TOSCANI, Giovanni di Francesco
– Nacque nel 1372 circa, come si desume dai Campioni del Catasto dei cittadini di Firenze del 1427, nei quali gli ufficiali dichiararono che il pittore aveva 55 anni (Sbaraglio, 2006).
Dalla corrispettiva portata al Catasto da lui presentata il 10 luglio 1427, nella quale insolitamente non indica la sua età, si ricava una parte significativa delle poche informazioni note sul pittore; qualche altra notizia si può ottenere dalle portate della vedova Niccolosa del 30 gennaio 1431 (stile fiorentino 1430) e del primo gennaio 1433 (stile fiorentino 1432; Milanesi, 1860, pp. 207-210; Jacobsen, 2001, pp. 567 s.).
Il primo documento noto in cui Toscani è nominato risale invece al 1404 e lo ricorda già come «dipintore» (Jacobsen, 2001, p. 567). Nello stesso periodo era forse attivo nella bottega di Lorenzo Ghiberti per la finitura dei bronzi della seconda porta del battistero di Firenze. L’ipotesi, basata soprattutto su affinità stilistiche, è stata avanzata da Luciano Bellosi (1966, p. 54), che lo identifica con un non meglio precisato Giovanni di Francesco, inserito tra i collaboratori dello scultore sia nella prima convenzione (1404-07), sia nella seconda (post 1407-15 circa), quando fu pagato per circa sei mesi di lavoro.
Come molti altri pittori di cassoni, ossia ‘cofanai’ (era lo stesso pittore a definirsi così nel 1427), Toscani fu immatricolato nell’arte dei legnaioli, di cui risulta membro nel 1422 e tesoriere nel 1424 (Jacobsen, 2001, p. 567). Non risulta che abbia mai fatto parte, com’era consuetudine per i pittori fiorentini, dell’arte dei medici e speziali. Sembra invece che, caso anomalo e anch’esso probabilmente collegato alla sua attività di ‘cofanaio’, tra il 1415 e il 1420 fosse un membro dell’arte dei chiavaiuoli, come registrato nei libri delle Tratte (Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 82, c. 290).
Il suo nome compare nel 1420 tra gli ‘arroti’ della Compagnia di S. Luca, che riuniva i pittori fiorentini e alla quale si iscrisse poi nel 1424 (Orlandi, 1964, p. 171; Jacobsen, 2001, p. 567).
Nel 1427 viveva a Firenze nel gonfalone del Drago, quartiere di San Giovanni, con la moglie e i tre figli Lisa, Grazia e Domenico, rispettivamente di 6, 4 e 2 anni. Viveva con loro anche Francesco, il figlio del defunto fratello di Giovanni, Domenico, anche lui «dipintore» (cfr. l’iscrizione alla Compagnia di S. Luca nel 1415; Jacobsen, 2001, p. 546).
L’unico lavoro noto e documentato di Toscani è la decorazione della cappella Ardinghelli in S. Trinita a Firenze, dedicata a s. Nicola (Padoa Rizzo, 1982; Sbaraglio, 2006). Per quest’opera egli ricevette da Piero di Neri Ardinghelli due pagamenti, il 2 dicembre 1423 e il 12 dicembre 1424 (Orlandi, 1964, p. 181). Ne restano due affreschi frammentari raffiguranti Cristo in pietà tra la Vergine e s. Giovanni evangelista dolenti e S. Nicola in gloria, tutt’ora nella cappella, oltre a numerosi scomparti della pala d’altare, oggi smembrata tra vari musei (Baltimore, Md., Walters Art Gallery; Firenze, Galleria dell’Accademia; Philadelphia, Pa., Museum of art) e collezioni private. Anche il fratello Domenico collaborò alla decorazione della volta – completamente perduta – della cappella (Milanesi, 1860, p. 191).
Esistono inoltre due opere documentate di Giovanni: nella portata del 1427 lo stesso pittore ricorda «una tavoletta d’altare ch’io feci già è tre anni al signore d’Urbino [Guidantonio da Montefeltro]» (p. 208), mentre in quelle della vedova ne è ricordata un’altra che l’artista lasciò incompiuta alla sua morte, ovvero «una tavola d’altare dentrovi la Nunziata. Non era ancora compiuta: dièlla a compiere a Giuliano dipintore del Corso [Giuliano d’Arrigo Pesello]. La detta tavola è di Simone Buondelmonti» (p. 210).
Dopo la morte Toscani è ricordato nel Codice Magliabechiano (1537-1542 circa, 1892) tra gli allievi di Agnolo Gaddi, e da Giorgio Vasari (1568, 1967), che lo giudica il migliore fra i discepoli di Giottino e sostiene che fosse aretino; ne fornisce inoltre un elenco di opere sparse tra Empoli, Pisa e Arezzo, dove riferisce di un’opera datata 1335. Tale biografia – lo si può ricavare anche da quest’ultima informazione – è contraddittoria e incerta, come spesso accade nelle vite vasariane di pittori di quest’epoca. Nessuna delle opere citate da Vasari è nota.
Per secoli non si parlerà più di Giovanni Toscani e, quando i ricercatori d’archivio del XIX secolo recupereranno il suo nome, egli sarà ormai un artista senza opere.
Fu Luciano Bellosi (1966) che associò al nome di Toscani, grazie alle affinità stilistiche con i resti degli affreschi della cappella Ardinghelli, un corpus di opere raggruppate da Richard Offner (1933) sotto il nome fittizio di Maestro della Crocifissione Griggs. L’opera eponima, una Crocifissione al tempo nella collezione Griggs di New York e oggi al Metropolitan Museum della stessa città, è ormai generalmente riferita all’attività iniziale di Beato Angelico (cfr. lo stesso Bellosi, 1988, p. 196), mentre le altre tredici tavole riferite al pittore da Offner sono oggi concordemente attribuite a Toscani, insieme a una quarantina di dipinti, in parte associabili tra loro provenendo da polittici smembrati o da coppie di cassoni (su Toscani in generale si vedano inoltre Boskovits, 2002; Sbaraglio, 2007, e 2012).
La ricostruzione del percorso stilistico di Toscani non è semplice, essendo databile con sicurezza la sola cappella Ardinghelli (1423-24). Tale difficoltà è testimoniata anche nel fondamentale articolo del 1966, dove Bellosi comprimeva tutte le opere di Toscani negli anni Venti del Quattrocento. Fu poi lo stesso studioso, nei suoi interventi successivi, a sottolineare la necessità di anticipare la datazione di alcune opere al secondo decennio del secolo.
Altro elemento che non semplifica la comprensione del percorso di Toscani è l’assenza di opere assegnabili alla giovinezza e alla prima maturità. Essendo egli nato verso il 1372, la sua formazione dovette avvenire ben dentro il XIV secolo. Nonostante ciò, non esiste alcuna sua opera collocabile prima degli inizi del Quattrocento. Il ripetuto utilizzo di modelli iconografici dei primi del Trecento in alcune tra le primissime opere del pittore, forse ancora databili nel primo decennio del Quattrocento (Madonna col Bambino, Firenze, collezione Corsi), sembrerebbe indicare un legame con gli ambienti artistici fiorentini vicini al clima neogiottesco di fine secolo. Bellosi (1966, p. 54) ipotizzava in particolare una formazione «di lontana origine tardo-orcagnesca», con precise affinità ai modi di Jacopo di Cione.
I punti di riferimento nelle sue prime opere più significative sono ormai i grandi maestri della pittura tardogotica fiorentina, Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina. Ne è testimonianza il Trittico del Museo dello Spedale degli Innocenti a Firenze (Sbaraglio, 2015), la cui esecuzione è da collocare quando il pittore era ormai quarantenne. Come il più giovane Rossello di Jacopo Franchi, artista con cui è stato spesso confuso, Giovanni è tuttavia un esponente del «gotico più tenero e moderno in un periodo in cui erano ancora in piena fioritura i modi più astratti e gelati di Lorenzo Monaco» (Bellosi 1973, p. 189 nota 13). A differenza di Rossello, Toscani si mostrò però sempre pronto ad accogliere i suggerimenti della scultura coeva: ne sono una prova opere degli anni Dieci quali gli scomparti laterali di polittico nel Museo dell’Opera del duomo di Prato e l’Incredulità di s. Tommaso nella Galleria dell’Accademia di Firenze, databile alla fine del decennio. L’artista, tra i più rilevanti pittori della Firenze premasaccesca, sembrerebbe perfino precorrere i primi grandi esponenti rinascimentali – Masaccio stesso e Beato Angelico – per l’attenzione alla scultura coeva e alla rappresentazione coerente e articolata dello spazio, come si può riscontrare in alcuni suoi cassoni dipinti non oltre il 1420 circa, quali la Festa di gentiluomini (Berlino, Gemäldegalerie) e il Ninfale fiesolano (Brunswick, Me., Bowdoin College Museum of art, inv. 1961.100.1).
Nel corso degli anni Venti Toscani si mostrò particolarmente attento alle novità che si susseguivano freneticamente sul palcoscenico fiorentino: nel Polittico e negli affreschi della cappella Ardinghelli (1423-24) non solo si possono rilevare influenze ghibertiane, ma anche una decisa e consapevole adesione alle ricerche naturalistiche dei marchigiani Arcangelo di Cola e Gentile da Fabriano, presenti a Firenze in quel giro di anni.
Poco più tardi Toscani potrebbe essersi recato nello Stato di Urbino (Sbaraglio, 2012, p. 144): la documentata opera eseguita per Guidantonio da Montefeltro entro il 1427 è forse da identificare con l’Annunciazione della Georgetown University di Washington D.C. (per un’ipotesi alternativa cfr. Strehlke, 2004, p. 429), mentre da S. Girolamo a Gubbio, città anch’essa sotto il dominio dei Montefeltro, proviene il Polittico Nevin, uno dei più alti raggiungimenti del pittore. L’opera, databile per via stilistica verso il 1425 o poco dopo, è oggi custodita in una collezione privata tedesca (Schloss Crottorf, Friesenhagen; Sbaraglio, 2007). Il viaggio nel Montefeltro sarebbe perciò da collocare tra il dicembre del 1424 e il luglio del 1427, quando Giovanni era certamente a Firenze.
Nel corso degli anni Venti Toscani manifestò una vivacità ricettiva che lo portò a un progressivo avvicinamento alle novità rinascimentali del tempo, in particolare all’arte di Masaccio, forse filtrata attraverso i modi meno aspri di Masolino, a lui più affini.
Tra gli ultimi lavori è l’Annunciazione, attualmente sull’altare dell’ottocentesca sagrestia nuova di S. Giovanni in Laterano a Roma. La pala potrebbe, però, provenire da Firenze, in quanto reca nei pilastri stemmi di famiglie fiorentine apposti tra il 1559 e il 1573, quando fu modificata e reimpiegata (Sbaraglio, 2012, p. 192). Alla stessa fase appartengono i tre scomparti raffiguranti le Storie dell’infanzia di Cristo (Melbourne, National Gallery of Victoria; Philadelphia, Pa., Museum of art), particolarmente affini all’Annunciazione romana, di cui in origine potevano costituire la predella (Sbaraglio, 2007, pp. 152 s.; per una diversa ipotesi cfr. Strehlke, 2004, p. 429).
Morì a Firenze entro il 2 maggio 1430, giorno in cui fu sepolto nella cattedrale di S. Maria del Fiore (Milanesi, 1860, p. 191).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 82, c. 290.
Il codice Magliabechiano (1537-1542 circa), a cura di C. Frey, Berlin 1892, pp. 61, 91; G. Vasari, Le vite... (1550 e 1568), II, Testo, a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, Firenze 1967, pp. 235 s.; G. Milanesi, Di G. T. pittore, in Giornale storico degli archivi toscani, IV (1860), pp. 191, 207-210; R. Offner, The Mostra del Tesoro di Firenze Sacra - II, in The Burlington Magazine, LXIII (1933), pp. 170-173; S. Orlandi, Beato Angelico, Firenze 1964, pp. 171, 181; L. Bellosi, Il Maestro della Crocifissione Griggs: G. T., in Paragone, XVII (1966), 193, pp. 44-58; Id., Due note per la pittura fiorentina di secondo Trecento, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVII (1973), pp. 179-194; A. Padoa Rizzo, Sul polittico della cappella Ardinghelli in Santa Trinita, di G. T., in Antichità viva, XXI (1982), 1, pp. 5-10; L. Bellosi, in Arte in Lombardia tra Gotico e Rinascimento (catal.), a cura di M. Boskovits, Milano 1988, pp. 196 s.; W. Jacobsen, Die Maler von Florenz zu Beginn der Renaissance, München 2001, pp. 254, 546, 567 s.; M. Boskovits, Appunti sugli inizi di Masaccio e sulla pittura fiorentina del suo tempo, in Masaccio e le origini del Rinascimento (catal., San Giovanni Valdarno), a cura di L. Bellosi (con L. Cavazzini e A. Galli), Milano 2002, pp. 57-60; C.B. Strehlke, Italian paintings, 1250-1450, in the John G. Johnson Collection and the Philadelphia Museum of art, Philadelphia (Pa.) 2004, pp. 417-429; L. Sbaraglio, in Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento (catal., Fabriano), a cura di L. Laureati - L. Mochi Onori, Milano 2006, pp. 276-283; Id., Alcune osservazioni su G. di F. T.: il ‘Polittico Nevin’ e la tarda attività, in Intorno a Lorenzo Monaco. Nuovi studi sulla pittura tardogotica. Atti del Convegno... Firenze, 2006, a cura di D. Parenti - A. Tartuferi, Livorno 2007, pp. 146-155; A. Galli, in The Alana collection. Italian paintings and sculptures from the 14th to 16th century, a cura di M. Boskovits, Firenze 2011, pp. 135-139; L. Sbaraglio, in Bagliori dorati. Il Gotico internazionale a Firenze 1375-1440 (catal., Firenze), a cura di A. Natali - E. Neri Lusanna - A. Tartuferi, Firenze 2012, pp. 144 s., 192 s., 234 s., 246 s.; Id., Il trittico dello Spedale degli Innocenti di G. di F. T., in L’Ospedale di Orbatello. Carità e arte a Firenze, a cura di C. De Benedictis - C. Milloschi, Firenze 2015, pp. 202-207.