MASCARDI, Giacomo
– Nacque nel 1567 circa a Bormio, nell’alta Valtellina, da Vitale; il nome della madre non è noto.
L’origine è confermata da numerosi documenti d’archivio; una nascita veronese, sostenuta da alcuni studiosi, è dovuta alla confusione con un Giacomo Moscardi nato a Verona e stampatore a Fano dal 1562 al 1572.
Non si hanno notizie sul M. anteriormente agli anni Ottanta, quando risulta impiegato in una delle numerose tipografie di Roma, forse quella del bresciano G. Ruffinelli. Sposatosi con la romana Giovanna Spicalarne, ebbe tre figli, battezzati negli anni 1590-94, ma tutti morti in tenera età. La moglie morì all’inizio del XVII secolo.
Secondo gli atti di battesimo dei figli, il M. abitò nella parrocchia di S. Giovanni de’ Fiorentini, poi in quella di S. Eustachio, infine in quella di S. Caterina della Rota, dove sembra essere rimasto a lungo. I nomi dei padrini rivelano il suo status sociale, in origine molto modesto, ma migliorato nel corso degli anni. Morto Ruffinelli, il M. passò a un’azienda di maggiore importanza, forse la Tipografia apostolica Vaticana (diretta da D. Basa e poi da C. Lorenzini, che sarà presente al testamento del M.), poi con buona probabilità alla Stamperia orientale Medicea, fondata nel 1584 per diffondere testi cattolici nei Paesi orientali e operante dal 1590. Il M. vi lavorò probabilmente dal 1593 e vi conobbe S. Paolini, che dell’attività della Stamperia fu di fatto il successore. È probabile che quando Paolini, nel 1596, si mise in proprio, il M. lo abbia seguito. Significative sono le successive collaborazioni tra i due stampatori e le ristampe, a opera del M., di opere uscite a nome di Paolini, così come i legami familiari instauratisi: anche Paolini abitava presso S. Caterina della Rota e in seguito il M. mandò il nipote Vitale a fare tirocinio presso l’amico.
Al M. mancava il capitale per impiantare un’officina propria, ma nei primi anni del XVII secolo poté disporre della congrua dote della seconda moglie, la romana Agata Carrara, di lui più giovane d’una ventina d’anni. Di famiglia socialmente modesta ma agiata, Agata ebbe parte notevole nelle vicende della stamperia. Il primo libro uscito a nome del M. reca la data del 1606, il secondo è dell’anno successivo. Una vera produzione partì solo dal 1608, con nove edizioni, consistenti per la maggior parte in libri stampati per conto di librai-editori o nel quadro della collaborazione con Paolini. Una delle prime edizioni fu il Vago e dilettevole giardino di varie lettioni… del medico e letterato M. Pansa, ristampa sotto altro titolo dell’opera dello stesso autore edita nel 1590 (Della libreria Vaticana). La responsabilità dell’operazione, non rara nel costume editoriale dell’epoca, va attribuita al libraio G. Martinelli, che aveva pubblicato l’edizione originale per i tipi di G. Ruffinelli e ora promuoveva la nuova veste dell’opera, avvalendosi del M., che verosimilmente doveva aver composto lui stesso l’opera all’epoca in cui lavorava nella tipografia Ruffinelli. Ma nello stesso 1608 si incontra già, come edizione in proprio, un saggio scientifico: il Trattato della natura del vino, e del ber caldo e freddo dell’erudito fiammingo Teodoro Ameyden.
L’ambito degli studi di filosofia naturale, medicina e nuova scienza sperimentale fu peculiare di molte edizioni del M., che divenne particolarmente rinomato in questo settore. È probabile che un interesse specifico fosse nato quando lavorava per la Stamperia orientale Medicea o già dai lavori svolti nell’officina Ruffinelli, che aveva stampato importanti opere scientifiche legate agli studi per il nuovo calendario gregoriano. La produzione in questo ambito di studi è quella che diede al M. la sua fama postuma, in particolare perché comprende le opere di Galileo Galilei e per il rapporto diretto instaurato con l’Accademia dei Lincei.
Nel 1609 il catalogo del M. arrivò a una ventina di titoli e la rapida affermazione suggerì un’espansione in provincia. Del 1616 è una sua supplica al Comune di Tivoli per aprire una succursale. I contatti con Tivoli risalivano a cinque anni prima, con la stampa del saggio di A. Del Re Dell’antichità tiburtine; nella supplica chiedeva un compenso di 2 scudi mensili e l’uso gratuito di una casa per abitazione e officina. Il Comune accolse la richiesta del M. concedendo la provvigione di 25 scudi annui ma senza la casa, e la trattativa cadde.
Nella sua carriera il M. dimostrò un’eccellente capacità operativa nel mantenere una rete ampia di rapporti con autori e committenti. Intrattenne per tutta la vita buoni contatti con altri tipografi sulla piazza romana, in particolare con le famiglie Zannetti e Facciotti (nel 1617 fu padrino al battesimo di una figlia di P.A. Facciotti), dalle cui edizioni trasse più volte proprie ristampe, e con numerosi librai-editori.
Dalle seconde nozze il M. non ebbe figli, perciò, man mano che la sua azienda prosperava, pensò a un possibile successore chiamando a Roma il figlio di suo fratello Stefano, Vitale, destinato a rilevare la stamperia dopo la morte del Mascardi. Almeno dal 1622, ma probabilmente da alcuni anni prima, il M. si era trasferito nell’attuale via del Piè di marmo, adatta al commercio librario per essere posta tra il Collegio romano e il collegio domenicano della Minerva. Le fonti attestano che viveva con la moglie, il nipote e alcuni garzoni e lavoranti. Nel 1627 fu designato da Isabella Blado vedova Guelfi, già titolare della Stamperia camerale, quale perito per l’estimo di una grossa partita di libri da vendere al libraio G. Pelagalli. Nello stesso anno spostò casa e officina in piazza Sciarra e quattro anni dopo stabilì la sua sede definitiva di fronte alla chiesa di S. Marcello, rilevando i locali dove dalla fine del Cinquecento aveva avuto sede la stamperia Zannetti. Con la cessazione dell’attività da parte della vedova di B. Zannetti e il trasferimento del M. in quei luoghi si verificò una continuità di fatto tra le due aziende, consentendo al M. di sfruttare le committenze di alcuni professori del Collegio romano, di cui gli Zannetti erano stati gli stampatori ufficiali. Qui il M. aveva abitazione, bottega (sul Corso) e officina (nella retrostante via del Collegio romano, ma i luoghi mutarono nel Settecento per la costruzione del palazzo De Carolis).
Il M. si ammalò alla fine del 1634 e morì l’8 dicembre, a Roma. Secondo le disposizioni del testamento, redatto nel gennaio 1631, fu sepolto nella chiesa del Gesù; lasciò erede universale la vedova, con un congruo lascito al nipote Vitale.
Del M. sono note ben 471 edizioni, a nome degli eredi ne uscirono solo 16, ma 324 a nome di Vitale e 212 stampate da Giacomo iunior. Circa un quarto della produzione del fondatore fu stampata per conto di librai-editori: i rapporti più frequenti furono dapprima con G. Martinelli, poi con L. Sforzini (edizioni di classici per il Collegio romano), con la libreria del Morion d’Oro di M. Bona (libri su Roma e testi teatrali), con quella del Sole di A. Brogiotti, con quella del Griffo dei perugini Giuliani (testi spirituali di ampia diffusione), con la libreria-calcografia Marcucci di piazza Navona (libri illustrati). Per circa il 18% la sua produzione consiste di ristampe; a loro volta, non pochi libri del M. furono riediti a Roma o in altre città (soprattutto Venezia, Milano, Colonia, Oxford, Anversa, Francoforte). Sono frequenti le orazioni latine di poche carte ma non mancano ponderose opere in folio, anche in più tomi, come i cinque volumi di Disceptationes di S. Graziani usciti tra il 1609 e il 1625 e i trattati di diritto processuale e commerciale di S. Scaccia, editi dal M. nel 1612 e nel 1619, e ripresi in varie città europee, tra cui Ginevra, Liegi, Lipsia e Breslavia. In folio sono alcune opere mediche e scientifiche e il trattato De almae, ac sanctissimae Trinitatis mysterio in seraph. d. Bonaventuram cardinalem Ordinis minorum. Paraphrases, commentaria, et disputationes del cappuccino Teodoro da Bergamo (1633). Prevalgono tuttavia le edizioni in quarto, poi in ottavo e in formati più piccoli, fino a minuscoli libriccini di classici o di preghiere. Pur non essendo uno stampatore specializzato in figure, il M. produsse molti libri illustrati (circa un quarto delle sue edizioni ha frontespizi o antiporte incise, oppure tavole, ritratti, illustrazioni), tra cui splendidi i tre volumi della Roma antica di A. Giovannoli (1609-19) e l’Antiquae Urbis splendor di G. Lauro (1614).
La produzione del M. non sembra risentire del variare dei pontefici: iniziata sotto Paolo V, proseguita sotto Gregorio XV e Urbano VIII, mantenne all’incirca lo stesso livello, salvo il picco in corrispondenza del giubileo del 1625 e un improvviso calo nel 1632. Più che da diretti rapporti con gli ambienti curiali e governativi le committenze vennero dai rapporti con gli autori. Cospicua in particolare la presenza di religiosi: oltre a curie generalizie di Ordini e singoli monasteri, massiccia la presenza gesuitica, data la vicinanza della tipografia al Collegio romano, e inoltre di teatini e carmelitani, nonché sporadica di barnabiti, camaldolesi, premostratensi e gesuati.
Nel complesso, il M. pubblicò 41 opere di soggetto scientifico. Tra quelle promosse dai Lincei spiccano opere capitali di Galileo come l’Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari (1613) e Il saggiatore (1623), nonché l’Apiarium di F. Cesi (1625), il De aeris transmutationibus di G.B. Della Porta (1614), due raccolte di saggi astronomici e zoologici di F. Colonna (1616), gli Animalia Mexicana di J. Faber (1628, prima sezione della monumentale Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus seu Plantarum animalium mineralium Mexicanorum historia di F. Hernández, più noto come Tesoro messicano, pubblicato da Vitale nel 1653), infine il Persio tradotto (1630), in cui gli studi del defunto A. Persio erano corredati da una straordinaria descrizione entomologica di F. Stelluti. Ai testi scientifici va accostato un volume illustrato di meccanica (Le machine, 1629), opera del pesarese G. Branca, inventore della turbina a vapore. Da ricordare anche le pubbliche dispute tenute nel Collegio romano da G. Marescotti (De iride, 1617) e dal gesuita O. Grassi (De tribus cometis, 1619), nonché l’ampia serie di scritti del medico e botanico P. Castelli, professore alla Sapienza e prefetto dell’Orto botanico. In campo medico il M. pubblicò opere di orientamento antigalenico, come il Magnus Hippocrates… notationibus explicatus (1627) di P. Marziani, destinato a lunga fortuna nell’Università di Padova. A spese di A. Brogiotti pubblicò i volumi I e VI (1621, 1634) delle Quaestiones medico-legales di P. Zacchia, opera destinata a lunga diffusione europea come base dell’attività medica posta al servizio della legge. L’ambito giuridico fu del resto oggetto di numerose edizioni: testi di diritto civile, penale, canonico, tra cui il Tractatus de Salviano interdicto dell’avvocato S. Pacifici (1610), i cinque volumi di G.B. Viviani (Rationale, 1612-17), i due dei Singularia di T. De Rossi (1624).
Più di venti titoli riguardano filosofia e teologia, sedici l’agiografia, con importanti opere del monaco benedettino cassinese Costantino Gaetano e del poeta F. Figliucci, segretario del cardinale Pietro Aldobrandini e ammiratore di Galileo. In ambito storiografico l’orientamento privilegia la storia sacra ed ecclesiastica. Accanto ad alcune opere del sacerdote G. Giacchetti, studioso della più antica immagine di Cristo (il mandylion di S. Silvestro in Capite), va segnalato l’Epilogo sacro dell’arciprete di Locarno F. Ballarini, compendio di storia ecclesiastica protratto fino all’anno di pubblicazione (1610; l’autore, attento testimone della rivalsa cattolica in Valtellina, era in personali rapporti con il M.), le opere di archeologia cristiana dell’oratoriano G. Severano (tra cui le celebri Memorie sacre delle sette chiese di Roma, 1630) e del carmelitano scalzo Juan de Jesús María.
In campo letterario numerosissimi sono gli opuscoli con orazioni e poesie latine d’occasione. Tramite i Lincei, il M. fu in rapporto con il fiorentino G. Ciampoli (del 1626 sono la Poesia in lode dell’inchiostro e il Cantico delle benedizioni). Ciampoli era ammiratore di G. Chiabrera, del quale il M. stampò il Chirone (1625) e Le feste dell’anno cristiano (1628); alla cerchia barberiniana appartenevano anche F. Bracciolini, del quale il M. e suo nipote stamparono Lo scherno degli dei (1626), La roccella espugnata (1630), La Bulgheria convertita (1637), e A. Bruni (Le Veneri, 1633; Epistole heroiche, 1634, 1674). In campo poetico va infine ricordata la prima edizione, postuma, della Strage degl’innocenti di G.B. Marino (1633). Una polemica letteraria aprì il Dittionario toscano (1614) di A. Politi, rifacimento di quello della Crusca, ma impostato sull’idioma senese anziché sul fiorentino. Ben rappresentati (diciannove edizioni) i testi teatrali.
Nato nella contea di Bormio verso il 1594 e giunto a Roma in una data imprecisabile, Vitale, dopo avere appreso l’arte presso il M., fu attivo per diversi anni nella Stamperia della congregazione di Propaganda Fide, fondata nel 1626 e diretta da Paolini. Avvalendosi di lui, dopo la morte del M. la vedova proseguì l’attività sottoscrivendo le edizioni con la formula «Per gli heredi del Mascardi» o altre simili. Ottenuta la dispensa dall’impedimento canonico, nel 1636 Agata sposò il nipote, per cui dalla fine di quell’anno le edizioni apparvero a nome di Vitale. Le nozze, dettate da pura opportunità, rimasero senza prole, ma l’attività ne ebbe sicuri vantaggi, sia per l’ottima preparazione di Vitale sia per i suoi buoni rapporti con i cardinali Francesco e Antonio Barberini, nipoti del papa regnante Urbano VIII. L’amicizia con il libraio veneziano P.A. Bertani, alle nozze del quale fu testimone (1639), offrì a Vitale un diretto sbocco commerciale a Venezia. Nello stesso anno donò tutti i suoi beni di Bormio alla sorella Antonia, danneggiata dai torbidi politici della Valtellina. Morto Paolini nel 1643, la congregazione di Propaganda Fide propose a Vitale di dirigere la stamperia poliglotta della congregazione, ma non sembra che la trattativa abbia avuto esito. La morte di Urbano VIII e la fine del potere dei Barberini fu per Vitale un danno: negli anni 1648-49 la produzione della tipografia scese ai minimi storici. Una ripresa si ebbe dal 1650 soprattutto in virtù di un nuovo filone, quello delle edizioni musicali, per le quali Vitale si valse della collaborazione del violinista C. Caproli (parente di sua cognata Margherita) e degli stampatori savoiardi Balmonti attivi a Roma. Rimasto vedovo nel 1652, Vitale morì il 10 apr. 1666, senza avere fatto testamento.
Con lui da anni viveva e lavorava il nipote Giacomo, figlio di Giovanni Silvestri (un barbiere nativo di Poli) e della cognata Margherita. Nato nel 1637 fu battezzato con il nome del fondatore della tipografia per rinnovarne la memoria e di fatto adottò il cognome Mascardi, giacché della ditta di famiglia fu il prosecutore. In mancanza di un testamento di Vitale, non poté designarsi come suo erede, perciò per alcuni anni (regolarmente fino al 1671) le edizioni uscirono a nome del «Successore al Mascardi»; sporadicamente dal 1672 e sistematicamente dal 1679 le sottoscrisse invece «Per il Mascardi» o in forme simili (non di rado «Per Giacomo Mascardi»). Abbandonata la sede sul Corso, Giacomo portò la stamperia in piazza di Monte d’Oro, poi (almeno dal 1684) in via delle Tre Cannelle, alle falde del Quirinale, in quello che fin verso il 1730 sarà detto «vicolo del Mascardi». Il benessere raggiunto dalla famiglia (l’edificio alle Tre Cannelle era di loro proprietà, come pure una vigna fuori porta S. Lorenzo) consentì la specializzazione nella produzione di libri di musica. Giacomo morì a Roma il 3 nov. 1722 e con lui si concluse l’attività della tipografia.
Una singola ristampa del 1728, per conto di due librai napoletani, e forse poche edizioni musicali prive di note tipografiche (databili al 1725-30) possono essere attribuite al figlio di Giacomo, Innocenzo, nato nel 1679, che dopo il 1730 dovette liquidare la stamperia, le cui dotazioni erano ormai vecchie e logore.
Sotto Vitale le linee editoriali dell’azienda subirono qualche cambiamento. Il settore delle opere scientifiche, ancora consistente, risentì della dispersione dei Lincei dopo la morte di Cesi e l’avvio del processo a Galileo; accanto ai nomi già noti di Stelluti (Trattato del legno fossile, 1637), Della Porta (Della fisonomia, 1637) e Zacchia (De’ mali hipocondriaci, 1644), compaiono varie opere mediche e geografiche patrocinate dal cardinale F. Barberini (tra esse il Tesoro messicano e i tre libri di Viaggi di P. Della Valle, 1650-58). Calarono i testi di diritto, le orazioni, le raccolte poetiche, gli opuscoli devozionali, mentre aumentarono le biografie, i testi teologici, le opere di storia (la serie degli Annali ecclesiastici di O. Rinaldi, scritti in prosecuzione del Baronio; i volumi IV-IX dell’Italia sacra di F. Ughelli). Nel campo dell’antiquaria va segnalata la disputa sul sito dell’antica Veio tra F. Nardini (L’antico Veio, 1647) e D. Mazzocchi (Lettera et apologia, 1653, seguita dal Supplimento del 1663); tra le numerose opere su Roma spiccano quelle di F. Martinelli (Roma ricercata nel suo sito, 1658) e G. Alveri (Roma in ogni stato, 1664). Si ridussero le edizioni per Ordini religiosi, a eccezione soprattutto di importanti autori gesuiti, tra cui L. Albrici (Prediche…, 1652) e G.P. Oliva (Prediche…, 1659). Uno speciale rapporto ebbe Vitale con il padre A. Kircher, di cui pubblicò tra l’altro gli imponenti volumi dell’Oedipus Aegyptiacus (1652-54) e del Magnes sive De arte magnetica (1654). Inoltre, sempre di gesuiti, diffuse a Roma le opere ascetiche del tedesco J. Drexel e dei francesi E. Binet e P. du Barry. Tramite i Barberini, conobbe e pubblicò autori della loro cerchia: il libertino J.-J. Bouchard, L. Holste, la poetessa Margherita Costa, soprattutto L. Allacci, di cui stampò una dozzina di opere poetiche, filologiche e di erudizione storica. Ad Allacci lo accomunava l’amore per i testi drammatici: l’ultimo libro da lui stampato fu la famosa Drammaturgia (1666), nella quale compare in prima persona con un’accorta e intelligente prefazione. Seguì il nuovo settore piacevole dei romanzi (sia di autori italiani, come L. Manzini e C. Lengueglia, sia del vescovo francese J.-P. Camus), ma si tratta di libri stampati per conto del libraio F. De Rossi. Un terzo della produzione di Vitale fu per diversi librai-editori, tra i quali ricorrono i nomi di P. Totti, H. Scheus, B. Diversini, G. Casoni. Dal 1650 datano le edizioni musicali, che annoverano opere di F. Foggia, B. Graziani, A.M. Abbatini, nonché la splendida partitura di un melodramma di M. Marazzoli (La vita humana, 1658), con le tavole delle scenografie dell’opera, offerta dal cardinale F. Barberini a Cristina di Svezia.
Il settore musicale fu l’asse principale dell’attività di Giacomo iunior, che proseguì a pubblicare opere di Foggia, Abbatini e soprattutto Graziani. Morto il famoso G. Carissimi, la cui produzione era rimasta quasi tutta manoscritta, ne pubblicò i Sacri concerti (1675); tra gli altri autori spiccano A. Corelli, C. Mannelli, J. Ravenscroft, R. Valentine. Di minore importanza la produzione non musicale; tuttavia sono da segnalare opere d’interesse storico-artistico, come le Vite di G.P. Bellori (1672) e la Villa Benedetta di E. Benedetti (1678), numerosi libretti teatrali e le annate 1676-79 de Il Giornale de’ letterati, diretto da F. Nazari.
Considerata nel complesso, l’attività dei Mascardi, nonostante la vastità della produzione e la presenza di numerosi testi di rilevante peso storico e culturale, corrisponde a una specifica competenza tipografica. Al prestigio dovuto alla qualità della veste editoriale e alla sicura proprietà tecnica non concorre una presenza del M. nelle sue edizioni, che non corredò mai di introduzioni, avvisi o prefazioni di suo pugno. Vitale lo fece più di una volta e in un caso figurò anche come autore della Festa fatta in Roma alli 25 di febraio 1634, ma si tratta di una finzione, dato che il testo è attribuito al cardinale G. Bentivoglio. Anche Vitale fu sostanzialmente un buon artigiano.
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