MALATESTA, Giovanni Battista
Nacque a Mantova intorno al 1490 da Federico e Lucia Ferrari.
Suo padre fu tesoriere marchionale e, dal 1494 al 1504, massaro del Comune di Mantova, cariche che poté ricoprire grazie agli importanti legami di parentela, essendo figlio di Eusebio nipote di Paola Malatesta prima marchesa di Mantova, potente e discusso favorito del marchese Federico Gonzaga.
Il M., come testimonia un mandato a suo nome del 20 febbr. 1506, con cui veniva esonerato dal dazio su alcuni beni personali che conduceva con sé, fu mandato giovinetto insieme con altri scolari mantovani allo Studio di Padova, dove studiò diritto; un percorso formativo che ebbe a condividere con i fratelli Giacomo e Francesco.
I tre fratelli furono accomunati dal fedele servizio reso ai marchesi di Mantova. Giacomo, infatti, fu cancelliere, nonché segretario ducale, più volte ambasciatore dei Gonzaga; mentre Francesco, forse il più vecchio dei fratelli, già oratore a Firenze dal 1500 al 1505, fu nel 1510 priore dei giureconsulti mantovani.
Non è noto quando il M. abbia completato la sua formazione padovana, né si conosce l'inizio dell'apprendistato nella Cancelleria mantovana, dove, tuttavia, il suo nome compare già nel 1515 in una lettera inviata dal M. da Innsbruck. Nel quinquennio compreso nella seconda decade del Cinquecento dovette, però, distinguersi in modo particolare, se dal gennaio 1519 gli fu affidato il delicato incarico di ambasciatore presso la Repubblica di Venezia, in un momento che si rivelò ancor più complesso per il piccolo Stato mantovano dopo la morte del marchese Gianfrancesco Gonzaga nel marzo di quell'anno e la successione del giovane Federico II sotto la tutela della madre Isabella d'Este.
Il mandato presso la Serenissima si prolungò fino all'agosto del 1528, quando il M. lasciò l'incarico al fratello Giacomo, che vi rimase fino al 1530. Nella linea di condotta dell'oratore mantovano a Venezia rientrò lo scambio di avvisi con altri diplomatici là residenti, in modo particolare, nel 1523, con l'ambasciatore inglese presso la Repubblica, una prassi che fu poi continuata dai successori in quella sede.
Nominato il marchese Federico II Gonzaga capitano generale delle truppe papali - dall'8 dic. 1520 regnando Leone X e in seguito sotto il pontificato di Adriano VI e di Clemente VII - il M. venne a rappresentare un importante referente a Venezia non solamente della politica estera del giovane Gonzaga, che si andava indirizzando sempre più verso il partito imperiale, ma anche delle scelte papali. Fittissimo lo scambio epistolare intercorso in quel periodo tra la Cancelleria mantovana e l'oratore presso la Repubblica. Si deve al saggio consiglio del M. se Federico Gonzaga non accettò la nomina, caldeggiata dal doge, a capitano della lega di Francesco I di Valois.
Molto attivo si rivelò il M. anche sul piano della committenza artistica, adoperandosi dalla sua legazione in laguna per sostenere ogni iniziativa collezionistica di Federico Gonzaga e di sua madre Isabella. Costei, il 4 maggio 1522, lo ringraziò per un prezioso vaso antico, mentre nel giugno dell'anno successivo il M. si preoccupò di consegnare a Tiziano i 100 ducati inviatigli dalla marchesa per un suo quadro; il 26 maggio 1528 Isabella comunicava all'oratore a Venezia di aver ricevuto alcune sue medaglie, disperse a Tunisi dopo il sacco di Roma e che il M., con abili trattative, aveva contribuito a recuperare.
Numerosi altri sono gli episodi che si potrebbero elencare, anche nel quadro dell'importante ruolo che il M. giocò nel rapporto di committenza di Federico Gonzaga con Tiziano, sin dalla fine del 1522, quando il Gonzaga invitò il pittore cadorino a Mantova per il tramite del proprio ambasciatore, il quale era felice di comunicare l'accettazione dell'artista; Tiziano, infatti, giunse a Mantova nel febbraio 1523, preludio di un legame che avrebbe poi coinvolto l'imperatore Carlo V, dapprima con opere donate dal Gonzaga e successivamente con un'autonoma scelta autocelebrativa del sovrano affidata al Vecellio.
Sempre più legato all'imperatore dopo il sacco di Roma, il Gonzaga per trarre i maggiori vantaggi dai negoziati tra il papa, il re di Francia e lo stesso Carlo V - che portarono alla pace di Cambrai del 7 luglio 1529 - si affidò al M. per sondare gli animi dei principali rivali nei conflitti di quegli anni, inviandolo dapprima in Francia, tra l'ottobre e il novembre 1528, e in seguito in Spagna. Giunto il 29 novembre a Bayonne, l'oratore mantovano dovette attendere il 28 dicembre nella vicina Fuenterrabia, il salvacondotto per Toledo, dove giunse il 17 genn. 1529. Tra i compiti del M. vi fu anche quello di esplorare la possibilità di un'alleanza matrimoniale del marchese con la casa imperiale, dopo il definitivo provvedimento del papa, intervenuto il 22 apr. 1528 per sciogliere il precedente matrimonio contratto con Maria Paleologo: il 24 febbraio, infatti, l'oratore riferiva in codice il proprio tentativo presso l'imperatore per ottenerne il consenso alle nozze di Federico Gonzaga con una delle sue sorelle. L'obiettivo, molto ridimensionato, ebbe esito nel successivo viaggio dell'imperatore in Italia, ma la nubenda prescelta come sposa del marchese di Mantova fu Giulia d'Aragona, parente di Carlo V.
Munifici decreti da parte del marchese a favore del M. andavano nel frattempo riconoscendo la preziosa opera dell'ambasciatore presso l'imperatore: a una donazione, il 18 sett. 1528, di 12 biolche di terra con casa in territorio di Bellaguarda, faceva seguito, il 30 luglio 1529, il decreto con il quale gli veniva concesso ogni emolumento pervenuto al porto di Borgoforte sul Po, fino a un valore di 4000 ducati.
Partito con il seguito di Carlo V alla volta dell'Italia nel mese di marzo di quell'anno, il M. anticipò il proprio arrivo nella penisola, per poi ricongiungersi il 5 agosto a Genova con l'imperatore, al quale rese solenne omaggio in nome di Federico Gonzaga. Questi, giunto nella città ligure il 16 successivo, il 21 settembre ottenne la carica di capitano generale delle truppe imperiali in Italia.
Il M. seguì quindi Carlo V prima a Piacenza e poi, ai primi di novembre, a Bologna, dove fu presente ai preparativi per la solenne incoronazione imperiale del sovrano, avvenuta il 24 febbr. 1530, che descrisse in dettagliate relazioni; contribuì, nel contempo, con la propria azione diplomatica, alla concessione del titolo ducale a Federico Gonzaga, conferito dall'imperatore a Mantova l'8 aprile successivo, dopo che, due giorni prima, erano stati stesi i capitoli nuziali del novello duca con Giulia d'Aragona, anche questi abilmente negoziati dal Malatesta.
Il 6 giugno 1530, con la morte improvvisa del giovane marchese del Monferrato, Bonifacio IV Paleologo, si apriva, però, la prospettiva per il duca di Mantova di pretendere a quello Stato, ove fosse riuscito a non dare seguito al ricordato breve papale che aveva sciolto il suo matrimonio con Maria Paleologo, sorella del defunto. Secondo Coniglio (p. 281), al M. e al suo consigliere - il frate e astrologo Benedetto Moncetti - fu allora addebitata ogni responsabilità delle scelte e delle vicende che avevano portato prima alla sottoscrizione dei capitoli di nozze con Giulia d'Aragona, poi alla richiesta di scioglimento di quella stessa promessa di matrimonio, una volta emersa la possibilità per il duca di aggiudicarsi il Monferrato. Per scagionarsi di fronte all'imperatore della grave violazione contrattuale, si sarebbe quindi incolpato il M. di non aver valutato appieno l'impossibilità di contrarre nuove nozze, sussistendo la legittimità delle precedenti. Tale ipotesi potrebbe essere avvalorata dai gravi, quanto oscuri, provvedimenti, che furono adottati nella corte mantovana nei confronti del M. e del suo consigliere: nell'agosto 1530 si procedette alla loro cattura con la successiva prigionia, il 25 agosto, del primo nel castello di Ostiglia e del secondo a Cavriana. Furono sottoposti entrambi a un regime di dura segregazione, senza alcuna possibilità di comunicare con l'esterno; all'ex ambasciatore vennero per di più revocati tutti i decreti di beneficio in precedenza concessi. A nulla valse, pochi giorni dopo, l'intercessione di Isabella Grossi, consorte del M. - al quale aveva dato i due figli, Federico e Alba -, per la conservazione di quei diritti.
Del M., caduto definitivamente in disgrazia, ignoriamo la data della morte; dal 1532 manca ogni traccia documentaria.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, bb. 426, 586, 636, 759, 1153, 1454-1463, 2928-2931, 2933, 2965-2969, 2998; Mandati, vol. VII, (c. 57r); Libri dei decreti, 19 ag. 1524, 18 sett. 1528, 30 luglio 1529, 27 sett. 1530; Archivio d'Arco: C. d'Arco, Delle famiglie mantovane, V, p. 169; I. Castelli, Origine, e descendenza della nobilissima & antichissima famiglia de' signori Malatesti di Mantova, Mantova 1650, p. 13; S. Davari, Federico Gonzaga e la famiglia Paleologa del Monferrato (1515-1533), Genova 1891, pp. 92-97; R. Quazza, La diplomazia gonzaghesca, Milano 1941, p. 34; Mantova, II, La storia, Mantova 1961, ad ind.; G. Coniglio, I Gonzaga, Varese 1967, pp. 272, 281; Giulio Romano. Repertorio di fonti documentarie, a cura di D. Ferrari, introd. di A. Belluzzi, Roma 1992, ad ind.; L. Ventura, Lorenzo Leonbruno. Un pittore a corte nella Mantova di primo Cinquecento, Roma 1995, ad ind.; D.H. Bodart, Tiziano e Federico II Gonzaga, Roma 1998, ad ind.; C.M. Brown, Per dare qualche splendore a la gloriosa cità di Mantua: documents for the antiquarian collection of Isabella d'Este, Roma 2002, ad ind.; G. Malacarne, I Gonzaga di Mantova, una stirpe per una capitale europea, III (in corso di stampa).