ANNONI, Giovan Battista
Nacque intorno al 1660 da famiglia da tempo dedita a Milano al commercio delle stoffe. Sposò la figlia di un agiato mercante, M. Francesca Soldati, ma non ebbe figli. Intorno al 1690 compare già come uno dei più solidi e affermati mercanti di tessuti di seta d'oro e d'argento.
L'A. importava sete in grosse partite, monopolizzandone il commercio, scoraggiando la fabbricazione locale e ottenendo grossi guadagni. Si riforniva dalla Francia (Lione) e anche direttamente dal Levante; aveva suoi agenti a Livorno e a Genova e procuratori saltuari a Madrid e altrove.
Il periodo della sua maggior fortuna (1690-1710) coincise però col diffondersi di una grave crisi nella produzione auro-serica milanese. Le reazioni dei tessitori e mercanti di seta riuscirono ad ottenere dal governo spagnolo, nel 1697e nel 1698, provvedimenti contro l'importazione di drappi forestieri: non sempre però rigorosamente applicati. Nonostante questi decreti, infatti, nella denuncia, dei "drappi e bindelli" forestieri ordinata nel 1713 dalla Giunta del mercimonio, l'A. notificò stoffe per un valore di 243.000 lire imperiali, su un totale di 963.000 lire denunciate da tutti gli altri commercianti milanesi: esattamente il 25%; mentre di "drappi e bindelli nostrani" non ne aveva che per 30.000 lire: meno del valore delle merci trafficate nel solo primo semestre di quell'anno, che era di 32.000 lire.
Proprio nel 1713, dietro nuove insistenze dei tessitori di seta e anche per evitare fermenti sociali che il crescente numero di lavoranti disoccupati sembrava creare (si era scesi da 809 telai in attività nel 1697 a 283 telai nel 1711), il governo austriaco rinnovò la proibizione di importare drappi e sete dall'estero. L'A. ne fu duramente colpito. Molte stoffe giacevano già bollate nel suo negozio per i vecchi provvedimenti, e nei sei mesi concessigli questa volta per l'estrazione di tutte le merci importate, non poté esitarne che una piccola parte, a Livorno e a Genova. In una denuncia del 1720, quando già aveva abbandonato il commercio, dichiarò di avere ancora in giacenza molti drappi "assai antichi e invendibili".
Sin dal 1712, prevedendo un inasprimento della politica protezionistica, aveva fatto impiantare 9 telai per suo conto, accedendo anche all'invito della corporazione dei mercanti che voleva riportare per quell'anno il numero dei telai almeno a 350: ma qualche anno appresso solo 5 telai lavoravano per lui.
Poiché il commercio della seta declinava sempre più, l'A. decise, poco prima del 1720, di chiudere negozio e investì i crediti rimastigli nell'acquisto di case, terreni e opere d'arte. L'importazione delle stoffe di seta doveva certo avergli reso somme straordinarie: ancora nel 1735 aveva crediti per circa mezzo milione di lire con nobili, con funzionari e con i personaggi più in vista della società milanese, un tempo suoi clienti. Parte dei suoi guadagni impiegò nella costruzione della chiesa di S. Michele ai Nuovi Sepolcri (1713), che doveva servire da cimitero all'Ospedale Maggiore, e a sue spese fece costruire nel 1725 l'armonioso porticato a pianta curvilinea che la recinge, opera dell'architetto F. Raffagno, suo amico.
Dall'inventario redatto dopo la sua morte sappiamo che la sua casa milanese in contrada S. Paolo e la sua villa di Capriano erano ricche di mobili di pregio, di argenteria, di oggetti preziosi di moda francese. Nella sola casa milanese erano raccolti duecento quadri d'autore: uno ciascuno agli esecutori testamentari, e uno grande, "di mano del Vandich, rappresentante N. S. morto e la B. V. Addolorata", ne lasciava per testamento alla marchesa Claudia Erba Visconti.
Dopo essere stato per qualche tempo anche sovrintendente alla Zecca, ammalatosi gravemente, visse ritirato nella sua casa milanese. Morì il 21 ott. 1735 nominando erede universale il luogo pio di Loreto presso San Fedele e lasciando ingenti somme ad altre pie istituzioni. Volle essere sepolto nella chiesa di S. Michele.
Un pregevole ritratto dell'A., opera di Antonio Bonacina, è conservato nella quadreria dell'Ospedale Maggiore di Milano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Commercio, p.a., Cart. 229 e 230; Fondo notarile, Lambertenghi G. Francesco, filza 41025 e ss.; Arch. storico civico, Famiglie, cart. 48-51; Materie, Seta ,cart. 684, 876, 877, 878, 879; G. Sangiorgio, I lombardi viaggiatori fuori d'Europa, Milano 1882, p. 15; P. Canetta, Elenco stor-biogr. dei benefattori dell'Ospedale Maggiore di Milano (1456-1886), Milano 1887, p. 206; L. Benvenuti, Diz. degli Italiani all'estero, Firenze 1890, p. 24; A. Noto, Gli amici dei poveri di Milano, Milano 1953, pp. 363, 536; S. Spinelli, La Ca' Granda (1456-1956), Milano 1956, p. 258.