COPPOLA, Giovan Carlo
Nacque a Gallipoli (Lecce) da Leonardo nel 1599.
Mentre compiva, nella città natale, i primi studi di retorica, filosofia e teologia, scoprì in sé una precoce doppia vocazione alla vita sacerdotale e all'attività poetica, nell'esercizio della quale fu tuttavia inizialmente ostacolato dal padre. La constatata angustia dei confini di Gallipoli per la realizzazione delle sue aspirazioni lo spinse ben presto all'esodo, la cui meta naturale fu la capitale del Regno. A Napoli, i successi ottenuti dal C. come brillante improvvisatore gli procurarono il titolo di poeta di corte e l'invito a vivere a palazzo da parte del duca di Osuna, viceré dal 26 giugno 1616 al 3 giugno 1620. Ma questa prima sistemazione cortigiana doveva col tempo rivelarsi ìnsoddisfacente, mentre il C. si andava avvicinando a Tommaso Campanella che, benché ancora in. prigione, dal maggio 1618 aveva ottenuto il permesso di poter scrivere e ricevere visitatori. E dì Campanella, secondo testimonianze concordi, ma incerte riguardo agli esatti termini cronologici del rapporto e al suo reale valore nella formazione del C., questi sarebbe stato per circa un lustro ardente discepolo, troncando ogni altro rapporto con la vita culturale e mondana partenopea. Nel luglio 1626 Campanella, già scarcerato a maggio, era costretto a recarsi a Roma. Ciò indusse anche il C. ad abbandonare Napoli, soggiornando dapprima a Roma, dove si conquistò rapidamente notorietà e stima negli ambienti letterari, e stabilendosi infine. a Firenze, dove nel 1635 stampava il poema sacro Maria concetta.
Frutto di un'elaborazione decennale, i venti canti in ottave della Maria concetta, che valsero all'autore, da parte di Urbano VIII, il titolo lusinghiero quanto generico di "Tasso sacro", si presentano come una complessa macchina allegorica con dichiarati intenti di edificazione e di promozione di un'accesa devozione mariana. Il tempo, paradossalmente ridotto, in cui è compresa l'"azione" del poema, è quello che corre "dalla concezione del corpo" di Maria "fino all'infusion dell'anima", ed è animato da una folta schiera di personaggi divini, diabolici, umani e allegorici, in vario rapporto con la concezione di colei che è ritualmente rappresentata, al culmine del poema, attraverso una parafrasi della allegoria della donna apocalittica, che riprende prevedibilmente i canoni della più tradizionale iconografia mariana. La professione di una poetica tutta devozionale, secondo la quale "la Poesia, nata e cresciuta con la santa Profezia", ha come oggetto naturale la tematica dogmatica, non salvò comunque il poema, nel 1636, dalla condanna romana, non si sa quanto motivata dalle trascorse avventure intellettuali del C. e quanto da una reale ambiguità teologica. Una nuova edizione, censurata e corretta, uscì a Napoli nel 1649, seguita da varie altre impressioni per tutto il secolo. Inoltre, il C. ritenne opportuno chiarire in un'avvertenza la sua posizione sulla funzione e sui limiti degli ornamenti poetici, e sulla loro ultima subordinazione alla professione dell'ortodossia.
A Firenze i successi poetici del C. attirarono su di lui l'attenzione del granduca Ferdinando II, che lo volle a palazzo conferendogli una lauta pensione. Il primo frutto notevole di questa nuova stagione del C. poeta di corte fu la favola per musica Le Nozze degli Dei (Firenze 1637). composta in soli sette giorni, con sacrificio, accortamente esibito dall'autore, della propria vocazione epico-teologica, e messa in scena l'8 luglio 1637, in occasione delle nozze di Ferdinando con la principessa d'Urbino Vittoria della Rovere.
Costruita sull'intrecciarsi delle vicende nuziali di quattro coppie divine, secondo uno schema non inconsueto di convergenze mitologiche e perfino cosmologiche intorno alle nozze dei nobili committenti, la favola del C., dopo essere stata sottoposta in gennaio, con esito assai lusinghiero, al giudizio di Galileo Galilei, oltre che dei granduca stesso, fu posta rapidamente in musica da cinque compositori fiorentini, coordinati da Ferdinando Saracinelli. Una Relazione delle Nozze degli Dei, di Francesco Rondinelli, stampata subito dopo l'avvenimento, secondo quelle modalità "commemorative" che caratterizzarono la pubblicazione di ogni genere di documenti della primitiva produzione operistica, descrive accuratamente il lungo e fastoso spettacolo che fu allestito sul testo del C., col concorso di centocinquanta musici fiorentini e dello scenografò Alfonso Parigi, che portò nel cortile dell'Ammannati in palazzo Pitti, audacemente trasformato per l'occasione nel primo teatro all'aperto nella storia del melodramma a Firenze, il cielo, la terra, il mare e l'inferno.
Il soggiorno fiorentino del C. fu interrotto per volontà di Urbano VIII, che lo nominò arciprete di Terlizzi in Terra di Bari, dove, di lì a poco, fu eletto vicario capitolare. Infine, il 18 maggio 1643, lo stesso Urbano VIII lo nominava vescovo di Muro in Basilicata. Dalla sua nuova sede il C. continuò a intrattenere stretti rapporti con la corte medicea, portando a termine Il Cosmo o vero L'Italia trionfante, "poema sacro" dedicato a Ferdinando II, e stampato a Firenze, nella Stamperia granducale, nel 1650, e La verità smarrita overo Il filosofo illuminato, Firenze 1650, dedicata a Innocenzo X.
Il Cosmo, poema di venti canti in ottave, ha come materia, suggerita da Ferdinando II, un leggendario episodio della difesa dell'Italia dai barbari, al tempo dell'imperatore Onorio, per opera di Cosimo o Cosmo, discendente di Perseo e mitico capostipite della famiglia dei Medici. Il C. tenta qui la conciliazione tra la funzione encoiniastico-cortigiana, che dominava nelle Nozze, e la propria vocazione di "cristiano, e religioso poeta", trattando di una guerra in qualche modo "santa" e traendo dal suo soggetto tutti i possibili spunti di edificazione morale. Alla illustrazione allegorica della dogmatica cattolica, senza compromessi con la dimensione profana, egli torna invece con i ventidue canti della Verità smarrita, dove la Fede guida il Filosofo al possesso della Sapienza facendo ricorso agli strumenti forniti dall'armamentario scolastico e dalla tradizione apologetica cattolica.
Il C. morì a Muro Lucano nell'anno 1651.
Fonti e Bibl.: G. Galilei, Opere (ed. nazionale), XVII, p. 24; XX, p. 42-1; G. Paganino, Chartae palantes..., Florentiae 1638, pp. 147-53; F. Ughelli, Italia sacra, VI, Romae 1659, p. 1042; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 142; L. Nicodemo, Addizioni copiose... alla Biblioteca napoletana del dottor N. Toppi, Napoli 1683, pp. 120-122; L. Tasselli, Antichità di Leuca, Lecce 1693, pp. 517, 533; F. S. Quadrio, Della storia, e della ragione d'ogni poesia, III, 2, Milano 1744, p. 465; D. Moreni, Bibl. storico ragionata della Toscana, Firenze 1805, I, p. 293; IX, p. 264; G. B. de Tomasi di Gallipoli, in Biografia degli uomini ill. dei Regno di Napoli, V, Napoli 1818, s. v.; L. Cicognara, Catalogo ragionato dei libri d'arte e d'antichità posseduti dal Conte Cicognara, I, Pisa 1821, p. 247; B. Ravenna, Memorie istor. della Città di Gallipoli, Napoli 1836, pp. 538-540; C. Minieri Riccio, Memorie stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 105-106; A. Solerti, Musica ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637. Firenze 1905, pp. 197-201; F. F. Guerrieri, Galileo Galilei e il poeta gallipolino G. C., in Apulia, II (1911), pp. 220-225; C. Molinari, Le Nozze degli Dei, Roma 1968, pp. 176-78 e figg. 62 ss.; Il luogo teatrale a Firenze (catal .), Firenze 1975, pp. 51, 139-143.