GIOVENALE, Giovanni Battista
Nacque a Roma l'11 nov. 1849 da Benedetto, avvocato, e da Maria Valenziani.
Architetto, ingegnere, restauratore e storico dell'architettura, costituì per oltre mezzo secolo una figura di primo piano nel panorama culturale romano. Formatosi a Roma, ove si era laureato ingegnere architetto nel 1876, il G. iniziò la propria attività nel periodo della cosiddetta "febbre edilizia": dopo il concorso per il palazzo delle Esposizioni (1876), cui prese parte con un progetto, elaborato in collaborazione con Enrico Guj, nel quale "il tentativo di ricostruzione di spazi di tipo termale conduce a risultati di un certo interesse" (Accasto - Fraticelli - Nicolini, p. 71), il G., insieme con i quasi coetanei Francesco Azzurri, Luca Carimini, Camillo Pistrucci, Giulio Podesti e con i più anziani Virginio Vespignani, Antonio Sarti e Andrea Busiri Vici, attivi già durante il governo pontificio, fu tra gli artefici del rinnovo e della trasformazione della città capitale.
Le prime realizzazioni del G. riguardano interventi sul tessuto urbano del centro storico, come il restauro del palazzo Wedekind (1879), già del vicegerente del Vicariato di Roma e poi delle Poste pontificie (poi sede del quotidiano Il Tempo), nel corso del quale venne modificato il prospetto su piazza Colonna ponendo un solo orologio sulla sommità dell'edificio in luogo dei due originari. Più spesso ebbe a che fare con ampliamenti di fabbricati, talvolta anche di sensibile entità, effettuati con malcelato intento speculativo da committenti facoltosi: eclatante in tal senso è l'edificio che il marchese Filippo Theodoli fece costruire, su progetto del G., nel giardino della propria residenza di via del Corso accorpandolo a essa (Roma, Arch. stor. capitolino, titolo 54, prot. 42661/1884). Interventi di questo tipo venivano attuati in virtù di licenze edilizie rilasciate per lavori di "sopraelevazione" (con l'opportuna modifica delle coperture e l'aumento di altezza degli ambienti sottostanti) e di "riduzione" (delle altezze utili, attuate però attraverso l'aumento del numero dei solai), come nei palazzi Malatesta, oggi Pecci-Blunt, e Costaguti (ibid., prott. 5934/1885, 38159/1888 e 17063/1887, 29505/1888).
È palese in questi primi lavori la ricerca di soluzioni progettuali il più possibile corrette che non pregiudicassero ulteriormente l'omogeneità del tessuto urbano: volontà concretizzata dal G. in una grande sobrietà stilistica, la quale risulta peraltro con altrettanta evidenza anche nelle architetture affrontate ex novo, come i casamenti Mencacci-Pericoli, oggi hotel Tritone, Spithöwer e Tombari, nei quali il progettista si rifece ad austeri modelli cinquecenteschi o della prima architettura barocca (rispettivamente: ibid., prott. 55733/1886 e 92343/1890; 8831/1886; 59039/1888).
Del tutto differente l'atteggiamento progettuale del G. alle prese con particolari tipologie residenziali come il villino unifamiliare o la palazzina di lusso: nel complesso costituito dal casamento e dal villino Folchi (ibid., prott. 57848 e 57891/1887) e nel villino Boncompagni, di epoca successiva, tra le più pregevoli realizzazioni della zona di villa Ludovisi (ibid., prot. 40217/1903), il G. attinse con mano particolarmente felice al repertorio formale tardobarocco, sorprendente omaggio a un gusto che come archeologo e restauratore lo stesso architetto negava polemicamente (Portoghesi, p. 79).
Dopo gli scandali finanziari che avevano sancito la crisi dell'attività edilizia, il G., dando voce alla necessità fattasi urgente di salvaguardare la qualità del patrimonio architettonico, fondò nel 1890 l'Associazione artistica fra i cultori di architettura, che, analogamente alle istituzioni sorte in Francia e in Gran Bretagna, nacque con l'obiettivo di risollevare le sorti e il prestigio dell'architettura attraverso una serie di iniziative volte allo studio dei monumenti, in particolare di quelli della cosiddetta "età di mezzo", ma anche alla promozione di concorsi per la realizzazione degli edifici pubblici o di rappresentanza. L'azione di tutela, costante, e per certi versi ambigua, era esercitata attraverso una sorta di vigilanza compiuta da una commissione dei rioni, composta da quattordici soci, a cura della quale venne redatto un Inventario dei monumenti, intrapreso a partire dal 1895 durante la presidenza di Gaetano Koch, e che ebbe l'indubbio merito di rivalutare i pregi artistici di una certa edilizia minore.
Il restauro della chiesa di S. Maria in Cosmedin (1896-99), commissionato all'Associazione dal ministero della Pubblica Istruzione, vide il G. impegnato personalmente fin dagli studi preliminari, condotti con grande rigore filologico (cfr. La basilica di S. Maria in Cosmedin, Roma 1927). La fase progettuale, egualmente affidata al G. e oggetto di plauso unanime da parte dei contemporanei (il progetto fu premiato all'Esposizione di architettura di Torino del 1893), costituì il manifesto del cosiddetto "restauro scientifico", secondo il quale l'indicazione metodologica di intervento doveva essere dedotta in maniera univoca dall'analisi della formazione del monumento, e attuata rendendo i rifacimenti e le eventuali aggiunte individuabili in ogni tempo.
Da tali premesse scaturì, del tutto in antitesi con la raffinata tradizione romana di Giuseppe Valadier e di Raffaele Stern, la scelta di abbattere la facciata settecentesca della chiesa, eseguita da Giuseppe Sardi per il cardinale Annibale Albani, in favore del ripristino della facies del XII secolo: decisione ritenuta oggi oltremodo drastica soprattutto se vista in relazione alle teorie dello stesso Camillo Boito, del quale il G. costituiva per altri versi un fedele continuatore.
L'intervento, sicuramente il più importante attuato in questo campo dal G., gli conferì molta notorietà ma ebbe anche uno spiacevole risvolto: nominato nel 1896 direttore dell'Ufficio regionale di Roma per la conservazione dei monumenti, fu dispensato dall'incarico nel 1898 per decisione del consiglio disciplinare del ministero della Pubblica Istruzione, con le accuse, ben presto ritirate, di avere utilizzato fondi destinati al restauro di altri monumenti di Roma per i lavori in S. Maria in Cosmedin, nonché di avere inopinatamente impiegato per il medesimo scopo marmi provenienti dal foro Romano, dal Colosseo e da altri siti monumentali (Colpe o pretesti?, Roma 1899).
Tra i restauri effettuati dal G. nell'ambito dell'architettura chiesastica merita pure una menzione l'intervento in S. Cecilia in Trastevere (1892-1901), commissionato dal patrono del titolo, cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, che gli affiancò monsignor Pietro Crostarosa. I lavori, preceduti come di consueto da una serie di scavi, dapprima "a fior di terra per ricercare le tracce del quadriportico innanzi la basilica" (Scavi innanzi alla basilica di S. Cecilia in Trastevere, in Nuovo Bullettino di archeologia cristiana, III [1897], pp. 249-254) e in un secondo tempo nel sottosuolo della chiesa, riguardarono il rifacimento di gusto eclettico della cripta, cui forse non giova la profusione di colonne di granito, della pavimentazione musiva della chiesa superiore, del calidarium e del rivestimento marmoreo dell'abside (Iozzi; Armellini; Racheli).
Restauri di una certa entità il G. effettuò anche in S. Maria del Popolo (1897-98), conseguenti alle indagini che avevano evidenziato la necessità di risanare le strutture murarie attaccate dall'umidità di risalita, e in S. Maria dei Monti (1904), già oggetto di lavori al suo interno per opera di Enrico Salvati, nella quale il G. eseguì una pulitura della facciata "secondo criteri di manutenzione particolarmente corretti" (Racheli, p. 71).
Le realizzazioni architettoniche attuate tra il 1903 e il 1917 non si discostano in maniera sostanziale dalle precedenti per tipologia e per scelte stilistiche: oltre al già citato villino Boncompagni, appare molto ben congegnato l'intervento di "riduzione ed ampliamento" del villino Kemp, in seguito sede del Max-Planck Institut (Roma, Arch. stor. capitolino, titolo 54, prot. 85439/1909).
La sua attività in campo architettonico, che non lo impegnò mai eccessivamente, in quanto a essa il G. aveva felicemente affiancato altre attività, non ultime quelle di storico e di pubblicista, annovera anche alcuni pregevoli monumenti funebri realizzati nel cimitero del Verano: la cappella Donati-Sacconi al Pincetto nuovo, essenziale nella forma, che riprende quella della stele funeraria, come nelle decorazioni, nella quale l'unico movimento chiaroscurale è dato dal lievissimo aggetto dell'architrave della porta d'ingresso; le cappelle Borrelli e Caetani, l'una neobarocca in forma di tempietto con cupolino, l'altra neoromanica con bifore, arconi e motivo a loggette cieche sul fronte principale, e la tomba Apolloni-Caracciolo (Cianferoni).
Oltre a quelle già ricordate, il G. ricoprì cariche di una certa importanza in altri settori della amministrazione pubblica: consigliere comunale nelle liste dell'Unione Romana, più volte assessore all'"Edilità" e ai Servizi tecnologici, può essere inoltre definito con ragione un pioniere della municipalizzazione per la decisione con la quale combatté i monopoli, adoperandosi perché il Comune di Roma ottenesse la concessione delle acque dei fiumi Velino e Peschiera (Forze idriche ed acqua potabile, Roma 1920). Ruoli di prestigio il G. occupò anche all'interno dei più importanti istituti di cultura della capitale: oltre che della già citata Associazione artistica fra i cultori di architettura, fu membro dell'Accademia romana di archeologia (dal 1892) e dei Virtuosi al Pantheon. L'Accademia di S. Luca lo nominò nel 1897 accademico di merito e negli anni 1911-12 presidente; fu a capo della Società degli ingegneri e architetti italiani, e membro, dal 1923 al 1925, del Consiglio superiore delle antichità e belle arti (Giovannoni).
Le ultime fasi dell'attività del G. riguardano quasi esclusivamente indagini archeologiche e restauri, se si eccettua la realizzazione, a partire dal 1917, del Museo della Fabbrica di S. Pietro (Museo Petriano), in via del S. Uffizio (Roma, Arch. stor. capitolino, Ispettorato edilizio, prot. 3901/1917), smantellato in occasione della costruzione della sala Nervi.
Tra i principali, i lavori nella casa cosiddetta di Martino V in Genazzano per il cardinale V. Vannutelli (1921-22), intorno alla quale il G. aveva eseguito alcuni anni prima un'interessante analisi stilistica volta a individuare la presenza di influenze aragonesi nell'architettura del Lazio (La casa detta di Martino V in Genazzano, in Architettura e arti decorative, II [1922-23], pp. 465-480), la partecipazione alle campagne di scavo del foro di Augusto (1926-30), diretta da Corrado Ricci, e della porta Asinaria con Gustavo Giovannoni (1930). All'inizio degli anni Venti portò pure a termine i progetti per la chiesa di Patrasso, non realizzata, e per la cattedrale metropolitana della Madre di Dio di Porto Alegre in Brasile (1921-86), ideata in forme neobarocche con una cupola in cemento armato, alla quale furono apportate modifiche sostanziali durante la lunga fase di esecuzione, come l'inserimento di citazioni stilistiche ispirate all'arte maya.
Nel medesimo periodo si dedicò alla divulgazione delle sue ricerche storiche, compito cui peraltro aveva sempre atteso con grande cura: tra il 1930 e il 1931 pubblicò i risultati degli studi eseguiti sui differenti tipi di velario posti a copertura degli anfiteatri romani ("Erunt vela", in Atti del II Congresso nazionale di studi romani, I, Roma 1930, pp. 181-195), e sulle mura aureliane, sua ultima fatica, in cui ne confutava l'attribuzione a Onorio (Le porte del recinto di Aureliano e Probo, in Bullettino della Commissione archeologica comunale, LIX [1931], pp. 9-116).
Il G. morì a Roma il 23 sett. 1934.
Dei cinque figli nati dal matrimonio con Teresa Apolloni, Benedetto (1889-1944), Luigi (1890-1969) e Paolo (1891-1975), laureatisi in ingegneria nei primi anni Venti intrapresero una fortunata attività professionale, attualmente perpetuata dai nipoti.
Oltre agli scritti già indicati del G., si possono citare Del concorso pel monumento al re Vittorio Emanuele II, Roma 1882; Il coro nelle chiese dei carmelitani scalzi, ibid. 1882; Due libri utili agli artisti e Il museo artistico industriale, ibid. 1883 e 1884 (ma apparso nella Rassegna italiana del 1883); Il villino Folchi, ibid. 1895; La basilica di S. Maria in Cosmedin, in Annuario dell'Associazione artistica fra i cultori di architettura, V (1895), pp. 13-36; Commissione per la perizia dei lavori di restauro alle mura di Roma. Relazione, Roma 1897; I monumenti preromani del Lazio. Dissertazione… letta alla Pontificia Accademia romana di archeologia, ibid. 1900; Inventario dei monumenti di Roma, ibid. 1908-12; I concorsi accademici MCMIV-MCMXI e Tor Millina, ibid. 1911 e 1912 (pubbl. nell'Annuario della R. Insigne Accademia di S. Luca, 1909-11); Il chiostro medioevale di S. Paolo fuori le Mura, ibid. 1918; Un epigramma di Marziale e le ultime scoperte al foro di Augusto, in Atti del I Congresso nazionale di studi romani, ibid. 1928; Simboli tutelari su porte del recinto urbano e altri monumenti dell'antichità, in Bullettino della Commissione archeologica comunale, LVII (1929), pp. 183-267; Il battistero lateranense nelle recenti indagini della Pontificia Commissione archeologica sacra, Roma 1929.
Fonti e Bibl.: Oltre alle indicazioni documentarie citate nel testo si veda: Roma, Archivio Giovenale; Arch. stor. dell'Accademia di S. Luca, a. 1934, II; Arch. stor. capitolin0, titolo 54, prott. 22167/1882, 48809/1887, 11865/1888, 55633 e 61019/1906, 50702/1907, 35359/1908, 75658/1911; Ispettorato edilizio, prott. 1153/1887, 3043/1890, 3629/1894, 4924/1896, 37127/1910, 2807 e 3319/1913, 4426 e 5856/1915, 1912/1916. Si veda inoltre: O. Iozzi, Cryptae Caeciliae trans Tiberim descriptio, Romae 1902, p. 9; L'Associazione artistica fra i cultori di architettura e la sua opera dalla fondazione (1890) all'anno 1906, Roma 1906, passim; C. Cianferoni, Cimitero del Verano in Roma. Cappelle, tombe e lapidi, Torino s.d. (ma 1915), pp. 5 s., tavv. 17, 31 s.; G. Giovannoni, Commemorazione di G., in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, X (1934), pp. 155-163; G. De Angelis D'Ossat, L'architettura in Roma negli ultimi tre decenni del secolo XIX, Roma 1942, p. 24; M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, a cura di C. Cecchelli, II, Roma 1942, pp. 825, 1273; C. Pietrangeli, Piazza Colonna, in Capitolium, XXX (1955), p. 300; C. Ceschi, Le chiese di Roma dagli inizi del neoclassico al 1961, Rocca San Casciano 1963, pp. 150 s.; P. Portoghesi, L'eclettismo a Roma 1870-1922, Roma s.d. (ma 1968), pp. 79, 202; G. Accasto - V. Fraticelli - R. Nicolini, L'architettura di Roma capitale 1870-1970, Roma 1971, pp. 70 s., 105, 114, 118, 171, 197; Rione III. Colonna, a cura di C. Pietrangeli, I, Roma 1980, p. 38; L. Ferretti - F. Garofalo, Un quartiere per la borghesia: lottizzazione e costruzione di villa Ludovisi, in Roma Capitale 1870-1911. Architettura e urbanistica, Venezia 1984, pp. 172-174, 186; A.M. Racheli, Restauro a Roma 1870-1990. Architettura e città, Venezia 1995, pp. 43, 53, 69-71, 73, 75-77, 85, 102 s., 137, 308, 319, 323, 368, 400, 408; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 151 s.; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, II, Roma 1968, p. 483.