MEYERBEER, Giacomo
Musicista, nato a Berlino il 23 settembre 1791, e morto a Parigi il 2 maggio 1864. Il M. cambiò il suo nome di Jakob Liebmann Beer in quello di Giacomo Meyerbeer, col quale è passato alla storia, durante la sua permanenza in Italia. M. visse gli anni d'infanzia in un ambiente eminentemente intellettuale e mostrò precoci attitudini alla musica: a 9 anni, allievo di pianoforte di F. Lauska, eseguiva a Berlino il Concerto in re minore di Mozart. Ebbe poi lezioni di pianoforte da Muzio Clementi e le prime nozioni di composizione da K. F. Zelter e da B. A. Weber. A 19 anni passò a Darmstadt, sotto la guida del celebre abate J. Vogler. Ivi ebbe condiscepolo C. M. von Weber, col quale strinse grande amicizia.
Dopo alcune composizioni scolastiche e varî tentativi di composizioni sacre e drammatiche, fece eseguire a Berlino (8 maggio 1811) l'oratorio Gott und die Natur (Dio e la natura) e a Monaco (primavera 1812) l'opera biblica in 3 atti Jephta's Gelübde (Il voto di Iefte). L'opera buffa in due atti Alimelek, oder die beiden Kaliffe (Alimelek, o i due Califfi) ebbe a Stoccarda (1813) e altrove vario successo. Durante questo primo periodo della sua esistenza, M. fu maggiormente apprezzato come pianista trascendentale. Consigliato dal vecchio A. Salieri, che conobbe a Vienna, nel 1815 partì per l'Italia, soffermandosi prima, per tutto quell'anno, a Parigi. Giunto a Venezia vi ascoltò il Tancredi di G. Rossini e ne rimase ammaliato. La sua vera vocazione di compositore drammatico si svelò a lui al contatto con l'arte italiana: da allora M. rimase sempre, anche nelle grandi opere del periodo francese, un compositore essenzialmente italiano.
Le opere da lui scritte in Italia e su testi italiani, sono: Romilda e Costanza (Padova, 1818), Semiramide riconosciuta (Torino, 1819), Emma di Resburgo (Venezia, 1820), Margherita d'Angiù (sic, Milano, 1820), L'Esule di Granata (Milano, 1822), Almanzor (incompleto e inedito), Il Crociato in Egitto (Venezia, 26 dicembre 1824). Tutte queste opere ebbero buon successo, ma veri trionfi furono l'Emma e la Margherita, che, tradotte, si affermarono anche fuori d'Italia, e più ancora Il Crociato, il cui successo italiano si propagò rapidamente a Londra, a Parigi, nel Brasile e altrove. Con quest'opera M., dando una prima prova delle facoltà eclettiche del suo spirito, tenta un compromesso tra l'arte italiana e il romanticismo tedesco di C. M. v. Weber e di L. Spohr, compromesso da cui fu tratto in inganno il suo amico Weber, sperante in un ritorno all'arte nazionale tedesca.
Contatti con l'opera tedesca M. aveva preso in questi anni con due brevi soggiorni a Berlino, nel 1821 e nell'inverno 1822-23, ma senza conseguenze. L'opera tedesca Das Brandenburger Thor (La porta di Brandeburgo), composta durante il secondo soggiorno a Berlino, rimase inedita.
In una lettera del 5 luglio 1823, da Milano, al basso Levasseur, M. si lamenta della mancanza, in Italia, di buoni libretti e del gusto unilaterale degl'Italiani, mentre esalta gli eccellenti poemi drammatici di Francia e il gusto eclettico dei Parigini. In Francia, infatti, doveva trovare poemi, se non più perfetti, certo più aderenti alle qualità del suo spirito. Nel 1825, dopo il successo del Crociato, M. si recava a Parigi, e verso la fine di quell'anno la morte del padre lo richiamava a Berlino. Ivi sposò, nel 1827, la cugina Minna Mosson. La morte del padre, del vecchio maestro Lauska, dei due primi figli e del suo più grande amico, il Weber, lo distrassero dal teatro. Trovò conforto nella composizione di musica sacra (12 Salmi a due cori, alcuni Mottetti, 7 Cantate sacre, un grandioso Inno a Dio, a 4 voci, ecc.) e di alcune austere Melodie. Furono, questi, anni di studio, dapprima della classica musica sacra, e poi, tornato nel 1830 a Parigi, di una grande quantità di partiture d'opera, specialmente francesi.
Un incontro fortuito di M. con Eugène Scribe, il più famoso e fecondo librettista del Grand Opéra francese, fu occasione della loro lunga collaborazione. Il dramma romantico di Scribe, grandioso, magniloquente, ricco di forti passioni e di potenti contrasti drammatici, sebbene illogico, disuguale e spesso anche triviale, era quello che più si adattava allo spirito melodrammatico di M.; ma la sua musica segue e risente i difetti del dramma, che solo qualche volta riesce ad attenuare, e ne resta diminuita.
Primo frutto di tale collaborazione fu l'opera Robert le Diable su libretto in 5 atti di E. Scribe e G. Delavigne, rappresentata all'Opéra di Parigi il 21 novembre 1831. Successo enorme, sia in Europa sia in America, il quale fruttò a M. onorificenze e distinzioni, cui fu sempre sensibilissimo. Seconda opera, su libretto di Scribe e Deschamps, fu Les Huguenots in 5 atti (Parigi, Opéra, 29 febbraio 1836); la più umana, appassionata e drammatica, il suo capolavoro. Il successo fu clamoroso e mise presto a tacere qualche illustre opposizione (R. Schumann); la fama di M. si diffuse dappertutto e si mantenne inalterata, non offuscata neanche dalla nascente gloria di R. Wagner.
Nel 1838 suggerì a Scribe l'idea dell'Africaine, che, per dissidî fra musicista e poeta, tardò tanto a vedere la luce. Dopo la trionfale esecuzione di Les Huguenots a Berlino (20 maggio 1842), il re Federico Guglielmo IV di Prussia lo nominò Generalmusikdirektor alla colte, al posto lasciato da G. Spontini.
Gli anni di quasi assidua residenza a Berlino sono ricchi di composizioni varie, tra cui la prima (in si-b.) delle quattro Fackeltanze (Danze con le fiaccole) per banda militare, scritta nel 1842: danze che sono, specialmente la terza (in do-min.), tra le migliori composizioni originali per banda.
L'8 dicembre 1844, per l'inaugurazione della riedificata sala dell'Opera di Berlino, fu rappresentata l'opera militare di M., su libretto in 3 atti di Rellstab, Ein Feldlager in Schlesien (Un accampamento in Slesia), che ottenne tiepido successo. Due anni dopo M. scrisse la musica di scena per la tragedia Struensee del fratello Michel Beer (Berlino, 19 settembre 1846), piccola partitura del più alto interesse, quasi scevra dei difetti proprî della musica drammatica di M.
Il 16 aprile 1849 aveva luogo all'Opéra di Parigi la prima rappresentazione dell'opera Le Prophète, composta da M. fino dal 1843 su libretto in 5 atti di Scribe. Ottimo successo e rapida diffusione. Questa è certo la più elevata e grandiosa delle opere di M., ma offre tuttavia grandi disuguaglianze di stile e manchevolezza di gusto, che la rendono inferiore agli Ugonotti. Per l'allestimento scenico di essa, M. si recò a Parigi sulla fine del 1848 e vi rimase per circa un anno.
Gli anni che seguirono li passò in Germania, peregrinando da un luogo di cura a un altro, tormentato dalla malattia che doveva poi condurlo alla tomba, ma senza tralasciare di scrivere importanti composizioni minori e un'opera comica, l'Étoile du Nord, su libretto in 3 atti di Scribe, rappresentata con grande successo a Parigi (Opéra-Comique) il 16 febbraio 1854; partitura ricca di verve e di risorse, ma musicalmente spesso superficiale e per la quale utilizzò in parte la musica dell'Accampamento in Slesia.
Il 24 giugno 1854 M. perdeva la madre e fu per lui grave dolore; l'anno seguente passava alcuni mesi a Venezia; alla fine del 1858 tornava a Parigi, per l'allestimento scenico di un'altra opera comica, che fu Le Pardon de Ploërmel (o Dinorah), su libretto in 3 atti di Michel Carré e Jules Barbier. Rappresentata all'Opéra-Comique il 4 aprile 1859, con successo meno vivo ma più duraturo di quello dell'Étoile du Nord, la Dinorah è opera piacevole, piena di grazia e ricca di pagine pittoresche, pure senza avere grande elevatezza di stile. Seguirono alla Dinorah una folla di altre composizioni minori e di circostanza.
Nell'autunno del 1863 M. era tornato a Parigi, per mettervi in scena, finalmente, L'Africaine, opera in 5 atti su libretto di Scribe, lungamente meditata e rimaneggiata; ma la sua fine, avvenuta quasi improvvisa, gl'impedì di dare a quest'ultima sua fatica teatrale le cure minuziose prodigate alle precedenti e la partitura ne risente ancora oggi il danno. Il successo che l'accolse postuma il 28 aprile 1865 all'Opéra di Parigi fu superiore a tutti i precedenti ed è una delle poche opere di M. (e di quei tempi) rimasta ancora oggi nel comune repertorio. Essa è, tra le grandi opere di M., quella che più risente del lungo periodo di composizione, che ha maggiori disuguaglianze di stile; ma racchiude tuttavia numerose pagine melodiche d'incomparabile effetto e seduzione.
M., che fu musicista di profonda preparazione e di grande abilità tecnica, come operista va studiato in rapporto col suo tempo e col gusto del pubblico cui i suoi melodrammi erano destinati. Può allora essere considerato come il maggiore maestro del Grand Opéra francese e le sue opere, pure non scevre di grandi difetti, che abbiamo veduto esser quelli dei loro libretti, occupano un posto eminente nella storia del melodramma nell'Ottocento.
Bibl.: H. Blaze de Bury, M., sa vie, ses oeuvers et son temps, Parigi 1865; H. Mendel, G. M., sein Leben und seine Werke, Berlino 1868; J. Schucht, M.s Leben, Lipsia 1869; A. Kohut, M., Lipsia 1890; J. Weber, M., notes et souvenirs, Parigi 1898; H. de Curzon, M., Parigi 1910; L. Dauriac, M., Parigi 1913; H. Abert, M., Lipsia 1918; J. Kapp, M., Berlino 1920.