LONGONI (Longone), Giovanni Battista
Non si conosce la data di nascita, collocabile presumibilmente intorno al terzo quarto del XVII secolo, di questo pittore quadraturista che le fonti ricordano come originario di Monza (Caprara, 1990).
Nulla di certo si sa sulla sua formazione, sulla quale dovette certo influire la personalità di G.A. Castelli, detto il Castellino, caposcuola della quadratura monzese (Venturelli). Quello del L. risulta essere un nome di spicco nel panorama della pittura trompe-l'oeil settecentesca in quanto, sebbene quasi nessuna sua opera ci sia pervenuta, motivo per cui risulta difficile ricostruire con certezza le tappe della sua attività, le fonti lo attestano attivo accanto ad alcuni dei pittori più prestigiosi dell'epoca. Stilisticamente si pone nel solco della tradizione barocchetta, volta a trasformare l'elemento architettonico in una forma decorativa anche grazie all'innesto della tradizione emiliana, robustamente architettonica, con quella lombarda, più attenta a raffinate soluzioni pittorico-decorative; notevole è, inoltre, la capacità prospettica del L. d'innervare cupole con solidi e nitidi archi e insieme conferire loro levità e grazia (Barigozzi Brini).
Agli inizi degli anni Novanta del Seicento il L. abitava nella parrocchia di S. Giovanni Battista di Monza.
Dai registri di battesimo (1683-1716) risulta che la moglie del L. si chiamava Margherita; che le figlie Rosa Innocenza e Claudia Maria furono battezzate rispettivamente il 19 febbr. 1692 e il 9 marzo 1694; che padrino della seconda fu G. Cernuschi, a quell'epoca allievo del Castellino. Non vi è invece traccia dell'atto di nascita del figlio Antonio, anch'egli quadraturista (Caprara, 1990).
Gran parte dell'attività del L., attestata dalle fonti tra Monza, Pavia e Milano, è perduta, a eccezione di pochi episodi. A Milano, nella cappella della Vergine e di S. Bernardo (ora dedicata al Sacro Cuore), nella basilica di S. Ambrogio, gli venivano attribuiti il cupolino e le pareti, il cui rinnovamento risale agli anni finali del Seicento, ora tuttavia avvicinati al Castellino o alla sua bottega (Coppa, 1995). Tra di essi, collocabile intorno al 1705, anzitutto la realizzazione degli affreschi, la cui leggibilità risulta ampiamente compromessa, per la parete di fondo del chiostrino dei Morti, nel duomo di Monza, dove il L. affiancò il figurista Andrea Porta (Coppa, 1989).
Al 1705 risale pure la decorazione, ancora in collaborazione con Porta, della cappella della Decollazione di s. Giovanni Battista nel duomo di Monza, descritta da Sirtori affrescata "completamente bene, e pressoché tutta in chiaroscuro". La cappella sarebbe stata ridipinta nel 1746 dal figlio del L., Antonio, e da F. Porta, figlio di Andrea.
Il 1708 vide il L. impegnato, sempre a Monza, nella decorazione della quinta cappella della chiesa della Madonna delle Grazie dedicata ai santi protomartiri dell'Ordine francescano, accanto a F. Caimo. Nella medesima chiesa fu attivo, insieme con P. Maggi, tra il 1718 e il 1720 (Mosconi); in entrambi i casi nulla dell'operato del L. si è conservato. Sempre a Monza viene attribuito al L. il decoro della facciata della chiesa di S. Maurizio, ridipinta però nel 1763 da C. Galbiati, detto il Cazzano (Venturelli).
Nella sua Cronaca fra Benedetto da Milano (XVIII secolo) ricorda che, intorno al 1715, sarebbe stata dipinta a Sabbioncello di Merate una Via Crucis, oggi perduta, da P.A. Magatti, dal L. e dal figlio Antonio. Campini dava notizia dell'intervento del L. e di A. Porta presso la chiesa dell'Immacolata e nelle quadrature della volta della Confraternita di S. Agata a Monza, da collocarsi entro il 1723, anno di morte di Porta, oggi entrambi perduti. Nel capoluogo lombardo Latuada attestava, intorno agli anni Venti del Settecento, l'attività di un Longone, certamente il L. (Caprara, 1995), nell'oratorio, ora distrutto, dei Ss. Pietro e Lino in cui aveva realizzato gli ornati intorno alla pala dell'altare maggiore, opera di A. Busca, e attorno a un S. Pietro in una cappella non meglio identificata.
Bartoli riportava notizie sull'attività del L. a Pavia presso S. Bartolomeo e S. Maria in Canepanova.
A S. Bartolomeo realizzò, insieme con il figurinista G.B. Sassi, la decorazione della sacrestia, del giardino de' padri, del vestibolo e dell'atrio della libreria, due prospettive nelle prime logge e le porte delle celle del dormitorio decorate con frutta e fiori. L'intervento va collocato probabilmente entro il 1713, anno in cui il L. terminò anche il rinnovamento della struttura architettonica della chiesa e del convento; si tratterebbe, pertanto, di una delle prime (e delle poche) opere del L. giuntaci sebbene frammentariamente (Zatti).
Nel 1741, in occasione della beatificazione del vescovo A. Sauli, i barnabiti di S. Maria in Canepanova decisero di approntare un nuovo apparato decorativo per la chiesa: i documenti attestano l'attribuzione a un Longone, di cui non specificano il nome pur elogiandolo. L'attribuzione di Bartoli al L. era stata concordemente accettata (Fagnani); tuttavia nell'ultimo decennio (Caprara, 1990; Zatti) si è teso ad attribuire, per ragioni stilistiche e cronologiche, l'opera al figlio Antonio. Sulla base di un impegno architettonico derivante dal Castellino e di elementi decorativi tipicamente monzesi (cartigli tra cui spiccano croci arrotondate rosse e foglie lanceolate verde scuro, visibili nei lavori di G. Lechi nel duomo di Monza) si inserisce un motivo ornamentale a monocromo colorato con più toni che si osserva in decorazioni architettoniche a partire dalla metà del secolo. Tale aggiornamento stilistico compare quindi precocemente in S. Maria di Canepanova e sembra difficile attribuirlo a un pittore circa settantenne. Inoltre il figurista impegnato nella decorazione risulta essere F. Porta, nome associato al figlio Antonio piuttosto che al padre.
Del L. non sono noti il luogo e la data di morte. Si è ipotizzato che il 1746, anno in cui il figlio ridipinse con A. Porta la cappella della Decollazione del Battista nel duomo di Monza, già decorata dal L., possa costituire un termine ante quem, sebbene il mancato affidamento al L. del lavoro potrebbe essere anche soltanto conseguenza di una sua completa inattività.
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., V 18 sup.: G.M. Campini, Notizie delle chiese di Monza e sua campagna (1770), cc. 103, 122, 145; Ibid., Biblioteca Braidense, Mss., A.F. XII-XIII: Benedetto da Milano, Cronaca nona della minoritica riforma (XVIII secolo), cc. 134 s.; Ibid., Biblioteca Ambrosiana, Fondo Varisco, n. 5: F.A. Sirtori, Distinta descrizione dell'insigne reale basilica colleggiata di S. Giovanni Battista della città di Monza, Monza 1820; S. Latuada, Descrizione di Milano… (1737-38), IV, Milano 1972, pp. 184 s.; F. Bartoli, Notizia delle pitture, sculture e architetture… di tutte le più rinomate città d'Italia, II, Venezia 1777, pp. 3, 36; F. Fagnani, Per la datazione degli affreschi di G.B. L. in S. Maria Canepanova, in Pavia, 1964, nn. 1-6, pp. 39-43; A. Mosconi, I francescani e la Madonna delle Grazie a Monza, Brescia 1972, pp. 28 s., 33; S. Coppa, La pittura del Seicento e del Settecento, in Monza. Il duomo nella storia e nell'arte, a cura di R. Conti, Milano 1989, pp. 257, 266; V. Caprara, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 771 s.; A. Barigozzi Brini, I quadraturisti, in Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, p. 421; P. Venturelli, Novità per la pittura lombarda del 1700: Monza, un pittore sconosciuto e considerazioni sui quadraturisti locali, in Critica d'arte, LVII (1992), 11-12, p. 61; V. Caprara, in Il duomo di Monza. Itinerario barocco, Milano 1995, pp. 161 s.; S. Coppa, La cultura figurativa nella basilica di S. Ambrogio nel Seicento e nel Settecento, in La basilica di S. Ambrogio. Il tempio ininterrotto, a cura di M.L. Gatti Perer, II, Milano 1995, p. 490; S. Zatti, Considerazioni sui quadraturisti, pittori prospettici e scenografi a Pavia in età barocchetta, in Artisti lombardi e centri di produzione italiani nel Settecento. Interscambi, modelli, tecniche, committenti, cantieri. Studi in onore di Rossana Bossaglia, a cura di G.C. Sciolla - V. Terraroli, Bergamo 1995, pp. 307 s.