CICOGNA, Giorgio
Nacque a Venezia il 19 marzo 1899 da Francesco e da Adelaide Nebdal, in un'illustre famiglia appartenente alla nobiltà veneta.
Entrato per concorso all'Accademia navale di Livomo, egli vi rimase per circa quattro anni, rivelando un interesse e un'attitudine particolare allo studio delle scienze fisiche e matematiche. Uscito dall'Accademia aspirante guardiamarina, partecipò alla prima guerra mondiale, combattendo nel 1919 a difesa della città di Venezia come comandante di un mas. Successivamente abbandonò la sua brillante carriera di'ufficiale di marina, per dedicarsi esclusivamente ai prediletti studi scientifici e agli esperimenti che gli avevano consentito - mentre era ancora in servizio in marina - l'invenzione di uno scandaglio acustico (idrofono) in grado di rilevare la presenza subacquea di eventuali sommergibili.
Nel 1931 il C. vinse il concorso per la salvezza della vita umana in mare bandito dalla commissione reale per le ricerche, presentando il progetto di un segnalatore di rotta, il quale avrebbe permesso alle navi transitanti nella nebbia di precisare reciprocamente la loro posizione e direzione. Tuttavia il fervore-del C. per la scienza non si limitava alla sua abilità d'inventore, capace di risolvere complessi problemi tecnici, ma era alimentato anche dalla profonda esigenza di estendere la propria indagine ai riflessi psicologici del progresso scientifico. Le meditazioni che la sua attività di scienziato gli suggerivano in tale direzione divennero oggetto di una produzione letteraria nella quale si realizzò un felice incontro tra scienza e arte. Il C. pubblicò infatti un volume di racconti, Iciechi e le stelle (Milano 1931), ed una raccolta di liriche, Canti per i nostri giorni (ibid. 1931), dove la conoscenza scientifica dell'universo costituisce l'inesauribile sostrato dell'ispirazione poetica.
Il motivo conduttore dei racconti è rappresentato dagli esiti imprevedibili e fantastici ai quali conducono premesse ed ipotesi rigidamente scientifiche. l:invenzione letteraria rende possibile l'evento che trascende l'esperienza comune, solamente ipotizzato. per via scientifica. Lo scienziato Alvise, ne L'uomo, la donna e i bambini, anima la materia ottenendo da una "sostanza colloidale" un nuovo, misterioso, organismo vivente; Matter, giovane ed entusiasta inventore del racconto L'asse del mondo, scopre il sistema di raddrizzare l'asse terrestre, e quindi di trasformare le condizioni di vita del mondo; alcuni inspiegabili fenomeni d'induzione magnetica che suscitano tragiche impressioni fra gli scienziati, ne I due resoconti, sono prodotti da un abitante di Saturno, disceso sulla Terra e provvisto di straordinarie facoltà, il quale conferma le ipotesi formulate da uno scienziato fra l'incredulità dei colleghi.
Ma l'opera del C. non può essere collocata nella letteratura fantascientifica senza compiere un'arbitraria operazione riduttiva sulla problematica che sottende le più estrose e suggestive intuizioni. Nel C. coesiste, accanto al riconoscimento delle infinite scoperte che attendono la scienza, la critica consapevolezza della relatività d'ogni conoscenza, compresa quella scientifica, e quindi l'impossibilità pee l'uomo di raggiungere la verità assoluta. Una simile convinzione gli impedisce di provare, un'eccessiva fiducia nella scienza e di sottovalutare gli ostacoli che incontra la ricerca scientifica, tra i quali, non ultimi, lo scetticismo e l'indifferenza degli uomini.
I protagonisti dei suoi racconti infatti tentano invano di proporre le loro invenzioni all'umanità: l'essere creato da Alvise viene brutalmente calpestato dai bambini, i quali, credendo di uccidere un rospo, annullano il risultato di tanti anni di studio; l'audace progetto di Matter non riceve un'attuazione pratica, perché gli uomini non aspirano a cambiare i modi della loro esistenza; le geniali intuizioni dello scienziato ne Idue resoconti sono considerate dai colleghi vacue fantasticherie. La stessa natura inoltre rende vani i tentativi degli uomini per sottrarsi alle sue ferree leggi: i "senza luce" (misera umanità del bellissimo racconto L'Ovigdoi, condannata a vivere nelle immense profondità dell'oceano) tentano con indicibili fatiche l'ascesa verso il cielo e s'illudono di vederlo in "una gran bolla d'acqua costretta dal peso derivantele dalla gran compressione, al fondo della maggior fossa del Pacifico..."; Cubra, ne La beffa del cielo, costruisce un potente cannocchiale, capace d'ingrandire smisuratamente gli astri, e crede di scorgervi "un astro distante da noi milioni e milioni di anni luce", mentre non percepisce altro che "l'immagine fantasma" della Terra "qual era miliardi di anni or sono". Il pessimismo che caratterizza le pagine de Iciechi e le stelle ètuttavia superato dall'unica certezza consentita agli uomini ed espressa da Matter, nel ritornare al proprio, paziente lavoro: "... riprendere, nudo e impavido, il cammino e sì un assoluto; l'unico assoluto che possa dissetare gli uomini, l'unico che possa portare, ai lor occhi ciechi, le stelle".
Le liriche dei Canti per i nostri giorni presentano l'armoniosa compenetrazione tra l'elemento umano e scientifico, non sempre risolta nei racconti, dove la mentalità dello scienziato, attento a illustrare i particolari tecnici delle invenzioni, prevale a volte sulla fantasia creatrice del narratore. I temi dell'opera narrativa sono ripresi e svolti nella poesia con un tono d'effusione libera e immediata, cui contribuisce in misura preminente l'impiego del nuovo genere espressivo.
L'amore per la scienza e l'incanto delle matematiche, sentito come un raptus orfico, pervadono l'Inno alla matematica; I sepolti, di riscontro, sono gli uomini per i quali è incomprensibile l'esigenza di evadere dalla stretta cerchia del quotidiano; chiusi in un cieco egoismo - "una piccola cella" -, ignari della stella che "sorride" a ciascuno "dalla breve apertura", sono rassegnati ad una vita mediocre, e per loro "... immensa grege dei senza luce, non c'èraggio / di speranza che giunga...", resteranno sempre "... i senza nome infiniti / di sorte oscura o lucente / che non udranno mai inviti / dal mondo del sole ridente".
Al concetto leopardiano della natura indifferente o addirittura ostile al destino delle creature si connette la lirica Alla natura, dove la fantasia del C. si esalta tuttavia nella rappresentazione finale di un mondo che vede trionfare l'uomo. La visione dell'umanità ventura, cui si aprono spazi infiniti, ricorre anche ne Lo stelo d'oro e acquista il valore di un messaggio affidato dal poeta ai "fratelli", che nel futuro realizzeranno nuove, straordinarie invenzioni: "Lassù, lassù, disperatamente / lontano / dove Sole e Terra un dì saranno, / ... ai fratelli che nasceranno / là tra Vega e il Cigno / ...sale dal mio cuore un inumano / amore".
Nello stesso tempo il C. continuò le sue ricerche scientifiche; il 17 marzo 1932 scriveva da Torino a F. Orestano, accademico d'Italia: "Da più di un anno sto studiando un problema estremamente interessante, quello del motore a reazione: il mezzo cioè necessario e sufficiente a far compiere all'aviazione il passo innanzi che si attende già da qualche tempo: quello della navigazione ultrastratosferica, preludio alla successiva aeronautica ..." (cit. in Morozzo della Rocca, p. 24). Ma il 3 agosto del 1932, durante la prova di un motore a reazione da lui costruito, morì in un laboratorio di Torino, per lo scoppio di un ordigno provocato da un incendio fortuito.
La tragica morte del C. produsse viva commozione nel mondo letterario e scientifico. La rivista L'Eroica dedicò un fascicolo (settembre-ottobre 1932, quaderno 169-170) al giovane scienziato e poeta, che fu ricordato da amici e letterati: Elsa Morante e Giorgio Umani composero in memoriam le liriche Grido dell'allodola (p. 46) e Il vivaio (pp. 47 s.); vi apparve anche lo scritto inedito del C., Scienza e poesia (pp. 49-53), nel quale siteorizza la fine dell'arte nel momento in cui l'uomo giunge a una conoscenza completa dell'universo, l'arte non rappresentando altro che "il rimpianto di non poter capire, esternato lungo la propria linea di minor resistenza".
Il 19 nov. 1932, nella riunione a palazzo Venezia, a Roma, del Consiglio nazionale delle ricerche Guglielmo Marconi sottolineò l'importanza dell'opera scientifica del Cicogna.
Bibl.: Necr., in Nuova Antologia, 1° sett. 1932, pp. 130-133; in Corriere adriatico (Ancona), 2 sett. 1932; in L'Eroica, XX-XXII (1932), 169-170, pp. 1-68; in IlMessaggero, 21 ott. 1932; in Pegaso, IV (1932), 11, pp. 613-616; in Il Giornale d'Italia, 14 nov. 1932; in Il Marzocco, 20 nov. 1932, p. 2; in Gazzetta del popolo della sera (Torino), 25 nov. 1932; in L'Impero, 19 febbr. 1933; E. Cozzani, G. C., in L'Eroica, XXVII (1938), 242-243, pp. 53-57; A. Morozzo della Rocca, G. C., in Propulsione a reazione, Torino 1939, pp. 19-93; E. M. Fusco, La lirica, II, Milano 1950, pp. 548 s.; G. Galletti, IlNovecento, Milano 1973, sub voce; Diz. gener. degliautori ital. contemp., Firenze 1974, sub voce.