MAURO, Giovanni (Giovanni da Carignano)
– Nacque presumibilmente a Genova nella seconda metà del sec. XIII da Marco. Le notizie antecedenti alla sua entrata nella chiesa genovese di S. Marco al Molo, di cui venne eletto rettore nel 1291, sono pressoché nulle.
La chiesa, oggetto di ampliamenti e rifacimenti effettuati dal 1510, è situata nella zona del porto di Genova, allora il fulcro delle attività economiche della città. Secondo Ferro il M. vi fece costruire la canonica, con un locale adibito alle visite dei capitani delle navi genovesi. Proprio in un’area affiancata si registravano le partenze delle flotte, e nelle vicinanze erano attivi, in territorio comunale, i costruttori-rivenditori di botti per il trasporto delle merci e di remi importati dalla Val d’Aveto.
Viene documentato che il M., già rettore, teneva nei locali della chiesa, in altri edifici e nel vicino cimitero, utensili per la navigazione (vele, antenne, timoni, sartie) e che dava in affitto anche locali per i mercanti. Quest’attività gli procurò una diffida per uso improprio di beni ecclesiastici da parte dell’arcivescovo Porchetto Spinola nel 1314, ma l’intervento della Curia pontificia consentì al M. di continuare la sua attività (Ferro, p. 31).
Il suo interesse per la cartografia è fatto risalire al 1303, quando passò per Genova un’ambasceria tartara o armena, e a tre anni dopo, quando in città fecero sosta, diretti a Roma, sedicenti ambasciatori del «Prete Gianni», figura ancor oggi non identificata, inviati a un re della penisola iberica e al papa in Avignone.
Tra il 16 aprile e il 19 nov. 1316 compì un viaggio in Sicilia (Revelli, p. 271; Ferro, p. 31).
Il M. morì fra il 1° sett. 1329 e il 6 maggio 1330, come si desume dalle date di due atti notarili a lui riferiti (Revelli, pp. 450-452), nell’ultimo dei quali l’eredità dei beni del presbitero «Iohannis de Mauro rectoris ecclesiae Sancti Marci de Modulo» risulta divisa tra i fratelli Ansaldo «fixicus» e Giacomo «notarium».
Il suo contributo alla storia della cartografia è di gran pregio. Si tratta di una carta nautica membranacea di cm 86,5 × 62,5 rappresentante i Paesi bagnati dal Mediterraneo, dal mar Baltico, dal Mar Nero e dal mar d’Azov, conservata a suo tempo presso l’Archivio di Stato di Firenze, ma in seguito trasportata per una mostra a Napoli dove venne distrutta da un bombardamento nel 1943. L’Archivio fiorentino ne conserva una riproduzione in bianco e nero (Carte nautiche, geografiche e topografiche, n. 2) pubblicata da Revelli (tav. 26) e da Ferro (tav. V) dove si legge vicino al disegno del mar Baltico la sottoscrizione «Presbiter Joannes rector sancti marci de Janua me fecit».
G. e I. Caraci la considerano una testimonianza precoce della perfezione tecnica raggiunta dalla cartografia genovese per la realizzazione del reticolato di riferimento che risponde a precise regole geo-cartografiche e una conferma della relazione tra cartografia nautica e cartografia nautico-terrestre. La carta è strutturata in due parti: una centrale – che richiama i tipi delle due carte nautiche precedenti, quella cosiddetta «pisana» ma di fattura genovese (Revelli, p. 235) e quella conservata presso la Biblioteca dell’Accademia Etrusca di Cortona, che riportano solo i profili delle coste con una lunga serie di toponimi, ma con una grande precisione e pregevole innovazione – e quella esterna sulla quale il M. aggiunge il disegno delle terre, corredandolo sul lato sinistro di una dicitura per la scala in miglia, approssimativamente di 1:5.500.000. Il sistema delle rose dei venti si basa su due corone divise in sedici direzioni.
Come precisa Astengo, l’area rappresentata comprende Gran Bretagna e Irlanda, la penisola dello Jütland e la Scandinavia meridionale; a sud la linea di costa giunge sino a «Gozola»; il Mar Nero e il mar d’Azov hanno un contorno abbastanza aderente alla realtà, come la regione francese e quella iberica. Il mar Baltico è molto allungato lungo la direzione dei paralleli, tanto da restringere la superficie europea centrorientale, con le rive baltiche molto vicine a quelle del Mar Nero.
L’innovazione cartografica concerne anche la rappresentazione delle aree interne per il disegno del percorso dei fiumi e di numerose città, contraddistinte da cerchi contenenti gli stemmi. Questi ultimi sono stati utilizzati dagli studiosi nei tentativi di datazione del cimelio, ma i risultati non sono concordi; l’attribuzione più tarda 1320-25 si deve alla presenza dello stemma aragonese sull’isola di Sardegna. Due iscrizioni specificano che gli stemmi che contenevano anche solo in parte il colore nero erano riferiti a centri sottomessi ai musulmani o ai Tartari.
Molto interessanti sono anche le iscrizioni che documentano l’eccellente preparazione geografica del Mauro. Sul deserto sahariano sono riportate notizie desunte dal resoconto di un mercante genovese (di cui è ignoto il nome) giunto a Sigilmessa (Sigilmasa), sulla strada verso Tuwāṭ e Safi, presso i Tuareg, descritti con la bocca sempre coperta, come gente libera esente dal pagamento dei tributi ai Saraceni e quindi onesta. Secondo il resoconto i Tuareg ricevevano le merci, soprattutto l’argento, da Sigilmessa e le trasportavano con i cammelli a Eleuzem e in Guinea, impiegando quaranta giorni attraverso il deserto arenoso e trasportando acqua. Talvolta venivano sepolti dalla polvere di sabbia a causa del forte vento, talvolta, quando il Sole era allo zenit, orinavano sangue per il caldo; svolgevano attività commerciale con i centri del Ghana, oltre la catena montuosa dell’Atlante.
La scritta «desertum arenosum» è ripetuta tre volte nell’Africa. L’interesse di Genova per le ricchezze aurifere africane era notevole, perché fino al secolo XIII l’oro africano giungeva in Europa in piccole quantità e in prevalenza sotto forma di monete arabe. Già dalla fine del secolo XIII, infatti, i Genovesi avevano rivolto maggior attenzione alle sconosciute vie marittime occidentali africane, avviando contatti commerciali con i centri maghrebini dell’Atlantico. Nella parte centrale e orientale di questa catena montuosa si legge il toponimo «Carena», non conosciuto dalla tradizione classica, un vocabolo saraceno che si incontra in numerose altre carte successive (Revelli, p. 309).
Sull’ampio golfo che bagna le coste atlantiche si evidenziano le scritte «Gozola» e «regnum Gozolae» che richiamano alla mente la località omonima dove Iacopo Doria negli Annali genovesi ricorda che nel 1291 furono viste per l’ultima volta le navi dei fratelli Vadino e Ugolino Vivaldi partite da Genova alla ricerca della via delle Indie. Altri toponimi interessanti, oltre a Sigilmessa, sono «Oualata» sulla via che conduce all’Atlantico, e più a sud l’isola fluviale di «Palola». Si tratta di tre località di grande importanza per il commercio dell’oro.
L’influsso della carta del M. sulla produzione successiva è degna di nota, particolarmente sull’atlante nautico catalano del 1375-77 – realizzato da Abramo Cresques per incarico del re d’Aragona Giovanni I per farne dono al re di
Francia Carlo V – e sulle carte nautiche quattrocentesche genovesi.
Fonti e Bibl.: Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, V, a cura di C. Imperiale di Sant’Angelo, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], XIV bis, Roma 1929, p. 124; Cristoforo Colombo e la scuola cartografica genovese, a cura di P. Revelli, I, La partecipazione italiana alla mostra oceanografica internazionale di Siviglia (in partic. pp. LXXVIII-LXXX), e II, P. Revelli, Cristoforo Colombo e la scuola cartografica genovese, Genova 1937, ad indices; A.J. Duken, Reconstruction of the portulan chart of G. Carignano (c. 1310), in Imago mundi, 1988, n. 40, pp. 86-95; C. Astengo, Elenco di carte ed atlanti nautici medievali di autore genovese, in Annali di ricerche e studi di geografia, XLVI (1990), pp. 4 s.; G. Galliano, Le vie del Sudan, in Le Americhe annunciate. Viaggi ed esplorazioni liguri prima di Colombo, a cura di I. Luzzana Caraci, Reggio Emilia 1991, pp. 133 s.; G. Ferro, La tradizione cartografica genovese e Cristoforo Colombo, in Nuova Raccolta Colombiana, a cura di P.E. Taviani, XIII, Roma 1992, pp. 30-34; G. Caraci, Segni e colori degli spazi medievali: Italiani e Catalani nella primitiva cartografia nautica medievale, a cura di I. Luzzana Caraci, Reggio Emilia 1993, pp. 46 s., 58 s.