MAZONE, Giovanni
– Non si conosce la data di nascita di questo artista, documentato in Liguria dal 16 maggio 1453, quando il padre Giacomo, anch’egli pittore, lo emancipò dalla patria potestà (Alizeri, 1873, pp. 17 s.).
Il M. fu il più importante esponente di una famiglia di pittori originaria della città di Alessandria che, trasferitasi a Genova agli albori del XV secolo, riuscì a raggiungere un ruolo di assoluto rilievo all’interno dell’ambiente culturale ligure quattrocentesco. La prima notizia riguardante questa stirpe di artisti risale all’8 genn. 1414, quando Guirardo Mazone «de Alexandria pictor» espresse l’intenzione di donare a Giovanni Verrando di Savona la propria casa sita nella contrada genovese di S. Agnese. Poco meno di un mese dopo (7 febbraio) affittò invece la dimora a Bertino Bastia da Vigevano, nominando il medesimo Verrando quale arbitro per eventuali controversie. L’edificio passò successivamente in eredità al figlio Giacomo, che il 3 marzo 1448 lo locò a Luchino de’ Colli da Vigevano (ibid, p.16). Se priva di ulteriori attestazioni archivistiche risulta la vicenda di Guirardo, poco meno oscura appare altresì l’esperienza artistica di Giacomo, impegnato nel 1434 insieme con Antonio da Bologna nell’esecuzione della perduta decorazione del palazzo pubblico di Savona (ibid., p. 17). Si ignora la data di morte di Giacomo, di certo avvenuta prima del 16 maggio 1463, quando il M. compare in un documento in qualità di figlio del «quondam Iacobi» (ibid., p. 23).
Il M. ebbe dunque modo di apprendere i primi rudimenti dell’arte all’interno della bottega paterna. Considerate in via ipotetica un esempio della collaborazione fra Giacomo e il M. sono due piccole tavole raffiguranti l’Incontro tra s. Francesco e s. Domenico con i ss. Giovanni Battista, Bernardino da Siena, Onofrio e Paolo e la Madonna col Bambino in trono tra le ss. Caterina d’Alessandria, Chiara, Maddalena e una santa martire (Genova, collezione privata), appartenute a una predella proveniente da una pala d’altare smembrata e verosimilmente dipinta nei primi anni Cinquanta del XV secolo (Zanelli, 2001, pp. 64 s.; 2007).
L’articolata attività del M. si sviluppò soprattutto a partire da tale periodo in cui, pur mantenendo probabilmente stretti legami con la terra d’origine e frequentando forse direttamente la realtà pittorica padana (Id., 2007), si rafforzò in modo preponderante il suo prestigio presso i mecenati genovesi, situazione palesata indirettamente anche dall’iscrizione al primo posto della locale Matricola artis pictoriae et scutariae (Spotorno, 1827, pp. 208 s.). Segnalato in una lista di sanzioni come titolare di una bottega nella contrada di S. Siro, prima (1456 e 1460), e nella strada di Pizzacurlo, poi (1466), il 23 genn. 1459 risulta assente da Genova in quanto i nobili Emanuele e Leonello Grimaldi restituirono a una certa Lucia, serva del M., alcuni oggetti a lui appartenenti (Alizeri, 1873, pp. 19 s.).
La critica è oggi abbastanza concorde, pur con alcune eccezioni, nell’ascrivere al giovane M. le opere attribuite all’anonimo Maestro dell’Annunciazione del Monte, autore, oltreché della pala con l’Annunciazione tra i ss. Antonio da Padova, Giovanni Battista, Francesco e Domenico del santuario di Nostra Signora del Monte (Genova), di un polittico raffigurante la Madonna col Bambino in trono e i quattro evangelisti (Pontremoli, chiesa della Ss. Annunziata), dell’affresco con la Madonna e il Bambino in trono tra un santo martire e s. Michele (Genova, chiesa di S. Francesco d’Albaro) e di alcune immagini rappresentanti i Ss. Tommaso d’Aquino, Vincenzo Ferrer e Pietro Martire eseguite sulla volta dell’antiloggia del primo piano del chiostro maggiore di S. Maria di Castello a Genova, edificio dove lo stesso artista eseguì due ulteriori scene con S. Pietro Martire e S. Domenico invita al silenzio. La datazione di tali testimonianze figurative è collocata tra la fine del sesto decennio e i primi anni del successivo, fase in cui viene inserita anche una piccola Assunzione della Vergine di collezione privata (Zanelli, 2001, pp. 65 s.).
Al 5 maggio 1463 risale la commissione al M. di un polittico destinato alla cappella di S. Giovanni Battista della cattedrale di Genova, costituito da elementi scolpiti e dipinti, con al centro la figura del santo titolare; il manufatto, secondo le indicazioni dei mecenati, doveva raggiungere la qualità palesata dall’immagine del Padre Eterno da poco eseguita da Vincenzo Foppa nell’abside dello stesso ambiente (Alizeri, 1873, pp. 23 s.). Come tramandato da una fonte seicentesca, nel 1466 il M. realizzò per la chiesa agostiniana di S. Maria della Cella a Genova-Sampierdarena un monumentale polittico che recava al centro la Gloria di s. Nicola da Tolentino (La Spezia, Museo civico Amedeo Lia), complesso con probabilità affidato al M. dal nobile Brancaleone Doria (De Floriani, 2005).
Il 20 giugno 1469 stipulò un compromesso con Galeotto Nebbia, pittore originario di Castellazzo Bormida con il quale aveva già avviato una stretta collaborazione da cui erano derivati alcuni dissidi (Alizeri, 1873, pp. 36 s.). Entro la fine del medesimo anno è collocata l’esecuzione dell’Annunciazione tra i ss. Giacomo, Giovanni Battista, Domenico e Sebastiano (Genova, chiesa di S. Maria di Castello) affidata al M. da Giacomo Marchione, per il cui saldo egli inoltrò una supplica, non datata, al duca di Milano per richiedere il suo intervento (Caffi; De Floriani, 1991, pp. 239-241).
Alcuni anni dopo (8 ag. 1476) il M. venne convocato in occasione del rifacimento dell’altare maggiore di S. Lorenzo, cantiere per il quale si impegnò a realizzare numerose opere di intaglio e a consegnare tre sculture lignee policrome raffiguranti S. Lorenzo, S. Siro e Dio Padre (Alizeri, 1873, pp. 25-27). Nell’ambito di questa commissione è annoverata pure la fornitura di una scultura in marmo con la Vergine e il Bambino che doveva sostituire un analogo simulacro preesistente.
Nel 1477 il M. firmò il polittico del Noli me tangere tra i ss. Pietro Martire, Francesco, Antonio da Padova e Nicola da Tolentino (Alençon, Musée des beaux-arts) collocato in origine nella cappella costruita da Angelo Fazio nella chiesa savonese di S. Giacomo (Zanelli, 2005). Il 12 nov. 1483 accettò di affrescare le pareti della cappella Sistina di Savona, impresa conclusa nel 1489, come comprova una perizia stesa dai pittori David da Staglieno e Nicolò Corso (Nicolò di Lombarduccio) nel 1491, ritrattata dagli stessi il 23 maggio dell’anno successivo (Alizeri, 1873, pp. 66 s.; De Floriani, 1991, p. 290; Rotondi - Rotondi Terminiello, 2001, pp. 159-161). Nel 1484 Battista Tassorello richiese al M. la consegna di due pale d’altare di cui non vennero specificati il soggetto e la destinazione (Alizeri, 1873, pp. 44 s.). Nello stesso anno fu attivo ancora a Savona dove eseguì affreschi, oggi perduti, in una loggia sita in prossimità della torre del Brandale (De Floriani, 1991, p. 515).
In quel periodo (1483-85) è inoltre attestata la presenza ad Alessandria di alcuni collaboratori del M., in particolare di Nebbia, di Nicolò Corso e dei figli Antonio e Battista (che in questa città morì di peste), nonché dell’intagliatore Pietro d’Abbiate il quale, il 30 dic. 1487, nell’ambito di una disputa sorta tra il M. e i parenti alessandrini, dichiarò che durante la permanenza in città i vari membri dell’équipe dipendente dal M. soggiornarono nella casa di Giacomino Mazone (Alizeri, 1873, pp. 45-47).
Citato nel 1485 in un atto relativo alla nomina da parte della locale arte dei pittori di un procuratore (De Floriani, 1991, p. 515), il 18 sett. 1486 il M. ricevette da Filippo Lomellini l’incarico di affrescare nella propria cappella, ubicata nella chiesa di S. Teodoro a Genova, le immagini dei Quattro evangelisti e di Cristo prendendo a modello la decorazione del sacello di Paolo Doria in S. Nicolò del Boschetto (Alizeri, 1873, pp. 50-52), da dove proviene la pala con S. Benedetto in trono tra i ss. Caterina d’Alessandria, Giovanni Battista, Paolo e Giustina, oggi alla Walker art Gallery di Liverpool (Galli, 2001). Per il medesimo ambiente il 18 novembre successivo Lomellini gli commissionò un complesso polittico di cui non è ricordato il soggetto principale (Alizeri, 1873, pp. 52 s.). Poche settimane prima (2 ottobre) il M. era stato incaricato dai rappresentanti dell’arte dei berrettieri di consegnare un’ancona con al centro la Vergine e quattro santi da collocarsi nella loro cappella in S. Agostino, dipinto che per volere dei committenti avrebbe dovuto mostrare le stesse caratteristiche qualitative della pala di Foppa, ubicata nella cappella Spinola in S. Domenico e del Polittico di s. Giorgio visibile in S. Lorenzo (ibid., pp. 54-56). L’opera venne saldata il 20 marzo 1488, alla presenza di Nebbia e del figlio del M. Antonio, a causa della sua assenza da Genova (ibid., pp. 56 s.).
L’anno precedente (14 novembre) alcune testimonianze rilasciate dal pittore Pietro da Como e dallo scultore Michele D’Aria avevano permesso al M. di vedere conclusa a proprio favore un’accesa controversia sollevata dai maestri d’ascia, contrari a riconoscergli il diritto di eseguire gli articolati intagli in legno che rifinivano i propri dipinti (ibid., pp. 28-31). Il 9 genn. 1488 il M. ottenne benefici da parte del Comune di Genova (ibid., pp. 48 s.); mentre al successivo 17 settembre risale l’acquisto di una casa dal console dell’arte degli orefici (ibid., pp. 20 s.).
Nel 1489 (3 febbraio e 12 aprile) il M. risulta impegnato nell’esecuzione del polittico raffigurante la Natività tra s. Francesco e Sisto IV, s. Antonio da Padova e Giuliano Della Rovere, richiesto da quest’ultimo per impreziosire l’interno della cappella Sistina savonese, ambiente dove il M., coadiuvato dai numerosi collaboratori, stava ultimando gli apparati decorativi ad affresco (Zanelli, 2002, pp. 6 s.).
La pala, i cui scomparti principali sono oggi conservati nel Musée du Petit-Palais di Avignone, venne stimata il 6 marzo 1490 dai pittori Francesco De Ferrari e Raimondo Seralido (Rotondi - Rotondi Terminiello, 2001, pp. 161-163).
Alquanto remota, secondo la critica, è la proposta di identificare nel M. il Giovanni Mairone di Alassio impegnato nel 1487 nella stesura di un’Annunciazione tra i ss. Francesco e Giovanni Battista per la comunità degli osservanti di Porto Maurizio (Castelnovi, 1970, p. 160; De Floriani, 1991, p. 516). Alcuni dubbi sono stati sollevati pure riguardo alla possibilità di riconoscere nel M. il pittore attestato a Savona il 25 luglio 1489 (ibid., p. 515).
Al 17 febbr. 1491 risalgono la commissione di un polittico, con al centro il Battesimo di Cristo e ai lati S. Stefano, S. Lorenzo, S. Sebastiano e S. Teodoro, per la cappella dedicata a S. Giovanni Battista della chiesa di S. Teodoro, giuspatronato di Baldassarre Lomellini (Alizeri, 1873, pp. 62-64), oltre a quattro pagamenti riguardanti l’intervento nella sala grande del palazzo di S. Giorgio di Genova, dove il M. dipinse due fregi lungo il rivestimento ligneo (De Floriani, 1991, p. 516).
Il 4 febbr. 1493 accettò di consegnare a un tale Vincenzo Da Mosto un’ancona di cui nell’atto non vennero specificati né la destinazione né il soggetto (Alizeri, 1873, pp. 67 s.). In quell’anno il M. e la consorte Agnesina diedero un mandato al figlio Antonio in previsione di un loro allontanamento da Genova per un periodo consistente (ibid., p. 68).
Sulla base di quanto proposto da alcuni studiosi (Boskovits, 1987, p. 364; Algeri, 1989), appare attendibile la possibilità di accostare al nome di Antonio le opere ascritte al Maestro di S. Lorenzo a Cogorno, tra cui il polittico con S. Lorenzo tra i ss. Gottardo, Giovanni Battista, Giacomo e Stefano (Cogorno, chiesa di S. Lorenzo), recante la data 10 luglio 1492, oltre a ulteriori interventi riscontrabili in tavole commissionate al padre o a lui attribuite in passato, quale per esempio l’Annunciazione tra i ss. Ambrogio e Gerolamo della Pinacoteca civica di Savona, secondo le fonti datata 1493 (Zanelli, 2002 e 2007).
Nel 1496 il religioso Agostino de Rocha concordò con il M. la consegna di un’ancona rappresentante, nel registro principale, la Natività tra i ss. Francesco, Antonio da Padova, Bernardino e Ludovico, dipinto per il quale si impegnò a eseguire anche una tela protettiva arricchita dall’immagine della Vergine col Bambino (Alizeri, 1873, pp. 70 s.).
Intento il 14 luglio 1497 ad affrescare un fregio nella «caminata» della dimora genovese di Luca Spinola, analogo a quello dipinto per il nipote Battista Spinola (De Floriani, 1991, p. 516), il 18 gennaio di tre anni dopo il M. compare nell’atto relativo all’affidamento di un polittico con il Volto Santo per la comunità della chiesa di S. Giulia di Centaura presso Lavagna (Alizeri, 1873, pp. 74-76). Nominato nel 1501 console dell’arte insieme con Pantaleo Berengerio (De Floriani, 1991, p. 516), il 24 luglio 1510 è menzionato in un documento nel quale il figlio Stefano accettava come apprendista il giovane Giovanni Battista Meira (Alizeri, 1873, p. 77).
Non sono noti il luogo e la data di morte del M., che deve essere però collocata prima del 17 dic. 1512, quando Stefano, «quondam Johannis», acconsentì a consegnare un’ancona richiesta da Filippo di Nunzia, e terminata all’inizio dell’anno seguente (ibid., pp. 78 s.).
L’attività della fiorente bottega appartenuta al M. venne continuata nei primi anni del XVI secolo dal figlio Stefano, il quale, iscritto al quarantesimo posto della matricola, il 19 ott. 1510 fu eletto console dell’arte unitamente a Luca da Santolupo, carica nell’ambito della quale egli accettò l’iscrizione di Andrea Da Passano (L. Lagomarsino, in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999, p. 400). Attraverso una delega a favore di Bernardino Fasolo, risalente al 9 febbr. 1513, si apprende che Stefano si spostò successivamente a Venezia, per fare poi ritorno nel centro ligure, dove il 20 ag. 1519 ricevette 800 lire provenienti dalla dote della moglie Maddalenetta (ibid.). L’estrema notizia attualmente nota riguardante l’ultimo esponente di questa famiglia di artisti risale al 20 ag. 1526, giorno in cui Stefano, specificando di essere nato e di aver vissuto a Genova, chiese di essere sottratto alla giurisdizione del consolato lombardo (Alizeri, 1873, p. 79). Si deve ad Algeri (1993) la proposta di ascrivere al pennello di Stefano il polittico del Volto Santo di pertinenza della chiesa di S. Giulia di Centaura, opera identificata con la pala commissionata al M. nel 1500, ma eseguita, secondo la studiosa, da un suo stretto seguace. Contrario a questa ipotesi è Donati, per il quale la datazione dell’ancona deve essere posticipata al quarto decennio del Cinquecento con un accostamento al fare di Teramo Piaggio.
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