GRONE (Groni), Giovanni Battista
Nato a Venezia nel 1682, fu pittore e decoratore di teatro, iscritto alla fraglia dei pittori nel 1711 (Favaro).
La sua formazione non è stata ancora ben indagata e resta di difficile ricostruzione, così come l'attività veneziana, essendo stata demolita nel 1807 anche la chiesa di S. Geminiano in piazza S. Marco, che conteneva l'unica opera dell'artista a Venezia esposta al pubblico (Zorzi).
A Cittadella è conservato il primo dipinto noto del G., la pala con la Madonna con il Bambino in trono e i ss. Giuseppe e Antonio da Padova, posta ancora nella sua collocazione originaria a ornare uno degli altari laterali della chiesa di S. Spirito, realizzata per le volontà testamentarie di Giuseppe Bagnara, risalenti al 1716.
Due primi pagamenti per la pala risalgono al 24 marzo 1725 e al 12 ag. 1726; mentre in una nota priva della data ma del 1749 si dà conto: "Per la Palla di S. Giuseppe, contati al Signor Gio. Batta Groni, pittore veneziano, lire 372" (Fano, p. 102).
Nel 1724, e non nel 1719, come erroneamente riportato anche nelle più recenti pubblicazioni (ibid.), per il tramite dell'ambasciatore sassone a Venezia Amilcare Villio, il G. si trasferì a Dresda, dove rimase fino alla morte.
Nell'ottobre di quell'anno gli vennero assegnati 200 talleri come rimborso per le spese del viaggio, uno stipendio annuale di 600 talleri, un alloggio al teatro dell'Opera, oltre alla facoltà di avere degli aiuti in occasione di lavori straordinari (Marx, 2000, pp. 110, 114 n. 3).
Alla corte dei Wettin il G. dipinse scenari teatrali e grandi decorazioni, prima al servizio di Augusto il Forte, re di Polonia (Federico Augusto come principe elettore di Sassonia), e poi del figlio e suo successore, Augusto III (Federico Augusto II). Poche sono le sue opere superstiti, così come scarse e imprecise sono le notizie nella letteratura specialistica, con l'eccezione del recente contributo di Marx (1996, cui si rimanda dove non altrimenti indicato).
Il primo lavoro del G. in Sassonia dovrebbe risalire al 1726, quando prese parte alla decorazione del castello di caccia di Moritzburg, vicino a Dresda. Su basi stilistiche gli sono state attribuite le figure in grisaille sopra le porte e le stufe nella sala del Biliardo; gli altri dipinti della sala, di grande formato, tuttavia non contraddicono l'attribuzione al pittore veneziano.
Nel 1733, per le esequie di Augusto il Forte, il G. eresse il castrum doloris del sovrano nella cappella di corte cattolica. L'allestimento effimero, in cui compariva al centro dell'aula il baldacchino con il catafalco del re, è rappresentato in un'acquaforte di Christian Philipp Lindemann, disegnata dallo stesso Grone.
Nel 1734 decorò la cupola, progettata dall'architetto George Bähr, della Frauenkirche, la chiesa protestante di Nostra Signora che subì pesanti interventi di restauro nel 1868 e nel 1929 e fu distrutta durante il bombardamento del 1945.
Nella cupola, suddivisa in otto scomparti, quattro dipinti più ampi di sagoma mistilinea con gli Evangelisti si alternavano ad altrettanti medaglioni più piccoli, ciascuno con una Virtù. Vi erano rappresentate le Virtù teologali accanto alla personificazione della Misericordia. L'ideazione della cupola fu certo condizionata dalle scelte dell'architetto e il gusto semplice e austero dell'insieme rifletteva più le ragioni della committenza reale che le preferenze di un pittore di teatro come il Grone. Le attitudini delle figure riecheggiavano modelli rinascimentali italiani, perlopiù michelangioleschi (forse conosciuti per il tramite d'incisioni).
Nel 1738 il G. dipinse il nuovo soffitto del teatro dell'Opera, perduto durante l'incendio del maggio 1849. L'edificio risaliva al 1718 e l'anno seguente fu eseguita la prima decorazione del suo interno da parte di Alessandro Mauro.
Il dato corretto è riportato da ultimo in Marx (1996, pp. 129 s. e n. 41). La restante letteratura tuttavia fa risalire al 1719 l'intervento del G., e di conseguenza anticipa a quell'anno il suo arrivo a Dresda. Una veduta dell'interno del teatro di Carl Heinrich Jacob Fehling mostra tre putti; mentre in altre vedute dell'inizio del XIX secolo al centro del soffitto appare un grande cartiglio con stemma.
Nel 1738 realizzò la pala d'altare con Cristo crocifisso, s. Giovanni Battista e Mosè per la chiesa di Grosshartmannsdorf presso Freiberg in Sassonia. Il dipinto fu donato da Carl Adolf von Carlowitz nel 1738, ma posto in opera soltanto nel 1741. L'iconografia del Cristo con le braccia alzate, risalente ad Anton Van Dyck, trova un confronto nel Cristo crocifisso di Giovan Battista Piazzetta, databile al 1720 e conservato nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia.
Al 1742 risale il grande soffitto che decora la cappella del castello di caccia di Hubertusburg.
In una superficie di circa 400 m2, è raffigurato S. Uberto. Il dipinto, in buone condizioni conservative, rappresenta un raro esempio delle decorazioni tardobarocche che fiorirono in Sassonia tra l'inizio e gli anni Quaranta del Settecento. L'impresa di Hubertusburg trova una singolare affinità qualitativa con le pitture della Martinskirche a Mühlberg sull'Elba e della Martinskirche a Nischwitz presso Wurzen.
Il G. ebbe anche un'importante attività di pittore di scenografie; e dal 1746 è ricordato anche con la qualifica di architetto teatrale.
Allestì la prima dell'opera Antigono, scritta dal Metastasio e musicata da Johann Adolf Hasse, e rappresentata al teatro dell'Opera di Dresda il 20 genn. 1744. Al 1745 risale una descrizione particolareggiata degli allestimenti del G. (in Marx, 1996, p. 120 e n. 20).
Per il Carnevale di quello stesso anno mise in scena l'opera Semiramide riconosciuta. Nella ricevuta di pagamento, datata 18 febbr. 1746, e firmata in calce dal pittore, si legge che dalla Ragioneria reale, la Königliche Rentkammer, furono pagati per l'anteprima della Semiramide 630 talleri dietro ricevuta del 1° marzo 1745 per il lavoro delle pitture, oltre al materiale (tela, colori, pennelli, carte); a parte invece venivano stanziati altri 2000 talleri per le opere Semiramide e Arminio da mettere in scena in edizioni più complete. Il G. allestì anche le due opere scritte da Giovanni Claudio Pasquini e musicate ancora da Hasse nel 1747, La spartana generosa e Leucippo (Sigismund, p. 81).
È noto un solo dipinto di soggetto mitologico del pittore veneziano, descritto nel catalogo della vendita parigina pubblicato da Pierre Rémy nel 1757 come "Diana in compagnia delle sue ninfe ritorna dalla caccia, in lontananza Atteone con i suoi cani". La tela apparteneva a Carl Heinrich von Heinecken, segretario e consigliere del primo ministro di Augusto III, il conte Heinrich Brühl, grande conoscitore d'arte dell'epoca.
Il G. morì a Dresda il 10 maggio 1748 e fu sepolto nel cimitero cattolico nella Friedrichstadt. Nel libro delle sepolture della parrocchia della Annenkirche, nel giorno della morte, è riportata la notizia "Johann Baptista Broune [sic], un pittore, non sposato, per tumore, di 66 anni" (Marx, 1996, p. 117 e n. 9).
Nei pressi dello Zwinger si trovava un'officina del pittore, come riporta un documento inedito datato 8 ott. 1738 dell'Oberlandbauamt, l'Ufficio superiore per le costruzioni (Dresda, Sächsisches Hauptstaatsarchiv, Oberlandbauamt, b. 35862, f. 387, cc. 3-6: comunicazione di Costanza Caraffa). La bottega viene citata nell'ambito dei lavori di demolizione di vecchi fabbricati posti tra il castello e lo Zwinger, nei pressi del teatro.
Matthias Österreich e Johann Benjamin Müller furono suoi allievi, mentre parenti dell'artista, forse suoi nipoti, sono Pietro Ignazio, "pittore di corte del re", morto a Dresda all'età di trentatré anni l'8 sett. 1752, e Valentino, pittore, documentato nel 1740, morto l'anno successivo.
Fonti e Bibl.: A.M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture di Venezia…, Venezia 1733, p. 164; Id., Della pittura veneziana, ibid. 1771, pp. 531 s.; E. Sigismund, Groni, Johann Baptist, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, Leipzig 1922, pp. 81 s.; E. Favaro, L'arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 156; A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1984, pp. 224 s.; A. Fano, La pala di S. Giuseppe del pittore veneziano Giambattista G., in Arte veneta, XLVIII (1996), pp. 102-105; H. Marx, G.B. G. (1682-1748). Sein Schaffen in Sachsen und die Gemälde in der Kuppel der Dresdener Frauenkirche, in Die Dresdner Frauenkirche, II (1996), pp. 115-136 (con bibl.); Id., G.B. G. und die Gemälde in der Kuppel der dresdner Frauenkirche, in George Bähr. Die Frauenkirche und das bürgerliche Bauen in Dresden (catal.), Dresden 2000, pp. 110-114.