MOLINELLI, Giambattista
– Nacque a Genova il 29 genn. 1730 da Agostino e da Chiara Maria. Frequentò le scuole pie fino ai corsi di teologia, avviati presso i gesuiti e conclusi dagli scolopi, nel cui ordine entrò come novizio nel novembre 1745, professando i voti il 22 nov. 1746. Terminati gli studi, nel 1750 iniziò a insegnare nelle scuole inferiori a Chiavari; nel 1752 passò alla cattedra di filosofia, dapprima a Oneglia e poi, nel 1754, a Genova, dove nel 1758 assunse la cattedra di teologia. Alla fine del 1769 fu trasferito al collegio Nazareno di Roma al posto di M. Natali, chiamato all’Università di Pavia dopo aver suscitato vivaci polemiche per i contenuti agostiniani e antimolinistici del suo insegnamento.
Giunto a Roma pochi mesi dopo l’elezione al soglio pontificio di Clemente XIV, il M. proseguì con maggiore accortezza l’orientamento del suo predecessore, diventando presto, nel clima che precedette la soppressione della Compagnia di Gesù (17 ag. 1773), un protagonista del variegato partito antigesuita romano. Agli inizi del 1774 fu tra le personalità incontrate da G. Dupac de Bellegarde, giunto a Roma come emissario della chiesa dissidente di Utrecht, con il quale rimase in corrispondenza.
Alcuni suoi manoscritti sulle dottrine di J. de Palafox, risalenti al 1772 (Genova-Cornigliano, Arch. provinciale degli scolopi, Sala B, Molinelli, VI, 54, I-II), suffragano in parte l’ipotesi di E. Degola, secondo cui il M. sarebbe intervenuto nelle cause di beatificazione dello stesso de Palafox e di R. Bellarmino, entrambe assai controverse; l’anno successivo con la sua «Approvazione» anteposta alla Lettera istruttiva d’un teologo romano ad una religiosa sua congiunta di P.M. Del Mare (Roma) intervenne nella polemica relativa alla devozione al Sacro Cuore.
Il M. non ha lasciato trattati sistematici: il suo pensiero, oltre che al carteggio e ai manoscritti, è affidato agli interventi polemici e alle tesi che faceva sostenere ai suoi alunni, spesso pubblicate a partire dal De peccatis, de peccatorum meritis et remissione (Roma 1770), discusse da L. Falconieri, mentre del precedente magistero genovese rimangono solo le Theses theologicae ad mentem S. Thomae (Genova 1759). Le riserve mosse dalle gianseniste Nouvelles ecclesiastiques nel recensire le tesi De fide et symbolo (Roma 1771), per la prudenza con cui erano trattati gli autori della Compagnia di Gesù e per l’affermazione in termini assai ampi del primato pontificio, si ridussero fortemente per lasciare spazio a un assenso quasi totale in occasione delle tesi De fide et operibus e De vera religione pubblicate a Roma nel 1774 e affidate rispettivamente ad A. Novelli e A. Malaspina. In particolare le seconde, che sviluppavano un testo più breve redatto due anni prima per il capitolo generale degli scolopi e toccavano i temi della grazia e della predestinazione, suscitarono la reazione del partito antirigorista e antigiansenista, rafforzatosi dopo la morte di Clemente XIV (22 sett. 1774) e l’elezione al soglio di Pio VI. Protetto dall’ambasciatore spagnolo N. de Azara e da quello francese, il cardinale Fr.-J. de Bernis, il M. evitò la censura ma, in seguito a una burrascosa udienza del generale degli scolopi G. Ramo con Pio VI, fu costretto a cambiare il libro di testo dei suoi corsi e a sospendere la pubblicazione delle sue tesi.
Nel descrivere la vicenda a Bellegarde in una lettera del giugno 1776 (Codignola, Carteggi, I, p. 277), il M. accomunava le proprie traversie a quelle del prefetto del collegio irlandese P. Tamburini, con il quale, almeno dagli inizi dell’anno precedente, stava lavorando al progetto di un trattato teologico, di cui annunciava la sospensione. La collaborazione fra il M. e Tamburini è confermata dalla notizia, comunicata da F. De Vecchi a Bellegarde nell’aprile 1776, dell’incarico da essi ricevuto di redigere una lettera di comunione alla chiesa di Utrecht (Id., Il giansenismo toscano, I, p. 265), mentre il carattere assai confidenziale dei loro rapporti è testimoniato da una lettera di Tamburini dell’agosto 1778 conservata fra le carte dello scolopio (Genova-Cornigliano, Arch. provinciale degli scolopi, Sala B, Molinelli, VI, 50). In un’altra lettera a Bellegarde, del settembre 1776, il M. lamentava fra l’altro il fallimento della sua candidatura al posto di esaminatore del clero romano, reso vacante dalla morte del suo maestro P.B. Curlo (Codignola, Carteggi, I, p. 279).
Le tesi affidate a T. Arezzo De fonte incredulitatis ac de veritate Religionis christianae (Roma 1777), in cui si accusava l’indirizzo probabilistico della Compagnia di Gesù di aver minato le basi della religione, furono attaccate violentemente non solo dagli ex gesuiti ma anche dai teologi domenicani, e nel settembre dello stesso anno, su suggerimento di Azara e Bernis, il M. fece ritorno a Genova, adoperandosi affinché il trasferimento non apparisse come una condanna delle sue posizioni. Nel maggio 1778 fu nominato rettore della casa di Genova e, il 21 novembre dello stesso anno, firmava insieme con Del Mare, F.B. Molfino, S. Schiaffino e L.B. Copello una lettera di comunione che fece pervenire all’arcivescovo della chiesa di Utrecht W.M. van Nieuwenhuyzen attraverso De Vecchi.
Nel 1779 pubblicò a Genova le tesi De praedestinatione Sanctorum ac de vera religione e curò insieme con Del Mare una traduzione dell’Istruzione cristiana, o sia Catechismo universale dell’abate appellante P.-É. Gourlin. L’opera finì subito sotto l’esame della congregazione dell’Indice, che la condannò con un decreto del 20 genn. 1783 diretto in particolare agli interventi inseriti nell’edizione genovese. Intanto, nel maggio 1780, il S. Uffizio gli aveva proibito di proseguire il progetto, già tentato da Natali a Pavia, di un’edizione rivista della Dottrina cristiana di Bellarmino. Alla condanna dell’Istruzione cristiana contribuì probabilmente l’ex gesuita G.C. Brignole, membro di una delle più potenti famiglie dell’aristocrazia genovese, protagonista col M. di una battaglia di opuscoli, principalmente anonimi, che si protrasse per un quindicennio, intrecciandosi con i contrasti politici al vertice della Repubblica.
Alla denuncia da parte di Brignole di un’altra opera di Gourlin, le Istruzioni per le domeniche e feste dell’anno pubblicate da mons. di Soissons, tradotta da Del Mare sempre in collaborazione col M. (Genova 1780), il M. ribatteva in una Lettera all’arcivescovo di Genova G. Lercari (s.l. 1781). L’anno successivo con una breve e decisiva risposta, rimasta manoscritta e pubblicata da Codignola (Carteggi, III, pp. 700-705), e un Parallelo delle tesi delle Scuole Pie (Finale 1782) difendeva dalle accuse dell’avversario una delle tesi De Adam primo et novissimo (Genova 1782) sostenute da G.B. Parodi, in cui era condannato il culto del cuore carneo di Gesù.
Di fronte agli attacchi di Brignole, a sua volta in corrispondenza con gli esponenti romani del partito zelante, il M. poté contare sull’appoggio, presso il papa e presso il maestro del Sacro Palazzo T. Mamachi, di L. Cuccagni, redattore del filocuriale Giornale ecclesiastico, che aveva conosciuto a Roma e con il quale, dopo il suo ritorno a Genova, aveva intrapreso un fittissimo carteggio.
Unanimemente considerato uno dei maestri dell’articolato movimento giansenista italiano anche per la sua profonda conoscenza dei testi patristici, il M. rimase sempre fermo nel rifiuto delle forme di morale e di devozione promosse dalla Compagnia di Gesù, contrapponendo a esse un’impostazione teologica rigidamente agostiniana influenzata dai maestri del giansenismo d’Oltralpe. Sul piano ecclesiologico, però, non condivise del tutto l’indirizzo radicalmente anticuriale e regalistico affermatosi soprattutto in Lombardia e in Toscana in seguito al fallimento delle prospettive di riforma della Chiesa ex capite e allo sviluppo delle politiche di intervento circa sacra di Giuseppe II e di Pietro Leopoldo, che influenzarono fortemente anche le nuove generazioni del giansenismo ligure, tra cui figuravano molti suoi allievi, primo fra tutti Degola, di cui fu anche confessore. Tale collocazione per certi versi ambigua rispetto agli schieramenti che dividevano il cattolicesimo italiano contribuisce a spiegare la buona accoglienza riservata ai suoi scritti da periodici di orientamento opposto come il Giornale ecclesiastico e gli Annali ecclesiastici di Firenze.
Nei primi anni Ottanta si ebbe un temporaneo riavvicinamento del M. alla Curia romana promosso da Cuccagni, il quale, forte anche della lettera Dell’apostolato e dell’episcopato (Perugia 1783), in cui il M. lo difendeva dalle critiche degli Annali fiorentini, riuscì a convincere il papa della sua ortodossia e dell’opportunità di far ricorso alle sue doti di controversista. L’occasione per il ritorno del M. a Roma fu offerta dalla sua partecipazione come vocale al capitolo generale degli scolopi dell’aprile 1784, terminato il quale, il 5 giugno, fu nominato assistente generale per il sessennio seguente. Ottenuto il permesso di tornare in patria per sistemare i propri affari, il 17 settembre ricevette dal Senato la nomina a teologo soprannumerario della Repubblica con la promessa di succedere al primo posto vacante. La carica imponeva la permanenza a Genova, mentre le costituzioni degli scolopi prevedevano che gli assistenti risiedessero a Roma: per ovviare all'incompatibilità il M. ottenne dal papa una deroga che gli consentiva di rimanere in patria senza rinunciare all’assistentato e che gli fu rinnovata dopo tre anni. Terminato l’incarico, nel 1790 il M. fu di nuovo a Roma per il successivo capitolo; non risulta invece presente a quello del 1796 cui inizialmente era stato invitato come soprannumerario. Il ripensamento del M. circa il trasferimento a Roma fu biasimato sia dal nuovo generale dell’ordine, S. Quadri, che tuttavia continuò a rivolgersi spesso a lui per gli affari relativi all’amministrazione della provincia ligure, sia dallo stesso Pio VI, che riteneva la scelta premeditata e la metteva in relazione alla popolarità del M. a Genova come confessore.
Malgrado tali dissapori, già nel novembre del 1784 uscì a Roma il suo primo scritto su commissione romana, Del primato dell’apostolo s. Pietro e dei romani pontefici suoi successori. In esso il M. confuta il libro di F.S. Catani Il Papa o siano Ricerche sul primato di questo sacerdote (Eleutheropoli [Firenze] 1783) e, tramite questo, le posizioni di esponenti più rilevanti del filone giurisdizionalista ed episcopalista come J.V. Eybel. Pur senza spingersi ad affermare né l’infallibilità del papa né la sua superiorità sul Concilio, l'opuscolo suscitò pareri discordi, ma fu apprezzato da Pio VI e valse al M. una pensione vitalizia di 50 scudi e l'incarico di confutare l’ultimo scritto di Tamburini, che, passato alla fine del 1778 all’Università di Pavia, era diventato uno fra i più decisi sostenitori delle riforme giuseppine. La gestazione di questa seconda opera fu più lunga, e solo dopo reiterate insistenze di Cuccagni il M. (il quale nel 1785 aveva ripreso l’insegnamento e aveva pubblicato a Genova le tesi De unitate ecclesiae) consegnò il testo delle Riflessioni sopra l’operetta … che ha per titolo Vera Idea della Santa Sede, edito a Roma nell’aprile 1788 sotto la copertura di un anonimato tanto stretto da resistere fino agli studi di Codignola.
Richiamandosi, secondo un’argomentazione tipica della controversistica giansenista, all’esempio dell'antichità cristiana il M. rimproverava in particolare al teologo bresciano di negare il primato di giurisdizione del pontefice sulla Chiesa universale per ridurlo a una mera precedenza formale. In un’aggiunta introdotta all’ultimo momento su indicazione di Pio VI, difendeva inoltre le congregazioni romane e in particolare quella dell’Indice contro un nuovo scritto di Tamburini.
Il M. non terminò mai, malgrado le promesse ribadite ancora nel 1792, una terza confutazione che gli era stata commissionata nei confronti della Genuina totius jurisprudentiae sacrae principia (Vienna 1781), testo di impronta giuseppinista del cistercense viennese R. Curalt, tradotto nel 1787 su iniziativa del vescovo di Pistoia e Prato, S. de’ Ricci.
La contrapposizione fra gli schieramenti all’interno della Chiesa si era andata intanto ulteriormente acuendo in seguito agli sviluppi delle riforme ecclesiastiche in Toscana, nelle quali il M. fu indirettamente coinvolto. Nel 1786, l’anno del sinodo di Pistoia che segnava il culmine dell’esperimento ricciano-leopoldino, G. Bernardini curava a Siena una riedizione anonima del De vera religione, mentre lo stesso Ricci adottò in seguito la traduzione genovese annotata dal M. (Genova 1788-89) della cosiddetta Teologia di Lione, ossia delle Institutiones theologicae dell’oratoriano J. Valla (Lione 1780) condannate dall’Indice nel 1792.
Riacutizzatasi anche a Genova la polemica antigiansenistica, nel luglio 1788 il M. fu attaccato nelle tesi fatte discutere da R. Lambruschini agli alunni del seminario e l’anno dopo ancora Brignole, nell’Esame critico sopra alcuni punti di dottrina di Bajo, Giansenio e Quesnello (Avignone [ma Genova]), accusò apertamente di giansenismo le sue tesi del 1787 De videndo Deo (Genova). Il M. replicò prima con due scritti, la Lettera prima di un molinista (s.l. [ma Genova] 1789) e Il molinista convertito (Bologna 1789), che riassumevano una più ampia apologia rimasta manoscritta; poi con un Avviso al pubblico in difesa dell’innocenza, e discuoprimento della calunnia mascherata di zelo per la Religione (Genova 1790), che rispondeva anche ad altri opuscoli pubblicati nel frattempo da Lambruschini e da Brignole, il quale, a sua volta, controbatté con una Confutazione (Assisi [ma Foligno] 1792), di cui il Senato vietò l’introduzione nella Repubblica. Il M. – che intanto aveva riscosso l’approvazione del papa per una legge con cui la Repubblica di Genova recepiva i decreti dell’Indice e aveva pubblicato le tesi De Deo hominis creatore, redemptore, sanctificatore, glorificatore (Genova 1791) e De Jesu Christo et Christiana religione (ibid.1792), difese rispettivamente da A.C. Rezza e da P. Saettone – non rispose né a questo né al successivo scritto di Brignole La dottrina della Chiesa condannatrice degli errori di Bajo, Giansenio e Quesnello, e la divozione del Sacro Cuore di Gesù difesa dai cavilli degli avversarj (in Italia 1793), che riassumeva e concludeva la polemica, coinvolgendo nelle accuse lanciate al M. anche il Giornale ecclesiastico, al cui interno Cuccagni continuava a difenderlo malgrado il progressivo divaricarsi delle rispettive posizioni religiose e politiche.
Nel luglio 1795, il vescovo di Noli, B. Solari, si rifiutò di pubblicare nella sua diocesi la bolla Auctorem fidei (28 ag. 1794) con cui Pio VI aveva condannato il sinodo di Pistoia, in quanto sfornita del placet del Senato. Il M. in qualità di teologo della Repubblica riassunse e avallò le argomentazioni di Solari in un parere che, insieme ai consulti dei suoi colleghi, fu inviato da Lambruschini al S. Uffizio. La condanna dello scritto con cui Solari difendeva il proprio operato sarebbe giunta solo nel 1817, ma l’episodio segnò di fatto la rottura definitiva del M. con Roma. Le sue ultime tesi, De homine ante et post lapsum et de Ecclesia militante in terris (Genova 1796), scritte in collaborazione con G.B. Assarotti, non ottennero l’imprimatur.
Caduto a Genova il governo aristocratico e instaurata nel giugno 1797 la Repubblica ligure, il M. collaborò per un breve periodo agli Annali politico-ecclesiastici – poi rinominati Annali ecclesiastici come il giornale fiorentino di cui riprendevano il modello –, fondati sul modello del giornale fiorentino. Degola, che dell’iniziativa fu il principale artefice, lo indicò ai suoi corrispondenti come il presidente della società promotrice e gli attribuì uno degli articoli inseriti nel numero inaugurale del 17 giugno. Sempre tramite Degola, il quale era entrato in carteggio con H. Grégoire, il M. seguì con interesse la riorganizzazione della Chiesa costituzionale francese, non senza criticarne occasionalmente le deviazioni dalla dottrina agostiniana. Pur mantenendo un forte prestigio negli ambienti democratici, nelle cui fila militavano non pochi scolopi, il M. assunse una posizione moderata e si mostrò alieno sia dalle prospettive di laicizzazione dello Stato avanzate nel primo progetto di Costituzione, sia dai programmi di riforma ecclesiastica in senso giansenista e anticuriale propugnati dal gruppo degoliano e culminati nel tentativo, cui sembra essersi opposto, di affidare la Chiesa genovese a G.F. Calleri nominandolo coadiutore dell’arcivescovo.
Sotto lo pseudonimo di Giambattista Augustini contestò, nel Preservativo contro la seduzione ossia Analisi della memoria di un membro della Società di pubblica istruzione di Milano diretta al sovrano popolo genovese (Genova 1797), il progetto avanzato da G. Poggi di unione della Repubblica ligure alla Cisalpina, rifiutando il principio della libertà di culto affermato nella seconda e rivendicando la secolare autonomia di Genova. Nel successivo Diritto di proprietà delle chiese sui beni ecclesiastici (ibid.1798) riconosceva la legittimità delle confische operate dal governo, ma negava che i beni ecclesiastici fossero per loro natura proprietà della nazione, come aveva affermato G. Assereto con il quale proseguì la polemica in un aspro carteggio. Il suo ultimo scritto a stampa, Il diritto intorno gl’impedimenti matrimoniali, fu pubblicato postumo (ibid. 1799) da N. Delle Piane.
Il M. continuò a occuparsi anche delle sorti del suo ordine redigendo un Piano economico in cui, a fronte delle difficoltà seguite al cambiamento del governo, proponeva una serie di provvedimenti che non furono però accolti dai superiori locali. In un memoriale del luglio 1797 difese questi ultimi di fronte alle autorità dalla denuncia di un confratello, che li aveva accusati di simpatie aristocratiche.
Il M. morì a Genova il 25 febbr. 1799. Lasciò suo erede fiduciario Degola, il quale gli dedicò un lungo articolo commemorativo sui numeri del 9 e del 16 marzo degli Annali ecclesiastici, mentre il generale degli scolopi G. Beccaria, che pure ne aveva apprezzato il contegno durante il governo democratico, vietò la pubblicazione di un necrologio, probabilmente da identificarsi con le note biografiche di Assarotti rimaste manoscritte fra le sue carte (Genova-Cornigliano, Arch. provinciale degli scolopi, Sala B, Cartelle personali dei religiosi, Molinelli, a).
Fonti e Bibl.: Le carte del M. sono conservate nella cosiddetta Sala B dell’Archivio provinciale degli scolopi di Genova-Cornigliano insieme con una collezione di sue opere a stampa. Il fondo, in parte descritto da R. Belvederi (Nuovi documenti su G.B. M. teologo della Repubblica di Genova, in L’uomo e la storia. Studi storici in onore di Massimo Petrocchi, a cura di R. Chiacchella - G.F. Rossi, Roma 1983, II, pp. 133-156), comprende alcuni volumi di manoscritti, un fascicolo di documenti vari (Cartelle personali dei religiosi, Molinelli, a) e oltre settecento lettere di Cuccagni (Cartelle personali dei religiosi, Molinelli, b) solo in piccola parte pubblicate da Codignola e da Ferrini. Roma, Arch. generale delle Scuole Pie, Reg. Gen., 5, 13 (atti dei capitoli e della congregazione generale dell’Ordine); 179-183 (minute delle lettere dei generali); 216-220 (lettere ai generali); Reg. Prov., 4, 99; Città del Vaticano, Arch. della congregazione per la Dottrina della Fede, Santo Officio, Censura librorum, Rubricella 1570-1780, cc. n.n.; ibid., 1781, n. 2; Stanza storica, H.19; Index, Protocolli, 1779-1781, pp. 679-699, 1013, 1015-1022; 1781-1784, nn. 67-69; A. De Gubernatis, Eustachio Degola, il clero costituzionale e la conversione della famiglia Manzoni, Firenze 1882, pp. 5-7, 289, 348 s.; P. Nurra, Il giansenismo ligure alla fine del sec. XVIII, in Giornale storico e letterario della Liguria, II (1926), 1, pp. 2-6, 12 s.; A.C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della rivoluzione, Bari 1928, pp. 399, 402; P. Savio, Devozione di Mgr. Adeodato Turchi alla Santa Sede, Roma 1938, ad ind.; A. Colletti, Il giansenismo e la devozione al sacro Cuore di Gesù (Genova, Pistoia), Modena 1938, pp. 85-102, 107-145; V. Cannarozzi, L’adesione dei giansenisti italiani alla chiesa scismatica di Utrecht, in Archivio stor. italiano, C (1942), 3-4, pp. 45-47; E. 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Grillo, Elogi di liguri illustri, III, s.v.; Biographie universelle ancienne et moderne, XXVIII, s.v.; T. Viñas, Index bio-bibliographicus CC. RR. PP. Matris Dei Scholarum piarum, III, s.v.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Diccionario enciclopédico escolapio, II, s.v.; Brignole, Gian Carlo, in Diz. biografico degli Italiani, XIV, pp. 271 s.; Calleri, Giovanni Felice, ibid., XVI, pp. 742-744; Cuccagni, Luigi, ibid., XXXI, pp. 285-292; Degola, Eustachio, ibid., XXXVI, pp. 178-186.