MASSIMO, Giacomo (Giacomo di Lello di Cecco)
– Appartenente a una facoltosa famiglia romana di estrazione popolare impegnata in importanti attività mercantili, nacque tra lo scorcio del XIV e l’inizio del XV secolo dallo speziale Lello.
Nonostante i legami del fratello Massimo con Niccolò V, il M. partecipò alla congiura di Stefano Porcari contro il papa, che si risolse tragicamente nel gennaio del 1453 per lo stesso Porcari e per molti dei cospiratori.
Lo stretto rapporto del M. con Stefano Porcari nasceva, oltre che dalla condivisione delle medesime rivendicazioni repubblicane del ceto mercantile romano contro la signoria pontificia, anche dal fatto che il M. aveva sposato una sorella del Porcari, della quale non si conosce il nome. Il coinvolgimento del M., che – racconta Pietro Godi – aveva perfino venduto una casa di sua proprietà al «soldano» del papa per acquistare armi per i rivoltosi, fu probabilmente reputato meno grave di quello degli altri congiurati, poiché egli non subì la condanna a morte, ma soltanto la confisca dei beni. Le conseguenze della congiura si ripercossero tuttavia non soltanto su di lui ma anche su suo fratello Massimo, che dopo i fatti del 1453 fu dal papa privato di alcuni incarichi.
Fu con ogni probabilità tale episodio a incrinare il rapporto tra i due fratelli, come testimonia un atto del maggio 1464, quando il M. nominò suoi procuratori Battista Brendi e Angelo de Iacobinis per una lite con il fratello Massimo e i suoi figli a proposito dell’eredità dell’altro fratello, Paolo (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 1763, c. 79r, ad annum, notaio Maximus de Thebaldis).
Non è invece attendibile la notizia che nel 1470 il M. sia stato console dell’arte degli speziali: il documento cui tale informazione si riferisce (ibid., 1645, c. 78v, notaio Marianus Scalibastri), del 15 luglio 1470, parla infatti di uno «Iacobus Lelli Chiche» caporione del rione Campomarzio, che è personaggio noto e distinto dal Massimo. In realtà, dopo la congiura di Stefano Porcari, il M. sembra essere stato relegato a un ruolo piuttosto marginale nella società cittadina, sia per quanto riguarda l’attività economica, sia per gli incarichi pubblici. Nelle fonti si perde traccia di lui dopo il 1464.
Fonti e Bibl.: S. Infessura, Diario della città di Roma, a cura di O. Tommasini, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], V, Roma 1890, p. 56; P. Godi, De coniuratione Porcaria dialogus, in Orazio Romano, Porcaria, a cura di M. Lehnerdt, Lipsiae 1907, pp. 59 s.; C. Burroughs, A planned myth and a myth of planning: Nicholas V and Rome, in Rome in the Renaissance, the city and the myth, Binghamton, NY, 1982, pp. 204, 207; Id., Below the angel: an urbanistic project in the Rome of pope Nicholas V, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XLV (1982), pp. 104-111; A. Modigliani, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1994, pp. 68, 71, 73 s., 199, 347; I. Ait, Tra scienza e mercato. Gli speziali a Roma nel tardo Medioevo, Roma 1996, pp. 55, 62, 66; A. Modigliani, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Roma tra Medioevo ed età moderna, Roma 1998, p. 207; P.L. Tucci, Laurentius Manlius. La riscoperta dell’antica Roma. La nuova Roma di Sisto IV, Roma 2001, p. 28; V. Cafà, Palazzo Massimo alle Colonne di Baldassarre Peruzzi. Storia di una famiglia romana e del suo palazzo in rione Parione, Venezia 2007, pp. 39, 46; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Massimo di Roma, tav. II.