COLLEONI, Giovanni
Figlio di Guardino di Caviata, nato intorno alla metà del sec. XIV, fu cugino di Paolo.
La famiglia Colleoni acquisì una posizione di primo piano fra i guelfi del Bergamasco solo allo scadere del sec. XIV. Non e chiaro quali fino ad allora fossero state le loro affiliazioni politiche all'interno dello schieramento delle fazioni come indica il matrimonio del C. con Orsina d'Albertino Suardi nel 1387: i Suardi infatti, erano già allora un'importante famiglia ghibellina.
Il C. seguì studi giuridici e ottenne il dottorato in diritto civile: non sappiamo però presso quale università. Alcune fonti lo indicano anche come giudice. Le prime notizie sicure su di lui risalgono al 1404 quando i Colleoni, guidati dal cugino del C., Paolo, conquistarono l'importante castello di Trezzo sull'Adda. Secondo la tradizione, Paolo, sottoposto ad una forte pressione militare da parte dei ghibellini, chiese l'aiuto dei suoi cugini, il C. e i suoi fratelli, per la difesa di Trezzo, offrendo loro in cambio la compartecipazione al comando del castello. È certo che nel 1405 il nome dei C. era unito a quello di Paolo nel comando di Trezzo: nello stesso periodo egli condivise col cugino la responsabilità, del sistematico saccheggio del Bergamasco occidentale, che rese famosa la fazione dei Colleoni di Trezzo. È anche possibile che i due rami della famiglia Colleoni fossero uniti nell'impresa fin dall'inizio e che la apparente preminenza originaria di Paolo sia dovuta al fatto che egli, padre di Bartolomeo Colleoni, era più noto ai cronisti posteriori. Nel 1407 il C. era senza dubbio la figura dominante a Trezzo e in questi anni egli fu probabilmente responsabile del famigerato assassinio di suo cugino.
La posizione d'indipendenza politica dei Colleoni a Trezzo, durata fino al 1417, era dovuta sia all'imprendibilità e all'importanza strategica del castello stesso, sia allo stato di confusione politica che regnava nel Bergamasco. Nel vuoto di potere creatosi alla morte improvvisa di Gian Galeazzo Visconti nel 1402, i guelfi, di Bergamo, guidati da Pandolfo Malatesta, gradualmente riuscirono a stabilire un controllo sulla zona. Nel luglio 1407 fu costituita una lega guelfa fra il C. e i suoi fratelli a Trezzo, Pandolfo Malatesta che aspirava alla signoria di Bergamo, e i signori di Cremona, di Crema e di Lodi. Tuttavia il Malatesta, una volta ottenuto il controllo di Bergamo nel 1408, cercò di rafforzare la propria posizione attraverso un'intesa coi capi ghibellini della città, turbando con ciò i propri alleati guelfi. Nel 1410 il C. mostrò la sua disapprovazione della posizione conciliatrice del Malatesta, permettendo alle truppe di Facino Cane di attraversare il ponte di Trezzo per saccheggiare le terre guelfe nel Bergamasco. La morte del Cane, nel maggio del 1412, allontanò il pericolo di una rinascita immediata dei ghibellini, ma il C. continuò ad opporsi al Malatesta. In una famosa lettera dei luglio 1411 a Giovanni Martinengo, luogotenente del Malatesta a Bergamo, egli, aveva protestato violentemente contro quello che considerava il tradimento della causa guelfa operato dal Malatesta.
Il graduale ristabilirsi dell'autorità dei Visconti sotto Filippo Maria cominciò ben presto a minacciare l'indipendenza dei Colleoni a Trezzo. Per i Visconti, infatti, il possesso di questo castello costituiva la chiave che avrebbe consentito il recupero di Bergamo e di Brescia; e proprio per questa ragione nell'autunno del 1416 il Carmagnola fu mandato alla sua riconquista al comando di un potente esercito. Quest'assedio durò per diversi mesi, poiché il C. e i suoi fratelli si difesero vigorosamente. Tuttavia, il 21 dic. 1416, il Carmagnola, riuscì a distruggere il famoso ponte sull'Adda e ad isolare i Colleoni dai loro alleati guelfi. Qualche giorno più tardi il fratello del C., Paolo, fu catturato dal Carmagnola, che minacciò di impiccarlo davanti alle porte del castello se il C. non si fosse arreso. Questa minaccia, ed i 14.000 ducati offerti loro come risarcimento convinsero finalmente il C. e gli altri fratelli alla resa, l'11 genn. 1417.
I fratelli del C. tornarono nei loro domini in Val San Martino che divisero tra loro nel 1426. Il C. dovette morire poco dopo questa data.
Gli storici (per esempio il Calvi) hanno spesso descritto il C. come un nobile violento e tirannico; ma, al di là della sua partecipazione ad episodi di violenza (come l'assassinio del cugino Paolo), sembra opportuno riconoscere al C. una considerevole abilità politica che consenti alla famiglia di svolgere un ruolo importante nelle vicende lombarde del primo Quattrocento.
Fonti e Bibl.: Le due lettere del C. sono state pubbl. da B. Belotti, Vita di B. Colleoni, Bergamo 1923, pp. 597 s., che ci fornisce anche il miglior resoconto della sua carriera (alle pp. 44-54, 70).Ma è opportuno vedere anche F. Calvi, Famiglie notabili milanesi, I, Milano 1875, sub voce Colleoni, tav. IV; A. Cornazzani De vita et gestis Bartolomeo Colei.. commentarium libri sex, in I. G. Graevius, Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, IX, 7 Lugduni Batav. 1723, pp. 3, 6; P. Spino, Historia della vita e fatti dell'eccellentissimo capitano di guerra Bartolomeo Coglione, Venezia 1569, pp. 9 s.; G. P. Cagnola, Storia di Milano, in Cronache milanesi, in Arch. stor. ital., III (1843), p. 27;B. Corio, Storia di Milano, II, Milano 1856, pp. 233 s.; Celestino (da Bergamo), Historia quadripartita di Bergamo et suo territorio..., I, Bergamo 1618, pp. 291-99; I guelfi e i ghibellini in Bergamo: la cronaca di Castello Castelli, a cura di G. Finazzi, Bergamo 1870, pp. 18, 188-210;A. Mazzi, La giovinezza di Bartolomeo Colleoni, in Arch. stor. lomb., s. 4, IV (1905), pp. 382-84;C. Capasso, Guelfi e ghibellini in Bergamo, in Boll. della Civica Biblioteca di Bergamo, III (1921), pp. 40 s.; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, II, Bergamo 1959, pp. 324 s., 339, 346 s.