GIOVANNI da Salerno
Poco si sa circa la sua origine se non qualche cenno tramandato, in epoca molta tarda, da biografi d'ambiente domenicano, secondo i quali sarebbe nato, presumibilmente nell'ultimo decennio del XII secolo, da una ricca famiglia salernitana di origine normanna, i Quarni, avrebbe studiato all'Università di Bologna e qui, incontrato Domenico di Guzmán e conquistato dalla sua predicazione, sarebbe entrato nell'Ordine distinguendosi come uno dei più stretti e stimati discepoli del fondatore. Certo è comunque che Domenico, evidentemente apprezzandone le qualità, lo destinò a impiantare e a guidare il nucleo originario dell'Ordine dei predicatori a Firenze, uno dei primi in Italia.
Le vicende dell'insediamento domenicano fiorentino sono abbastanza ben documentate: G., con altri undici religiosi, giunse a Firenze nel giugno 1219 e ottenne dal vescovo Giovanni da Velletri l'oratorio di S. Iacopo a Pian di Ripoli. In questa sede rurale a qualche miglio dalla città i domenicani dovettero comunque trattenersi per poco tempo, perché nel novembre dello stesso anno Domenico, in visita a Firenze, soggiornò presso G. e i confratelli nello spedale cittadino di S. Pancrazio, mentre pare fosse concesso alla piccola comunità domenicana di celebrare gli uffici nella chiesa di S. Paolo. Le ordinazioni di nuovi frati compiute da Domenico in quella circostanza e l'impegno a trovare una nuova sede, necessaria per le crescenti esigenze, dimostrano sia il successo ottenuto dalla guida di G., sia la considerazione tributata dalle gerarchie ecclesiastiche all'opera di apostolato compiuta in pochi mesi.
In particolare risulta sia stato il cardinale legato Ugolino dei conti di Segni vescovo di Ostia (il futuro papa Gregorio IX), in quei tempi in stretto rapporto con Firenze, a mostrare di avere a cuore la sorte della nascente comunità domenicana; egli infatti prima dispose, nel giugno 1221, che fosse attribuita a G. l'antica chiesa di S. Pietro Scheraggio; poi, disattesa questa scelta forse anche per l'opposizione del clero secolare, sollecitò il vescovo Giovanni da Velletri e i canonici della cattedrale a concedere a G. la chiesa parrocchiale di S. Maria Novella (un vecchio insediamento religioso esterno alle mura civiche, che le descrizioni del tempo raffigurano in stato di forte degrado e la leggenda addirittura abitato da demoni) con altri edifici annessi, il cimitero e sei staia di terra circostante. Così, nei giorni dall'8 al 20 nov. 1221, come è provato da una serie di atti consecutivi, G. fu investito di questi beni in nome dell'Ordine e prese possesso del luogo che divenne da allora la sede definitiva dei domenicani fiorentini.
Negli anni seguenti la pur scarna documentazione superstite prova come l'attività di G., priore di S. Maria Novella, si segnalasse in molteplici direzioni. Una lettera inviata da papa Gregorio IX nel giugno 1227 ne attesta il ruolo di autorità nella lotta contro l'eresia a Firenze, essendo a lui indirizzato (insieme con un monaco della badia e con un canonico del duomo) un pressante invito a procedere contro l'eresiarca patarino Filippo, "famigerata volpe" che andava propagando l'incendio eretico; è comunque solo dal 1235 che i domenicani vennero ufficialmente investiti delle pratiche dell'Inquisizione a Firenze e G. dovette assumerne la responsabilità, anche se non ne è rimasta traccia in documenti coevi e l'appellativo di "martello degli eretici" a lui (come a molti altri) attribuito è probabilmente frutto dell'agiografia più tarda.
Sotto il magistero di G. si formò Ruggero Calcagni, che fu poi a capo dell'Inquisizione a Orvieto e a Firenze a metà degli anni Quaranta del Duecento e in seguito vescovo di Castro, e vari altri religiosi di notevoli qualità facevano parte della sua famiglia conventuale, come Mainetto Rigaletti (poi vescovo di Fiesole) e fra Chiaro (Davidsohn, 1956, p. 199), forse il più dotto docente della scuola che fu aperta a S. Maria Novella poco dopo l'acquisizione, cosicché il convento divenne ben presto un centro dottrinale e culturale di grande rilievo.
Dopo il 1224 G. istituì anche una fondazione femminile, scegliendo come sede quel S. Iacopo a Ripoli che già era stata prima residenza dei predicatori. Si impegnò inoltre nella cura della spiritualità dei laici, giacché il gruppo penitenziale di S. Paolo nei suoi primi anni di vita faceva capo a lui e ai suoi frati. Nel contempo in varie disposizioni testamentarie stilate da fiorentini abbienti a partire dal 1226 sono attribuiti a favore di G. legati da destinare a sua discrezione in elemosine. Nel 1230 papa Gregorio IX conferì a lui e ad altri due domenicani l'incarico di riformare il monastero benedettino di S. Antimo nella diocesi di Chiusi: due anni dopo, tale incarico fu esteso a sovrintendere alla riforma dei conventi in crisi di tutte le diocesi toscane e di quella perugina.
L'ultima missione nota di G. ebbe rilievo politico: il papa lo designò nel settembre del 1232 ad affiancare il proprio cappellano Goffredo dei Prefetti di Vico, inviato per rendere noto ai podestà e ai Consigli di Siena e di Firenze lo sdegno pontificio per il prolungarsi dello stato di belligeranza tra i due Comuni e a minacciare la scomunica se non fosse stata stipulata la pace o almeno un armistizio. Benché le volontà di Gregorio trovassero in quell'occasione solo un formale rispetto - poi non confermato dai fatti -, la scelta di G. per un compito di tale rilievo prova ancora una volta quanto si confidasse nelle sue capacità e nel suo carisma.
Non è certa la data di morte, essendo contraddetta dall'evidenza documentaria la tradizione che lo indicava deceduto nel 1231 e apparendo al Davidsohn forse di troppo posteriore l'altra data ipotizzata del 1243; meraviglia peraltro l'assenza di notizie al riguardo nell'antico Necrologio di S. Maria Novella, che a partire dal 1225 elenca i religiosi defunti del convento.
Secondo le attestazioni presenti nelle richieste di beatificazione redatte dai domenicani fiorentini, già in vita G. aveva compiuto alcuni atti taumaturgici e le doti di miracoloso intercessore aumentarono dopo la morte, cosicché il suo sepolcro all'interno della chiesa di S. Maria Novella fu ben presto ornato da ceri e da immagini votive. Se la pietà popolare attribuì a G. senza indugi il titolo di santo, molto più lunghe furono le pratiche del processo di beatificazione, che giunsero a compimento solo il 2 apr. 1783. Si celebra il 9 agosto.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, S. Maria Novella, 8-9 nov. 1221; Archivio di Stato di Siena, Diplomatico, Riformagioni, 4 sett. 1232; Firenze, Archivio del Convento di S. Maria Novella, I.A.4: Iohannes Caroli de Florentia, Vitae nonnullorum fratrum beatae Mariae Novellae, cc. 8r-26v (Vita beati Iohannis Salernitani); Ibid., I.A.23: Vincentius Borghigiani de Florentia, Monumenta et documenta pro causa cultus beati Ioannis Salernitani (1756-1757); G. Levi, Registri dei cardinali Ugolino d'Ostia e Ottaviano degli Ubaldini, Roma 1890, p. 32; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, III, 1, Firenze 1755, pp. 49 s., 95 s.; V. Fineschi, Memorie istoriche che possono servire alle vite degli uomini illustri di S. Maria Novella, I, Firenze 1790, pp. XIV-XVIII, 1-90; A. Mortier, Histoire des maîtres généraux de l'Ordre des frères prêcheurs, Paris 1903, p. 201; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, p. 426; S. Orlandi, Il beato G. da S., domenicano, fondatore del convento fiorentino di S. Maria Novella, Firenze, 1943; Id., "Necrologio" di S. Maria Novella, Firenze 1955, I, pp. XVII-XX; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956, pp. 192-205, 273; VII, ibid. 1965, pp. 415 s.; B. Quilici, Il vescovo Ardingoe la Chiesa di Firenze, Firenze 1965, p. 24; D. Corsi, Aspetti dell'Inquisizione fiorentina nel '200 in Eretici e ribelli del XIII e XIV secolo: saggi sullo spiritualismo francescano in Toscana, a cura di D. Maselli, Pistoia 1974, pp. 69-72; A. Benvenuti, Il francescanesimo e le sue influenze sulla spiritualità dei laici: i fratres poenitentiae, ibid., p. 181; E. Panella, Priori di S. Maria Novella di Firenze, 1221-1325, in Memorie domenicane, XVII (1986), pp. 269 s.; A. Benvenuti Papi, Pastori di popolo. Storia e leggende di vescovi e città nell'Italia medievale, Firenze 1988, pp. 37 s., 77 s., 85, 110; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 572 s.