ULIVI, Giacomo
– Nacque il 29 ottobre 1925 a Baccanelli di Parma, unico figlio di Giulio e di Maria Luisa Fornari.
Trascorse gli anni della prima infanzia a Roma (1926-30). Nel 1930, su invito del governo belga, il padre Giulio, ingegnere e controversa figura di scienziato e inventore, si recò a Bruxelles con la famiglia, ma madre e figlio rientrarono a Parma nel 1932. Lì Giacomo frequentò la scuola elementare Angelo Mazza e, dal 1935, si iscrisse al convitto Maria Luigia superando, nel 1940, gli esami di quinta ginnasiale, per cominciare poi in autunno il primo anno di liceo classico. Fra i suoi professori, Italo Petrolini, Tito De Stefano e Attilio Bertolucci. Conseguita nel 1942, con un anno di anticipo, la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Parma, ma presto chiese il trasferimento a giurisprudenza.
A una prima adesione al regime fascista – testimoniata nel gennaio del 1942 da un articolo per il periodico del GUF (Gruppi Universitari Fascisti) locale, Disciplina eroica – fece seguito un precoce antifascismo, che sfociò dapprima in atteggiamenti irriverenti e caricaturali nei confronti dei fascisti e, in particolar modo, di Benito Mussolini. Il 15 agosto 1943 pubblicò sulla Gazzetta di Parma un articolo di ispirazione liberal-democratica: a partire dall’intervento di Cavour alla Camera dei deputati di Torino nel 1852, celebrò la libertà dell’uomo e dello Stato, l’equilibrio della politica e la dialettica delle idee. Fu quindi per Ulivi una scelta obbligata aderire alla Resistenza, che anche a Parma, di lì a pochi mesi, avrebbe definito i propri obiettivi. Appena diciottenne, incaricato del recupero di armi, viveri e indumenti per i resistenti impegnati sull’Appennino, cominciò dunque i suoi viaggi-missione che in breve tempo avrebbero portato la polizia fascista sulle sue tracce.
L’11 marzo 1944 Ulivi fu prelevato dalla propria abitazione di Parma e condotto in caserma per un interrogatorio. Riuscito a fuggire il giorno stesso, si trasferì a Modena, ospite della famiglia Bassi in via Castel Maraldo 7, da dove iniziò la sua clandestinità: di lì continuò l’attività partigiana, prevalentemente con incarichi di collegamento e di propaganda.
Non è del tutto certa la dinamica dell’ultimo arresto di Ulivi, avvenuto il 30 ottobre 1944, se fu casuale o dopo una delazione al comando della brigata nera o della guardia repubblicana (cfr. Alberghi, 1976, p. 156). Condotto nelle carceri dell’Accademia militare di Modena, Ulivi subì interrogatori, minacce e percosse, cui reagì con il silenzio. Il 9 novembre, a seguito dell’uccisione di alcuni militari fascisti, il comando provinciale della Guardia nazionale repubblicana modenese decise di condannare a morte, per rappresaglia, tre prigionieri politici. Dal contingente dei partigiani rinchiusi nell’Accademia furono prelevati Alfonso Piazza, Emilio Po e lo stesso Ulivi.
La loro esecuzione avvenne il 10 novembre 1944 in piazza Grande, dove una lapide ancora li commemora.
Fu per primo Bertolucci a ricordare Ulivi, con versi colmi di rimpianto, il 18 maggio 1945 (A Giacomo Ulivi): da quel momento la «giovinezza tenace», celebrata in clausola, è divenuta il simbolo di questo martire ragazzo. Elogiato da Benedetto Croce sui Quaderni della critica (1946), a quarant’anni dalla morte era ancora vivo nella memoria di molti: Sandro Pertini lo citò il 6 giugno 1984, durante l’inaugurazione della nuova sede dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma. Non molti anni dopo Rita Levi Montalcini scelse di dedicargli un capitolo del suo libro Senz’olio contro vento (1996). Alla sua memoria fu concessa la medaglia d’argento al valore militare.
L’esiguo epistolario superstite di Ulivi – che comprende trentaquattro lettere databili fra il maggio del 1941 e il novembre del 1944, conservate fra l’archivio privato della famiglia Loyola di Roma (sette), e quelli della famiglia Fornari (cinque) e dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma (attualmente ventuno e non ventidue come forse era in origine) –, fu per la maggior parte edito dall’Istituto storico della Resistenza e della storia contemporanea di Modena nel 1974, a cura di Ennio Pacchioni. In quella sede ne furono pubblicate solo ventinove (sette all’amico Ennio Loyola; dodici alla madre; nove all’amico Vittorio Pellegri; e una «agli amici»), alcune con tagli e modifiche di considerevole entità: numerosi frammenti furono cassati da Pacchioni e vari luoghi del testo rielaborati, senza che gli interventi venissero motivati. Benché dunque più completa della princeps del 1945, che contava quattordici lettere – secondo la numerazione di Pacchioni, da VIII a XI, la XV, XVII e XVIII, XXII, da XXIV a XXVI, parte della XXVII, XXVIII e XXIX –, neppure l’edizione del 1974, presto vulgata, forniva un testo compiuto e scientificamente fondato.
Non sono oggi consultabili gli autografi delle lettere I-VII (1974), indirizzate da Ulivi a Loyola; quello della lettera a W., l’amico Pellegri, del 27 agosto 1944 (XIX), forse custodito da principio presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, è al momento irreperibile; è invece mutila la lettera alla madre del luglio del 1944 (VIII: il foglio è lacerato in più punti); non conclusa la XVII, sempre alla madre, del 27 agosto 1944 (una brusca interruzione lascia sospeso il testo); lacunosa del secondo foglio la XXVIII (alla madre, 16 ottobre 1944); sono poi in parte lacerate, ma comprensibili, le lettere IX e XIII (l’una, della prima metà di luglio del 1944, alla madre; l’altra, del 25 luglio 1944, a W.); infine la XVI (a W., della prima metà di agosto del 1944) e la XXIV (ancora a W., della seconda metà di settembre del 1944) sono state intenzionalmente rifilate, nel bordo inferiore la prima e in quello superiore la seconda, sicché le due estremità risultano illeggibili. Restano cinque lettere inedite: una indirizzata all’amico W., del 16 settembre 1944, custodita presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma; e quattro spedite alla madre, tutte del 1944, conservate ancora oggi presso l’archivio privato della famiglia Fornari e mai approdate alle stampe per volontà testamentaria della donna. Di nessuna lettera si conserva la busta postale e solo in due casi la data è apposta dall’autore (sulla XXII, datata 15 settembre 1944 e sulla lettera inedita a W. appena citata).
La chiaroveggenza e la maturità morale e storica di Ulivi, riconoscibili in queste lettere, si manifestano limpidamente nella lettera «agli amici» (o ‘lettera testamento’), databile fra il 14 marzo e il 30 ottobre 1944. Molto vicina nei temi e negli accenti a quelle inviate alla madre e a W. all’inizio dell’autunno del 1944 – quando già erano chiare le motivazioni che avevano condotto il Paese alla dittatura e si delineavano le condizioni per il riscatto –, la lettera colpisce per la sua tesa e incalzante asciuttezza, nel richiamo di tutti alla responsabilità. Contro la rassegnazione e, al contrario, a favore dell’adesione delle giovani generazioni alla «cosa pubblica» che «è noi stessi», Ulivi esorta gli amici a intraprendere una nuova strada, che dall’impegno del singolo conduca alla vita comune, quella dello Stato, senza «sopraffare gli altri» e senza mai «rinunziare».
Opere. Disciplina eroica, in Piccone, II (1942), 1; La libertà di stampa in un discorso di Cavour, in Gazzetta di Parma, 15 agosto 1943.
Fonti e Bibl.: Modena, Istituto storico della Resistenza e della storia contemporanea, Pubblicazioni, Giacomo Ulivi, Lettere; Parma, Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea, Corpo Volontari della Libertà, b. 2, MI 4 LE, docc. 13-32; Testimonianze, b. 3 (Alessandro Bassi); Archivio privato della famiglia Fornari; Roma, Archivio privato della famiglia Loyola; Lettere di Giacomo Ulivi, in L’uomo libero, 1945; Lettere di Giacomo Ulivi, a cura di E. Pacchioni, Modena 1974; Lettera agli amici, a cura di F. Florimbii, Bologna 2014.
A. Bertolucci, A G. U., in Gazzetta di Parma, 18 maggio 1945; B. Croce, recensione a G. Ulivi, Lettere di Giacomo Ulivi, in Quaderni della critica, 1946, n. 6, pp. 80 s.; F. Razzetti, Ricordo di G. U., in Gazzetta di Parma, 30 marzo 1946; Ricompense al valor militare, in Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, 1948, n. 254; B. Molossi, Dizionario dei parmigiani grandi e piccini (dal 1900 ad oggi), Parma 1957, s.v.; B. Ceva, 5 anni di storia italiana. 1940-1945, Milano 1964, pp. 255-258; Don G. Cavalli, Il calvario di due ammiragli. Ricordi d’un compagno di carcere, Torino 1965, tavola fuori testo, n. XIX; R. Polizzi, Sommario delle azioni partigiane nel parmense dal 9 settembre 1943 al 30 aprile 1945, Imola 1966; P. Savani, Antifascismo e guerra di liberazione a Parma. Cronache dei tempi, Parma 1972, pp. 181 s.; M. Visalli, Momenti salienti della Resistenza nel Parmense 1943-45, Parma, s.d. [ma 1974]; L. Leris, Antifascismo e resistenza nella bassa parmense. «78a Brigata Garibaldi S. A. P.», Parma 1975, p. 43; P. Alberghi, G. U. e la Resistenza a Modena e Parma, Modena 1976; P. Malvezzi - G. Pirelli, Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, Torino 1995, pp. 536-540; R. Levi Montalcini, Senz’olio contro vento, Milano 1996, pp. 29-44; Enciclopedia di Parma: dalle origini ai giorni nostri, a cura di M. Dall’Acqua, Parma 1998, s.v.; M. Minardi, Guerra sui monti. Guerra e resistenza nell’Appennino parmense, in Guerra, guerriglia e comunità contadine in Emilia Romagna: 1943-1945, Reggio Emilia 1999, pp. 19-70; P. Malvezzi - G. Pirelli, Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana: 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945, Torino 2003, pp. 320-323.