GASTALDI, Giacomo
Nacque, secondo il predicato che accompagna la sua firma nella carta della Spagna del 1544, a Villafranca Piemonte (odierna provincia di Torino), tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo. Sebbene annoverato tra i maggiori cartografi del Cinquecento, le vicende della sua vita fino al 1539 sono ignote né è possibile ricostruire dove e alla scuola di chi abbia acquisito la propria preparazione geografica. I suoi biografi ipotizzano che egli abbia lasciato in gioventù il Piemonte, trasferendosi a Venezia, allora una delle capitali della cartografia, dove risiedette per il resto della vita. Ciò sulla base del fatto che il suo nome appare per la prima volta in una concessione, datata 1539, del privilegio di stampa di un "lunario perpetuo", oggi perduto, con ogni probabilità la sua prima opera.
All'inizio degli anni '40, il G. doveva essere già noto negli ambienti dotti perché cominciò a lavorare a una serie di carte, tra cui una Germania (1542, probabile edizione ridotta di una mappa dalle dimensioni maggiori), dapprima pubblicate separatamente e poi confluite, insieme con altre realizzate appositamente, nell'edizione italiana, a cura di G.B. Pedrezano, della Geografia di Tolomeo (Venetia 1548) aggiornata da S. Münster. Il volume comprendeva 60 carte, 26 delle quali erano le tolemaiche tradizionali e 34 le nuove realizzate dal Gastaldi. Oltre queste, il G. aveva già realizzato in precedenza altre quattro mappe: una Spagna in quattro fogli incisi su rame (1544), una Sicilia pure su rame (1545), un planisfero universale in proiezione ovale (1546) e una carta dei paesi danubiani e delle regioni contermini (1546; l'unico esemplare è conservato nella Biblioteca apost. Vaticana). Pure in quegli anni allestì una grande carta dell'Africa, che non riuscì a pubblicare ma che divenne la base delle sue successive raffigurazioni.
La carta dei paesi danubiani è stata giudicata da R. Almagià il primo lavoro autonomo del Gastaldi. Le precedenti mappe della Spagna e della Sicilia infatti erano state il frutto di materiale passatogli di D. Hurtado de Mendoza e F. Maurolico e quelle preparate per la Geografia presentano qualche imperfezione, dovuta agli anni di lavoro e agli stadi differenti della sua maturazione professionale (per esempio, la mancata uniformità delle coordinate per medesime località riportate in carte diverse o l'adozione, per l'Africa, del sorpassato orientamento sud-nord). Già queste carte testimoniano la pluralità delle fonti utilizzate dal G., che basò il proprio lavoro sul confronto tra i dati tolemaici e quelli dei portolani (più rispondenti alla realtà dei primi ma privi di coordinate), puntando a un raccordo tra le due rappresentazioni e giungendo a esiti notevoli in termini di aderenza alla realtà, leggibilità, ricchezza di dettagli e sobrietà nella resa grafica. Non che anche le carte successive siano prive di alcuni errori di scala e di coordinate (fino a un grado), tuttavia questi errori sono imputabili alle scarse osservazioni contemporanee della latitudine e longitudine e alla difformità di misurazione del miglio per la riduzione in scala, limiti intrinseci della geografia cinquecentesca.
Peraltro l'efficacia del lavoro del G. è provata dalla grande diffusione del suo planisfero ovale, composto secondo una proiezione inventata da F. Rosselli e descritta da P. Apianus, che egli portò a un livello eccellente, tanto da esserne considerato a lungo l'artefice, e che nella seconda metà del secolo fu ripresa da G. De Jode, P. Forlani, F., L. e D. Bertelli, G.F. Camocio, C. Duchetti, A. Ortelius e V. Valgrisi.
Nella prima edizione del planisfero America settentrionale e Asia erano unite (solo il Münster, nello stesso 1546, tracciò una separazione tra i due continenti) e il Rio delle Amazzoni scorreva da sud a nord, ma le successive edizioni, a partire dal 1561, presentano tracciato per la prima volta lo stretto di Anian tra l'America e l'Asia, desunto da M. Polo, e, con proporzioni non troppo dissimili dal vero, la Terra australis incognita, che viceversa appariva in molte carte cinquecentesche, comprese talune contraffazioni di quelle del G., di dimensioni enormi.
Dopo l'edizione di Tolomeo, il G. collaborò a un'altra iniziativa di rilievo nel campo dell'editoria geografica, le Navigationi et viaggi di G.B. Ramusio (Venezia 1550-56). Con il Ramusio anzi il G. intessé un vero e proprio sodalizio, giovandosi delle fonti in materia geografica da lui raccolte e nel contempo fornendogli precisi riferimenti cartografici, sicché è spesso difficile stabilire dove abbia inizio l'opera dell'uno e termine quella dell'altro. Prova di questo legame è che Ramusio nel 1549 affidò proprio al G., che diverrà professore di cosmografia all'Accademia veneziana della Fama, l'insegnamento di questa materia per il proprio figlio Paolo. Inoltre, attraverso la corrispondenza del Ramusio, il G. poté entrare in rapporto con P. Bembo (che chiamerà alla scuola del G. il figlio dell'amico C. Gualteruzzi da Fano) e G. Fracastoro. Mentre direttamente, invece, il G. scambiava lettere con Alfonso d'Este, futuro duca secondo di questo nome, L. Strozzi, P. Badoer, C. Bartoli, G. Delfino, C. Madruzzo, M. Fugger, qualificandosi come cosmografo della Repubblica di Venezia.
L'appoggio di queste eminenti personalità gli permise di avere accesso, anche se non con quella stabilità che avrebbe voluto, ad alcune commissioni pubbliche, cominciando con una consulenza, nel 1548, durante i lavori di costruzione della cappella di S. Maria Nuova a Venezia.
L'anno seguente, il 6 maggio 1549, il Consiglio dei dieci lo incaricò di curare la realizzazione di una grande carta dell'Africa, in tela colorata a tempera, da porre sulla parete interna dalla sala dello Scudo, nel palazzo ducale, rimasto privo delle precedenti carte geografiche per l'incendio del 1483. Il contratto prevedeva la raffigurazione dell'Africa, completa di coordinate geografiche, nomi delle località e piste carovaniere, con il Mediterraneo, le regioni scoperte dai Portoghesi, Brasile compreso, e la terra del Prete Gianni (la regione dell'Etiopia), a fronte di un compenso di 100 ducati e 6 mesi di tempo per l'esecuzione.
Perché potesse lavorare più agevolmente, gli fu anche concesso un locale nella Libreria nuova di piazza S. Marco, allora ancora in costruzione. Il G. non riuscì a rispettare la scadenza dei 6 mesi, ma ottenne una dilazione dimostrando che la scala adottata lo obbligava a raffigurare anche le scoperte degli Spagnoli nelle Indie Occidentali (il G., che lavorava su fonti iberiche, non adottò mai il termine America). Gli venne anche dato un supplemento di 40 ducati per pagare il pittore che aveva scelto per la dipintura della tela, Vitruvio Buonconsiglio.
Il risultato finale piacque e il 9 ag. 1553 i Dieci gli rinnovarono il contratto, questa volta per la decorazione della parete prospiciente il canale della stessa sala, con una carta dell'Asia e della parte settentrionale del continente americano.
Le due tele - che evidenziavano anche il contributo dei veneziani Polo, G. Caboto e A. Da Mosto alle scoperte ispano-portoghesi - avevano un significato politico, oltre che scientifico, e rivestirono la sala per due secoli finché il precario stato di conservazione indusse il Senato nel 1762 ad affidarne il rifacimento a F. Griselini.
Nel 1550 il G. si dedicò ad alcuni calcoli astronomici che finì con l'abbandonare presto, anche per i dubbiosi giudizi del Ramusio in merito. Portò a termine una carta della Moscovia, derivata da quella di S. Herberstein, e chiese il privilegio di stampa per una dell'Asia, giovandosi della collaborazione del viaggiatore M. Membré. Nel 1551 iniziò una lunga collaborazione con la magistratura dei savi alle Acque, cui presentò un disegno della laguna veneta tra l'Adige e il Piave fino al Lido.
Un anno dopo tracciò una carta della Germania, destinata a un notevole successo. Quindi seguì una pregevole carta del Piemonte (1555) incisa in legno da M. Pagano e in rame da F. Licinio (i due principali editori del G., insieme con A. Lafréry), a lungo fatta oggetto di palesi contraffazioni, e una dell'Asia anteriore, prima parte di quella per cui aveva chiesto il privilegio due anni prima.
Nel 1557 il G. venne nominato perito, insieme con I. Pontoni e B. Fracasso, nella complessa disputa sulla possibilità di utilizzare le acque dell'Adige per irrigare la campagna veronese; diede inoltre parere negativo sul progetto, avanzato dalla Comunità di Chioggia, di canalizzare in un nuovo alveo il "retratto" del Gorzone.
In questo periodo il G. raggiunse la piena maturità nella produzione cartografica, difficile da quantificare con esattezza (sono state catalogate almeno 109 mappe a lui riferibili) per gli svariati plagi ed edizioni non autorizzate delle sue carte. Tra il 1559 e il 1560 comparvero un Viaggio da Costantinopoli a Venezia (con imprimatur dell'inquisitore di Venezia Felice Peretti) e una prima parte di un'Asia (cui seguirono altre due nel '61 e, secondo R. Savonarola, una quarta, rappresentante la Siberia), una Grecia, l'Italia e la Geografia particolare di gran parte dell'Europa, in quattro fogli, accompagnata - novità apprezzata dal pubblico - da un opuscolo illustrativo contenente le coordinate di un copioso elenco di località (I nomi latini et volgari d'una gran parte dell'Europa, Venetia 1560, dedicato a G. Jacopo Fuccari).
Negli anni dal 1561 al 1563 il G. preparò una serie di rilievi idrografici del corso del Brenta per i Savi, una carta della Polonia in due fogli e una nuova edizione del suo planisfero (conservato nella British Library di Londra), corredata anch'essa di un libretto esplicativo (La universale descrittione del mondo, edita a Venezia dal Pagano nel 1561 e poi di nuovo nel 1562, sia in italiano sia in latino, ristampata successivamente da G. Caraci nel 1936).
Il volumetto, di 16 cc., presentava una corretta sintesi delle conoscenze geografiche dell'epoca, nonché nozioni sugli elementi della sfera terrestre che richiamano Copernico. Il G. vi delineava una dimostrazione scientifica, originale ma piuttosto empirica, del problema del cambiamento di data nella navigazione intorno al mondo viaggiando verso ovest (in precedenza pare avesse anche inventato un nuovo metodo di calcolo della latitudine e della longitudine, basato sullo studio della congiunzione della Luna con i pianeti e le stelle, questo però ricavato da fondamenti geocentrici e dimenticato presto).
Il G. tentò per due volte di farsi assumere dai savi alle Acque, nel 1561 come proto e nel 1563 come ingegnere, senza riuscire, in entrambi i casi, a ottenere il numero di voti necessario a causa della politica del governo veneziano che gli preferì C. Sabbadino e N. Del Cortivo, perché cittadini e non stranieri. Maggiori soddisfazioni da questo punto di vista le ebbe solo come perito del magistrato dei Beni inculti, per il quale eseguì almeno 14 pregevoli disegni di carattere tecnico-catastale, dal 1557 al 1563.
Nel 1564 portò a termine Natolia et Caramania unitamente a una grande carta dell'Africa in 8 fogli che è tra i suoi capolavori. L'ultima opera del G., tralasciando quelle apparse postume, è un disegno a penna del Corso del Canal del Lio mazor, del 1565.
Nell'anno seguente sopravvennero dei problemi di salute che gli impedirono di portare a termine molte altre carte già delineate. Aggravatosi, il 2 ottobre, nella sua casa "in contra de S. Marcuola appresso S. Girolamo" fece testamento. L'atto, tra i pochi documenti che gettano luce sulla sua vita privata, nomina erede universale del G. la moglie Anzola, ma cita anche un suo precedente matrimonio con una Ieronima, da cui aveva avuto la figlia Isabetta.
Il G. morì a Venezia il 14 ott. 1566.
Postume apparvero una Puglia (1567), una carta del territorio padovano (1568), una dettagliata Lombardia, che raffigura in realtà quasi tutta l'Italia settentrionale (1570, stampata a Roma dal Lafréry), unitamente a una serie di mappe non datate (Corsica, Malta) e riedizioni delle precedenti, più una carta storica, parte di una serie progettata a corredo di un'edizione di Strabone. Numerosi anche i materiali gastaldini incompleti e spesso portati a termine dagli stampatori (è il caso di una nuova Francia e di un Mediterraneo centrale) o magari frutto di estrapolazioni arbitrarie da carte integre (le poche notizie che egli aveva diffuso di sé in vita, unitamente al ruolo tutto sommato di secondo piano svolto a Venezia, resero agevole, già quando era ancora in vita e ancor più dopo la morte fino a tutto il sec. XVII, copiare opere gastaldine senza citare il suo nome).
I celebri atlanti del Lafréry e dell'Ortelius, in verità, citavano il G., ma l'Ortelius cercò di ridurne le scoperte a vantaggio dei propri interventi correttivi, sostenendo peraltro che il piemontese avesse a sua volta copiato dall'arabo Abulfeda (Taqwīm al-buldān), cosa non dimostrata, mentre è provato che utilizzò i lavori di Leone Africano.
Invece permane indiscusso il suo apporto alla cartografia italiana, sia per le carte regionali sia nella raffigurazione dell'Italia intera, come pure, indirettamente, per la reintroduzione della tecnica della stampa di mappe da incisioni in rame.
Considerato, a torto per lungo tempo un mero discepolo del Ramusio, mentre ad ambedue si deve l'uscita della geografia dal tolemaismo, il G. venne riscoperto dalla geografia dopo l'Unità italiana. Alla fine del XIX secolo A.E. Nordenskjöld lo pose al vertice della cartografia europea cinquecentesca e cinquant'anni dopo l'Almagià, tuttora il suo maggiore studioso, ne ricostruì una valida biografia.
Fonti e Bibl.: Un ritratto del G., insieme con quello di altri famosi geografi antichi e moderni, è inciso nel grande planisfero del 1604 allegato al Trattato universale… de tutta la Terra, di U. Monti (ms. nella Bibl. Ambrosiana di Milano, cod. A 260 inf.). Lettere di XIII huomini illustri, a cura di D. Atanagi, Venetia 1560, pp. 733-735; G.B. Lorenzi, Monumenti per servire alla storia del palazzo ducale di Venezia, I, Venezia 1869, pp. 265-268, 277-279; A. Manno - V. Promis, Notizie di J. G., Torino 1881; E. Nordenskjöld, Fac-simile atlas, Stockholm 1889, ad indicem; Id., Periplus, ibid. 1897, ad indicem; Id., Intorno all'influenza dei "Viaggi di Marco Polo" sulla carta dell'Asia di G. G., a cura di G. Di Vita, in Rivista geografica italiana, VIII (1901), pp. 496-511; S. Grande, Notizie sulla vita e sulle opere di G. G., Torino 1902; Id., Le relazioni geografiche fra P. Bembo, G. Fracastoro, G.B. Ramusio, G. G., in Memorie della Società geografica italiana, XII (1905), pp. 94 ss.; Id., Le carte d'America di G. G. Contributo alla storia della cartografia nel secolo XVI, Torino 1906; S. Grilli, Nuovi studi su G. G. e sulla geografia in Italia nel secolo XVI, in Rivista geografica italiana, XIV (1907), pp. 160-171; R. Biasutti, Il disegno dell'Italia moderna di J. G., in Memorie geografiche, IV (1908), pp. 1-68; Id., La carta dell'Africa di G. G. (1554-1564) e lo sviluppo della cartografia africana nei secc. XVI e XVII, in Bollettino della Società geografica italiana, s. 5, IX (1920), pp. 327 ss., 387 ss.; A. Ortelius, Catalogus cartographorum, a cura di L. Bagrow, Gotha 1928, pp. 74-96; R. Almagià, Monumenta Italiae cartographica, Firenze 1929, ad indicem; Id., La carta dei paesi danubiani e delle regioni contermini di G. G. (1546), Città del Vaticano 1939; Id., Intorno ad un grande mappamondo perduto di G. G., in La Bibliofilia, XLI (1939), pp. 259-266; Id., Nuove notizie intorno a G. G., in Boll. della Società geografica italiana, s. 7, XII (1947), pp. 187-189; Id., Monumenta cartographica Vaticana, II-IV, Città del Vaticano 1948-55, ad indices; Id., Documenti cartografici dello Stato pontificio, editi dalla Biblioteca apostolica Vaticana, ibid. 1960, ad indicem; G. Caraci, Note critiche sui mappamondi gastaldini, in Rivista geografica italiana, XLIII (1936), pp. 3-56; R. Gallo, Le mappe geografiche nel palazzo ducale di Venezia, in Archivio veneto, LXXIII (1943), pp. 58-68; A. Kammerer, La decouverte de la Chine par les Portugais au XVIème siècle et la cartographie des portulans, Leiden 1944, pp. 46, 61, 68, 70; Mostra dei navigatori veneti del Quattrocento e del Cinquecento, a cura di T. Gasparini Leporace - M.F. Tiepolo, Venezia 1957, pp. 83-85, 97-99; L. Bagrow - R.A. Skelton, History of cartography, London 1964, ad indicem; E. Heawood, A history of geographical discovery…, New York 1965, pp. 7, 150; G.R. Crone, Maps and their makers…, Chatham 1978, pp. 41, 80, 90; R.V. Tooley, Dictionary of mapmakers, New York 1979, p. 237; Id., Maps and mapmakers, London 1987, ad indicem; N. Broc, La géographie de la Renaissance (1420-1620), Paris 1980, ad indicem; R. Rainero, Attualità ed importanza dell'attività di G. G. "cosmografo piemontese", in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, LXXXVI (1982), pp. 5-13; M. Milanesi, Tolomeo sostituito. Studi di storia delle conoscenze geografiche nel XVI secolo, Milano 1984, passim; R.W. Shirley, The mapping of the world, London 1984, ad indicem; U. Tucci, La cartografia dell'Asia dal G. all'atlante cinese dell'Anville, in Storie di viaggiatori italiani: l'Oriente, a cura di F. Braudel, Milano 1985, pp. 182-198; J. Schulz, La cartografia tra scienza ed arte. Carte e cartografi nel Rinascimento italiano, Ferrara 1990, pp. 94, 107; P.H. Meurer, Fontes cartographici Orteliani, Weinheim 1991, ad indicem; K. Nebenzhal, Atlas of Colombus and the great discoveries, Chicago 1992, pp. 56, 98, 121.