GIOVANNI da Capua
Nacque nei primi anni del XIII secolo, come è possibile evincere da una lettera, databile al 1260 (Sambin, p. 38 n. I 16), inviata a Giordano di Terracina (vicecancelliere papale e notaio, conte di Terracina e "Campanie maritime rector") in cui G. dichiara di aver svolto per 30 anni l'attività di notaio.
La maggior parte delle notizie sulla vita di G. ci sono fornite dalle sue epistole. In una di esse, rivolgendosi a tale "Iohannes Mina, civis Venetorum", G. parla degli "honorabiles viros fratres hospitalis Sancte Marie Theutonicorum, cuius ego sum frater humilis et devotus" (ibid., p. 57 n. II 8). Non è possibile determinare la data di tale lettera, ma è sicuramente da datare a dopo il 1239, quando un documento del vescovo di Losanna già lo menziona come appartenente all'Ordine teutonico. Un documento papale del 30 genn. 1257 (con cui si conferma una permuta stipulata il precedente 9 gennaio attraverso la quale l'Ordine teutonico cedeva al capitolo lateranense alcune vigne site nei pressi di Roma) ci presenta poi G. non solo come "honorabilis vir, magister, domini Pape notarius" e "frater", ma anche come "generalis procurator totius ordinis Sancte Marie Teutonicorum Ierosilimitani" (Reg. d'Alexandre IV, II, col. 507 n. 1651). Dunque, almeno a partire dall'inizio del 1257 G. fu procuratore generale di quell'Ordine, ma difficilmente, in seguito, lo si trova ancora insignito di quel titolo.
Nei documenti cancellereschi lo si incontra per la prima volta nel luglio del 1232 (e poi, ancora per la stessa questione, nel marzo del 1233), quando fu inviato da papa Gregorio IX presso l'imperatore Federico II, in qualità di ambasciatore, per chiedere all'imperatore di affidare in amministrazione all'arcivescovo di Messina e al maestro dell'Ordine teutonico alcune terre poste nel territorio di Gaeta. Questa è l'unica volta che troviamo G. investito di compiti fuori della Curia pontificia.
Pare che G. abbia speso tutta la sua vita svolgendo le funzioni di notaio pontificio. È difficile dire, tuttavia, come sia arrivato a ricoprire quell'incarico. Può darsi che vi sia stato condotto grazie alle raccomandazioni del più anziano e più influente Tommaso di Capua, suo concittadino e cardinale di S. Sabina, rinomato dictator della Curia papale. Appare, del resto, notevole che presso la Cancelleria pontificia, così come presso quella imperiale, fossero presenti non pochi notai provenienti da Capua o dalla Terra di Lavoro. In un caso, tra l'altro, i nomi di G. e di Tommaso vengono accomunati in un documento di Federico II del 1239. A essi - come sappiamo dal cronista Riccardo di San Germano - venne riservato un trattamento privilegiato rispetto a quello previsto per gli altri ecclesiastici del Regno attivi presso la Curia romana, ai quali, sotto la minaccia di vedere confiscati possedimenti e benefici, era stato ordinato di tornare immediatamente in patria.
L'attività di G. in qualità di notaio, cominciata con Gregorio IX, proseguì al servizio dei papi successivi. Agli anni del pontificato di Innocenzo IV rimandano due documenti del giugno 1252, con cui il papa concedeva al maestro Raone, giudice capuano e fratello di G., due terreni (è probabile che si tratti degli stessi orti che, come si evince da una inedita lettera di G., tramandata dal ms. Fonds Lat. 8567 della Bibliothèque nationale di Parigi, risultano essere stati sottratti a Raone); e uno del gennaio 1253, in cui G. appare come temporaneo depositario di alcuni praestimonia. Nel marzo 1258 viene poi ricordato come notaio di Alessandro IV in una sentenza da lui sottoscritta come testimone. L'ultima sicura attestazione di G. in ambito curiale risale, infine, al 5 giugno 1268, quando Clemente IV conferma un privilegio emanato da re Carlo I d'Angiò il 21 maggio 1267 in favore di due nipoti di G., Giovanni e Giacomo di Capua, figli di Raone. È probabile che G. avesse anche un altro nipote, di nome Andrea, come sembra che si possa dedurre da una inedita lettera contenuta nel già citato manoscritto della Bibliothèque nationale di Parigi.
Non è possibile stabilire con precisione la data della sua morte. Sambin pone come terminus ante quem il 9 luglio 1272, dal momento che i beni posseduti nei territori di Cicala e di Nola da un non meglio specificato "magister Iohannes de Capua" passano in quella data ad altro titolare. Ma non è per niente sicuro che quel "magister Iohannes" sia da identificare con G.: anzi, il fatto che non viene qualificato come notaio papale indurrebbe a escludere tale ipotesi. Del resto, per quell'epoca sono attestati almeno altri due magistri di quello stesso nome che furono attivi come notai.
Grande interesse per la storia della cultura e della letteratura latina del XIII secolo rivestono i dictamina di G., di cui alcuni sono tramandati, nei manoscritti, insieme con quelli di Tommaso di Capua e di altri dictatores provenienti dall'Italia meridionale. Appaiono di notevole fattura soprattutto quelli indirizzati a Giordano di Terracina, che probabilmente, secondo l'ipotesi di Heller, fu l'ordinatore dell'epistolario di Tommaso di Capua. In queste lettere - che per il loro editore Sambin risalgono a un periodo compreso tra l'estate e l'autunno del 1260 - appaiono preponderanti gli argomenti di ispirazione autobiografica. G. si dichiara talvolta affaticato dalla sua "squalida senectus", che contrappone alla "florida iuventus" di Giordano (Sambin, p. 39 n. I 17), e angustiato dalla "suspiriosa paupertas" e dalla "singultuosa sarcina debitorum" (ibid., p. 26 n. I 5), nonché dalla sorte, che non ha voluto concedere benefici né a lui né ai suoi familiari: per questo, anche se con circospetta discrezione, si raccomanda al suo influente corrispondente. Talvolta capita, tuttavia, che il tono della corrispondenza si impenni e passi a trattare di argomenti teologici e metafisici, come nelle ultime tre lettere del certame, in cui si discute dell'abyssus fulgoris.
Comunque, più che per l'argomento, le epistole di G. sono importanti soprattutto quali esemplificazioni di quel prezioso stilus Curiae Romanae elaborato soprattutto a partire dal periodo di pontificato di Onorio III, che influenzò e determinò la produzione letteraria dell'epoca, costituendo un imitato esempio di ars dictaminis per la cancelleria di Federico II di Svevia e per tutte le altre cancellerie del Basso Medio Evo. Lo stile appare caratterizzato dall'elegante complessità delle strutture sintattiche che, senza mai perdere la direzione imposta dai cursus, nel loro procedere ampio e sinuoso indulgono in preziosismi retorici e verbali. Non sono rare, infatti, le figure verbali, di tipo etimologico o grammaticale, che rivelano la ricchezza lessicale dell'autore e la sua propensione - comune a gran parte dei dictatores dell'epoca - a creare immagini, talvolta decisamente involute e astruse. È difficile, tuttavia, dire se tale tipologia stilistica sia stata appresa da G. presso la Curia papale, oppure sia stata da lui importata da Capua. In quella città, dove nacquero molti dictatores che poi furono attivi presso la Curia papale e quella imperiale, molto probabilmente ebbe sede una fiorente scuola di retorica epistolare.
Fonti e Bibl.: Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds Lat. 8567, c. 117rv; Ryccardus de Sancto Germano, Chronica, a cura di C.A. Garufi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., p. 200; Les registres de Clément IV, a cura di E. Jordan, Paris 1893, p. 225 n. 637; Les registres de Grégoire IX, a cura di L. Auvray, I, Paris 1896, col. 686 nn. 1206 s.; Les registres d'Innocent IV, a cura di É. Berger, III, Paris 1897, coll. 55 s. nn. 5725 s., 158 n. 6232; Les registres d'Urbain IV, a cura di J. Guiraud, III, Paris 1901, coll. 330 n. 2051, 384 n. 2322; Les registres d'Alexandre IV, a cura di C. Bourel de la Roncière…, II, Paris 1917, pp. 507 n. 1651, 721 n. 2338, 785 n. 2515; E. Heller, Die Ars dictandi des Thomas von Capua, in Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften, Phil.-hist. Klasse, XIX (1928-29), 4, p. 7; I registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, II, Napoli 1951, p. 257 n. 86; P. Sambin, Un certame dettatorio tra due notai pontifici (1260). Lettere inedite di Giordano da Terracina e di G., Roma 1955; K. Forstreuter, Die Berichte der Generalprokuratoren des Deutschen Ordens an der Kurie, I, Göttingen 1961, pp. 52-62, 164-167 e ad ind.; H.M. Schaller, Studien zur Briefsammlung des Kardinals Thomas von Capua, in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, XXI (1965), pp. 393, 415; J.R. Sweeney, Unbekannte Briefe Kaiser Friedrichs II. im Codex Indianensis der Werke Senecas, ibid., XLV (1989), pp. 105 s.; H.M. Schaller, Eine kuriale Briefsammlung des 13. Jahrhunderts mit unbekannten Briefen Friedrichs II., in Id., Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, Hannover 1993, pp. 297, 300, 320 s.