MASSARI, Giorgio
– Nacque a Venezia il 13 ott. 1687 da Stefano, di mestiere falegname, e da Caterina Pol, e due giorni dopo fu battezzato nella chiesa di S. Luca (Massari, 1971 e 1981, cui si rimanda dove non diversamente indicato). Il padre, originario di Vico, frazione di Treviso, si era trasferito a Venezia forse solo poco prima del 1678.
Non si hanno notizie sulla formazione del M. che fu attivo come architetto almeno a partire dal 1712, quando costruì a Istrana (non lontano da Treviso) una villa con annessa chiesetta per il primo dei suoi committenti, Paolo Tamagnin (o Tamagnini).
Influenzato da Baldassarre Longhena attraverso la lezione di Antonio Gaspari, il M. non fu un teorico, bensì un architetto saldamente attaccato al proprio mestiere, per il quale studiò e seppe fare propria la tradizione classica di Iacopo Tatti detto il Sansovino e soprattutto di Andrea Palladio, senza per questo cedere all’accademismo.
Nelle ville e nelle chiese da lui progettate riecheggiano diversi modelli palladiani, sia per quanto riguarda la concezione e l’organizzazione dello spazio all’interno e all’esterno della costruzione, sia per alcuni dettagli, come si intuisce già nella villa di Istrana, che forse non fu la prima opera del M., ma che resta la prima a essere datata. A questa seguì nel 1715 la villa Corner di Sant’Andrea di Cavasagra sempre nel Trevigiano, dove però l’intervento del M. fu successivamente oscurato dalle aggiunte di Francesco Maria Preti. Dello stesso 1715 è l’oratorio di S. Maria della Salute a Badia Polesine (presso Rovigo), voluto da Giovan Francesco Loredan, membro di una delle famiglie che più volte chiamarono il M. a operare al proprio servizio.
L’oratorio è il primo di una serie, forse in origine ancora più cospicua, di edifici religiosi, sparsi nel territorio veneto, che ripetono con varianti il modello palladiano del S. Giorgio Maggiore (soprattutto per quanto riguarda la facciata) o del Redentore (per l’interno ad aula unica). Si citano qui la distrutta chiesa parrocchiale di Vedelago, databile attorno al 1717, la parrocchiale di San Martino di Lupari del 1717 e la parrocchiale di Galliera Veneta del 1720, ampliata però nel 1925.
Durante l’intero arco della sua attività, il M. alternò progetti per chiese a progetti per ville e abitazioni: nel corso del 1718 fu impegnato nella realizzazione della villa Pola a Barcon di Vedelago, terminata nel 1721, opera considerata dalla critica come capolavoro del M. e purtroppo andata distrutta nel 1861, a eccezione della barchessa occidentale.
A partire dal 1718 portò a compimento la chiesa, affidata ai padri filippini, di S. Maria della Consolazione o della Fava a Venezia, iniziata da Gaspari.
L’edificio mancava della cappella maggiore e della decorazione interna; il M. ne disegnò gli altari e probabilmente anche i mobili della sagrestia. Non è questa la prima testimonianza di uno speciale interesse del M. per la progettazione globale, come attestano i disegni pubblicati da Mattiello, che peraltro permettono di seguire le successive fasi di ultimazione dei lavori della chiesa della Fava, protrattisi almeno fino al 1739.
Databili intorno al 1719 sono i progetti per la villa Loredan a Paese di Treviso, distrutta, e quello per la villa Fietta a Paderno del Grappa, i cui lavori iniziarono nel 1721, ma si protrassero per decenni, tanto che la villa attuale rispecchia solo in minima parte il progetto originale del M.; quello che resta rivela comunque, come in villa Tamagnin, un grande equilibrio compositivo.
Antonio Loredan, fratello di Giovan Francesco, fu probabilmente il fautore della chiamata a Brescia del M. da parte dei padri filippini, che nel 1720 gli affidarono il progetto della chiesa di S. Maria della Pace, di cui disegnò anche gli altari e al cui interno realizzò una decorazione a monocromo (Repishti).
Tra le chiese progettate dal M. è quella che maggiormente risente della lezione barocca: è stato perciò ipotizzato un suo viaggio a Roma per studiare le opere di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Girolamo Rainaldi. I primi disegni per la nuova chiesa, consacrata il 24 maggio 1746, erano già stati presentati il 6 marzo 1720. L’edificio, a pianta rettangolare, presenta sei cappelle laterali e un profondo presbiterio; la copertura è a cupola. Come di consueto il M. affidò la direzione dei lavori all’architetto locale Giovan Battista Marchetti.
Trovandosi a Brescia nel 1720, gli venne richiesto un parere circa la copertura del duomo. Tra il 1720 e il 1746 si colloca l’edificazione della chiesa parrocchiale di Rossano Veneto, attribuita al M. per le similitudini con altri edifici sacri dell’architetto (Massari). Al 1721 si datano gli inizi dei lavori per il palazzo Fietta ad Asolo; nel 1724 il M. cominciò a progettare la parrocchiale di Resana. In ragione di una evidente affinità con quest’ultima, si attribuisce al M. la parrocchiale di Scorzè, iniziata nel 1745 e consacrata nel 1767.
È del 1725 il principio di un altro dei capisaldi della sua produzione: la chiesa dei Gesuati a Venezia. Dopo imponenti lavori necessari per costituire le fondamenta, si procedette alla costruzione, ultimata nella struttura nel 1743 (anno dell’ultimo pagamento al M.), ma i cui lavori di decorazione proseguirono ancora per qualche tempo: Giovan Battista Tiepolo, che aveva già eseguito gli affreschi, ricevette il saldo per la sua pala d’altare nel 1748; Giovan Maria Morlaiter consegnò le ultime statue nel 1751.
La costruzione si ispira al Redentore di Palladio ma, forte dell’esperienza barocca, è più mossa e più attenta al problema della decorazione, per modo che il risultato, più che a Palladio, sia da accostarsi a Longhena; viene inoltre indicata la differenza sostanziale, tra il M. e Palladio, in termini di percezione della luce, qui molto più morbida e diffusa. Anche in questo caso spettano al M. i disegni per gli altari, oltre che per gli stalli del coro; incompiuto invece il chiostro, iniziato su suo progetto.
Il 1727 lo vide attivo, ancora a Venezia, nella costruzione dell’ospedale e dell’oratorio dei Catecumeni e nell’ampliamento della Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista; i lavori per quest’ultima si protrassero fino al 1757, e videro nuovamente il M. affiancato da Morlaiter per quanto riguarda la decorazione scultorea.
L’anno successivo, se è vero che egli seguì gli inizi dei lavori della chiesa di S. Giacomo a Castelfranco Veneto, mostra il M. comunque operoso nella propria città, innanzitutto nella cappella del Rosario ai Ss. Giovanni e Paolo, e di nuovo in un progetto inizialmente di competenza di Gaspari, ossia la chiesa di S. Marcuola. Il M. ebbe qui a che fare con diverse preesistenze, che cercò di accordare con la costruzione della cappella maggiore, alla quale seguì pure la cura degli arredi interni e della facciata, rimasta incompiuta.
Nel 1729 fu chiamato ancora una volta dall’Ordine dei padri filippini, in questo caso per la chiesa di S. Filippo Neri a Vicenza, opera che il M. non vide mai compiuta e che fu terminata solo nel 1825. All’anno successivo risale il progetto per il completamento della chiesa di S. Maria delle Grazie a Udine, conclusa invece nel 1746, tranne che per la facciata realizzata nell’Ottocento.
Massari attribuisce inoltre al M. la progettazione del santuario della Madonna delle Cendrole a Riese; mentre dai documenti si sa che nel 1730 gli venne affidata la ricostruzione della chiesa e dell’ospizio delle Penitenti a Venezia. Se la facciata, di forme palladiane, rimase incompiuta, l’interno, a pianta quadrata, risente del precedente progetto per la chiesa di S. Marcuola; il chiostro ha subito nel tempo pesanti rimaneggiamenti.
Nello stesso 1730 Tamagnin redasse un testamento in cui nominava erede universale il M., e nel quale dava disposizione per l’edificazione della chiesa di S. Giovanni in Bragora a opera dello stesso Massari. Morto nel 1734 Tamagnin, l’anno successivo il M. ne sposò la vedova, Pisana Bianconi.
Una parziale ricostruzione della chiesa dei Ss. Biagio e Cataldo a Venezia venne affidata nel 1731 al M., che si trovò così a sostituire Domenico Rossi, il quale aveva già provveduto a erigere parte della facciata e della cappella maggiore. Attualmente l’edificio, per i cui arredi interni il M. aveva fornito dei disegni, non è più esistente.
Come già in passato, furono diversi i cantieri aperti contemporaneamente dal M., che nel 1731 fu nuovamente a Udine per i lavori della facciata della chiesa di S. Antonio, per la progettazione degli altari nel duomo e per la costruzione della chiesa della Beata Vergine dei Sette Dolori, consacrata nel 1744 ma ora non più esistente (Seražin). Il M. non lasciò da parte neppure le commissioni per ville, se è corretta l’opinione di Massari circa un suo intervento (forse limitato alla chiesetta e alle barchesse) all’interno della villa Rezzonico di Bassano del Grappa, già attribuita in toto a Longhena. Una lapide nella parrocchiale di Crespano del Grappa ricorda la posa della prima pietra, avvenuta il 3 ott. 1735, e il M. come architetto. La pianta richiama quella di S. Maria della Pace a Brescia, mentre la facciata presenta elementi simili a quella di S. Antonio a Udine.
Nel 1735 va collocato l’inizio della costruzione di quello che viene considerato attualmente, vista la perdita della gran parte di villa Pola, il capolavoro del M.: villa Cordellina - Lombardi a Montecchio Maggiore, nel Vicentino. Completata nel 1760 e affrescata da Tiepolo, la villa è composta da due ampie barchesse e da diversi corpi di fabbrica, sapientemente distribuiti nello spazio, in modo da creare equilibrio e armonia, come nella migliore tradizione palladiana.
Nel 1736 il M. vinse il concorso per la realizzazione della chiesa veneziana di S. Maria della Visitazione o della Pietà, presentando un disegno ispirato all’ospedale delle Zitelle di Palladio. Edificata tra il 1745 e il 1760, è senz’altro un delle opere migliori del Massari. Per l’esecuzione di questa chiesa, annessa all’ospedale della Pietà o degli Esposti, e utilizzata, come tradizione, quale sala da musica, il M. si avvalse probabilmente dei consigli del maestro di cappella dell’istituzione, Antonio Vivaldi. Nel 1754 Tiepolo ne affrescò i soffitti; mentre il progetto del M. per l’attiguo ospedale non fu mai realizzato.
Il 1738 vide il M. sicuramente attivo all’interno del duomo di Capodistria, dove dovette riorganizzare organicamente le preesistenze, riuscendo in ogni caso a dare vita a uno spazio unitario.
Gli vengono inoltre attribuiti la paternità della parrocchiale di Casacorba, iniziata nello stesso anno, e il compimento della villa Giovanelli di Noventa Padovana, iniziata sempre da Gaspari; mentre sicuramente sua è la chiesa incompiuta di S. Spirito a Udine, a pianta quadrata. Altre due attribuzioni riguardano la parrocchiale di Villanova di Istrana, databile intorno al 1740, e la parrocchiale di Gussago del 1742, consacrata solo nel 1750; in quest’ultima il M. si fece affiancare ancora da Giovan Battista Marchetti.
Il M. compì un’ulteriore operazione di riordinamento delle preesistenze architettoniche nel duomo di Asolo a partire dal 1744, con interventi successivi fino forse oltre il 1747: in particolare gli venne richiesto di ricostruire la copertura, di riorganizzare l’imboccatura della cappella del Ss. Sacramento, e di dare in generale maggiore luminosità agli ambienti. Ad Asolo nel 1745 il M. portò anche a termine la villa Falier, progettata inizialmente da Pasino Canova, nonno di Antonio, villa a cui affiancò una chiesetta.
Nel 1748 il M. iniziò i lavori per palazzo Grassi a Venezia: l’edificio, la cui costruzione si protrasse oltre la morte del M. stesso, ha subito una serie di modificazioni che hanno alterato il progetto iniziale dell’architetto, ispirato al palazzo Corner del Sansovino.
Echi della lezione di Palladio si colgono nel cortile e nell’atrio, mentre lo scalone si rifà al S. Giorgio di Longhena. La disposizione degli ambienti venne ripresa due anni dopo nel completamento dell’edificio che sorge proprio di fronte a palazzo Grassi, palazzo Rezzonico, dove il M. ebbe a confrontarsi direttamente con quanto progettato dallo stesso Longhena. Un altro stimolante confronto lo ebbe con Sansovino, di cui completò, nel 1749, la loggetta di S. Marco.
Scalate tra 1748 e 1751 sono diverse costruzioni: il palazzo Vecchia a Vicenza, di eleganti proporzioni; la parrocchiale di Torreselle, ricondotta al M. per ragioni stilistiche; il palazzo Pasini ad Asolo, il cui piano nobile cita palazzo Grassi; palazzo Diedo - Saccomani a Oderzo, simile al precedente; la chiesa dei Gesuiti a Vicenza, forse solo inizialmente ideata dal M., ma i cui progetti sembrano essere di altra mano; la parrocchiale di Palazzolo sull’Oglio, l’unica tra quelle progettate dal M. a tre navate e crociera, dove venne affiancato prima da Antonio Marchetti e poi da Ascanio Girelli. Risalgono a quegli stessi anni anche alcuni progetti padovani, per la basilica del Santo e per il duomo.
Nel 1751 il M. rimase vedovo. In quello stesso anno, a Venezia, oltre ad apportare alcune aggiunte alla torre dell’Orologio di piazza S. Marco, dovette lavorare alla costruzione della chiesa di S. Giovanni in Oleo, consacrata nel 1762, la cui attribuzione è rimasta a lungo dibattuta tra il M. e Matteo Lucchesi, probabilmente esecutore del progetto del Massari.
Al 1756 risale anche la facciata della Scuola della Carità di Venezia, ora gravemente compromessa; mentre del 1760 sono il rifacimento della chiesa di S. Canciano, iniziata da Gaspari, ma ritenuta non soddisfacente per la scarsa illuminazione, e la progettazione della barchessa di villa Zen ad Asolo, oltre all’oratorio di S. Francesco a Castelcucco, in tutto simile alla chiesetta annessa a villa Tamagnin.
Tra le ultime opere si ricordano la parrocchiale di Gerolanuova (1763), i cui lavori furono diretti da Antonio Marchetti, e soprattutto il compimento del duomo di Cividale del Friuli, località dove doveva avere già operato, fornendo disegni per l’altare di S. Donato nel duomo e per il palazzo comunale, mai eseguito.
Il M. morì, senza lasciare figli, a Venezia il 20 dic. 1766 e fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni in Bragora, all’interno della tomba Tamagnin.
Fonti e Bibl.: C. Semenzato, Problemi di architettura veneta: G. M., in Arte veneta, XI (1957), pp. 152-161; E. Bassi, Il volto architettonico di Venezia nel Seicento. G. M. L’architettura della prima metà del ’700 a Venezia, in Boll. del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, IV (1962), pp. 105-122; A. Massari, G. M., architetto veneziano del Settecento, Vicenza 1971; Id., Nuove notizie su G. M., in Ateneo veneto, n.s., XIX (1981), 1-2, pp. 103-119; A. Bernoni, A. Marchetti architetto del Settecento a Brescia (1724-1791), tesi di laurea, Politecnico di Milano, a.a. 1989-90, ad ind.; V. Terraroli, Brescia. Chiesa di S. Maria della Pace, in Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, pp. 410 s.; L. Mattiello, Inediti di G. M.: attribuzione e ipotesi intorno a sette disegni del Museo Correr di Venezia, in Arte veneta, LVIII (2001), pp. 211-219; F. Repishti, Protagonisti e culture architettoniche nelle Lombardie tra Seicento e Settecento, in Lombardia barocca e tardo-barocca: arte e architettura, a cura di V. Terraroli, Milano 2004, pp. 142, 150; H. Seražin, G. M. e la chiesa udinese della Beata Vergine dei Sette Dolori, in M.P. Frattolin, Artisti in viaggio 1600-1750, Venezia 2005, pp. 389-411; Tre artisti per un tempio: S. Maria del Rosario - Gesuati, Venezia, a cura di R. Rugolo, Venezia 2006, ad ind.; M. Mander, Marchetti, Antonio, in Diz. biografico degli Italiani, LXIX, Roma 2007, pp. 635 s.; P. Goi, Un progetto di G. M., in Arti e società in Friuli al tempo di Bartolomeo Cordans, a cura di M. Grattoni d’Arcano, Udine 2007, pp. 187-197; Diz. encicl. di architettura e urbanistca, III, pp. 509 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 217.