SPINELLI, Giovanni Battista
– Figlio di Troiano e di Maria Caracciolo, non si conoscono con certezza luogo e data di nascita.
Cavaliere napoletano del seggio di Nido, dottore utriusque iuris, esponente del baronaggio e del ceto togato, fu una delle personalità più in vista della capitale nel momento di passaggio del Regno di Napoli dalla Corona d’Aragona agli Asburgo nella successione a Ferdinando il Cattolico.
Introdotto al servizio di Ferrante I dal padre mentre esercitava l’avvocatura, il 7 maggio 1486 ottenne un compenso di 300 ducati in qualità di uditore e consigliere. Nel 1493, inviato come ambasciatore alla corte imperiale durante la preparazione della spedizione in Italia di Carlo VIII, iniziò la sua carriera diplomatica. Morto il re, fu richiamato a Napoli e, l’anno successivo, dopo il matrimonio con Livia, figlia di Tristano Caracciolo, Alfonso II lo incaricò di una missione diplomatica a Venezia, presso il Consiglio dei dieci in funzione antifrancese. L’ingresso a Napoli delle truppe francesi lo colse a Venezia, dove si trattenne, senza insegne ufficiali, confermando la sua fedeltà aragonese nonostante le pressioni dei rappresentanti di Francia e i rischi, in patria, per la sua famiglia e il suo patrimonio. Rientrato a Napoli due anni più tardi, fu ripagato con l’acquisizione dei feudi di Paola, Fuscaldo e Pantano.
Nel 1499, ripresa la guerra, a Spinelli fu data la responsabilità dell’approvvigionamento della capitale durante l’assedio e, nominato provveditore generale dell’esercito, negli anni successivi continuò a occuparsi del rifornimento annonario per le truppe dislocate in Puglia da Consalvo de Cordoba, al quale garantì le risorse per il loro pagamento.
Nel 1504 fece parte della delegazione napoletana che si recò a rendere omaggio a Ferdinando per sostenerlo nella successione in Castiglia, contesa dal genero. La benevolenza del sovrano gli fruttò la carica di conservatore generale del Patrimonio, carica cruciale anche per lo snodo del controllo dei possedimenti della Corona, e l’investitura, il 20 febbraio 1505, della terra di Cariati con le sue dipendenze. I rapporti con il Gran Capitano iniziarono a deteriorarsi proprio mentre, morta Isabella la Cattolica, saliva la tensione tra quest’ultimo e il re, che ne vedeva l’orientamento a vantaggio della linea di successione castigliana favorevole a Filippo d’Asburgo.
Condannato agli arresti domiciliari dopo aver più volte segnalato alla corte l’inadeguatezza del viceré, Spinelli fuggì la notte tra il 19 e il 20 marzo 1506. Da Pontecorvo, nello Stato pontificio, comunicò a Consalvo l’intenzione di recarsi in Spagna mentre Ferdinando partiva per Napoli dove, morto il genero, giunse il 27 ottobre con un seguito di baroni napoletani.
Lasciando Napoli nel 1507 il sovrano affidò il Regno al conte di Ripacorsa suo nipote, affiancato da un consiglio poi detto Collaterale, composto di tre esponenti della nobiltà feudale filoaragonese, tra i quali Spinelli. Con il viceré Ramòn de Cardona l’accresciuta pressione fiscale riattivò le spinte autonomiste del baronaggio e la logica corporativa dei ceti togati. La personalità politica e la capacità di interlocuzione con la Corona di Spinelli, titolare di ampi Stati feudali e di ragguardevoli ruoli di governo, catalizzarono il malcontento cittadino che, nel 1510, unì il popolo alla nobiltà contro il tentativo di istituire l’Inquisizione ‘al modo di Spagna’.
Frattanto egli si dedicò ad ampliare i possedimenti in Calabria, rafforzandone la produzione agricola e l’inserimento nei circuiti commerciali. Dopo aver completato il possesso della giurisdizione di Cariati nel 1507, il conte acquistò Guardia Piemontese nel 1510 e Castrovillari tra il 1519 e il 1520, quando la moglie e il figlio Ferrante conclusero la transazione mentre egli era in guerra.
Dal 1511, infatti, fu impegnato in attività militari e diplomatiche. Al seguito di Giulio II, in armi a Bologna, si occupò dell’annona pontificia e fu poi incaricato dal doge di compiti analoghi a Ravenna. Alla ripresa delle guerre d’Italia, il 1° gennaio 1513 fu inviato a Venezia per favorire la tregua con Massimiliano e l’adesione della Serenissima alla Lega santa contro il re di Francia. Su indicazione del re di Spagna e grazie al prestigio acquisito a corte fu nominato luogotenente imperiale a Verona dove, dal giugno del 1514, governò ottenendo forti gettiti per le casse asburgiche e notevoli arricchimenti personali.
Tornato in patria, nel mese di ottobre del 1516 conseguì la carica di tesoriere generale di Calabria e, nel settembre dell’anno successivo, giunse da commissario del Regno a Valladolid per omaggiare Carlo che andava a prendere possesso della Corona.
Al suo rientro a Napoli si fece portavoce presso la corte dell’insofferenza delle magistrature e della nobiltà nei confronti di Charles Leclerc, inviato dal sovrano per monitorare la situazione finanziaria e amministrativa del Regno. La tensione tra il commissario fiammingo e il decano del Collaterale fu aspra ed evidente, tanto che egli fu affiancato dal conte di Cariati e dal reggente Ludovico Montalto per stemperarne la posizione critica nei confronti del potere dei seggi e dell’insubordinazione del baronaggio. Richiamato a Saragozza, Leclerc relazionò sugli abusi napoletani accusando Spinelli di essersi appropriato della terra di Somma alla morte, nel mese di agosto del 1518, della vedova di Ferdinando II. Spinelli continuò comunque a godere della benevolenza del sovrano, come dimostrano i suoi lauti appannaggi, a tal punto che ebbe il compito di sostituire il viceré, richiamato presso il sovrano a giustificarsi delle accuse di cattiva amministrazione. Il fallimento della missione di Leclerc, cui subentrò Mercurino da Gattinara incaricato di una nuova ricognizione nel Regno, non provocò comunque la sostituzione di de Cardona, scopo che Spinelli si era prefisso recandosi a incontrare il re a Verona nell’agosto del 1520.
La situazione di tensione si risolse nel 1522 con la morte quasi contestuale del viceré e di Spinelli. Quest’ultimo morì il 25 luglio in Castelnuovo, secondo una parte della storiografia durante una carcerazione comminatagli dal governo spagnolo l’11 luglio di quell’anno della quale, però, non vi sono evidenze documentarie. Altri studi, invece, hanno riportato il suo sbarco nel castello il 15 luglio di ritorno da una spedizione in Sicilia e un’inattesa morte naturale. Certo è che il 21 giugno il re gli aveva attribuito un’ingente somma per premiarlo dei suoi servigi, un fatto che rende poco credibile l’ipotesi di una carcerazione.
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