COLETI (Coletti), Giovanni Domenico
Nato a Venezia il 5 ott. 1727 da Sebastiano e Marina Corradini Dall'Aglio, entrò giovanissimo nel collegio dei gesuiti di Ravenna dove ebbe, tra gli altri, come maestro il dotto latinista Camillo Berardi. Ritornato a diciott'anni a Venezia, studiò letteratura, filosofia, diritto, prese gli ordini sacri e si trasferì a Bologna con l'intenzione di entrare nella Compagnia di Gesù; poco dopo, aggregatosi ai due gesuiti Carlo Brentano e Nicolò Della Torre, che erano procuratori della provincia di Quito, partì per l'America latina e raggiunse nel 1755 Cartagena e qualche settimana dopo Panamá e Guayaquil. A Latacunga completò il suo noviziato, pronunciò i voti solenni e si trasferì a Quito dove finì gli studi di teologia morale e scolastica, imparò la lingua spagnola e si dedicò attivamente a ricerche di storia, geografia, archeologia e statistica sicché i suoi superiori, anziché inviarlo alle missioni di Marañón cui aspirava, lo trattennero nel collegio di Quito a insegnare grammatica e a riordinare la biblioteca. La sua ambizione era di scrivere una "pienissima storia" dell'America latina e a questo scopo si impegnò in un lungo e paziente scavo archivistico e bibliografico e fece dipingere su tavole oggetti naturali, armi, carte geografiche e topografiche; mentre stava progettando una serie di viaggi in altre regioni dell'America, giunse il decreto di Carlo III del 23 apr. 1767 che espelleva i gesuiti da tutti i territori del regno. Così il C. riparti per l'Europa e dopo un lungo e avventuroso viaggio sbarcò prima ad Ajaccio e quindi raggiunse Livorno dove si pose alla ricerca di una nuova occupazione. Dal suo decennale lavoro storico-geografico in America latina ricavò quattro opere, una inedita (e andata perduta) intitolata Vite degl'Incas Imperatori del Perù colle loro immagini, e altre tre pubblicate in diverse epoche. Dopo aver stampato a Lima nel 1761 una breve Vida des. Juan apostolo y evangelista, testimonianza della sua ottima conoscenza della lingua spagnola, il C. fece uscire nel 1771 a Venezia la sua opera più vasta e celebre, quel Dizionario storico-geografico dell'America Latina in cui raccolse e sintetizzò una amplissima messe di notizie di prima mano, spesso personalmente controllate e confrontate con le testimonianze dei primi storici e geografi del Nuovo Mondo, e arricchite di precisazioni ed apporti di collaboratori ed amici scelti tra persone "erudite e imparziali".
In due volumi, disposti in ordine alfabetico e preceduti da una carta dell'America del Sud da lui stesso disegnata, il C. allinea informazioni precise e di prima mano su fiumi, laghi, regioni e popoli di un continente la cui conoscenza, a distanza di quasi tre secoli dalla scoperta, non era ancora molto diffusa tra il grande pubblico. Il Dizionario del C. si ispira a schemi interpretativi tradizionali e, nonostante sia "di qualche anno posteriore alla frattura connessa all'irruzione illuministica" (Del Negro, p. 489), evita accuratamente qualsiasi giudizio storico sulla colonizzazione spagnola e omette qualsiasi riferimento alla celebre Histoire philosophique et politique des Etablissements et du Commerce des Européens dans les deux Indes dell'abate Raynal. "L'attenzione del gesuita Coleti - osserva l'Ambrosini - è comprensibilmente rivolta soprattutto agli aspetti morali e religiosi della vita" degli indigeni americani ai quali riconosce la nozione di qualche idea di divinità anche se ritiene che "le rozze credenze religiose di quei popoli siano in realtà deformazioni dell'unica vera religione, quella cattolica". L'ossessiva presenza del demonio nei culti sudamericani e una vita selvaggia, crudele, a guisa di fiere, caratterizza, secondo il C., i popoli indigeni; con questo "quadro complessivamente molto fosco, nonostante qualche accenno a buone qualità morali e fisiche di alcuni sud-americani", conclude la Ambrosini, "il Coleti presenta ai suoi lettori un nuovo mondo in tutti i sensi 'terra del demonio'; mondo che quindi non può attendere la salvezza che dalla carità del mondo antico, che solo può liberare l'America dall'errore per mezzo della diffusione insieme del cristianesimo e dei costumi europei" (Ambrosini, 19743 pp. 44 s.).Sempre durante il soggiorno in Sudamerica il C. scrisse una Relazione inedita della città di Quito nel Perù, pubblicata postuma a Bassano nel 1849, in cui informava un confratello rimasto in Europa sulla sua vita quotidiana e forniva accurate notizie geografiche, storiche, politiche e sociali sulla città sudamericana; interessanti alcuni accenni critici sulla classe dirigente locale, dissoluta e snervata dall'ozio e dal gioco, e un fuggevole accenno alle idee illuministiche, così vivacemente contrastate nelle colonie americane che "se alcuno loda o approva alcuna cosa de' moderni filosofi, subito viene mirato come nemico comune, e come tale si perseguita a più non posso" (p. 27).
Dopo il ritorno in Italia soggiornò per qualche tempo a Venezia, insegnò teologia morale nel collegio di Tivoli, quindi, soppressa da Clemente XIV (1773) la Compagnia di Gesù, si trasferì a Bagnacavallo in Romagna, dove raccolse in pochi mesi le Notizie storiche della chiesa di S. Pietro in Sylvis di Bagnacavallo (Venezia 1774); successivamente entrò al servizio dell'amico conte Gaetano Ginanni di Ravenna, vescovo di Cidonia, che dal 1777 lo impiegò come segretario nel nuovo vescovato di Foligno. Qualche anno dopo si recò a Roma ad offrire a papa Pio VI il volume Luciferi episcopi Calaritani opera omnia quae extant, edito a Venezia nel 1778 con la collaborazione del fratello Iacopo, e venne nominato prelato domestico e protonotario apostolico. Tornato nel Veneto, accettò dall'amico conte Vinciguerra di Collalto, abate di S. Eustachio di Neryesa, la parrocchia di Spercenigo di Treviso dove passò gli ultimi anni della sua vita, ottenendo dal vescovo Paolo Francesco Giustiniani anche la carica di vicario foraneo. In contatti epistolari con alcuni dei più dotti eruditi ed economisti del secolo, come Affò, Algarotti, Mengotti, Zanon, Tiraboschi, Morelli, Muratori, utilizzò i numerosi viaggi nell'Italia centrale e settentrionale per raccogliere una imponente massa di notizie di epigrafia e storia ecclesiastica, che poi sistemò negli ultimi tranquilli anni del soggiorno trevigiano. Meritano un ricordo ancor oggi le Hispellates inscriptiones emendatae (Venetiis 1785), le Notae et siglae quae in nummis et lapidibus apud Romanos obtinebant explicatae (ibid. 1785), un manuale di epigrafia e numismatica romana frutto di anni di personali ricerche, le Inscriptiones Opiterginae infimi aevi, pubblicate postume a Venezia nel 1811. Tra le altre opere si segnalano un opuscolo erudito sull'abbazia di Nervesa intitolato Species facti (Venetiis 1789), la silloge di Ritratti e vite di donne illustri dal sec. XV fino al XVIII (Venezia 1775), il poemetto latino Triclinium Opiterginum (ibid. 1794) e le Memorie istoriche intorno al cavaliero Cesare Ercolani (ibid. 1776).
Tra i numerosi lavori rimasti inediti, e in gran parte dispersi dopo la sua morte, spiccano una nuova edizione dell'Italia sacra dell'Ughelli con note, correzioni e cinque volumi di supplemento, nove tomi di Veteres inscriptiones di varie città italiane, carmi latini e volgari, una raccolta di prediche, panegirici ed orazioni, un catalogo ragionato dei manoscritti della Biblioteca arcivescovile di Udine, varie Lettere antiquarie dirette ad amici ed infine diciotto volumetti di una Geografia universale divisa in stati e provincie.
Trasferitosi per le cagionevoli condizioni di salute nella casa natale di Venezia, il C. vi morì il 5 genn. 1798
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. naz. Marciana, mss. It., cl. VI, 266 (= 6017); cl. VII, 697 (= 8581); Ibid., Bibl. del Civico Museo Correr, mss. Cicogna 860/167, 1491, 1650/IX, 2182, 2184, 2962/VIII, 3015/II, 3042/21, 3287/83, 5308/12, 3509; Verona, Bibl. comunale, mss. 274 (644), 856 (351-353), 857 (672); G. Mittarelli, De liter. Faventinorum sive de viris doctis et scriptoribus urbis Faventiae, Venetiis 1775, p. 62; I. B. Tomitanus, Io. Dominico Coleti(Necrologium)cum indice operum ipsius Coleti, Venetiis 1799; G. A. Moschini, Della letter. venez. del sec. XVIII fino a' nostri giorni, II, Venezia 1806, pp. 73, 206; Galleria dei letterati ed artisti piùillustri delle provincie austro-venete che fiorirono nel sec. XVIII, Venezia 1822, p. 119; Biografia univers. antica e moderna, XII, Venezia 1823, ad vocem; G. B. Baseggio, C. G. D., in E. De Tipaldo, Biografia degliItaliani illustri…, IV, Venezia 1837, pp. 422-425; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venesia 1847, pp. 396 s.; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni. Studi storici, Venezia 1855, pp. 235 ss.; P. Amat di S. Filippo, Biografia dei viaggiatori ital. della bibliografia delle loro opere, I, Roma 1882, p. 504; G. Biadego, Catal. descrittivo dei manoscritti della Bibl. com. di Verona, Verona 1892, pp. 176, 409 s.; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori. Studio bio-bibliografico, Roma 1927, pp. 291-297; A. A. Michieli, Di G. D. C. e alcuni suoi studi geografici, in Ann. dell'Ist. tecnico di Treviso, 1930, pp. 52-60; F. Ambrosini, L'immagine di nuovo mondo nel Settecento veneziano, in Archivioveneto, XCVIII (1973), p. 151; XCIX (1974), pp. 35, 43 ss.; P. del Negro, Il mito amerieano nella Venezia del Settecento, in Mem. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di sc. morali, storicite e filologiche, s. 8, XVIII (1975), 6, p. 489; C. von Wurzbach, Biographisches Lex. des Kaiserthums Österreich, II, pp. 404 s.; C. Sommervogel. Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, II, coll. 1285-1288 (con elenco completo delle opere edite ed ined.); IX, col. 73; XII, coll. 399, 1012.