SALVAGO, Giovanni Battista
– Nacque a Genova nel maggio del 1559 o 1560 da Ambrogio fu Francesco e da Maria Lomellini di Agostino.
Discendente da una delle più antiche casate della nobiltà genovese, posta ai vertici del governo della Repubblica di Genova, crebbe in un nucleo familiare assai cospicuo, impegnato nei traffici commerciali e finanziari nell’Europa asburgica. La data della sua nascita non è certa per alcune contraddittorie testimonianze raccolte in occasione del processo concistoriale istruito per la sua nomina a vescovo, al quale è allegato però l’atto del battesimo, che ricevette il 6 giugno 1560 nella chiesa genovese di S. Donato, nell’area della contrada dei Salvago.
Maturò in anni in cui i rapporti tra le due anime del patriziato genovese, i nobili ‘vecchi’, tra i quali erano annoverati i Salvago, e i ‘nuovi’, andarono progressivamente inasprendosi sino a sfociare nella celebre guerra civile del 1575. Pacificata la Repubblica nel gennaio del 1576, furono stimati i patrimoni dei nobili ‘vecchi’ per tassarli a copertura delle spese belliche sostenute: i beni di Salvago e del fratello maggiore, Francesco, eredi universali del padre, furono stimati 40.000 scudi. In seguito, il 20 dicembre 1581, fu formalmente ascritto al patriziato genovese.
Era allora già chierico, avendo ricevuto nei mesi precedenti la prima tonsura e i quattro ordini minori. Avviato quindi alla vita ecclesiastica e agli studi in legge, si addottorò in utroque iure presso l’Università di Bologna nel 1585, per poi essere impiegato nell’amministrazione pontificia. Nominato commendatario perpetuo dell’abbazia di S. Bernardo di Genova, nel 1586 fu scelto dal cardinale Domenico Pinelli, legato di Romagna, come vicelegato. Salvago ricoprì l’incarico tra il 1586 e il 1587, anno in cui fu ordinato sacerdote. Fu poi prefetto e vicelegato di Città di Castello e quindi protonotario e referendario apostolico di Rimini.
Il 14 maggio 1590 fu eletto vescovo della diocesi di Luni-Sarzana. Nei successivi decenni svolse un’opera particolarmente significativa, sia sul piano amministrativo sia su quello devozionale, compiendo quattro visite seguite da altrettanti sinodi diocesani (1591, 1596, 1616 e 1623). A lui si deve la fondazione del seminario di Sarzana, avviato nel 1605.
Diede grande risalto alla venerazione della reliquia del Sangue di Cristo conservata nella cattedrale, per la quale commissionò un ostensorio di grande pregio artistico e diede avvio alla costruzione del tempietto nel quale riporlo, contribuendo personalmente alla spesa. La generosità del vescovo fu ricordata con il suo busto marmoreo, opera di Domenico Sarti, e un’epigrafe celebrativa collocati per volontà dei cittadini e dei canonici sarzanesi nella stessa cappella della reliquia nel 1620 e ancora oggi visibili in cattedrale.
Il papa lo inviò come nunzio apostolico prima all’arciduca Ferdinando d’Asburgo (futuro imperatore Ferdinando II) a Graz (1607-10), poi all’imperatore Rodolfo II a Praga (1610-12). Durante la permanenza alla corte imperiale fu un importante punto di riferimento per il governo genovese, che desiderava vedere riconosciute le proprie rivendicazioni su tre feudi del Ponente ligure: il Sassello, antico dominio della famiglia Doria che era stato in parte confiscato dall’Impero, il Marchesato del Finale, già dei Del Carretto e ora sotto il controllo spagnolo, e il feudo di Zuccarello, di un’altra linea carrettesca, che il duca di Savoia desiderava acquistare. Salvago, che più volte espresse i propri sentimenti di amore per la patria, fece ottenere alla Repubblica l’investitura del Sassello, con un contratto sottoscritto dal sovrano e da lui stesso l’11 luglio 1611.
Il 20 gennaio 1612 morì l’imperatore Rodolfo II e il 13 giugno gli successe il fratello Mattia: dovendo rientrare nella propria sede vescovile, Salvago fu ricevuto dal nuovo sovrano il 22 agosto per la consueta udienza di commiato e anche in questa occasione si fece portavoce dei diritti della Repubblica, che doveva ora affrontare le rivendicazioni della Corona spagnola, come detentrice dell’antico Ducato di Milano, sul Sassello. Rientrato a Sarzana, sebbene deluso per non essere stato nominato cardinale nonostante la consuetudine di assegnare la porpora ai nunzi alla corte imperiale e le successive pressioni dell’imperatore Ferdinando II in suo favore, continuò a reggere la sua diocesi con capacità e impegno, ispirandosi sempre all’opera di s. Carlo Borromeo.
Morì a Sarzana il 24 gennaio 1632. Ebbe sepoltura nella cappella a lui dedicata, che egli stesso aveva fatto restaurare nella chiesa sarzanese dei cappuccini facendovi costruire una tomba estremamente semplice che de’ Rossi lamentava essere «umile e ristretta sepoltura, indegna per verità di così grande et insigne prelato che tra li Vescovi di questa nostra città merita il freggio d’ogni maggior encomio» (c. 205).
Poiché nessuno dei suoi tre nipoti ex fratre, Accellino, Ambrogio e Giovan Geronimo, cavaliere e balì di Venosa dell’Ordine gerosolimitano, ebbe discendenza, la linea familiare di Salvago si estinse con la morte di Giovan Geronimo (a Malta nel 1656).
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio della Parrocchia di S. Maria delle Vigne, Atti di matrimonio (1565-1589), c. 7v (1° maggio 1569); Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, 1974-79, Litterarum, anni 1589 - 1604 (lettere di Salvago al governo della Repubblica di Genova); 1980, Litterarum, docc. 28 novembre 1611-16 aprile 1612; 2538, Lettere Ministri Vienna, docc. 3 gennaio-26 dicembre 1611, 31 gennaio 1611-8 agosto 1612; Notai antichi, 1743, Bernardo Usodimare Granello, doc. 50 (13 marzo 1542); 2140, Francesco Tubino, docc. 9 agosto e 2 settembre 1559; 4559, doc. 6 febbraio 1621; 4559, Ambrogio Rapallo, doc. 6 febbraio 1621; 6627, Giacinto Bottini, docc. 13 novembre e 22 novembre-14 dicembre 1645; 7318, Gregorio Ferro, docc. 4 e 6 agosto 1648; Genova, Biblioteca civica, Sezione di Conservazione, m.r.VIII. 2.32: Alberi genealogici di diverse famiglie nobili, compilati et accresciuti con loro prove dal molto reverendo fra’ Antonio Maria Buonaroti... (1750), pp. 438 s.; m.r.VIII.1.6: Aggiunta all’Istoria di Luni Sarzana fatta dall’autore della stessa Bonaventura de Rossi Sarzanese, in Collettanea copiosissima di memorie, e notizie storiche, con gran tempo e fatica autenticamente dessunte per me Bonaventura De Rossi [...] per seriamente descrivere l’Istoria, e successi tanto della Città di Luni, quanto di Sarzana, e tutti i luoghi, e terre principali di Lunigiana (1789), c. 205 m.r.VIII.1.7, (1790), pp. 46 s., 64-66.
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