BARELLI (Bareli, Vareli), Giovanni
Nacque a Venezia nella prima metà del sec. XVI. Cavaliere dell'Ordine di S. Giovanni e Gerusalemme, fu collaboratore e confidente del gran maestro Jean de La Valette.
Dal 1569 il B. fu tra i protagonisti di una intricata vicenda, che preoccupò a lungo il governo spagnolo. Il de La Valette aveva mantenuto per anni i contatti con varie personalità della corte di Costantinopoli allo scopo di avere notizie sui progetti militari del Turco. Alla sua morte il viceré di Sicilia, Ferdinando Francesco d'Avalos, volendo ripristinare tali rapporti con il Levante per conto del governo spagnolo, convocò a Messina il B. dal quale ricevette comunicazioni di tale importanza che egli giudicò opportuno che fosse lo stesso B. ad informarne direttamente il governo spagnolo. Il veneziano pertanto, nel settembre del 1569, si presentò alla corte e riferì che il de La Valette aveva in primo luogo avviato trattative con due funzionari dell'arsenale di Costantinopoli per bruciare l'intera flotta turca (il gran maestro si sarebbe impegnato a concedere loro, dopo l'incendio dell'arsenale, un donativo di 15.000 zecchini e una pensione annua di 1.000 ducati). Un secondo progetto riguardava l'insurrezione della Morea ove sarebbe intervenuto Nicolao Carnota bey, alta autorità turca della regione, che avrebbe potuto mettere in campo contro i Turchi ben quindicin-ùla Greci e Albanesi. Si sarebbe infine dovuto procedere alla cattura del duca di Nicosia, Giovanni Miches, considerato come il principale ideatore delle imprese contro la cristianità e potente per i molti informatori su cui egli poteva contare nella stessa Madrid.
Mentre il B. illustrava a Filippo II tutti questi progetti e il re si consultava in merito con i propri collaboratori, giunsero a Messina due greci, il pope rodiota Giovanni Acida e un fratello di lui, che si mostravano altrettanto informati sulle trattative condotte in Levante dal de La Valette e si offrivano al marchese di Pescara per portare a termine i disegni del gran maestro. Non appena i due greci ripartirono per Rodi il viceré si affrettò a comunicare ogni cosa a Filippo II il quale lasciò arbitro il Pescara se informare o meno il B. delle ulteriori proposte e intanto incarìcò il veneziano di riprendere le trattative del de La Valette con il patriarca di Costantinopoli, con i due turchi e con Carnota bey. I consiglieri di Filippo incaricarono il B. di provvedere innanzi tutto alla distruzione della flotta turca mentre era ancora tutta raccolta nell'arsenale di Costantinopoli; successivamente si sarebbe pensato alla Morea: quanto al Miches, il B. avrebbe dovuto cercare di catturarlo vivo e di condurlo in uno qualsiasi degli Stati del re cattolico.
Cm queste istruzioni il B. si congedava, il 10 nov. 1569, dalla corte di Madrid, avendo ricevuto in premio da Filippo II 400 ducati e una catena d'oro con il ritratto del sovrano. Questi, ìnoltre, su sollecitazione dello stesso B., promise di intervenire presso il nuovo maestro dell'Ordine di S. Giovanni, Pietro de Monte, perché concedesse al B. la prima commenda dell'Ordine disponibile in Italia. Il re scrisse effettivamente al de Monte, ma la risposta di questo fu tutt'altro che lusinghiera per il B.: "por su persona no lo merece, ni tiene las partes que a V. Mag. an informado" (Archivo General de Simancas, Estado, leg. 1133, f. 19).
Appena arrivato il B. a Messina, il viceré decise di metterlo al corrente delle proposte dell'Acida perché di comune accordo potessero portare a termine la delicata missione. Allestita una nave carica di mercanzie per 5.000 scudi, nonché del materiale necessario per far saltare l'arsenale di Costantinopoli, il B. Partì da Messina camuffato da mercante il 27 genn. 1570. Ma l'impresa si risolse in un completo fallimento: incontratosi a Rodi con l'Acida, il B. non riuscì ad otteneme la collaborazione; Camota bey nel frattempo era morto; la cattura del duca di Nicosia risultò infine impossibile dato che il Miches si trovava in quel tempo a Costantinopoli.
Dopo questa serie di insuccessi, temendo di essere scoperto con la nave carica di esplosivi il B. si affrettò a vendere tutta la merce di cui era in possesso e a ritornare a Messina, ove cercò di giustificare il proprio insuccesso attribuendone la responsabilità all'Acida. Il marchese di Pescara dette soddisfazione al proprio risentimento per l'impresa sfumata accusando il B. di aver falsificato i conti della vendita delle merci affidategli e facendolo gettare in carcere. Solo alcuni mesi dopo, nel novembre 1571, prospettandosi di nuovo l'eventualità di un colpo di mano nel Levante, il successore del Pescara, duca di Terranova, si mostrava propenso a riesaminare la condanna del B. ed inviava tutte le informazioni sulla vicenda a don Giovanni d'Austria, perché questi decidesse sul da farsi. Il principe giudicò che i servigi dell'avventuriero veneziano in Levante avrebbero potuto ancora risolversi positivamente ed incaricò il Terranova di mettere in regola i conti del B. e di liberarlo al più presto.
Non si sa quali servigi il B. rendesse in seguito in Levante: pare che egli fosse incaricato - ma non è possibile accertare la data, né i particolari della missione - di stabilire una tregua con la Porta. Quattro anni dopo, il 20 luglio 1576, Gonzalo Femández de Cordoba, duca di Sessa, scriveva da Napoli alla corte di Madrid raccomandando il B. come "hombre de confianza", che da "muchos aflos... ha andado occupado en cosas secretas" (Archivo General de Simancas, Estado, leg. 1071, f- 119).
Questa volta il B. si offriva di guadagnare al servizio della Spagna il rinnegato Azan-Aga, confidente del re di Algeri.
Un rapido cenno su di lui è ancora in una lettera di Filippo I I al viceré di Sicilia, Marco Antonio Colonna, del 10 ott. 1579. Un Giovanni Barela o Varela serviva a Napoli nell'esercito spagnolo dieci anni dopo, nel 1589, e risulta che aveva militato nelle Fiandre negli anni precedenti: è dubbio però che si tratti del medesimo personaggio.
Fonti e Bibl.: Archivo General de Simancas, Estado, legaio 1071, ff. 119, 120; legaio 1091, f. 40; legajo 1132, ff. 155, 164, 176, 193, 194, 195, 196, 197, 205, 206, 207; legaio 1133, ff. 7, 9, 62, 63, 64; legaio 1136, ff. 53, 116; legaio 1137, ff. 11, 53, 223, 232; legajo 1149, f. 23; F. Braudel, La Méditerranée et le monde méditerranéen à l'époque de Philippe II, Paris 1949, p. 985.