GALLICCIOLLI, Giambattista
Nato a Venezia il 17 maggio 1733 da Paolo e da Adriana Grismondi, ricevette un'istruzione privata da Jacopo Scattaia, mediocre precettore; nel 1749 abbracciò lo stato ecclesiastico e poi dedicò molti anni allo studio della teologia, filosofia, storia, lingua e letteratura latina e greca e soprattutto delle predilette lingue orientali, ebraico in primo luogo (ebbe a maestro il rabbino Simcha ben Abraham Calimani) ma anche siriaco e caldaico: non trascurò neppure una buona preparazione nelle lingue inglese e francese e in matematica e geometria.
Divenuto ben presto noto e apprezzato specialista in lingua e filologia ebraica, esercitò dapprima l'insegnamento privato, poi, nel dicembre 1782, fu chiamato alla cattedra veneziana di lingua greca ed ebraica; secondo una tradizione richiamata da alcuni biografi, ma non confortata da documenti, avrebbe declinato un invito a ricoprire la cattedra di lingue orientali nell'Università di Parma: forse era stato contattato privatamente, in via informale, in occasione del ventilato, ma poi non verificatosi, trasferimento ad altro ateneo di G.B. De Rossi, in quegli anni docente della materia nell'Ateneo emiliano. Analogo rifiuto oppose comunque a un invito di Andrea Querini, uno dei tre riformatori dello Studio di Padova, a ricoprire la cattedra patavina; accettò invece nel 1790 di insegnare, gratuitamente, lingua greca ai maestri del seminario patriarcale di Venezia.
L'insegnamento pubblico e privato e l'appassionata attività di erudito, filologo, editore e scrittore di storia profana ed ecclesiastica si accompagnarono per tutta la vita al ministero sacerdotale, esercitato con zelo esemplare nella natia parrocchia di S. Cassiano, che gli ispirò anche la sua più importante fatica storiografica.
Riconosciuto ben presto in tutta Italia come uno dei più esperti conoscitori della lingua ebraica (della quale dettò anche per i suoi allievi una grammatica in compendio, rimasta manoscritta), fu dal 1774 al 1805 in stretti rapporti di amicizia e collaborazione scientifica con il De Rossi, autore di importanti studi di filologia ebraica; nelle 116 lettere indirizzate al professore parmense (sono invece perdute le risposte) scambiò opinioni su dotte questioni filologiche e informò l'illustre corrispondente sulla sua attività di ricercatore e acquirente, sul mercato veneziano, di libri e codici ebraici e siriaci: il De Rossi apprezzò molte sue pubblicazioni filologiche e storiche e lo definì "eruditissimus vir, amicus meus singularis" e uno dei più significativi "viri illustres operis promotores". Godette anche dell'amicizia di Iacopo Nani e Andrea Memmo, per i quali più volte esaminò iscrizioni e codici antichi.
Il primo impegnativo lavoro del G., che lo impose all'attenzione del mondo degli eruditi e degli specialisti di patristica, fu l'edizione delle opere di Gregorio Magno (S. Gregorii papae I cognomento Magni Opera omnia…, I-XVII, Venetiis 1768-76); nell'ampia introduzione il G. illustrava i criteri innovatori cui era ispirato il lavoro, in particolare la collazione sui codici della Marciana e quelli greci del vescovo di Murano Giovanni Nani e l'ampia revisione critica della pur pregevole edizione maurina.
Mentre ancora lavorava a quest'opera il senatore Francesco Foscari, mecenate di belle edizioni, lo incaricò di compilare l'indice analitico e ragionato del Thesaurus antiquitatum sacrarum che Biagio Ugolini aveva cominciato a pubblicare nel 1766 (Thesaurus antiquitatum sacrarum… volumen tricesimum quartum exhibens totius operis indices locupletissimos, Venetiis 1769); nel 1773 il G. pubblicò la Fraseologia biblica ovvero Dizionario latino-italiano della Sacra Bibbia volgata (Venezia), un vocabolario biblico a uso scolastico, e nel 1778 una nuova edizione del Calepino, o dizionario plurilingue (Iacobi Facciolati Calepinus septem linguarum, hoc est Lexicon Latinum, variarum linguarum interpretatione adiecta, ad usum seminarii patavini pluries emendatum et auctum…, Venetiis 1778), peraltro giudicata poco accurata da molti osservatori.
Andrea Galland aveva già inserito nel tomo IX della sua Bibliotheca Graeco-Latina veterum Patrum antiquorumque scriptorum ecclesiasticorum (I-XIV, Venetiis 1765-81) l'opuscolo del G. Theodoreti epistola ad monachos: alla morte del grande patrologo oratoriano il G. venne chiamato a proseguirne l'opera: completò il tomo XIII, compilò per intero il XIV e redasse gli indici generali e un manifesto per la diffusione dell'opera.
Negli anni successivi il G. proseguì un'intensa attività di traduzione ed edizione di testi patristici, latini, greci, ebraici: la traduzione dall'ebraico dell'Ecclesiaste di Salomone (Venezia 1783); Il Pastore di s. Erma volgarizzato… (ibid. 1796); Lettera universale di s. Barnaba apostolo. Traduzione dal greco… (ibid. 1797); Lettere di s. Clemente papa I tradotte dal greco e dal siriaco (ibid. 1798); Lettere genuine di s. Ignazio vescovo di Antiochia corredate dagli atti del suo martirio e le lettere di Policarpo vescovo di Smirne con la circolare del suo martirio. Traduzione dal greco… (ibid. 1798); Opere di s. Giustino filosofo e martire recate dal greco in italiano… (ibid. 1799); Orazione di Taziano ai Greci e frammento del dialogo di Bardesane sul destino, recati dal greco in italiano con prefazione e note (ibid. 1800); Opere di Atenagora ateniese filosofo cristiano, dal greco in italiano recate… (ibid. 1801); Libri tre di s. Teofilo vescovo di Antiochia ad Autolico filosofo gentile e Derisione de' gentili filosofi di Ermia filosofo cristiano, dal greco in italiano recati con prefazioni e note… (ibid. 1804).
Oltre ad alcuni componimenti poetici d'occasione (per nozze, vestizioni monacali, inaugurazione di anni scolastici) e a una Vita di s. Vittore, uscita anonima a Venezia nel 1804, il G. lasciò alcuni lavori manoscritti, tra i quali il trattato De philologia Hebraeorum (incompiuto) e un'Approssimazione della sinagoga, nella quale, per favorire la comprensione tra cristiani ed ebrei e un'auspicata conversione di questi ultimi, cercò di dimostrare che la sinagoga prima di Cristo non era lontana con la sua fede dalla Chiesa cattolica quanto pensavano alcuni ebrei contemporanei. Testimonianza brillante della sua profonda conoscenza della lingua e letteratura ebraica sono i Pensieri sulle LXX settimane di Daniele (Venezia 1792), nei quali, seguendo la profezia di Daniele, fissava in modo originale il tempo intercorrente tra l'esilio babilonese e la venuta di Cristo, e il trattatello Dell'antica lezione degli Ebrei e dell'origine de' punti. Esame di una dissertazione del p. d. Giovenale Secchi barnabita (Venezia 1787) in cui confutava l'opinione del Secchi sulla derivazione dell'alfabeto greco dall'ebraico e sulla presenza in quest'ultimo delle vocali. Dieci anni di intenso e paziente lavoro prepararono l'opera più ampia e impegnativa del G., Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche (I-III, Venezia 1795, in 8 tomi).
Inizialmente concepite come una storia della sua parrocchia di S. Cassiano, si allargavano poi a un'amplissima silloge di curiosità erudite veneziane, sacre e profane, con un'attenzione particolare alla storia della chiesa e delle istituzioni ecclesiastiche, sul modello, esplicitamente richiamato ma ampliato e corretto, dei precedenti lavori di Francesco Sansovino e Flaminio Corner. Nel libro I raccoglieva e sistemava un'immensa mole di notizie sui primi abitatori della laguna, le antiche istituzioni civili e religiose venete, l'economia, la cultura, le arti, la vita quotidiana, il costume, il diritto; nel II ricostruiva analiticamente le vicende storiche della Chiesa veneziana in tutti i suoi aspetti (chiese, cappelle, cimiteri, liturgia, cultura, serie di ecclesiastici, evoluzione dei riti sacramentali, testamenti, decime, funerali, dissidi e vertenze, storia di vescovi e patriarchi, sinodi, ordini religiosi, vita religiosa quotidiana) e infine nel libro III ripercorreva la storia della parrocchia di S. Cassiano. Per scriverla aveva utilizzato gli storici antichi e moderni che l'avevano preceduto (tra l'altro oltre 40 antiche cronache veneziane) e consultato moltissimi manoscritti fornitigli dal bibliotecario della Marciana Giacomo Morelli, dal colto collezionista Amedeo Svajer (ben 1200 codici!), dall'abate Luigi Canonici e da altri studiosi veneziani, laici ed ecclesiastici, consultato carte notarili e leggi e capitolari di alcune magistrature. Il G. era consapevole di "non avere scritta una Storia, ma solo di averne raccolte alcune memorie", anzi, alcune "rimote memorie": "quest'opera mia", afferma esplicitamente, "è in verità uno spicilegio, le materie di cui sono rivocate a certi capi generali, affinché, non potendo io distendere una storia esatta di queste cose, altri almeno che fare ciò volessero, avessero qui pronto le notizie da me ritrovate" (ibid., III, pp. 3 s., 6). Questa sua serena consapevolezza trovava una significativa conferma nell'ampia recensione critica dedicata alle Memorie da U. Foscolo negli anni dell'esilio londinese: "Le sue ricerche non sono guidate da spirito filosofico, né perseguite allo scopo di appoggiare un sistema o un partito politico. In realtà pare che il carattere della sua mente, le sue abitudini e il suo stile non lo avessero attrezzato per un compito più alto che quello d'indagare le più minute e, a quel che sembra, le più irrilevanti materie di fatto, fornendone compilazioni. Nel compiere tale lavoro, peraltro, egli è infaticabile ed esatto […]. Pur nondimeno il suo grande merito sta nel non essersi lasciato scoraggiare dalle profonde tenebre che coprirono la storia di Venezia per quasi dieci secoli […]. Ma le minuzie di data anteriore che il Gallicciolli ha preservato dalla dimenticanza giovano come tante lucerne che, quantunque deboli e fioche, pure, per il loro numero e la maniera in cui sono disposte ci mettono in grado di trovare la strada in mezzo alla fitta oscurità che ci circonda" (Ed. naz. delle Opere…, XII, pp. 474-477).
Prima ancora che le Memorie fossero integralmente pubblicate erano già fioccate le critiche: l'ex gesuita Cristoforo Tentori stampava un polemico opuscolo anonimo, intitolato Errata-Corrige alle Memorie venete… compilato da un accademico Rinnovato d'Asolo (s.n.t.), in cui accusava il G. di aver scritto "molte cose comunemente tratte da altri scrittori già impressi" e di aver infarcito l'opera di errori "i più classici e palmari". Alla fine del tomo VIII delle Memorie il G. inseriva perciò una Risposta… all'Errata-Corrige del signor ab. Tentori di ben 166 pagine, nella quale replicava puntigliosamente. Il Tentori gli oppose ancora le Osservazioni storico-critiche sulle Memorie venete antiche del Gallicciolli e difesa del clero veneto contro le di lui insussistenti censure (Venezia 1796), rimproverandogli ora di aver attentato - con le sue affermazioni "illuminate" - all'onore del clero veneto. Il G. replicò con la Risposta alle Osservazioni del sig. ab. Tentori sulle memorie suddette (Venezia 1797), ma ormai le armate francesi erano alle porte e i due contendenti, che non le amavano davvero e vedevano crollare l'amata Repubblica, si placarono. In fondo il più bel commento sulla contesa è quello scritto qualche decennio dopo da un altro grande erudito veneto: le Memorie sono importanti perché il G. cita fonti, "le quali oggidì essendo presso che tutte disperse, fanno tenere sempre più cara l'opera sua" (Cicogna, 1847, p. 88).
Tradizionalista e conservatore il G. visse con disagio i giorni tumultuosi e dirompenti della caduta della Repubblica e della Municipalità democratica, da lui definita "infernale", anche perché abolì la cattedra di lingue orientali (rimasta priva di allievi) e gli impose di passare a quella di diritto naturale; accettò tuttavia senza ribellioni clamorose il nuovo ordine politico, così come il successivo governo austriaco e quello napoleonico. Tra i suoi allievi negli ultimi anni di vita della Repubblica fu Ugo Foscolo, che lo ricordò come "ottimo" maestro.
Morì a Venezia il 12 maggio 1806 e fu sepolto nella chiesa di S. Agostino.
Le sue edizioni e traduzioni di testi ebraici e patristici e le altre opere di erudizione ecclesiastica gli procurarono numerosi riconoscimenti da parte di studiosi e di istituzioni italiane e straniere; nel 1805 fu aggregato all'Accademia veneta di belle lettere.
Fonti e Bibl.: Venezia, Arch. della parrocchia di S. Cassiano, Registro dei battezzati, 23 maggio 1733 (riporta la data di nascita del 17 maggio 1733); Ibid., Arch. della parrocchia di S. Maria dei Frari (già Arch. della parrocchia di S. Agostino), Registro dei morti, 12 maggio 1806; Parma, Biblioteca Palatina, Fondo Gian Bernardo De Rossi, Epistolario Gallicciolli - De Rossi (116 lettere); Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, codd. Cicogna, 2997/22: G.B. Armani, Elogio storico-funebre dell'abate G.; 3206/63: G.B. Gallicciolli, Manifesto latino autografo; 2996/11: Elenchi dei soci dell'Accademia di belle lettere; Venezia, Biblioteca del Seminario patriarcale, cod. 994/31: S. Della Valentina, Memorie dei preti secolari alunni delle chiese parrocchiali di Venezia, che si distinsero in fatto di scienze e lettere nel sec. XVIII, cc. 84-88; Ibid., Fondo Piegadi, cod. 997/4: G.B. Gallicciolli, Elementa linguae sanctae; Bibliografia generale corrente d'Europa, I, Cesena 1776, p. 351; G.B. De Rossi, Variae lectiones Veteris Testamenti, I, Parmae 1784, p. 113; Id., Specimen variarum lectionum, Romae 1802, p. 82; Id., Memorie storiche sugli studi e sulle produzioni del dottore G.B. De Rossi… da lui distese, Parma 1809, pp. 79, 83; Memorie per servire alla storia letteraria e civile, marzo 1796, pp. 67 s.; marzo 1798, p. 128; gennaio 1799, p. 13; dicembre 1799, p. 135; Giornale ecclesiastico di Roma, 12 nov. 1796, p. 179; Giornale dell'italiana letteratura, Padova 1806, p. 262; G. Moschini, Della vita e degli scritti dell'abate G. G., Venezia 1806; Id., Della letteratura veneziana…, II, Venezia 1806, p. 75; Epistola in morte dell'abate G. G., Venezia 1806; B. Gamba, Galleria dei letterati ed artisti più illustri che fiorirono nelle provincie austro-venete nel secolo XVIII, Venezia 1822-24, pp. n.n.; A. Guillon, G. G., in Biografia universale antica e moderna, a cura di G.B. Missaglia, XXIII, Venezia 1825, p. 104; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, pp. 285, 360; V, ibid. 1842, pp. 190, 257 s.; VI, ibid. 1853, pp. 77, 515, 618, 652-654; Id., Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 5, 19, 22, 24, 29, 87 s., 252, 367, 427, 679, 749; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni. Studi storici, Venezia 1855, pp. 248-252; G. Veronese, Panteon veneto o di alcuni veneti illustri, XXV, Venezia 1860, pp. 1-4; G. Soranzo, Bibliografia veneziana, Venezia 1885, pp. 403, 405, 717; J. Fessler, Institutiones patrologiae…, a cura di B. Jungmann, II, Oeniponte 1892, pp. 551 s.; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, I, Bergamo 1927, pp. 125, 137, 170, 194, 209, 272, 296, 301, 380, 395, 450, 464, 472, 485; G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1929, pp. 407, 477, 567, 630; G. Gabrielli, Manoscritti e carte orientali nelle biblioteche e negli archivi d'Italia, Firenze 1930, p. 81; O. Bardenhewer, Geschichte der altkirchlichen Literatur, Freiburg 1932, p. 286; U. Foscolo, Ed. naz. delle opere…, IV, Firenze 1955, p. 463; XII, ibid. 1978, pp. XCVI-XCVIII, 474-477; M. Piva, G.B. G. (1733-1806) e la sua opera di erudito, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, a.a. 1959-60; S. Tramontin, in Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XIX, Paris 1981, coll. 848-850; C. Prandi, La "Storia della Chiesa" tra Sei-Settecento: apologetica ed erudizione, in Problemi di storia della Chiesa nei secoli XVII-XVIII, Napoli 1982, pp. 29 s.; M. Cerruti, L'erudizione storico-letteraria, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, Dalla Controriforma alla fine della Repubblica, 5, Il Settecento, Vicenza 1985, I, p. 273; G. Benzoni, Pensiero storico e storiografia civile, ibid., II, p. 81; A. Niero, L'erudizione storico-ecclesiastica, ibid., pp. 103-106, 119.