MAZZOCCHI, Giacomo
MAZZOCCHI (Mazochio), Giacomo. – Nacque a Bergamo da Antonio, verosimilmente nell’ultimo quarto del XV secolo. Non è noto se fosse parente dei tipografi Giovanni Mazzocchi da Bergamo, operante a Roma (1517?-1522), e Giovanni Mazzocchi da Bondeno.
Fu attivo a Roma almeno dal 1505, quando compare, nella dedica a Giacomo Gallo, come editore di un libro stampato il 10 maggio da J. Besicken, il De fluminibus di Vibio Sequestre.
Si ritiene che nel 1506 J. Besicken, in un periodo di crisi, sia stato sovvenzionato dal M. e dal lorenese Stefano Guillery, che poi si sarebbero divisi i caratteri e gli altri materiali tipografici come pagamento dei debiti contratti dallo stampatore tedesco.
Nella dedica a G. Gallo il M. compare pure con l’attribuzione, poi sempre utilizzata, di «Romanae Academiae bibliopola», ovvero editore e libraio ufficiale dello Studio. Solo dal 1509 si sottoscrisse come stampatore. La sua tipografia si trovava «in Vico Pellegrini», come figura nella sottoscrizione alla Oratio habita in prima sessione concilii Lateranensis di Bernardo Zane, arcivescovo di Spalato, del 1512. Nel 1511 era sposato a una Bernardina, che prese in affitto una casa nel rione Ponte, in via Florida. Nel 1522, quando era residente nel rione Parione, il M. affittò un’altra abitazione nel rione Pigna, di proprietà della basilica di S. Marco.
La produzione del M. fu così copiosa e articolata da farne uno dei più prolifici stampatori di Roma agli inizi del Cinquecento. Non di rado le opere avevano carattere di ufficialità ed erano protette da privilegi pontifici. Il M. finanziava le sue edizioni e coltivava personalmente i rapporti con la Curia, le autorità universitarie e gli ambienti eruditi. Uno spazio cospicuo della sua produzione è dedicato a opere destinate al mercato dell’istruzione superiore, come libri di testo in materie umanistiche, filosofiche e canonistiche prodotti dai docenti dello Studium Urbis. Si occupò inoltre della pubblicazione di discorsi e bolle pontificie: il primo riconoscimento come tipografo ufficiale della Curia fu la pubblicazione del Monitorium contra Venetos (il dettato della bolla di scomunica e di interdetto con cui il 27 apr. 1509 papa Giulio II colpì Venezia), che ebbe il valore di originale. Il M. pubblicò inoltre le bolle di Giulio II per la scomunica di Alfonso I d’Este (1510) e di convocazione del V concilio Lateranense e la bolla Exsurge Domine di Leone X contro Lutero (1520). Questo stesso papa gli affidò inoltre l’edizione completa degli atti del concilio Lateranense, terminata il 31 luglio 1521.
Anche grazie al contributo del M. l’editoria classica aveva conosciuto a Roma una netta ripresa già durante il pontificato di Giulio II. Dalla sue stampe uscirono numerosi autori greci in versione latina, tra cui: Omero (Odissea), lo Pseudo Aristotele (Theologia Aristotelis), Plutarco, Lisia, Aftonio, Stobeo, Agazia Scolastico, Luciano, Massimo Tirio, Procopio di Cesarea, Basilio il Grande. Le traduzioni latine erano opera di eruditi del livello di Cristoforo Persona, Raffaele Maffei, Guillaume Budé, Giovanni Lorenzi, Angelo Barbato, Giano Vitale, Giovanni Maria Cattaneo, Guarino Favorino, Giovan Pietro Dalle Fosse (Pierio Valeriano), Cosimo de’ Pazzi. La fama del M. è anche legata, dal 1509, alla stampa delle pasquinate: i Carmina apposita Pasquillo, piccoli volumi con uscita più o meno annuale, contenevano i versi che a Roma si usava apporre sulla statua di Pasquino il giorno di S. Marco (25 aprile).
Alla tipografia del M. è attribuito il calendario epigrafico e astrologico, pubblicato senza titolo, né luogo né data, ma conosciuto come Calendarium Romanum e assegnato agli anni 1509-10, che riproduce la terza edizione della silloge di fra Giocondo da Verona. L’edizione del M. – comprendente diversi testi, alcuni conservati manoscritti (Biblioteca apost. Vaticana, Borg. lat., 336), collocabile almeno al 1492 – fu riproposta in parte nel Calendarium Iulii Caesaris cum cyclo Lunae, che L. Gaurico aggiunse in calce al suo Calendarium ecclesiasticum novum (Venezia, Giunti, 1552). Tra le altre opere stampate dal M. vi furono l’Opusculum de mirabilibus novae et veteris urbis Romae di F. Albertini (1510) e le Imagines di A. Fulvio (1517), primo vero repertorio di antiche monete romane, in cui il M. incluse una sua lettera a Iacopo Sadoleto. Minore fu l’impegno per le stampe di carattere popolare.
Meritano una menzione a parte gli Epigrammata antiquae Urbis, perché si ritiene che il M. – grande raccoglitore di iscrizioni sin dagli anni Novanta del Quattrocento (Rhodes, p. 242) –, oltre ad averli stampati, abbia partecipato alla compilazione (il suo nome ricorre nelle pagine introduttive). L’opera, per la quale il M. aveva ottenuto da Leone X un privilegio di stampa nel 1517, fu terminata nell’aprile 1521 e pubblicata adespota a Roma nello stesso anno con dedica a Mario Maffei. Si tratta della prima grande silloge epigrafica a stampa in Italia, con il testo di numerose iscrizioni antiche di Roma e un ricco corredo di illustrazioni. Non è chiaro a quali altri curatori si debba l’imponente raccolta, ma si ritiene che tra essi vi siano M. Maffei, Mariangelo Accursio e Andrea Fulvio (Weiss, p. 184). È stata invece ritenuta poco credibile l’ipotesi secondo cui l’opera sarebbe nata da un ampliamento dell’Epytaphiorum libellus di Albertini, mai impresso, ma la cui pubblicazione era annunciata come imminente nel colophon dell’Opusculum de mirabilibus dello stesso autore, nelle edizioni stampate dal M. nel 1510 e nel 1515.
Come fonti degli Epigrammata si possono considerare le sillogi epigrafiche di fra Giocondo (terza redazione) e di Pietro Sabino e, tramite queste, anche le raccolte di Niccolò Signorili, di P. Bracciolini e la compilazione dell’Einsiedlense (Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Mss., 326). Nel volume stampato dal M. Accursio figura come curatore dell’opuscolo di Valerio Probo De notis antiquarum litterarum, collocato all’inizio del volume; è probabile che sia stato incaricato di una revisione generale del lavoro e che a lui si debba attribuire anche l’ampio Errata corrige. Accursio intendeva forse pubblicare più tardi un supplemento agli Epigrammata; tali sono infatti considerate le sue schede (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., D.420 inf., O.125 sup., O.248 sup.). Sembra aver fatto parte del vasto materiale di preparazione degli Epigrammata anche la Silloge Archinto (Roma, Biblioteca dell’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte, Mss., 91; edita in Giorgetti, pp. 280-309, 404-448), una breve raccolta di epigrafi romane antiche e spurie trascritte da un compilatore anonimo forse intorno agli anni 1508-11. È stata avanzata l’ipotesi che la silloge sia nata dall’ampliamento e dalla revisione di schede del M. e di Albertini, a opera forse di Accursio (ibid., p. 270).
Il 27 ag. 1515 il M. fu scelto come collaboratore, insieme con Andrea Fulvio e Marco Fabio Calvo, da Raffaello Sanzio, nominato da Leone X commissario pontificio alle Antichità dopo la morte di Giovanni Giocondo da Verona (fra Giocondo).
La sua ultima edizione romana (F. Ponzetti, Prima pars philosophiae moralis) reca la data del 1524.
Non sono noti data e luogo di morte del Mazzocchi. È stato ipotizzato che sia perito durante il sacco di Roma, nel 1527. Non ha fondamento la notizia secondo cui si sarebbe rifugiato a Zurigo dopo essersi salvato dal sacco: l’opera di Teofilatto, In quatuor Evangelia enarrationes, del 1527, e i Libri de re rustica (di vari autori antichi), del 1528, sottoscritti con il suo nome e recanti come luogo di stampa la città svizzera, sono da attribuire probabilmente al tipografo Martin Keiser di Anversa.
Fonti e Bibl.: P.A. Serassi scrisse una vita del M., andata perduta (cfr. Ascarelli, pp. 13 s.); J. Ruysschaert, Recherche des deux bibliothèques romaines Maffei des XVe et XVIe siècles, in La Bibliofilia, LX (1958), pp. 306-355; F. Ascarelli, Annali di G. M., Firenze 1961; D.E. Rhodes, Further notes on the publisher G. M., in Id., Studies in early Italian printing, London 1982, pp. 107-110; D. Giorgetti, Silloge Archinto (ms. B.I.A.S.A. 91). Una fonte per gli «Epigrammata antiquae Urbis» del M., in Accademie e biblioteche d’Italia, XLVIII (1980), pp. 262-309; Id., Silloge Archinto (2a parte), ibid., pp. 404-448; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, II, Milano 1986, figg. 389, 403, 906; M.G. Blasio, Privilegi e licenze di stampa a Roma fra Quattro e Cinquecento, in La Bibliofilia, XC (1988), pp. 80-84, 147-159; Id., «Cum gratia et privilegio». Programmi editoriali e politica pontificia. Roma 1487-1527, Roma 1988, ad ind.; R. Weiss, La scoperta dell’antichità classica nel Rinascimento, trad. di M.T. Bindella, Padova 1989, ad ind.; M.G. Blasio, L’editoria universitaria da Alessandro VI a Leone X: libri e questioni, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al Seicento. Atti del Convegno… 1989, a cura di P. Cherubini, Roma 1992, pp. 289-312; C. Bianca, In ricordo del fratello Pomponio: Luca Gaurico tra astrologia e antiquaria, in Letteratura, verità e vita. Studi in ricordo di G. Viti, a cura di P. Viti, Roma 2005, I, pp. 257-268.