CECCANO, Giovanni da
Figlio di Annibaldo (I) di Landolfo, viene sovente chiamato "iunior" nei documenti coevi per distinguerlo dallo zio paterno, Giovanni (II) seniore. Il C. si sposò tre volte. Dal primo matrimonio - il nome della moglie non è noto - gli nacquero Annibaldo, che viene fidanzato il 19 ag. 1278 con Filippa di Giovanni da Gavignano (cfr. il contratto dotale ed. da Dykmans, pp. 316-320: l'attestazione più antica del C.), e Goffredo: ambedue figurano nel 1287 fra i legatari del defunto cardinale Goffredo di Alatri, forse loro parente.
Il 17 giugno 1283, il C. ottenne da Martino IV la dispensa per sposare Perna Conti, una sua cugina di quarto grado, vedova del già ricordato Giovanni da Gavignano. Questa dispensa indica che i due sposi avevano in comune un trisavolo o una trisavola, non possiamo dire quale, dato che non sono ben noti i rapporti familiari tra i Conti e i Ceccano anteriori a questo matrimonio. Nel suo testamento dell'11 ag. 1287, il senatore Giovanni Conti, padre di Perna, ordinava di restituire al genero una certa somma di denaro avuta in prestito. Il 15 dic. 1294 il C. presenziava alla redazione di una donazione per la chiesa di Anagni da parte di Filibpa e di Giovanna sua sorella.
Il 12 nov. 1307, Clemente V concesse al C. la dispensa per sposare Teodora del fu Pietro Conti, cittadino romano, malgrado l'impedimento di consanguineità al quarto grado. Sappiamo che Teodora morì il 18 ott. 1323 e fu sepolta nella basilica di S. Maria Maggiore.
Sulla base dei dati forniti dalle fonti coeve appare dunque infondata l'affermazione di G. Caetani (Caietanorum genealogia, Perugia 1920, tav. LXVII) secondo la quale il C. si sarebbe sposato una sola volta e avrebbe avuto come consorte Maria di Almerico di Sus.
Oltre ad Annibaldo e Goffredo, il C. ebbe altri tre figli: Guglielmo, Francesco e Riccardo, detto "Vetulus": tutti e tre figurano in un documento datato 7 maggio 1325 (Tomassetti, pp. 142-45) con il quale Guglielmo cedeva a Tomasio (II) da Ceccano, suo cugino, i diritti sul castello di San Lorenzo de Valle per la parte che era già appartenuta al loro padre, in forza della convenzione fatta tra Guglielmo e i fratelli di lui Francesco e Riccardo.
Che Riccardo, detto "Vetulus", fosse figlio del C. viene dimostrato tra l'altro dal testamento del cugino Tomasio (II) da Ceccano del 24 maggio 1362, nel quale il testatore ordinava che agli eredi di Giovanni da Ceccano, suo zio paterno, e di Riccardo, figlio dello stesso Giovanni, fosse fatto salvo ogni diritto nei castelli e nelle terre che aveva allora Tomasio.
I figli del C., Riccardo e Guglielmo, sono stati sovente confusi per omonimia con i figli di Landolfo (II) (cfr. ad es. Tomassetti, p. 114). Non si è però tenuto conto del fatto che il cappellano pontificio Riccardo, ancora in vita il 13 giugno 1298, era già morto il 14 ott. 1299.
Un Goffiredo di Giovanni da Ceccano fu uno dei complici nell'affronto di Anagni contro Bonifacio VIII nel settembre del 1303: non sappiamo tuttavia, dato il silenzio delle fonti note, se si tratti del figlio di Giovanni (II) seniore o se sia invece il figlio del C. suo omonimo. Infondata la notizia fornita dal Corradini, secondo cui Massimo da Trevi, uno dei congiurati nell'affronto di Anagni, sarebbe stato un cognato del C.: il passo del documento sul quale si basa lo studioso, contenuto in una lettera di Benedetto XI, è identico a quello di una precedente lettera di Bonifacio VIII (Les registresde Boniface VIII, n. 3418), ed è assolutamente privo di qualsiasi riferimento a legami di parentela tra Goffredo e Massimo da Trevi.
La linea politica del C. non si discostò da quella seguita dal padre Annibaldo. Di temperamento violento e irruente, si oppose con forse maggiore tenacia alla politica di espansione territoriale del Papato e alla crescente espansione dei Caetani sotto l'efficace guida del cardinale Benedetto, il futuro papa Bonifacio VIII, di cui fu certo uno dei più accaniti avversari nel Lazio meridionale. Quando negli anni 1277-1280in Terracina si accese più fiera la competizione tra i Ceccanesi e gli Annibaldi per la conquista della suprema magistratura cittadina, il C. tentò di sopraffare la parte avversa compiendo una scorreria nella città, incendiando e trucidando e abbandonandosi a rapine e ad altri misfatti. Costretto dal rettore della Campagna e Marittima a fare ammenda dei danni, dovette offrire, oltre a venticinque fideiussori, la quarta parte del castello di Carpineto in cauzione.
Il C. mirò anche alla conquista di Frosinone e di Terracina dominanti le grandi vie di comunicazione con il Regno; quando nel 1284, a Frosinone, durante l'assenza del rettore, Giovanni Scotti con alcuni complici uccise Pandolfo e Giovanni Capocci, capi del partito papale, e fuggì dal castello, egli offrì asilo e protezione all'assassino (per questo episodio fu duramente accusato dal pontefice Martino IV). Nel 1295 Bonifacio VIII impose al C. e a tutti i membri della sua famiglia - escluso Berardo (II) fratello del C. (Potthast, n. 24232) - l'astensione da tutte le attività politiche cittadine. Quattro anni dopo, verso l'estate del 1299, il C. venne persino imprigionato per ordine di Bonifacio VIII sotto l'imputazione di una lunga serie di crimini politici, che vengono elencati in una interessante lettera pontificia del 13 giugno 1299. Il papa rinfaccia al suo turbolento feudatario incursioni nel territorio di Piperno e di Sezze, contatti con gli Aragonesi e i Siciliani durante i preparativi del Vespro siciliano, il sostegno dato alla famiglia Colonna "dum olim contra nos et eandem Ecclesiam in scismate ac rebellione manebant", il ricetto offerto a ribelli della Chiesa e a scomunicati, e così via. Condannato alla perdita totale dei suoi beni, il C. venne privato anche del castello di Carpineto, che la sua famiglia teneva da molti decenni come feudo del capitolo dei canonici di S. Giovanni in Laterano. Il nuovo feudatario fu Pietro (II) Caetani, nipote di Bonifacio VIII: tuttavia il possesso della famiglia Caetani su Carpineto non fu di lunga durata. Dopo la morte di Pietro (II) avvenuta nel 1307, infatti, il castello e l'abitato dovettero sfuggire al loro controllo, se già nel 1310 i figli di Giovanni (II) seniore da Ceccano sostenevano una lite giudiziaria con il nipote di Giovanni (III), Giovanni di Annibaldo da Ceccano, per i diritti su Carpineto. Nel1323 comunque Tomasio di Berardo da Ceccano era proprietario di una metà di Carpineto, mentre l'altra metà, posseduta da Francesco, Loffredo e Bonifacio Caetani, veniva data in dote a Lella Caetani, figlia del fu Benedetto Caetani, maritata a Giacomo da Ceccano fratello di Tomasio.
L'incarcerazione subita nel 1299 dovette durare qualche anno, dato che non ci risulta che il C. abbia preso parte all'episodio di Anagni del settembre 1301 mentre troviamo ricordati tra i congiurati un suo zio, Giovanni (II) seniore, e quel Goffredo di Giovanni da Ceccano, che era un suo figlio o figlio del precedente.
Liberato probabilmente dal successore di Bonifacio VIII, il C. fu politicamente attivo di nuovo nel 1307 a Sezze, dove esercitò fino al 1310 il supremo potere cittadino, ora come podestà ora come capitano del popolo. Dopo questa data più nulla sappiamo di lui.
Fonti e Bibl.: Anagni, Arch. capit., f. II, n. 529; Arch. Segr. Vat., Ruspoli 661, cc. 8, 9 (testamento del senatore Giovanni Conti); Roma, Arch. Colonna, XX-4, XXXIV-4, XXXIV-14, XXXIV-22, LI-79, LIV-29, LXII-2, LXII-3; LXII-8, XCIV-9 (regesti nello schedario dell'Arch. Caetani); V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, XI, Roma 1877, p. 14 n. 16 (si fonda sui disegni del Gualdi, cod. Vat. lat. 8524, p. I, f. 140 e del Terribilini cod. Casanatense XX.XI, 7, t. VII, f. 170); Les registres de Benoît XI (1303-1304), a cura di C. Grandjean, Paris 1883-1885, n. 1276; Les registres de Boniface VIII (1294-1303), a cura di A. Thomas-M. Faucon-G. Digard, ibid. 1884-1935, nn. 2850 bis, 3245, 3418, 3898, 4014; Regestum Clementis papae V, Romae 1885, n. 2015; M. Prou, Inventaire des meubles du cardinal Geoffroi d'Alatri (1287), in Mélanges d'archéol. et d'histoire, V(1885), p. 411; P. Pressutti, Regesta Honorii papae III, Romae 1888, pp. XC-XCII; G. Tomassetti, Amaseno, monogr. stor., Roma 1899, pp. 114, 142-45; Les registres de Martin IV, a c. di F. Olivier Martin, Paris 1901-1925, n. 337; G. Caetani, Regesta chartarum, I, Perugia 1922, p. 56; II, ibid. 1923, pp. 93-95; A. Potthast, Regesta pontif. Romanorum, II, Berolini 1875, nn. 22118, 24232, 25216; F. Contelori, Genealogia familiae Comitum Romanorum, Romae 1650, pp. 14 s.; P. M. Corradini, De civitate et Ecclesia Setina, Romae 1702, pp. 70-72; G. Falco, I Comuni della Campagna e Marittima nel Medio Evo, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XLVII (1924), pp. 146-148; XLVIII (1925), pp. 24, 34 s., 44, 63, 66 s.; XLIX (1926), pp. 130, 140 s., 159; D. Waley, The Papal State in the Thirteenth Century, London 1961, pp. 244, 247; E. Pásztor, Il Registro Vaticano 42, in Ann. della Scuola speciale per arch. e bibl. dell'università di Roma, X (1970), p. 74 n. 430; M. Dykmans, Le cardinal Annibal de Ceccano (vers 1282-1350). Etude biograph. et testament du 17juin 1348, in Bull. de l'Institut historique belge de Rome, XLIII (1973), pp. 147, 150, 205 s., 313.