EMO, Giorgio
Nacque a Venezia il 1ºott. 1538 da Giovanni di Leonardo, del ramo della famiglia che dimorava a S. Leonardo, e da Canziana Zorzi di Luca di Francesco.
Il nonno paterno, Leonardo di Giovanni, fu tra i protagonisti della vita politica nei primi quattro decenni del secolo e ricopri prestigiosi incarichi. Modesta, invece, la carriera del padre, benché fosse stato per due volte tra i quarantuno elettori dei dogi M. A. Trevisan e L. Priuli. L'E. ebbe sei fratelli (gli ultimi due, Francesco e Luca, indicati dai registri della Avogaria sotto la stessa data) e almeno una sorella. Servirono tutti lo Stato, in terra o in mare, ma nessuno di loro può considerarsi figura di rilievo. Leonardo, il primogenito, mori giovane. Alvise, che aveva intrapreso la carriera navale e fu sopracornito nel 1568, mori nel 1570 a soli trent'anni. Piero, alternando cariche di terra e di mare, fu capitano delle fuste, patron in Arsenal, alla camera degli Imprestidi e mori nel 1607. Andrea fu console ad Alessandria, savio alle Decime, provveditore a Zante e più volte senatore, ordinario e della zonta. Si sposò con Elisabetta Lippomano di Giovanni e mori nel 1576. Il più giovane, Francesco, fu senatore e capo dei Dieci. Nel 1615 e nel 1618 fu ballottato doge; mori nel 1630. Nel 1585 si era sposato segretamente con Cassandra Donà che gli dette un figlio, Alvise, legittimato più tardi quando il matrimonio fu regolarizzato. Da lui ebbe origine il ramo della famiglia detto di S. Leonardo (Barbaro).
L'E. entrò in Maggior Consiglio il 26 nov. 1558 grazie all'estrazione della balla d'oro il giorno di S. Barbara, ma il suo nome non compare negli elenchi delle cariche prima del 1569 quando concorse a uno dei posti - non meglio precisato - di console. Si susseguirono per alcuni anni diversi tentativi per accedere ai consolati o di Egitto o di Siria, sempre con esito sfortunato.
L'E. abitava con i fratelli, come attesta una dichiarazione di decima del 1566 presentata da "Andrea - che guidava la famiglia dopo la morte del padre nel 1549 - e fratelli". Una famiglia non particolarmente ricca, stando alla medesima dichiarazione, che possedeva alcune case a Venezia, la più parte contigue alla loro dimora, un fondo nel Veronese e qualche altro immobile in comproprietà con dei cugini a Venezia. La relativa modestia patrimoniale potrebbe spiegare il numero ridotto di matrimoni e la scelta di tutti i figli di Giovanni Emo di intraprendere la carriera pubblica.
Il 19 ott. 1578 l'E. ebbe finalmente il suo battesimo politico con l'elezione a camerlengo di Comun e l'anno dopo partecipò, senza successo, allo scrutinio per provveditore all'Arsenal. Nell'aprile del 1580 gli giunse il primo incarico importante e da lui molte volte ricercato, la nomina a console ad Alessandria. Parti da Venezia il 21 settembre ma giunse a destinazione Solo il 22 marzo dell'anno seguente a causa di epidemie e di una navigazione agitata da tempeste. Gli ci vollero poi altri tre mesi per raggiungere il Cairo, sua sede ufficiale, e vi restò più di tre anni, fino al novembre del 1584.
La relazione (letta in Senato in dicembre) è un'ampia descrizione del paese e spazia, con corredo di cifre e riferimenti geografici precisi, dall'economia alle istituzioni politiche, dall'apparato militare, compresi i cantieri militari di Alessandria e Suez, al ruolo dell'Egitto nell'ambito dell'impero ottornano e dei legami con l'Asia. Non trascura, inoltre, di rappresentare con tocco rapido ma efficace le figure di spicco del potere locale, che aveva potuto frequentare e conoscere bene, tanto da alimentare nel più importante di loro, il pascià, una "inclinatione grande" per Venezia. Resta un po' in ombra, invece, l'aspetto quantitativo dei traffici veneziani, e l'E. sembra più interessato a sottolineare il clima generale favorevole alla presenza veneziana, della cui instaurazione non esita a presentarsi come artefice principale. "Per ordinario il console della S. V. è stimato assai in quelle parti, massime da poi che io liberai del tutto … la mercanzia della turcima d'una per cento che si pagava per longo corso d'anni, contro ogni dovere, in Bulaco, scala del Cairo, delle robe che si cavano di là per Alessandria o altri luoghi; che era gravezza tanto grande che in tre anni o poco più ho tenuto conto che si è sparragnato intorno dieci mila zecchini d'oro. Negotio concluso da me con non più spesa che di mille zecchini di cottimo".
L'E., alla sua nomina, aveva scelto come medico personale Prospero Alpino, il quale, oltre che medico, era anche un appassionato studioso di botanica. Nel corso della sua permanenza in Egitto uni ai suoi compiti di servizio anche quelli di un approfondito studio sulla medicina orientale, sulla botanica e su molti altri aspetti della civiltà locale. Al suo ritorno questi studi si tradurranno in alcune importanti opere a stampa. La scelta dell'Alpino da parte dell'E. non fu casuale e fu confermata più tardi, quando, destinato in Siria, il console volle al suo fianco un altro celebre medico, Giovan Francesco Manni, bresciano e amico dell'Alpino. La presenza di questi scienziati nel suo seguito suggerisce di pensare ad un E. non solo diplomatico e mercante, ma uomo di più ampi interessi culturali che vedeva nella propria missione l'occasione di approfondire e di far approfondire altre realtà: il nesso spezie-medicina la mercatura come occasione per acquisizioni scientifiche e geografiche.
Dallo stesso Alpino venne poi una lode delle qualità umane oltre che diplomatiche dell'E. nella introduzione del De medicina Aegyptiorum libri quatuor: "Vir sane pro sua ipsius humanitate animique integritate clarissimus" della cui partenza furono in molti a dolersi ("Non modo veneti mercatores sed vel ipsi Aegyptii aegre tulisse atque adeo lixisse visi sint").
Ritornato in patria, l'E. fu assente dalla attività pubblica per qualche anno che passò probabilmente a seguire le cose di famiglia, avvicendandosi con i fratelli rimasti, non sposati e anch'essi spesso fuori casa per esigenze di servizio. Nel 1589 ritornò alla vita politica partecipando, senza successo, prima al ballottaggio per il consolato ad Alessandria e poi a quello per la carica di provveditore e castellano a Cerigo. L'anno seguente, dopo aver fallito il concorso a provveditore alla Sanità, riusci ad entrare tra i savi alle Decime. Nel medesimo anno fu tra gli esclusi nello scrutinio per entrare in Pregadi. Riusci ad entrare in zonta l'anno dopo e nel maggio del 1592 diventò senatore. La sua partecipazione ai ballottaggi per le cariche pubbliche si fece via via più frequente e proprio nel 1592 gli si offrirono diverse occasioni: nell'agosto dovette cedere per pochi voti la carica di console in Siria ad Alessandro Malipiero; esito negativo ebbe anche lo scrutinio per il posto di provveditore a Cefalonia, ma alla fine dell'anno entrò di nuovo in zonta al Senato. Nel giugno del 1593 fu sopraprovveditore alle Legne e contemporaneamente, nello stesso anno, fu più volte tra i candidati a un posto in Senato che riusci ad ottenere nel dicembre del 1594. Nel 1595, il 17 dicembre, fu nominato console in Siria. Giunse ad Aleppo il 18 luglio 1596, ricevendo le consegne da quell'Alessandro Malipiero che lo aveva battuto quattro anni prima. Giungeva in un paese nel quale, usando le parole della relazione del Malipiero, "la natione venetiana per numero, per honorevolezza e per grandezza di negotio supera cadauna delle altre" (cit. in Berchet, Relazioni…, p. 79).
In realtà la situazione siriana, sulla scorta delle relazioni dei consoli che avevano preceduto l'E. negli anni dopo Lepanto, era caratterizzata da luci e ombre. In particolare non era tanto la mole degli affari che era diminuita quanto i profitti che se ne ricavavano (Navagero, 1578, cit. ibid., p. 61) e, come sottolinea Tucci (p. 97), più che di un ristagno dei rifornimenti levantini, le difficoltà per Venezia vennero progressivamente dalla concorrenza di altri paesi europei.
Venezia, in questo scorcio di fine secolo, era nel complesso ancora la più forte ma a rappresentarla erano sempre meno i nobili e sempre più i mercanti di estrazione cittadinesca e spesso si trattava di funzionari-trafficanti che vedevano nel servizio in questi paesi l'occasione duplice di far carriera e di conseguire rapidi benefici economici. A il caso, sembra, di quel Gerolamo Ziliol che affiancò l'E. come cancelliere. Lo Ziliol, nella corrispondenza che tenne con il fratello a Venezia (Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna, n. 3430), lamentava - almeno per i primi anni - le poche occasioni di guadagno a causa anche della incapacità del console, maldestro, a sentir lui, e non sufficientemente dinamico o spregiudicato per trarre profitto dalla sua posizione. Col tempo i giudizi più pesanti si attenuarono ma al momento di tornare in patria il cancelliere colse l'occasione per riproporre un E. cosi poco abile negli affari "che forse se non fossi stato io egli sarebbe partito di qua il primo anno senza soldi et con sua vergogna, che cossi hora se ne partirà con buon guadagno".
Ben altra considerazione emerge dal giudizio del successore, Vincenzo Dandolo, sulle "honoratissime operationi fatte da lui in diverse occasioni di pubblico servizio… con una universal sodisfattione et di ministri turcheschi et delli mercanti tutti" (cit. in Berchet, Relazioni, p. 110).
L'E. lesse la sua relazione in Senato il 18 dic. 1599 (ibid., p. 100).
Si tratta di un documento più ricco e complesso di quello relativo all'Egitto, per buona parte dedicato alla descrizione del paese che rappresentava ancora molto per Venezia anche se "veramente è distrutto et rovinato, non rendendo più quel beneffitio né quella quantità di biade che già soleva fare, poiché la tiranide et ingordigia de ministri et apaltadori hanno continuamente atteso tanto al spogliare et mangiare alli contadini che li miseri sono più tosto fugiti in altre parti". Ampio spazio è riservato alla città di Aleppo, crocevia dei traffici con l'Oriente, che dal 1548 aveva sostituito Damasco come sede del console veneto.
Non potevano mancare poi informazioni e osservazioni circa la presenza dei concorrenti stranieri: "la nation francese che può far negotio per mezzo millione all'anno" (l'E. vi include anche genovesi, messinesi, lucchesi, catalani e brettoni che sono "sotto la protezione" del re Cristianissimo); "la nation inglese, qual si crede che traffichi ancor lei cinquecentomila scudi l'anno", e infine gli Olandesi, i quali però, secondo le informazioni dell'E., sembrano orinai preferire i mercati indiani, e questo "sarebbe forse di qualche beneffitio alla natione nostra, sebene li Ollandesi sonno di danno commune".
L'E. ritornò in patria (nel 1597., mentre era ad Aleppo, fu eletto "masser" alla Zecca degli argenti) cresciuto nel prestigio e nella considerazione del Senato; la sua partecipazione alla vita politica si fece più intensa e negli anni che lo separavano dalla morte ricopri ancora diverse cariche, amministrative e giudiziarie. Nel 1600 fu eletto all'ufficio del Mobile, alla Quarantia civil nova e venne rieletto in Pregadi. Nel febbraio 1601 (1600, more veneto) passò alla Quarantia civil vecchia. Nel corso dell'anno partecipò ai ballottaggi per savio alla Mercanzia e per un posto di consigliere a Zante e in dicembre entrò in zonta al Senato. Nel 1602 fu dei Venti savi. Nel 1603 ritornò alla Quarantia civil nova e nel marzo fu eletto consigliere a Zante. Dopo aver concorso, senza successo, alla carica di provveditore alla Giustizia vecchia, nel settembre fu dei Pregadi. Tra il 1601 e il 1604 fu per diverse volte in lizza per entrare al Senato, ordinario o nella zonta e ogni anno fu eletto o all'una o all'altra delle due cariche. Le ultime nomine gli arrivarono proprio tra la primavera e l'autunno del 1604: Quarantia civil nova, auditore novissimo sopra Feudi e di nuovo in zonta del Senato.
Ammalatosi di "febre e cataro", mori dopo dieci giorni, a Venezia, il 15 febbr. 1605 (1604, more veneto).
Nel testamento, redatto nel 1596, cui fu aggiunto un codicillo nel 1604, nominava suoi eredi i fratelli superstiti, Francesco e Piero, ed esprimeva la volontà che il patrimonio rimanesse in famiglia, passando ai loro eventuali figli e a quelli dell'altro fratello Andrea, in proporzioni eguali.
Fonti e Bibl.: Sulla vita dell'E.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codici, I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patriti veneti…, III, cc. 403-404; Avogaria di Comun. Libro d'oro. Nascite, II, c. 132rv; Ibid., Matrimoni con notizie dei figli, Schedario, ad vocem; Notarile, Testamenti, b.1243, n. 299; b. 1202, nn. 12, 101; b.221, n. 785; Dieci savi alle Decime di Rialto, b. 40, redecima n. 31 del 1514; b. 133, redecima n. 1131 del 1566; b. 164, redecima n. 883 del 1582; Provveditori alla Sanità. Necrologi, 832; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna, 1536: Memorie della famiglia Emo … esistente nel monastero di S. Maria dei Servi di Venezia raccolte… dal P. Bergantin, cc. 281-313- Per la carriera politica: Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Ital., cl. VII, 198 ( = 8383), Regimenti, cc. 248, 251; 827 ( = 8906): Consegi, c. 207; 828 ( = 8907): Consegi, c. 151; 829 ( = 8908): Consegi, ce. 70, 187, 254, 280; 830 ( = 8909): Consegi, cc. 10, 314; 831 ( = 8910): Consegi, cc. 64, 109, 138, 162, 223, 224, 280, 287, 294, 324, 333, 354, 462; 832 ( = 8911): Consegi, cc. 27, 240, 250, 272, 277, 280; 833 ( = 8912): Consegi, cc. 49, 61, 111, 120, 132, 153, 165, 201, 208, 221, 228; Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle Voci. Elezioni in Pregadi, reg. 6, c. 49; reg.7, cc. 37, 90, 122; ibid., Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 7, c. 29v; reg. 8, c. 75. In particolare sui consolati di Alessandria e Aleppo: Arch. di Stato di Venezia, Senato. Secreta. Relazioni, b. 31 (copie anche in Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna, 2396, fase. IX, e 2673, fasc. LXXX, relazione di Siria); Senato. Dispacci, Costantinopoli, b. 49; Senato. Mar. Deliberazioni, reg. 55, cc. 231-32; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna, 3430: lettere di Gerolamo Ziliol di Alessandro, date da Aleppo, 1591-1599. P. Alpino, De medicina Aegyptyiorum libri quatuor, Venetiis 1591; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane…, II, Venezia 1827, p. 41; V, ibid. 1842, pp. 673-4; G. Berchet, La Repubblica di Venezia e la Persia, Torino 1865; Id., Relazioni dei consoli veneti nella Siria, Torino 1866, pp. 12 ss.; G. Lumbroso, Descrittori italiani dell'Egitto e di Alessandria. Memoria, Roma 1879, pp. 36-37; C. Ponia, Il consolato veneto in Egitto con le relazioni dei consoli Daniele Barbarigo (1554) e Marco Zen (1664), in Boll. del Min. degli Affari Esteri, gennaio 1893, in particolare pp. 469-473, 477; P. Donazzolo, Iviaggiatori veneti minori, Roma 1927, pp. 161 s., 167, con l'avvertenza che i dati anagrafici sono errati; F. C. Lane, The Mediterranean spice trade. Its revival in the sixteenth century, in Venice and history, Baltimore 1966, pp. 28 ss., 109 ss.; G. Lusina, Alpino, Prospero, in Diz. biogr. degli Italiani, II, Roma 1960, pp. 529 ss.; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, III, Trieste 1981, ad Indicem; U. Tucci, Mercanti, navi, monete nel Cinquecento veneziano, Bologna 1981, p. 27 e passim; G. Lucchetta, Viaggiatori geografi e racconti di viaggio nell'età barocca, in Storia della cultura veneta, IV, 2, Vicenza 1984, pp. 201-250; A. Tenenti, Profilo di un conflitto secolare, in Venezia e i Turchi, Milano 1985, pp. 9, 32; B. Simon, I rappresentanti diplomatici veneziani a Costantinopoli, ibid., p. 58.