COSATTINI, Giovanni
Nacque a Cittaducale (Rieti) il 5 genn. 1878 da Girolamo, pretore, e da Emilia Cosattini, sua cugina in secondo grado, friulani. Studiò giurisprudenza all'università di Padova secondo una solida tradizione di famiglia, laureandosi con una tesi sull'emigrazione. Visse a Udine, ove esercitò con successo l'avvocatura. Non corrisponde al vero che la famiglia Cosattini abbia goduto "della rendita di alcuni beni... nel limitrofo impero austro-ungarico" (Casellario politico centrale). Il C.aderì al Partito socialista italiano verso gli ultimi anni del secolo; fu, in seguito, "privato del grado... di ufficiale di complemento... dal Tribunale Militare di Padova" per aver scritto un opuscolo antimilitarista ormai introvabile.
Negli anni precedenti la prima guerra mondiale il C. si occupò del fenomeno dell'emigrazione temporanea. molto diffuso nella provincia di Udine. Qui fondò, nel novembre dei 1900, il Segretariato dell'emigrazione; a differenza di istituzioni similari "che fanno scendere dallo alto l'assistenza" con il beneplacito dei borghesi e a loro profitto politico, questo intendeva essere "schiettamente proletario", si definiva "organismo di classe", cioè "formato dagli stessi emigranti" e promuoveva. mediante la resistenza al capitale, la coscienza di classe antagonista (La Patria del Friuli).
Il Segretariato, che raggiunse un massimo di cinquemila soci, pubblicava un bollettino bimestrale, L'Emigrante;a contrastarlo, si troverà, qualche anno dopo, l'organizzazione clericale Segretariato del popolo, rivolta, invece, alla beneficenza e a preservare la collaborazione tra le classi. Nell'intendimento del C. gli emigranti, mediante l'organizzazione autonoma, dovevano rimuovere i mali del proprio stato, elevare la propria condizione morale e professionale per mezzo di imprese cooperative e scuole di arti e mestieri, provocare l'intervento di sostegno dello Stato.
Sotto la guida del C. il Segretariato cercò di comporre le numerose controversie e le contestazioni tra appaltatori di manodopera ed operai migranti; i contratti di lavoro divennero finalmente scritti e chiari; furono quasi estirpati il crumiraggio e "la funzione odiata e talvolta sanguinolenta di abbassa salario" cui si erano piegati troppi emigranti (il C. ricorda ad esempio i quattromila muratori italiani presenti in Germania) che cominciarono, sempre più numerosi, ad iscriversi, invece, ai sindacati locali in ragione della solidarietà di classe. Nelle terre friulane il fenomeno migratorio era molto ampio (il C. lo aveva descritto nell'opuscolo L'emigrazione temporanea del Friuli, Roma 1903):egli lo faceva ascendere al numero di trentacinquemila emigranti nell'anno 1905 - circaun settimo della popolazione totale -, da cui provenivano rimesse per 20.000.000 di lire che andavano, in particolare, a migliorare l'agricoltura e a incrementare il valore dei fondi (L'azione dello Stato nei riguardi dell'emigrazione, in Supplemento al n. 2 del Giornale del VI Congresso geografico italiano, Venezia 1907, pp. 3-4). In una situazione come quella italiana di "capitalismo sonnolento... che non ha saputo curare le energie sufficienti allo impiego di tutta la popolazione" il movimento migratorio, che "non deve essere incoraggiato né può essere ostacolato", appariva al C. come "una dolorosa fatalità"; spettava allo Stato, nella "nuova funzione" di coordinatore delle "energie della nazione", farne scaturire le inespresse potenzialità economiche a vantaggio di tutti, così come è "tutelata l'esportazione dei prodotti industriali" (ibid., p. 8e passim).
Il C. svolgeva frattanto anche una notevole attività in seno al partito socialista nella provincia di Udine: schierato su posizioni riformiste, collaborò all'organo della Federazione socialista friulana, Evonuovo (uscito dal dicembre del 1901 al giugno del 1904), e poi a Il Lavoratore friulano, pubblicato dal 1904 con lunga ed alterna storia. Dal 1906 (congresso di Roma) divenne membro della Direzione del partito. Contrario alla guerra di Libia, intervenendo al congresso provinciale del partito socialista, egli affermò che "voluta dalla borghesia... dai democratici ai clericali" essa aveva "rotto la tradizione della rivoluzione da cui nacque l'Italia, (Il Lavoratore friulano, 29 dic. 1912 e 12 genn. 1913). Coerente con le idee internazionaliste, diversamente da altri esponenti del partito, avversò l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale che in numerosi comi ' zi definì impresa dannosa al proletariato (Casellario politico centrale). Candidato, senza successo, alle elezioni comunali (1908 e 1914), Politiche (1909 e 1913) e provinciali (1914), fu, invece, eletto deputato al Parlamento nel novembre 1919 e consigliere provinciale a Udine nel 1920. Membro della Commissione permanente per gli Affari Interni (1919-1921), fu anche chiamato a lar parte della Commissione d'inchiesta sulle gestioni della ricostruzione delle terre liberate 01 luglio 1920).
Da ricordare è il suo intervento durante la discussione parlamentare sui trattati di pace (seduta del 9 ag. 1920), in cui a nome dei socialisti della Venezia Giulia, denunciò i soprusi dell'autorità militare italiana che "dettò i termini di una politica miope e vessatoria e con una presuntuosità, pari alla sua insipienza, credette di poter annientare i socialisti, polverizzare gli slavi con la stessa facilità, con cui, distribuendo cartelli per cambiare il nome dei paesi, presumette di poter italianizzare la regione" (Attiparlamentari, Camera, Sessione 1919-20, Discussioni, V, p. 5291);e, contro l'annessione indiscriminata delle terre giulie, chiese l'autodeterminazione, dei popoli per non "creare ragioni d'irredentismi futuri, fomite di guerre ahimè inevitabili" (ibid., p. 5294).
Rieletto nel maggio 1921 alla Camera, rallentò la sua attività in seno al partito: soprattutto in polemica con una nuova generazione di socialisti friulani, con esperienza di guerra e portati al massimalismo; egli considerava, in quegli anni, il partito sempre più come agente di educazione e di protezione dei lavoratori piuttosto che mezzo di agitazione incisiva.
Partecipò nell'ottobre 1922 al congresso di Roma, votando per la mozione unitaria: confluì quindi nel gruppo che dette vita al Partito socialista unitario, in rappresentanza dei quale fu rieletto alla Camera nel maggio 1924 per la XXVII-legislatura (collegio della Venezia Giulia). Dopo l'assassinio fascista dei compagno di partito G. Matteotti, di cui egli era anche amico personale, il C. boicottò le sedute parlamentari aderendo all'Aventino. Fu perciò sottoposto a vessazioni da parte degli squadristi fascisti (gli devastarono l'abitazione e lo studio), e il 9 nov. 1926 fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare. Negli anni seguenti non svolse attività politica; soltanto dal 1941, quando i primi insuccessi bellici cominciarono a indebolire la capacità di controllo del regime, il C. si impegnò nel movimento di resistenza. In quell'anno infatti insieme con F. Solari, azionista, con G. Beltrame, comunista, e con altri, egli costituì dei "cornitati clandestini" antifascisti.
Dopo l'8 sett. 1943 divenne membro del Comitato di liberazione nazionale provinciale di Udine, in rappresentanza dei Partito socialista di unità proletaria.
Nella regione gli uomini della Resistenza italiana erano divisi circa la spinosa questione dei rapporti con le formazioni partigiane iugoslave che miravano ad impadronirsi di città italiane quali Trieste e Gorizia (la richiesta di portare i confinì slavi al fiume Isonzo è sostenuta al congresso di Pisino, 13 sett. 1943): il C. sosteneva, per mantenere l'unità della lotta contro nazisti e fascisti, la collaborazione delle diverse formazioni politico-militari tanto con quelle slave quanto con quelle comuniste italiane - brigate Garibaldi - ambedue per loro conto già collegate; rivendicava, però, all'Italia, secondo il principio dell'autodeterminazione, le zone abitate da italiani, una volta finita la guerra: a tal fine aiutò Carlo Schiffrer a compilare una carta etriografica della Venezia Giulia. Alla lotta partigiana contro il nazifascismo parteciparono anche due figli del C., Luigi, nato nel 1913e morto nel 1945 nel campo di deportazione di Buchenwald, e Alberto, nato nel 1916, entrambi azionisti e aderenti alle formazioni di Giustizia e Libertà.
Nel dopoguerra il C. fu nominato dal governo membro della Consulta nazionale (22 sett. 1945), su designazione del Comitato di liberazione nazionale in rappresentanza del Partito socialista di unità proletaria, e ivi fu favorevole alla legge elettorale proporzionale; fu eletto poi all'Assemblea costituente (2 giugno 1946). Fu anche sindaco di Udine dal 1945 al 1948, gli anni della ricostruzione. Nella prima legislatura repubblicana entrò a far parte del Senato come senatore di diritto e si iscrisse al gruppo parlamentare del partito socialista.
Il C. morì a Udine il 2 ag. 1954.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch.centr. dello Stato, Casellario polit. centrale, busta 1497 (n. 7749); La Patria del Friuli, 7 nov. 1900 e 19 genn. 1903; Atti parlamentari, Camera dei Depurati, XXV legislatura, ad Indicem; Il C. L. N. P. di Udine attraverso i suoi atti e docum., a cura di I. Domenicali, in Storia contemporanea in Friuli, X (1980), pp. 213, 217, 221; F. Solari, Le origini della Resistenza friulana, in Il Movim. di liberazione in Italia, VII (1955), 34-35, p. 133; G. Fogar, Sotto l'occup. nazista delle province orientali, Udine 1961, ad Indicem;F. Pedone, Il P.S.I. nei suoi congressi, Milano 1961, II, p. 77; A. Buvoli, Il Partito socialista dalla ricostituzione nell'immediato Primo dopoguerra alle elezioni amministr. del 1920, in Storia contemporanea in Friuli, III (1973), pp. 119-164 passim; A. Landuyt, Le sinistre e l'Aventino, Milano 1973, ad Indicem;M. Lizzero, Origini e sviluppo della Resistenza ital. nella regione, in Boll. dell'Ist. regionale Per la storia del movimento di liberaz. nel Friuli-Venezia Giulia, IV (1976), pp. 68-73 passim.