GUIDI, Giacomo
Nacque a Roma il 2 ag. 1884 da Ignazio e Carolina Guerrieri.
Il padre, esponente dell'alta borghesia romana, era un orientalista di fama e professore universitario e il G., cresciuto in un ambiente colto e stimolante, mostrò presto varietà d'interessi e d'attitudini. Compiuti gli studi liceali al collegio Nazareno, conseguì il diploma in teologia presso il seminario romano. Dotato di notevole sensibilità musicale, aveva studiato pianoforte all'Accademia di S. Cecilia e trascorse due inverni a Vienna per perfezionarsi alla scuola del compositore T. Leschetizky.
Iscrittosi alla facoltà di lettere dell'Università di Roma, dopo un iniziale orientamento verso la letteratura tedesca, si dedicò agli studi di archeologia e storia dell'arte. Ebbe tra i suoi maestri E. Loewy, L. Mariani e A. Venturi. Si laureò nel 1917 con una tesi sulla corazza dell'Augusto di Prima Porta, quindi dal 1917 al 1919 fu allievo della Scuola archeologica di Roma e dal 1919 al 1921 della Scuola archeologica di Atene.
In Grecia ebbe modo di approfondire le sue conoscenze di storia dell'arte antica e di topografia ateniese, seguendo i corsi tenuti da A. Della Seta, allora direttore della Scuola. Compì escursioni in Peloponneso, Focide, Beozia, Creta, Rodi e Kos. In occasione di due pubbliche adunanze (svoltesi il 29 marzo 1920 e il 12 marzo dell'anno seguente) espose i risultati delle sue prime indagini, poi pubblicate nell'Annuario della Scuola (Il Muro Valeriano a S. Demetrio Katiphori e la questione del Diogeneion, in Annuario della R. Scuola archeologica di Atene e delle Missioni orientali, IV-V [1924], pp. 33-54; La decorazione del manto di Despoina nel gruppo di Damofonte di Messene, ibid., pp. 97-115). Tra il maggio e il giugno del 1921 prese parte a un viaggio di esplorazione della Caria (Asia Minore), organizzato dalla Scuola in collaborazione con la missione archeologica di Rodi, diretta da A. Maiuri (di esso diede conto ibid., pp. 345-396).
Tornato a Roma, insegnò greco moderno nella scuola serale di lingue orientali viventi, frequentata soprattutto da giovani studenti che si preparavano al concorso per la Scuola di Atene. Nel 1923 tenne negli Stati Uniti un ciclo di conferenze per la diffusione della cultura italiana e nel 1924 insegnò letteratura e storia dell'arte alla Columbia University di New York. Nel 1925 ebbe inizio, tardivamente, la sua carriera nell'amministrazione: fu assunto dal ministero delle Colonie come ispettore straordinario dei monumenti e scavi e inviato presso la Soprintendenza archeologica della Cirenaica.
A Cirene esplorò l'area del cosiddetto grande tempio, posto sulla collina nordorientale del sito. Nel corso di tali scavi, iniziati nel febbraio 1926 e proseguiti per quattro mesi, rinvenne, tra le altre sculture, i frammenti di una testa maschile barbata, in cui riconobbe una copia fedele del perduto Zeus Olimpio fidiaco (Gli scavi della Cirenaica nel passato, nel presente e nel futuro, in Nuova Antologia, 16 sett. 1926, pp. 175-194; Lo Zeus di Cirene, in Africa italiana, I [1927], 1, pp. 3-40).
Nell'ottobre 1927 R. Paribeni, direttore generale delle Antichità e Belle Arti, lo pose a capo di una missione archeologica in Transgiordania. Per cinque settimane condusse quindi uno scavo sull'acropoli di Amman (Rabbat Ammon, poi Philadelphia), dove esplorò una parte di un quadriportico romano. Nell'anno accademico 1927-28 fu professore incaricato di archeologia e storia dell'arte nell'Università di Pavia. Il 13 ott. 1928 sbarcò a Tripoli, chiamato a dirigere la Soprintendenza ai monumenti e scavi della Tripolitania, succedendo a R. Bartoccini (1923-28).
Attenendosi alla linea seguita dai suoi predecessori, diede un contributo fondamentale a quel processo di celebrazione della "romanità" del territorio libico promosso dal regime fascista e attuato attraverso la messa in luce e valorizzazione degli antichi monumenti dell'impero. L'attività del G. (iscritto al Partito nazionale fascista, nel Fascio di Tripoli, il 28 ott. 1932), va quindi inquadrata nell'ambito della cosiddetta archeologia coloniale, la quale se da un lato, negli obiettivi e nei metodi, appare in contrasto con la moderna ricerca archeologica, dall'altro ha il merito di aver compiuto, nell'arco di pochi anni, un vasto lavoro di ricerca e scoperte di alto valore culturale.
L'indagine del G. si concentrò sugli antichi centri di Leptis Magna e di Sabratha, in buona parte ancora sepolti dalla sabbia.
A Leptis Magna proseguì gli scavi della basilica e del foro severiani, portò alla luce il mercato (1929-34) e si dedicò al recupero dell'arco quadrifronte di Settimio Severo, continuando la ricerca dei frammenti marmorei del rilievo decorativo e iniziando l'anastilosi delle colonne. Scavò anche le terme della Caccia (1932-33), il calcidico, il foro vecchio (dove scoprì l'importante complesso scultoreo della famiglia Giulio-Claudia), il decumano con gli archi di Tiberio e di Traiano, la via colonnata severiana col grande ninfeo, il porto e, parzialmente, il teatro augusteo (1935). Anche a Sabratha raggiunse importanti risultati: portò alla luce il tempio di Iside, le terme di Oceano (maggio 1934), parte della cinta bizantina con il tempio di Ercole (maggio-luglio 1935) e la casa dell'attore tragico (1935-36), nota per il suo ciclo di affreschi.
Pubblicò i risultati delle sue indagini nella rivista Africa italiana, edita dal ministero delle Colonie (La data di costruzione della basilica di Leptis Magna, II [1929], 4, pp. 231-245; L'Afrodite del mercato, IV [1931], 1-2, pp. 1-31; La villa del Nilo, V [1933], 1-2, pp. 1-56; Orfeo, Liber Pater e Oceano in mosaici della Tripolitania, VI [1935], 3-4, pp. 110-155), in vari numeri della rivista Tripolitania. Rassegna mensile illustrata della Federazione fascista (II [1932], 2, pp. 9-14; 7, pp. 7-12; 12, pp. 19-26) e in altri scritti (tra cui segnaliamo: Scavi archeologici in Tripolitania dall'ottobre 1928 alla primavera del 1930, in Atti del II Congresso nazionale di studi romani… 1930, Roma 1931, I, pp. 334-338; Fasti di Roma e archi trionfali in Tripolitania, in La Libia in venti anni di occupazione italiana, a cura di T. Sillani - G.E. Pistolese, numero speciale de La Rassegna italiana, XXXII [1932], pp. 189-196; Pianta topografica degli scavi di Leptis Magna con un breve riassunto storico e note illustrative, Tripoli 1933; I monumenti della Tripolitania romana, in Africa romana, Milano 1935, pp. 235-253).
A Sabratha, comunque, la sua impresa maggiore, per la quale è soprattutto ricordato, fu lo scavo e il restauro del teatro. I lavori di messa in luce del monumento, iniziati da Bartoccini nell'estate 1927, furono ripresi dal G. nell'ottobre 1928 e terminati nel 1930. La grandiosa opera di ricostruzione fu voluta dal governatore della Libia I. Balbo, che intendeva restituire l'edificio alla rappresentazione di spettacoli.
Il G. ricostruì la frons scenae e restaurò parzialmente la cavea (Il teatro romano di Sabratha, in Africa italiana, III [1930], 1-2, pp. 1-52; Criteri e metodi seguiti per il restauro del teatro romano di Sabratha, ibid., VI [1935], 1-2, pp. 30-53; La scena del teatro romano di Sabratha, in Atti del IV Congresso nazionale di studi romani… 1935, a cura di C. Galassi Paluzzi, Roma 1938, II, pp. 199-202). Tale operazione - completata, tra il 1936 e il 1937, dal suo successore G. Caputo - nel tempo ha ricevuto critiche (C. Brandi, Città del deserto, Roma 1990, p. 19), ma anche apprezzamenti, alla luce dell'alto valore didascalico dell'edificio ricostruito (A. Di Vita, La Libia nel ricordo dei viaggiatori e nell'esplorazione archeologica dalla fine del mondo antico ad oggi: brevi note, in Quaderni di archeologia della Libia, XIII [1983], p. 77).
Al G. si deve anche l'ordinamento dei musei di Leptis Magna (1931) e di Sabratha (1932). Diresse il restauro del castello di Tripoli, scelto da Balbo come nuova sede degli uffici del governatore. E, sempre a Tripoli, curò il nuovo ordinamento del Museo archeologico, allestito nel bastione di S. Giorgio e inaugurato nel giugno del 1930 (Il restauro del castello di Tripoli e il nuovo ordinamento dei monumenti archeologici nel bastione di S. Giorgio, in Africa italiana, V [1933], 3-4, pp. 119-134; Il restauro del castello di Tripoli negli anni XII e XIII: con una breve storia del fortilizio e la descrizione delle opere d'arte che vi sono custodite, Tripoli 1935).
Il 1° nov. 1935 il G. fu nominato direttore della Soprintendenza alle antichità di Padova, carica che non ebbe il tempo d'occupare: morì, infatti, a Tripoli il 9 maggio 1936, per una meningite.
La produzione scientifica del G. appare esigua, se valutata in rapporto al numero e all'importanza dei monumenti indagati, ma ciò è dovuto in parte alla sua morte prematura. Fu socio corrispondente dell'Istituto archeologico germanico, collaboratore dell'Enciclopedia Italiana (per la quale compilò le voci Anfiteatro, Arena, Arsenale, Biblioteca) e di varie riviste e quotidiani.
Fonti e Bibl.: Un fascicolo personale del G. si trova a Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale Antichità e Belle Arti, Divisione I, Personale cessato al 1956, b. 202. Necrologi in Africa italiana, VI (1935), 3-4, pp. 156-159; Bull. del Museo dell'Impero romano, VII (1936), pp. 75 s.; Giornale d'Italia, 14 maggio 1936. Si veda inoltre: Notizie varie, Sezione culturale, in Oriente moderno, VIII (1928), p. 41; La nuova Italia d'Oltremare. L'opera del fascismo nelle colonie italiane, Milano 1933, pp. 1167-1241; S. Aurigemma, Sculture del foro vecchio di Leptis Magna, in Africa italiana, VIII (1940), 1-2, pp. 1-12; G. Caputo, Il teatro di Sabratha e l'architettura teatrale africana, in Monografie di archeologia libica, VI (1959), pp. 9, 33-36; E. Vergara Caffarelli - G. Caputo, Leptis Magna, Milano 1964, pp. 67, 74, 77, 85, 95, 114, 117; O. Sangiovanni, Roma nel deserto: ricerca archeologica in Libia, in Architettura italiana d'Oltremare 1870-1940, Venezia 1993, pp. 92-95; M. Munzi, L'epica del ritorno. Archeologia e politica nella Tripolitania italiana, Roma 2001, pp. 47-49; Diz. enciclopedico italiano, V, p. 672; Grande Diz. enciclopedico (UTET), X, p. 155.