GIANNI (Giani), Giovan Battista
Nacque a Cerano d'Intelvi nel Comasco intorno alla metà del XVII secolo. Nulla si conosce della formazione di questo architetto, scultore e stuccatore che maturò nell'ambiente culturale lombardo-ticinese; si può ipotizzare un passaggio a Roma prima di arrivare in Abruzzo, dove la sua attività è documentata dal 1685 al 1728. I primi documenti segnalano la presenza del G. a Gagliano Aterno nel 1685, anno in cui portò a termine i lavori di rinnovamento della chiesa di S. Chiara. Qui il G. operò una trasformazione radicale dello spazio medievale interno: realizzò la volta a botte a copertura della navata unica, gli altari laterali corredati di statue a tutto tondo e la decorazione a stucco, conferendo omogeneità all'insieme. La tipologia di questo primo intervento documentato, tra i diversi motivi di interesse, colloca il G. tra i primi artisti che introdussero quella rielaborazione del linguaggio tardobarocco che si affermò in Abruzzo e in Molise per tutto il Settecento. Gli elementi stilistici utilizzati dal G. definirono una particolare forma barocca di matrice lombarda, non priva di influenze romane, lontana da quelle pugliesi o campane. Una formula di rinnovamento che riguardò, in particolare, l'aspetto architettonico, scultoreo e decorativo di edifici preesistenti, generalmente di origine medievale. Sempre a partire dal 1685 il G. fu attivo a Pescocostanzo, nella collegiata di S. Maria del Colle, dove, chiamato a completare un contesto strutturale e decorativo già parzialmente definito, eseguì l'altare di S. Antonio, posto sul lato destro della controfacciata, gli altari e gli stucchi della cappella del Ss. Sacramento, realizzati tra il 1691 e il 1693 insieme con il comasco F. Ferrandini, e infine il progetto e, forse, l'esecuzione, degli stucchi dell'abside.
Nell'altare di S. Antonio, datato 1687 sulla base della colonna interna destra, il G. impostò una tipologia architettonica basata su due coppie di colonne, poste su un piano di posa a scalare, a sostegno di un coronamento mistilineo a cornice spezzata. Vi compaiono alcuni elementi specifici del suo linguaggio: la sinuosità delle linee spezzate e irregolari, la curvatura delle lastre, capaci di accentuare l'articolazione e la profondità dello spazio architettonico. L'altare è completato dall'inserimento delle due statue a tutto tondo delle ss. Agnese e Barbara.
Nella cappella del Ss. Sacramento il G. ideò un insieme notevolmente coerente tra i diversi elementi e soggetti decorativi, introducendo medaglioni a rilevo in stucco con episodi veterotestamentari, David e Golia, il Giudizio di Salomone, messi in relazione con le due statue poste a fianco dell'altare, rappresentanti Il citareda David e Salomone.
Le fonti di archivio documentano che i rapporti con la città di Pescocostanzo proseguirono fino al 1695, ma l'attività del G. nella regione si caratterizzò per la grande mobilità sul territorio. Nel 1693 fu probabilmente a Penne per la decorazione della chiesa di S. Salvatore dei Celestini (distrutta). Intorno agli anni 1695-97 fu presente a Chieti, dove prestò la sua opera in numerosi edifici. In qualità di architetto progettò ed eseguì il corpo di fabbrica del collegio delle suore pie; e, come decoratore, compì gli stucchi della chiesa annessa. Nella progettazione architettonica del collegio, in particolare, il G. si misurò con la realizzazione ex novo di un complesso architettonico, mostrando una particolare attenzione per il suo aspetto funzionale. Nella cattedrale disegnò un paliotto poi eseguito in marmi commessi; nella chiesa di S. Gaetano realizzò l'altare maggiore, per il quale venne pagato il 9 luglio 1701 con un terreno, e, probabilmente, anche i due altari laterali; lavorò altresì alla decorazione dell'oratorio del Sacro Monte dei Morti, e della cappella dedicata a S. Antonio da Padova nella chiesa di S. Francesco di Paola.
I lavori eseguiti a Chieti segnarono l'inizio di un'intensa attività nell'area adriatica, dove le opere del G. risultano presenti nei centri più importanti del territorio e particolarmente a Penne. Qui il G., insieme con i suoi collaboratori, lavorò nelle chiese di S. Giovanni Evangelista, di S. Chiara, di S. Maria in Colleromano e di S. Domenico. Nel 1701 progettò e realizzò l'intera decorazione plastica della chiesa di S. Giovanni Evangelista, dell'Ordine delle monache gerosolimitane, per la quale ricevette pagamenti fino al 1706. La chiesa, con pianta a croce greca, era stata costruita ex novo e completata nel 1700 da un architetto ignoto: il G. vi realizzò gli altari, le sculture a tutto tondo e i rilievi, opere nelle quali raggiunse il suo più alto livello qualitativo, coadiuvato dai due mastri muratori, F. e D. Augustone. In particolare, la produzione scultorea a tutto tondo, comprendente i putti, sulla trabeazione e ai lati dell'altare, e le statue di santi, presenta caratteristiche che possono essere considerate peculiari dello stile del G.: il trattamento sinuoso dei corpi, la morbidezza dei panneggi, la delicata esecuzione dei volti e delle mani, che confermano le influenze del linguaggio tardobarocco romano.
Al G. viene attribuita la decorazione, di minore impegno e qualità, della ricostruita chiesa di S. Chiara, dell'Ordine delle clarisse, inaugurata il 2 luglio 1702 (Battistella). Certo è invece il suo intervento in S. Maria in Colleromano, per cui realizzò quasi tutti gli altari, tranne due che vennero terminati dai suoi collaboratori. A lui si deve anche il progetto della ristrutturazione architettonica dell'interno della chiesa di S. Domenico, successivamente realizzato tra il 1722 e il 1730 da un suo collaboratore, il ticinese D. Poma. Il G. ideò per l'aula trecentesca un impianto longitudinale, coperto con volta a botte, scandito da paraste e da nicchioni, non profondi, che accolgono gli altari laterali. La ricca struttura dell'altare maggiore scherma il profondo coro. L'intervento architettonico doveva essere completato nel 1730, quando la decorazione in stucco venne affidata a G. Rizza; mentre il G. non compare più nei documenti relativi alla chiesa.
Incerta è la presenza del G. nell'ambito della ristrutturazione settecentesca di S. Maria di Collemaggio a L'Aquila, che riguardò la decorazione delle due cappelle laterali al presbiterio. Sono stati riferiti al G. in particolare gli stucchi della cappella destra dedicata a S. Pietro Celestino che recano la data 1706.
Un altro centro dove l'attività del G. fu consistente è Atri, dove il suo intervento è stato individuato nelle chiese di S. Francesco, S. Reparata, S. Chiara, e, forse, S. Domenico. Il primo edificio a subire un radicale rinnovamento fu la duecentesca chiesa di S. Francesco, riconsacrata nel 1715. Il G. curò il progetto di ristrutturazione del vasto spazio interno e la decorazione a stucco. Particolarmente interessante il modello "controriformista" al quale è ispirato l'edificio: grande navata centrale con volta a botte e profonde cappelle laterali. La decorazione interessò sia gli altari delle cappelle laterali, l'uno diverso dall'altro, sia la navata e il presbiterio. Per la chiesa di S. Reparata, che sorge addossata alla navata destra della cattedrale, il G. progettò un'architettura a croce greca con il braccio d'ingresso più lungo, probabilmente ricostruendo interamente un edificio precedente che può essere fatto risalire alla seconda metà del XIV secolo. Più incerta è la presenza del G. nella decorazione a stucco del presbiterio e degli altari laterali dove gli evidenti alleggerimenti negli elementi architettonici hanno fatto pensare a un'esecuzione più tarda; la chiesa infatti fu consacrata solo nel 1758. In S. Chiara la presenza del G. è solo ipotizzata; si tratta del più antico rifacimento barocco in ambito abruzzese, iniziato, sulla base della documentazione archivistica, nel 1634 e completato nella seconda metà del Settecento. Al G. sono stati attribuiti ora l'altare maggiore, ora i due laterali, la cui tipologia è comunque molto vicina a quelli della chiesa di S. Giovanni Battista a Penne. Un intervento del G. nella chiesa di S. Domenico è stato ipotizzato sulla base di un'analisi stilistica; ma esso non è confermato dalla documentazione archivistica, che data il rifacimento dell'edificio intorno al 1711 (Battistella).
La fertile attività del G., a volte coadiuvato dai suoi collaboratori, è testimoniata da un consistente numero di altri interventi a lui attribuiti sulla base di indagini stilistiche, tra i quali gli altari delle navate laterali e la decorazione del presbiterio e del transetto nella chiesa della S. Annunziata a Sulmona, l'ampliamento della parrocchiale S. Michele Arcangelo a Città Sant'Angelo, la ristrutturazione della cattedrale e la decorazione a stucco della chiesa di S. Caterina a Ortona. Questo elenco, al quale si potrebbero aggiungere molti interventi minori o parziali e di difficile datazione, rende evidente come la presenza di questo artista abbia determinato il volto storico-artistico di tutta l'area dell'Abruzzo adriatico nei primi decenni del Settecento, diffondendo e rielaborando le caratteristiche stilistiche e compositive del linguaggio scultoreo e decorativo tardobarocco.
Non si conoscono il luogo e la data di morte dell'artista.
Il G. lasciò un importante nucleo di collaboratori, sempre provenienti dall'area lombardo-ticinese, che lavorarono in Abruzzo, Molise e Campania, tra cui Girolamo Rizza da Veglio, documentato dal 1718 al 1739; Carlo Piazzoli da Pigra, del quale si hanno notizie dal 1707 al 1757; Domenico Poma nativo di Mezzovico nella Valle di Lugano, documentato a Penne negli anni Venti e Trenta del Settecento; Davide Terzani, comasco, attivo in Abruzzo, insieme con il fratello Luigi, nella prima metà del XVIII secolo.
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