in Milano 70/70. Un secolo d’arte, III, Dal 1946 al 1970 (catal., Museo Poldi Pezzoli), Milano 1972, pp. 168 s.; A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale, Milano 1978, ad. ind.; G. De Carlo, G. P., (catal., Fondazione Corrente), Milano 1981; G. Anceschi, Il campo della grafica italiana, in Rassegna, III (1981), 6, pp. 5-19; Design process. Olivetti 1908-1983, Milano 1983; 30 Influential Designers of the Century (Idea special issue), Tokyo 1984, pp. 64-67; L’ISIA di Monza. Una scuola d’arte europea, a cura di R. Bossaglia, Cinisello Balsamo 1986, pp. 153 s.; G. Fioravanti - L. Passarelli - S. Sfligiotti, La Grafica in Italia, Milano 1997, pp. 93-95; A. Rauch, Graphic import-export, in Il modello italiano. Le forme della creatività, a cura di O. Calabrese, Milano 1998, pp. 107-127; La donazione Luca Crippa al Comune di Monza, a cura di A. Montrasio, Monza 2003, ad. ind.; Nivola Fancello Pintori. Percorsi del moderno, a cura di R. Cassanelli - U. Collu - O. Selvafolta, Milano-Cagliari 2003, ad. ind.; Pintori (catal., Museo d’Arte provincia di Nuoro-MAN), a cura di C. Branzaglia, Nuoro 2003; G. De Witt, Le fabbriche ed il mondo. L’Olivetti industriale nella competizione globale (1950-90), Milano 2005, ad. ind.; E. Renzi, Comunità concreta. Le opere e il pensiero di Adriano Olivetti, Napoli 2008, p. 28; M. Musina, G. P., la severa tensione tra riserbo ed estro, Bologna 2013 (con esaustiva bibliografia); E. Dellapiana - D.N. Prina, Craft, industry and art: ISIA (1922-1943) and the roots of italian design education, in Made in Italy. Rethinking a century of Italian design, ed. G. Lees-Maffei, K. Fallan, London 2014, pp. 109-126; C. Fiorentino, Millesimo di millimetro. I segni del codice visivo Olivetti, Bologna 2014, ad indicem.