SCINZENZELER, Giovanni Angelo
– Nacque probabilmente a Milano in data non nota dal tipografo di origini tedesche Ulrich e forse, come ipotizzava già Konrad Haebler, da madre italiana.
Che fosse figlio di Ulrich si desume dai documenti relativi alla controversia che nel 1500 lo contrappose all’umanista greco Demetrio Calcondila intorno all’edizione del lessico greco Suida, finito di stampare a Milano il 15 novembre 1499, dai tipografi Giovanni Bissoli e Benedetto Manzi, a spese dello stesso Calcondila, allora in esilio a Novara, e degli umanisti Antonio Motta e Giovanni Maria Cattaneo (ISTC, Incunabula Short-Title Catalogue, is00829000).
All’edizione non doveva essere del tutto estraneo Ulrich, che già aveva pubblicato importanti lavori di Calcondila e che aveva affittato ai due tipografi una «sala supra canepam», con uso della latrina e del pozzo, presso i locali della sua tipografia. All’atto era presente, in qualità di testimone, proprio Motta. Bissoli e Manzi non erano nuovi alla stampa in greco. Il 18 giugno 1498, a Venezia, erano entrati in concorrenza con Aldo Manuzio stampando un’edizione delle Epistole greche di Falaride (ip00545000) in società con Bartolomeo Pelusi da Capodistria e Gabriele Bracci da Brisighella.
Il 10 gennaio 1500 Scinzenzeler, erede del padre, denunciò Calcondila, intimandogli di riscattare i volumi giacenti nella sua stamperia entro un mese, scaduto il quale egli ne avrebbe disposto a suo piacimento, come previsto dagli Statuti comunali di Milano. In risposta, Calcondila presentò una controdenuncia, che il 6 febbraio Scinzenzeler, con il supporto dell’editore Giovanni Antonio da Legnano, dichiarò essere nulla, affermando che non gli si potevano imputare colpe, ritardi o negligenze. Poco prima del 23 marzo 1500 Calcondila si rivolse direttamente al duca Ludovico il Moro per ottenere la restituzione dei libri. Da tale controversia, che ebbe poi strascichi fino ad agosto di quell’anno, si viene a sapere che lo Scinzenzeler aveva i volumi in deposito probabilmente perché stampati nella tipografia paterna, ma anche a garanzia di uno dei creditori di Calcondila, il cartaio milanese Giovanni Romano, fornitore della carta.
Scinzenzeler era dunque già coinvolto nel mondo dell’editoria e del commercio librario milanesi prima del 20 giugno 1500, quando sottoscrisse la sua prima edizione: la Lectura super primo libro Decretalium di Niccolò Tedeschi (ip00055000). In realtà, entro quella data stampò, utilizzando il nome del padre, almeno sei edizioni, probabilmente per rispettare accordi e privilegi già sottoscritti o ricevuti da Ulrich. Infatti, il 22 ottobre 1499, nel firmare un contratto di locazione livellaria per i locali dove già Ulrich aveva la tipografia, Giovanni Angelo si definisce «filio quondam et herede in solidum magistri Henrici teutonici». L’immobile si trovava nella zona di Porta Orientale, nella parrocchia di S. Zenone in Pasquirolo (nei pressi dell’attuale piazza S. Babila) ed era contiguo a un orto di proprietà dello Scinzenzeler, delimitato dal Seveso. Locatari erano i fratelli Giovanni Angelo e Giovanni Giacomo Cavagni, figli di Giovanni Stefano (fratello del tipografo Filippo). I documenti riferiscono che nello stesso stabile, o comunque in zona, Scinzenzeler aveva anche la propria abitazione.
Il 30 dicembre 1500 sposò una sua vicina di casa, Bernardina Lomazzo, figlia di Ambrogio. Che non fosse un matrimonio di interesse lo attesterebbe la modesta dote di 700 lire (ratealizzate) oltre ai beni parafernali, inferiore ad altre doti assegnate nello stesso periodo nell’ambito di famiglie mercantili e di artigiani. La vicinanza delle abitazioni si evince da un contratto di subaffitto di parte dell’abitazione di Scinzenzeler a tale Giovanni Maria Moroni per 20 fiorini annui. Nel documento si dice che i locali confinavano con la chiesa di S. Zenone e con l’abitazione di Ambrogio Lomazzo.
Il 30 gennaio 1501 Scinzenzeler fu impegnato in una nuova controversia con un tale Marco Calcaterra, cui veniva intimato di riscattare tutti i beni, inclusi libri, pignorati e giacenti presso la tipografia. La vicenda fu risolta il 7 agosto, allorché il libraio Agostino Maria Conago acquistò dal Calcaterra per 350 lire, versate però allo Scinzenzeler, un certo numero di esemplari dell’edizione delle Comoediae plautine, uscite il 18 gennaio 1500, con la sottoscrizione di Ulrich (ISTC, ip00785000), ma stampate da Giovanni Angelo, e curate da Giovanni Battista Pio. Marco Calcaterra doveva essere il finanziatore dell’edizione, che reca in apertura dediche ed epigrammi firmati, tra l’altro, da Antonio Maria e Giacomo Maria Calcaterra, forse suoi parenti.
Il libraio Conago, che aveva una bottega a Milano in piazza Mercanti, era l’uomo a cui Scinzenzeler si rivolgeva per la vendita delle sue edizioni. Di tale rapporto restano le tracce in due quietanze per l’importo complessivo di 175 lire per partite di libri non specificati, rilasciate il 23 marzo e il 23 aprile 1502.
Scinzenzeler aveva una sorella, Margherita, residente in Porta Romana, parrocchia di S. Nazaro in Brolio, che figura in un documento del 20 febbraio 1501. Qui Scinzenzeler compariva come testimone di una procura rilasciata dalla sorella ad alcuni notai per rientrare in possesso della dote (ammontante a 950 lire) e dei beni personali rimasti presso la famiglia del defunto marito, Giorgio de Castro Sannazzaro, sposato il 13 ottobre 1497. Il 18 marzo 1501 Scinzenzeler, per conto della sorella, ricevette un acconto da Giovanni Giacomo de Castro Sannazaro, fratello ed erede del defunto Giorgio, abitante a Menaggio. Margherita era allora in procinto di sposare in seconde nozze Santo Scaravaggi, figlio di Santino, abitante in porta Orientale nella parrocchia di S. Stefano in Brolio. La dote costituita dallo Scinzenzeler per la sorella l’8 giugno 1501 fu di 900 lire.
Il 12 ottobre 1501 affittò a tale Gaspare Farra, per un canone annuo di 30 soldi, la sponda del Seveso di sua proprietà, che però già il 10 giugno dell’anno successivo venne affittata a Gaspare Sala, che la acquistò il 7 novembre 1502, benché Scinzenzeler mantenesse il diritto di transito. L’operazione doveva forse rientrare nell’acquisto, avvenuto il 25 ottobre precedente, di una quota dell’affitto livellario dei locali di proprietà dei fratelli Cavagni. Per 320 lire, in aggiunta all’affitto annuo di 48 fiorini, Scinzenzeler riscattò la proprietà nella misura del cinque per cento.
Poco tempo dopo, il 4 dicembre 1503, in occasione di una epidemia che colpì la città di Milano, Scinzenzeler dettò testamento. Nel documento, oltre a esprimere il desiderio di essere sepolto accanto al padre nella chiesa di S. Stefano in Brolio, Giovanni Angelo affidava al suocero Ambrogio Lomazzo il compito di sovrintendere post mortem alla sua tipografia. Dispose inoltre che fosse trasferito alla Confraternita di S. Maria di cui era membro, il credito di 30 lire esigibile da Giovanni Castiglione, già debitore del padre Ulrich. Ambrogio Lomazzo doveva altresì versare 6 fiorini alla fabbrica del Duomo, 10 all’Ospedale Maggiore, 10 al prete Giovanni Maria Vario, 50 lire alla chiesa di S. Maria della Pace e due moggia di pane di frumento ai poveri per dieci anni nella ricorrenza della morte. A tale Margherita Busti, figlia della sua inquilina Polonia, doveva essere donata, in occasione del matrimonio, una gonna del valore di 12 fiorini. Dal documento si vengono a sapere anche i nomi dei suoi lavoranti: Giovanni Antonio Rosate detto ‘Iusto’, Giovanni Giacomo Prandoni detto ‘Cho Bianco’ e un certo Dionigi, cui venivano condonati tutti i debiti. Il primo è probabilmente da identificare con un certo Giusto da Rosate, che testimoniò a favore di Filippo Cavagni da Lavagna in un processo per recupero crediti celebrato il 3 dicembre 1488.
Come tipografo, Scinzenzeler, sfruttando anche in questo caso i contatti paterni, lavorò soprattutto per gli editori da Legnano fin dalla prima edizione sottoscritta esplicitamente: la già citata Lectura super V libris Decretalium di Niccolò Tedeschi, uscita in sette volumi tra il 20 giugno e il 12 novembre 1500, per la quale si ha un contratto datato 6 marzo in cui è stabilita una tiratura di seicento copie, da realizzare tramite l’impiego di due torchi. Il legame fu solido e duraturo e ne restano anche tracce documentarie: il 13 febbraio 1515 Scinzenzeler figurava come testimone per i fratelli da Legnano in un’imbreviatura del notaio Francesco Sudati.
Un certo rapporto di collaborazione doveva esserci anche con il già citato Giovanni Castiglione, il cui erede, Giovanni Antonio, fu responsabile, nel 1539, di nuove riproposizioni sul mercato (Edit16, CNCE 58019 e 6609) di esemplari invenduti sia dell’Orlando furioso stampato da Scinzenzeler il 30 maggio 1526 (CNCE 2553; esemplare unico nella Biblioteca Braidense di Milano) e dell’Innamorato boiardesco uscito sempre da Scinzenzeler in una data sconosciuta tra il maggio 1513 e la fine del 1518.
La produzione dello Scinzenzeler denuncia un legame evidente con l’Ateneo di Pavia, che si manifesta nella ricorrenza nel suo catalogo di testi giuridici e delle opere di Giason del Maino. Non mancano, però, i classici, anche in questo caso spesso realizzati per conto dei da Legnano, riproducendo edizioni già in commercio e con una buona dose di imprecisioni. L’ampiezza della produzione di Giovanni Angelo tocca però anche i testi religiosi e liturgici, tra i quali si deve segnalare il Messale ambrosiano del 1522, ancora per i da Legnano (Edit16, CNCE 11535), ma anche opere di larga circolazione, itinerari di viaggio e qualche edizione di carattere letterario (Petrarca e Cecco d’Ascoli, che si affiancano ai contemporanei Bembo, Ariosto e Panfilo Sassi). Si tratta di una politica editoriale poco attenta alle novità e che mirava a un pubblico ampio e sicuro, con edizioni a buon mercato, che non si caratterizzano per correttezza o valore dei materiali e degli apparati.
Il progressivo diminuire della produzione editoriale, in termini di numero di edizioni, sembra indicare che l’attività di Scinzenzeler subì un significativo rallentamento dopo che, a partire dal 1522, era venuta meno la collaborazione con i da Legnano.
Tra il 4 e il 13 agosto 1517 si celebrò un processo per plagio a carico di un altro editore milanese, Niccolò Gorgonzola, in cui fu coinvolto anche Scinzenzeler e da cui si apprendono altri dettagli sul funzionamento della sua attività. Giovanni Antonio da Legnano, a nome anche dei fratelli Bernardino e Giovanni Giacomo, accusò Gorgonzola di aver sottratto alcuni fascicoli delle Metamorfosi di Ovidio, uscite dai torchi di Scinzenzeler il 28 luglio precedente (CNCE 49825), e di averne commissionato un’edizione concorrenziale al tipografo Agostino Vimercate. Questi, incarcerato, confessò di aver ricevuto il materiale da un garzone di Scinzenzeler, tale Novello da Cremona, che a sua volta confermò i fatti. La sottrazione era avvenuta in occasione dei tragitti tra l’officina e la casa di Agostino Lomazzo, residente a Porta Orientale nella parrocchia di S. Stefano in Brolio, dove, sosteneva Novello, avveniva la composizione tipografica. Lo stesso Vimercate, pochi anni dopo, fu responsabile anche di un altro plagio ai danni dei da Legnano, sempre su commissione di Niccolò Gorgonzola, in occasione della stampa di un’edizione di Terenzio (CNCE 49412 e 23943).
Le sfortunate congiunture storiche, con due discese francesi e la diffusione della peste, fermarono i torchi di Scinzenzeler per l’intero 1524.
Scinzenzeler morì probabilmente dopo il giugno 1526, quando uscì l’ultima edizione da lui sottoscritta, il rarissimo Linguaccio di Caio Baldassarre Olimpo Alessandri (CNCE 57847), di cui l’unico esemplare è conservato alla British Library. Non ebbe figli e furono eredi universali dei suoi beni i cognati Giovanni Pietro e Rocco Lomazzo, che svolgevano l’attività di librai. Si sa che i due, il 29 marzo 1530, si appellarono al testamento del 4 dicembre 1503 in qualità di eredi anche del padre Ambrogio Lomazzo, per poter esaminare i libri contabili, passati ai da Legnano, al fine di riscuotere quanto di loro spettanza riguardo alla tipografia Scinzenzeler.
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