BOLLATI, Giovanni
Nato a Trecate (Novara) il 20 genn. 1796 da Giuseppe, in una famiglia di commercianti che possedeva un negozio di tele e cotoni a Porta Milano, gestì dal 1831, sotto la ragione sociale "Giovanni Bollati e Comp.", una tessitura di cotone a Novara.
Fin dalla seconda metà del Settecento il Novarese, come la zona attigua del Verbano, aveva costituito un'area di iniziativa e di espansione commerciale di imprenditori svizzeri e lombardi. Ma dai primi anni del regno carlo-albertino la classe imprenditoriale locale, impadronitasi con un duro tirocinio dei nuovi sistemi di produzione ed attenta ad avvalersi più proficuamente delle tariffe doganali protezionistiche, aveva cominciato ad incidere in misura determinante sull'evoluzione cotoniera della zona. A questo gruppo locale apparteneva appunto il B., che nel cotonificio investì una gran parte delle disponibilità finanziarie accumulate dalla famiglia nella precedente pratica mercantile.
L'impresa del B. obbedì alla necessità, per svincolarsi dalla soggezione delle vicine manifatture "di fase" lombarde di procedere alla creazione di reparti di filatura meccanizzati e insieme di più solidi organismi produttivi a ciclo completo. Dopo il 1840 il B. aggregò alla propria tessitura (dotata di 200 telai meccanici, alcuni dei quali di fabbricazione alsaziana, per una produzione di 500.000 metri di stoffe all'anno) una filatura nel sobborgo di Sant'Andrea con assortimenti di provenienza inglese. Cadute, infatti, le vecchie preclusioni governative nei confronti della lavorazione cotoniera (di cui si temeva precedentemente la concorrenza alla manifattura serica), il regime protettivo agevolava gli sforzi delle imprese più dotate verso l'acquisizione di buone posizioni di mercato, compromesse in precedenza da generici pregiudizi dei consumatori verso la produzione cotoniera. Una medaglia di rame aveva segnalato nel 1838, all'Esposizione di Torino, le confezioni dei Bollati; sei anni dopo, nel 1844, alla mostra dell'industria piemontese al Valentino, l'impresa novarese veniva premiata con medaglia d'argento per i suoi prodotti.
Nel 1844 il B. disponeva anche di un opificio a struttura verticale (filatura, tessitura e tintoria riunite) a Romagnano Sesia (questo con 5.000 fusi e 60 telai meccanici).
La produzione filatoiata aveva raggiunto nel frattempo i 240.000 kg annui, la manodopera complessiva toccherà nel 1850 circa 500 unità. La propensione a mantenere decentrato il lavoro di tessitura, grazie alla possibilità di trovare nelle campagne manodopera a buon mercato avvezza al lavoro tessile, non aveva impedito al B. di procedere, nel settore della filatura, ad un decisivo rammodernamento, con l'importazione di assortimenti dall'Inghilterra e la partecipazione (al fine di disporre di fonti addizionali di energia motrice, oltre quelle tradizionali fornite dall'energia idraulica) alla società costituita nel 1854 dai lanieri Antongini e dalla cartiera degli Avondo di Borgosesia per lo sfruttamento dei giacimenti di lignite di Boca. Nei reparti di tessitura accentrati in fabbrica la produzione per telaio aveva raggiunto comunque, intorno al 1850, rese relativamente elevate: 5070-5080 metri annui di tessuto per 14 ore di lavoro.
Nel periodo della maggiore ascesa economica della ditta il B. resse, dal 28 genn. 1849, l'amministrazione comunale novarese e si trovò a svolgere il suo mandato, scaduto l'anno successivo, proprio durante la temporanea occupazione austriaca seguita alla disfatta di Novara. Nel 1850 egli partecipava poi, su posizioni di primo piano, all'insorgenza degli industriali piemontesi contro il nuovo corso libertino cavouriano, con una Rappresentanza al parlamento subalpino, che esprimeva l'opposizione del ceto imprenditoriale tessile alla riduzione delle tariffe doganali di importazione e minacciava la chiusura a tempo indeterminato degli stabilimenti.
Il B. morì a Novara nel 1860.
Dopo la sua morte il cotonificio restrinse l'attività all'opificio di Romagnano Sesia, mentre gli stabilimenti di Novara e di Sant'Andrea saranno assunti, intorno al 1870, dalla società "Federico Clerici e Comp.". La fabbrica di Romagnano, le cui lavorazioni si erano accentrate alla tessitura, aveva portato avanti nel frattempo un graduale processo di ristrutturazione, su più elevati indici di produttività, di impianti e di maestranze: con un organico immutato di 400 operai, il numero dei telai meccanici era infatti salito da 330 a 360 e l'impresa si era inserita nel nuovo indirizzo organizzativo dell'industria locale tendente alla specializzazione del processo produttivo.
Bibl.: C. I. Giulio, Quarta Esposizione dell'industria e belle arti al Real Valentino..., Torino 1844, p. 313; Calendario generale pe' Regi Stati, XXVI, Torino 1849, p. 482; G. Garone, I reggitori di Novara, Novara 1865, p. 275; Guida di Novara con i suoi sobborghi e aggregati..., a cura di G. Lenta, Novara 1868, pp. 175, 429; Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Statistica industriale, in Annali di statistica, fasc. XV, Roma 1889, pp. 103 ss.; P. Landini, Novara. Studio di geografia urbana, in Boll. storico perla provincia di Novara, XXXV (1941), pp. 75 ss.; A. Rizzi, Aspetti economici e sociali di Novara e del Novarese. 1750-1870, Novara 1951, p. 56; Novara e il suo territorio, a cura della Banca Popolare di Novara, Novara 1952, pp. 515, 518, 521; G. Quazza, L'industria laniera e cotoniera in Piemonte dal 1831al 1861, Torino 1961, pp. 14, 89, 129 e 187; V. Castronovo, L'industria cotoniera in Piemonte nel secolo XIX, Torino 1965, ad Indicem.