SPINI, Giorgio
SPINI, Giorgio. – Nacque a Firenze il 23 settembre 1916, da Rodolfo, di confessione valdese, e da Isolina Mascagni, cattolica.
In giovinezza partecipò alla vita della comunità valdese, maturando una vocazione allo studio nutrita di istanze religiose e di un antifascismo «profondo e viscerale» (G. Spini, La strada della Liberazione. Dalla riscoperta di Calvino al Fronte della VIII Armata, a cura di V. Spini, Torino 2002, p. 303). Punto di riferimento furono i volumi della Doxa, la casa editrice curata da Giuseppe Gangale, e i rapporti ben presto stretti con questi, Giovanni Miegge e Valdo Vinay. Diciassettenne collaborò con Gioventù cristiana e poi con Ebenezer e partecipò attivamente alla vita delle organizzazioni giovanili protestanti, grazie alle quali fece anche un viaggio in India. Sulle riviste prima ricordate pubblicò articoli su temi di fondo del dibattito politico e culturale di quegli anni, spesso con toni così vivaci da spingere la redazione di Gioventù cristiana a prendere le distanze dal suo collaboratore.
Vivo fu l’interesse a trovare, sul terreno della storia, una risposta al fascismo che, con i Patti lateranensi, aveva cancellato le istanze liberali e laiche del Risorgimento. Istanze che egli vedeva pienamente incarnate dal protestantesimo italiano, le cui radici non erano da cercare nella Riforma del Cinquecento, ma nel ‘Risveglio’ dell’età romantica (G. Spini, La strada della Liberazione..., cit., pp. 30-32).
Si iscrisse nel 1933 all’Università di Firenze, ma, come ricorderà più tardi, «dei professori di storia che ho avuto all’Università non ne ricordo nessuno che abbia avuto un’incidenza nella mia vita» (Considerazioni conclusive, in Tradizione protestante e ricerca storica: l’impegno intellettuale di Giorgio Spini, a cura di A.E. Baldini - M. Firpo, Firenze 1998, p. 109); ben diversa, invece, l’influenza di Ernesto Bonaiuti, del quale «ascoltavo commosso le lezioni [...]. In materia di storia ho imparato più da questo prete cattolico modernista che da ogni altro» (ibid.).
Nel 1936 dette alle stampe un romanzo poliziesco, La bottega delle meraviglie (è il n. 137 della fortunatissima collana I libri gialli della Mondadori e uno dei pochi di autore italiano lì ospitati).
Il ‘giallo’, di cui alcuni brani sono stati ripubblicati in Vicoli delittuosi, cimiteri misteriosi (a cura di G. Braschi, Firenze 2006, pp. 27-39) si segnala per la vivacità della rappresentazione della società fiorentina e per gli sviluppi, davvero ben costruiti, dell’azione poliziesca.
Al centro della riflessione dello studente Spini erano comunque la storia e il ruolo della minoranza protestante nel contesto dell’Italia fascista, più che i temi di storia della Toscana di Cosimo I, che pure discusse, nel 1937, per la tesi di laurea, sostenuta con Niccolò Rodolico. Lo mostrano gli interventi pubblicati nelle riviste prima citate e soprattutto il romanzo 1,9‰, edito nel 1938 dall’editore Teodoro Balma, a Catania.
Cupi i toni e la trama del romanzo (riedito a cura di R.M. Galleni Pellegrini da Claudiana, Torino, nel 2004): la storia di un giovane pastore valdese fiorentino, che vinto dalla storia – l’Italia clerico-fascista – e dalla vita (la malattia della moglie, le vicende familiari) trova, solo alla fine, conforto nella compattezza di una piccola congregazione delle Valli.
Nel romanzo centrale è la cornice, ossia la storia delle comunità protestanti nell’Italia del suo tempo, che è stato, a ben vedere, il tema intorno al quale si sono formati e consolidati gli interessi di ricerca di Spini, che avrebbero trovato piena espressione in una vera e propria trilogia: Risorgimento e protestanti (Napoli 1956; riedito più volte da Claudiana); Italia liberale e protestanti (Torino 2002); Italia di Mussolini e protestanti, prefazione di C.A. Ciampi, introduzione di G. Verucci, a cura di S. Gagliano (Torino 2007), opere che attraversano tutta la vita di Spini, sempre attento alla ricostruzione del «rilevante contributo che la minoranza protestante e in generale il protestantesimo nella sua dimensione europea e internazionale hanno dato prima nella costruzione dell’Italia unita e del suo successivo sviluppo liberale, almeno in parte laico, poi alla resistenza opposta al regime fascista» (Italia di Mussolini, cit., p. 7). Storia, questa, di un’Italia evangelica «piccola e grama» – 1,9‰ era appunto la percentuale dei protestanti nell’Italia del 1911 – e che pure ha agito come un lievito importante nella storia politica e culturale del Paese e le cui origini – come ripeté spesso Spini – erano nell’Ottocento romantico e nel ‘Risveglio’ protestante: «l’Italia evangelica non viene su calvinista [...] ma méthodiste» ed ebbe «un colore ideologico assai omogeneo» (Risorgimento e protestanti, cit., p. 303). Su queste basi «Giuseppe Gangale e ‘Conscientia’, nel solco di Gobetti e di ‘Rivoluzione Liberale’, avrebbero opposto il fantasma di Calvino all’Italia cattolica e littoria di Mussolini» (p. 343), offendo una risposta, scriveva Spini già nel 1934 su Gioventù cristiana, alla crisi del Novecento: un secolo nato sui valori del liberalismo dell’Europa protestante e che negli anni Trenta risuonava dei toni intolleranti e illiberali del fascismo e del nazismo.
Il lavoro svolto da Spini per la tesi di laurea sul principato di Cosimo I de’ Medici lo portò nel 1940 a curare una raccolta di lettere (Cosimo I de’ Medici. Lettere, con una prefazione di A. Panella, Firenze 1940) e, nel 1945, tornato dalla guerra, a pubblicare il volume Cosimo I e l’indipendenza del principato mediceo (Firenze 1945), basato su nuove ricerche svolte nel 1940 nell’archivio di Simancas, mentre era lettore di italiano nell’università di Santiago de Compostela. Pur impegnato intorno ai temi della tesi di laurea, a testimoniare la fedeltà ai suoi interessi specifici, nel 1940 pubblicò una Bibliografia delle opere di Antonio Brucioli (in La Bibliofilia, 1940, n. 42, pp. 129-180), propedeutica al volume Tra Rinascimento e Riforma: Antonio Brucioli (Firenze 1940). Il volume tratteggiava un profilo teologico e culturale dell’Italia evangelica e, fin dal titolo, sembrava accennare a un dialogo con le tesi che Delio Cantimori aveva sostenuto nel suo Eretici italiani del Cinquecento (Firenze 1939), che Spini citò spesso nei suoi lavori e con tono di piena adesione in un passo del suo Risorgimento e protestanti. Più che alla storia di un eretico riformatore, era interessato a Brucioli nella misura in cui scorgeva nella sua vita e nella sua opera «gli orientamenti della media cultura italiana del suo tempo», portatore, dunque, di una «posizione genericamente ‘evangelica’ e specificamente protestante» (Tra Rinascimento e Riforma, cit., pp. 238 s.).
Chiamato alle armi nel giugno del 1941, l’8 settembre 1943 lo colse ricoverato presso l’ospedale militare nelle Valli Valdesi. Già membro, dal 1942, del Partito d’azione, decise di passare le linee tedesche e di raggiungere a Bari l’esercito regio. Congedato per le sue posizioni politiche dall’esercito, entrato in rapporti con il comando inglese, lavorò a Radio Bari, dalla quale parlò sotto la copertura di un nome falso, Valdo Gigli, e con questo nome firmò, tra il 1944 e il 1945, molti articoli di attualità politica su L’Italia del popolo, il Corriere del mattino e La Nazione del popolo. Riammesso nell’esercito italiano fu aggregato allo Psychological warfare branch combat team dell’8ª armata britannica e partecipò alla campagna d’Italia fino al congedo, a maggio del 1945. Nell’aprile dello stesso anno sposò Anna Petrucci, figlia del pastore metodista di Firenze, con la quale ebbe tre figli: Valdo, Daniele e Debora. A Firenze tornò a un’intensa attività di pubblicista (G. Spini, Lo storico e la politica: scritti giornalistici, 1945-1961, a cura di M. Bianchi, Firenze 2007). Nel 1947 vinse il bando per un posto di allievo alla Scuola storica, diretta da Federico Chabod presso l’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea. Per l’Istituto lavorò alla storia della Nunziatura fiorentina durante il Principato mediceo, avvio di un lavoro mai pubblicato e del quale si conservano le trascrizioni delle fonti fiorentine nell’archivio dell’Istituto.
Negli anni della Scuola storica, più che nel progetto di ricerca, si impegnò nella scrittura di un manuale scolastico: il Disegno storico della civiltà italiana per i licei classici, scientifici e magistrali (I-III, Firenze 1947-1949, testi destinati a essere ristampati più volte). Manuali, questi, la cui redazione si intrecciava con una costante riflessione storiografica, spesso ospitata in riviste dal deciso carattere militante. Pubblicò successivamente Ricerca dei libertini. La teoria dell’impostura delle religioni nel Seicento italiano (Roma 1950, 2ª ed. rivista e ampliata Firenze 1983), volto a rivendicare la presenza di una «Italia libertina», «piccola», ma vivace per altezza di riflessione e per i contatti con la cultura europea. Il volume segnò anche l’avvio di una brillante carriera accademica: professore di storia moderna, dal 1952, all’Università di Messina e poi, dal 1960, all’Università di Firenze. Per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta furono comunque centrali la scrittura o la riedizione di manuali scolastici, a testimonianza di un impegno storiografico e più ancora civile che appartenne a tutta una generazione di storici, passati per le tragiche vicende degli ultimi anni del regime fascista, della guerra e della Resistenza e approdati o tornati agli studi con la piena consapevolezza della funzione civile e politica degli storici chiamati, come aveva ricordato Adolfo Omodeo nel 1944, a «togliere dalla scuola ogni traccia del triste ventennio, avvilimento e asservimento della cultura a volgari e angusti concetti» (A. Omodeo, Libertà e storia: scritti e discorsi politici, Torino 1960, p. 517).
Spini ricostruiva la storia di un ‘mondo moderno’ che trovava nella rivoluzione americana e nello spirito liberale che l’aveva animata il suo momento più alto: una ‘civiltà’ che aveva i suoi elementi fondanti nella formazione degli Stati europei, nell’allargarsi dei traffici e della ricchezza in seguito alla scoperta dell’America, nello spirito e negli esiti della Riforma religiosa, nella ‘scienza nuova’ del XVII secolo, nella Gloriosa rivoluzione e nell’instaurarsi della prima monarchia parlamentare, nell’affermazione della nuova democrazia americana, nella complessa e contraddittoria vicenda della Rivoluzione francese e dei suoi principi universali. Del tutto nuova, nel panorama della manualistica italiana, era l’enfasi sulla Riforma religiosa cinquecentesca.
La fortuna editoriale e di vendite del Disegno storico della civiltà (manuale pubblicato nel 1947-1949 e poi nel 1955 da Cremonese) ebbe, nel 1965, conferma nella pubblicazione in una prestigiosa collana dell’editore Einaudi che riprendeva, in una veste assai diversa da quella di un’opera scolastica, le tesi del manuale. Nel 1968 Spini dette alle stampe un volume dedicato a un tema sul quale si era impegnato con numerosi interventi su riviste fin dai primi anni Sessanta: Autobiografia della giovane America. La storiografia americana dai Padri Pellegrini alla Indipendenza (Torino 1968). Era, questa, una puntuale ricerca sul «contributo recato dalla storiografia alla formazione della coscienza della propria identità degli americani e allo sviluppo dei loro ideali religiosi, morali e politici» (p. XII), che ben si inseriva nel dibattito di quegli anni sulla natura e sui valori della democrazia americana. Continuavano intanto i suoi studi sulla storia del protestantesimo italiano: nel 1971 pubblicò L’evangelo e il berretto frigio. Storia della Chiesa cristiana libera in Italia: 1870-1904 (Torino); nel 1991, Barocco e puritani. Studi sulla storia del Seicento in Italia, Spagna e New England (Firenze); nel 1994 Studi sull’Evangelismo italiano tra Otto e Novecento (Torino). Ma in questi decenni si impegnò anche su altri temi di ricerca. Riprese i suoi interessi di storia del Principato mediceo: nel 1976 curando il volume Architettura e politica. Da Cosimo I a Ferdinando I (Firenze) e nel 1980 con la nuova edizione del volume apparso nel 1945 sul principato di Cosimo I. Nel 1986, insieme ad Andrea Casali, pubblicò un volume, Firenze, nella collana Laterza di storia delle città; nel 1992 Le origini del socialismo. Da Utopia alla bandiera rossa (Torino); nel 1996 Galileo, Campanella e il «Divinus Poeta» (Bologna); nel 1999, Michelangelo politico e altri studi sul rinascimento fiorentino (Milano; in parte riedito nel 2017: Michelangelo politico; prefazione di T. Montanari, presentazione di V. Spini); e ancora, nel 2002, Dalla preistoria del socialismo alla lotta per la libertà (Milano) e, postumo nel 2017, Una ‘testimone della verità’. Eleonora de Fonseca Pimentel tra impegno civile e riflessione etico-religiosa (Napoli).
Più volte Spini si è raccontato e ha riflettuto sul suo lavoro. Non solo con il tono ironico e corrosivo con il quale, nella premessa alla seconda edizione del suo Cosimo I e l’Indipendenza dello Stato mediceo, nel 1980, rivendicava il suo non essere «uno storico à la page», irridendo alla storia quantitativa, alla cultura materiale, alla longue durée, alla cultura orale e «alle oscure mitologie contadine»; ma con toni diversi nelle Considerazioni conclusive, con le quali chiudeva, nel 1996 il convegno a lui dedicato dalla Fondazione Firpo, là dove avvertiva che se qualche ‘contributo’ aveva portato alla storia del protestantesimo, questo «lo si trova soprattutto in libri come Autobiografia della Giovane America o Risorgimento e protestanti, o Barocco e puritani». Molto poi Spini ha raccontato di sé, della sua formazione giovanile e dell’esperienza di guerra, in quella sorta di dialogo con il figlio Valdo edito nel 2002 (La strada della Liberazione..., cit.). Testi, questi, dai quali si ricava la dimensione civile e politica della figura di Spini, della sua passione per la democrazia e per il socialismo, che si è tradotta in una partecipazione alla vita politica repubblicana: dapprima in raggruppamenti che intendevano difendere i valori del Partito d’azione, anche dopo il suo scioglimento, e in un deciso impegno nelle elezioni del 1953 contro la legge elettorale maggioritaria; e dal 1957 nel Partito socialista italiano (PSI), collaborando alla sezione Scuola e Università a sostegno della riforma della scuola media unica. Dal 1975 al 1990 fu consigliere comunale a Fiesole, suo luogo di residenza, eletto nelle liste del PSI. Nel 1976 partecipò alla fondazione dell’Istituto socialista di studi storici, di cui fu anche presidente. Predicatore laico, fu membro della Tavola valdese e partecipò, negli anni del governo guidato da Bettino Craxi, alla stesura delle Intese con le chiese protestanti.
Morì a a Firenze il 14 gennaio 2006.
La biblioteca di Spini è stata donata dagli eredi alla Biblioteca comunale di Aulla (Massa-Carrara).
Fonti e Bibl.: Per la bibliografia si veda la Bibliografia degli scritti di G. S., Firenze 2007. Manca a oggi un’esauriente valutazione della sua opera nel contesto della storiografia italiana. Ancora validi i contributi critici raccolti in Tradizione protestante e ricerca storica. L’impegno intellettuale di G. S., a cura di A.E. Baldini - M. Firpo, Firenze 1998; pochissimi i cenni in G. Galasso, Storia della storiografia italiana: un profilo, Bologna 2016, ad indicem.