MINGARELLI, Giovanni Luigi
MINGARELLI (Mengarelli), Giovanni Luigi. – Nacque a Grizzana (oggi Grizzana Morandi), nell’Appennino bolognese, il 22 febbr. 1722 da Giovan Battista e da Diamante Mingarelli (della stessa famiglia).
Il M., che apparteneva a una famiglia di possidenti, era nono di quattordici figli, tra i quali Arcangelo, abate dei canonici regolari (al secolo Francesco, 1718-87); Ferdinando, abate camaldolese cultore delle lingue classiche e di archeologia (al secolo Felice Giacomo, 1712-77); Egidio (1725-72), vicario apostolico di Viterbo, e Giuseppe (1729-1811), medico.
Il M. fu presto avviato alle scuole dei gesuiti di Bologna, dove fece importanti amicizie, tra cui quella con il conte Giovanni Fantuzzi. Voltosi alla vita religiosa, il 28 ag. 1739 vestì l’abito dei canonici regolari, detti renani, del Ss.mo Salvatore. Nel 1740 era già tra i professi della casa di S. Salvatore di Bologna, dove, dispensato dall’obbligo dell’età minima, ricevette nel 1742 gli ordini sacri. L’anno seguente fu inviato a proseguire gli studi di teologia a Roma, in S. Pietro in Vincoli. Lì, oltre alla teologia, studiò filosofia, matematica, storia, eloquenza e con esiti particolarmente brillanti – e sovente da autodidatta, come avvenne più tardi con la lingua egizia e lo studio del copto – le lingue ebraica, greca, francese, spagnola, inglese. Rientrato a Bologna già nel 1746 (nel 1745, secondo Vaccolini, p. 60), affiancò all’insegnamento, per conto dell’Ordine, della filosofia, della matematica e della teologia lo studio dei codici conservati nella biblioteca di S. Salvatore, «proponendosi di mettere in luce quanto di prezioso e di inedito ivi si trovasse» (Veggetti, p. 192). Con Giovanni Crisostomo Trombelli pubblicò il primo tomo delle Marci Marini adnotationes litterales in Psalmos (Bononiae 1748). Nel 1751, a partire dagli opuscoli inediti conservati in S. Salvatore, curò l’edizione del De benedictionibus patriarcharum, attribuendolo a Paolino autore della vita di s. Ambrogio (Paulini Mediolanensi De benedictionibus patriarcharum libellus …, in Opuscula veterum patrum Latinorum …, I, Bononiae, pp. 199-222).
La corrispondenza erudita poneva frattanto il M. al centro di intensi e fecondi rapporti di scambio intellettuale che, insieme con la notorietà delle sue prime opere, alimentarono la fama della sua erudizione. Recatosi nuovamente a Roma nel 1754 per insegnare teologia all’interno dell’Ordine, fu accolto con favore «da prelati cospicui come il Galli, il Millo e il Carafa, e da uomini preclari come Giorgi, Orsi, Mamachi e Ricchini» (Veggetti, p. 192) e soprattutto dal papa bolognese Benedetto XIV (Prospero Lambertini), cui era noto dai tempi del cardinalato. Già accademico di storia ecclesiastica a Bologna, per volontà del pontefice il M. fu aggregato all’Accademia di storia ecclesiastica, mentre l’Arcadia lo annoverò fra i suoi pastori col nome di Laurisco; in seguito aderì a diverse accademie europee. Nel 1756 diede alle stampe a Roma gli Anecdotorum fasciculus, sive S. Paulini Nolani, anonymi scriptoris, Alani Magni ac Theophylacti opuscula aliquot, esito di ricerche compiute nelle biblioteche bolognesi e romane. A Roma nello stesso anno fu inoltre fatto consultore della congregazione dell’Indice: nell’archivio di S. Pietro in Vincoli si conservano i pareri da lui redatti in ordine all’Indice dei libri proibiti stampato nel 1758 (Motta, pp. 316, 346).
In questa veste fu lettore informato dei mutamenti del clima culturale in atto (attentissimo, per esempio, a quanto riguardava Voltaire), censore rigoroso dell’Enciclopédie e dell’Elogio storico di Genovesi di G.M. Galanti.
Parallelamente all’ascesa nel campo dell’erudizione avveniva intanto quella nell’Ordine di appartenenza: dal capitolo del 1756 il M. fu nominato collaboratore di Trombelli, divenuto procuratore generale. I suoi interessi si estesero in quel torno di tempo dai codici della biblioteca di S. Salvatore a quelli greci e latini della biblioteca del cardinale Domenico Passionei. Mentre elaborava su commissione del cardinale Alessandro Albani un indice dei codici ebraici, greci e latini della biblioteca di S. Salvatore, il M. si adoperò per redigere un indice dei testi della biblioteca di Passionei, non pubblicato a causa della morte del cardinale committente. Attratto dal testo di un anonimo teologo di lingua greca conservato nella biblioteca di Passionei, vi riconobbe un’opera dei primi anni del V secolo che attribuì a Didimo Alessandrino. Egli corresse così, con l’aiuto del fratello Ferdinando, la precedente attribuzione a s. Cirillo di Gerusalemme; la pubblicazione del codice diede origine a una vivace controversia erudita (Didymi Alexandrini De Trinitate libri tres nunc primum ex Passioneiano codice graece editi, latine conversi ac notis illustrati, Bononiae 1769).
Pubblicata in tre libri e comprensiva di testo greco e di traduzione latina, l’opera era dedicata al cardinale Flavio Chigi e introdotta da una lettera a monsignor Francesco Carafa. L’edizione, nella quale il M. profuse il sapere acquisito anche mediante lo studio dei codici greci della biblioteca Naniana, che da Venezia gli venivano inviati a Bologna perché li pubblicasse (da cui l’opera Graeci codices manuscripti apud Nanios patricios Venetos asservati, ibid. 1779), fu accolta favorevolmente presso gli eruditi e i giornali letterari del tempo.
Nel 1760 il M. rientrò a Bologna, essendo stato indicato dal capitolo di quell’anno quale segretario di Trombelli, confermato procuratore generale. Lì coltivò rapporti d’amicizia con il cardinal legato Fabrizio Serbelloni, l’arcivescovo Vincenzo Malvezzi e il vicelegato Giovanni Archinto. Sempre a Bologna fu esaminatore del clero e revisore dei libri per il S. Uffizio; dal 1763 fu teologo del cardinale Francesco Carafa e dal 1764 insegnò letteratura greca nello Studio bolognese.
Tra le opere pubblicate in quegli anni, uno Pseudo Evangelio greco, detto di s. Tommaso (Epistola … de apocrypho Thomae Evangelio, in Nuova Raccolta di opuscoli scientifici, XII, Venezia 1764), un sermone inedito di s. Gregorio Taumaturgo dato alle stampe con versione latina nel 1770 (De quodam s. patris nostri Gregorii thaumaturgi sermones …, Bononiae) e le De Pindari odis coniecturae, edite a Bologna nel 1772 anche per sollecitazione di Heine, in cui il M. raccolse parte degli studi su Pindaro.
Nel 1773 nel capitolo di Venezia fu eletto procuratore generale dell’Ordine. Si recò così di nuovo a Roma, dove beneficiò del favore delle famiglie Boncompagni, Conti e Chigi; intrattenne relazioni con Giovanni Cristofano Amaduzzi e con Stefano Borgia, più tardi cardinale. Nell’aprile 1776 divenne abate generale dell’Ordine, carica in cui diede prova di abilità sia nel governo degli equilibri interni alla famiglia religiosa sia nei rapporti con le autorità secolari.
I suoi studi sui codici greci della Naniana furono interrotti dal rinvenimento di sessanta pergamene egiziane nelle casse di documenti che gli giungevano da questa biblioteca. Datosi allo studio di quella lingua fu editore nel 1784 e nel 1785 di diciassette manoscritti egizi. In particolare si segnalano due lettere fino allora sconosciute di s. Antonio abate a s. Teodoro e a s. Atanasio. Tali edizioni di vastissima risonanza diedero impulso al rinnovamento dello studio del copto. Nel 1779, conclusa la prefettura dell’Ordine, passò al governo di S. Salvatore in Bologna, dove rimase fino al 1788 tornando all’insegnamento del greco (furono suoi allievi, tra gli altri, Francesco Bertazzoli, futuro cardinale, e Giovanni Elia Baldi, più tardi custode della Biblioteca Vaticana) e dove diede vita a un’accademia animata da lui e da diversi confratelli per lo studio del greco. Rimangono in parte inedite le prolusioni pronunciate per l’apertura dell’anno accademico presso lo Studio bolognese, alle quali il M. si dedicò fino all’inizio degli anni Novanta. Rimarchevole quella del 1766 in cui «attaccava stringentemente la nuova filosofia e della quale si trova notizia alla nota V del libro terzo di Didimo» (Veggetti, p. 199).
Tale avversione ai fermenti e ai contenuti del movimento illuminista esprime le contraddizioni di un religioso e di uno studioso di profonda erudizione e di aggiornata cultura che era peraltro anche lettore critico delle opere del giansenismo e osservatore preoccupato delle inquietudini alimentate da Febronio (Johann Nikolaus von Hontheim).
Almeno quanto il raffinato conoscitore delle lingue greca, ebraica, latina e copta, i contemporanei riconobbero in lui l’amministratore attento dei beni materiali e delle risorse spirituali del suo Ordine (che ebbe quale interlocutore privilegiato Francesco Carafa, segretario della congregazione dei Vescovi e regolari), il religioso devoto, l’insegnante stimato, l’esperto consultato per le controversie di dottrina sacra e disciplina liturgica e il consultore della congregazione dell’Indice che incarnava insieme la ricchezza culturale e le ambiguità dei tempi suoi.
Dal principio degli anni Novanta le sue condizioni di salute iniziarono a declinare.
Il M. morì a Bologna il 10 marzo 1793 e fu sepolto nella chiesa di S. Salvatore.
In quei giorni era impegnato nella correzione delle bozze del terzo fascicolo dei codici egiziani (fino ad allora erano usciti infatti solo i primi due fascicoli delle Aegyptiorum codicum reliquiae in bibliotheca Naniana asservatae, Bologna 1785). Di tali bozze resta traccia in un fascicolo di 64 pagine, stampato in pochissimi esemplari, probabilmente destinato allo stesso M. (Bologna, Biblioteca universitaria, Sezione manoscritti e stampe antiche, capsula 2947bis).
Fonti e Bibl.: J.J. Winckelmann, Lettere italiane, Milano 1961, pp. 70-83; P. Cavalieri, Memorie sulle vite ed opere de’ pp. abati G.L. M. e Michel-Angelo Monsagrati della congregazione renana de’ canonici regolari del Salvatore, Ferrara 1817; E. Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, V, Venezia 1837, pp. 59-62 s.v. (D. Vaccolini); E. Veggetti, G.L. M. e le prime edizioni in caratteri greci ed egiziani in Bologna, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, VIII (1924), pp. 187-209; G. Gabrieli, Manoscritti e carte orientali nelle biblioteche e negli archivi d’Italia: dati statistici e bibliografici delle collezioni, loro storia e catalogazione, Firenze 1930, pp. 70, 83; F. Motta, «Deo scientiarum Domino laus, et gloria»: G.L. M. (1722-1793), erudito bolognese ed abate dei canonici regolari di S. Salvatore, in L’Archiginnasio, LXXXIX (1994), pp. 315-395; P. Delpiano, Il governo della lettura. Chiesa e libri nell’Italia del Settecento, Bologna 2008, passim.
O. Filippini