Giovanni Italo (anche Longobardo)
(anche Longobardo) Filosofo (n. verso il 1030, in Italia meridionale). Dalle fonti bizantine si ricava che, ancora bambino, seguì il padre in Sicilia durante la spedizione bizantina guidata da Giorgio Maniace (1038-40) e che giunse a Bisanzio, per motivi ignoti, nel corso del decennio seguente. Allievo di Michele Psello, durante il regno di Michele VII Duca (1071-78) godette del favore dell’imperatore e dei suoi familiari. Subentrato al maestro nella carica di console dei filosofi, conquistò una discreta popolarità tra gli alti dignitari e i rappresentanti del clero patriarcale di S. Sofia. Filosofo di scuola, raccoglitore di estratti, commentatore di Aristotele, Platone, Porfirio, Ammonio, Proclo e Giamblico, fu particolarmente attratto dai virtuosismi della dialettica e della logica aristoteliche, ma privo di un’adeguata conoscenza della letteratura patristica e incerto nel vocabolario teologico. Durante il patriarcato di Cosma fu sottoposto a un primo processo di eresia, ma le dottrine incriminate (interpretazione con argomenti razionali dell’incarnazione, superiorità delle dottrine dei filosofi antichi rispetto alle tradizioni ecclesiastiche, ripresa delle dottrine platoniche sul mondo e sull’uomo, negazione dei miracoli, ecc.) furono esposte in forma anonima – probabilmente per l’intervento dell’imperatore – e condannate all’anatema. Nel 1082 si arrivò tuttavia a una condanna aperta e G. I. fu costretto a ritirarsi in un monastero. Scrisse, oltre alle 93 Quaestiones quodlibetales, il commento ai libri II-IV dei Topici aristotelici e studi sui sillogismi, l’interpretazione, la dialettica e la retorica.