GALLO, Giacomo
Nacque a Napoli presumibilmente intorno al 1475 da Luigi e dalla fiorentina Giulia Della Bella. Apparteneva a un'eminente famiglia amalfitana, trapiantata nella capitale e probabilmente impegnata nella professione giuridica.
Allo stato degli studi, è difficile definire i contorni della figura: le relazioni con il marchese di Pescara, Ferdinando Francesco d'Avalos, con i Brancaccio e la parentela con Bartolomeo Camerario lasciano supporre l'integrazione del G. ai vertici del ceto togato e un contatto, fattosi via via sempre più stretto, con la nobiltà maggiore di Napoli. Non è tuttavia certo che esercitasse professioni legate al mondo del diritto, mentre il possesso di una villa in San Pietro in Paterno, nella zona di Capodichino, dimostra poco più che un'adesione allo stile di vita patrizio. Le fonti indicano con certezza solo la designazione del G. a eletto del Popolo nel 1536.
Il rappresentante del Popolo napoletano partecipava insieme ai nobili al governo della città, con competenza speciale e giurisdizione sull'approvvigionamento di vettovaglie. Da un punto di vista politico, poi, l'eletto interpretava l'aspirazione alla parità tra i ceti nobiliari e il popolo grasso, composto da artigiani, commercianti, banchieri e membri delle professioni.
L'ingresso del G. in carica, nel secondo semestre 1536, coincise con la riorganizzazione del governo cittadino da parte del viceré Pedro de Toledo ed è probabile che questi lo favorì, come aveva agevolato l'ascesa ai più alti gradi di funzionario di Bartolomeo Camerario.
Assai più di questa episodica attività politica, giovò alla memoria del G. la stesura dei Diurnali, un diario-cronaca della città di Napoli dal 1494 al 1536, consistente in circa quaranta volumi manoscritti, di cui rimane però solo il periodo compreso tra il 25 gennaio 1494 e il 5 giugno 1496 (cfr. Diurnali di G. Gallo e tre scritture pubbliche del 1495, a cura di S. Volpicella, Napoli 1846).
Nei Diurnali predominano le notizie politiche: gli unici accenni alla vita quotidiana sono la nascita della figlia Dianora, avuta dalla moglie, Sara Brancati, il 30 luglio 1494, e la distruzione della propria dimora, durante il cannoneggiamento della città del luglio 1495.
L'attenzione si concentra così sulle drammatiche vicende del Regno di Napoli, invaso dall'esercito di Carlo VIII. Il punto di vista del G. è quello del Popolo: denuncia la nobiltà per il suo tradimento di Alfonso II d'Aragona e il suo appoggio al conquistatore; simpatizza con il giovane re Ferdinando II, successo ad Alfonso II dopo l'improvvisa abdicazione del 23 genn. 1495. Dopo la resa di Napoli e l'ingresso di Carlo VIII (il 22 febbr. 1495), il G. segue i movimenti dei "popolari": dapprima l'ostilità verso i ceti nobiliari si concretizza in una ricerca di protezione da parte del nuovo sovrano, che concede il ripristino della carica di eletto del Popolo, soppressa nel 1456; poi (nel giugno 1495), scoppiano i primi tumulti, al grido di "Franza et popolo" (ibid., p. 12); infine, il G. registra la decisiva adesione popolare al tentativo di Ferdinando II di tornare sul trono e la rivolta del 7 luglio 1496, che ne consente il successo.
La cronaca del G. mostra da questo punto una spiccata partecipazione agli eventi: si dice convinto "che mai più [ai Francesi] li venerà voglia de ge venire perché questo Regno è stato sepoltura loro, et tutti furono morti, et saccheggiati" (ibid., p. 14); registra con evidente soddisfazione le vittorie degli insorti chiamandoli i "nostri" o "la gente nostra". La politica del giovane re, del resto, è perfettamente aderente alle aspettative: per consolidare la riconquista del Regno, vengono concesse al Popolo napoletano franchigie e nuove prerogative, anche nelle materie fiscali. In risposta, i popolari armano "per amore", a proprie spese, un esercito, nel quale militano sotto lo stendardo recante il motto: "Inexpugnabile Munimentum Amor Civium" (ibid., p. 25).
Proprio questa aperta presa di posizione del G. renderà i suoi Diurnali la fonte principale della trattatistica che, nei primi decenni del Seicento, si proporrà di esaltare il ruolo politico dei ceti popolari nel contesto sociale napoletano. Il risultato più evidente lo si coglie nell'opera di Camillo Tutini Del origine, e fundatione de' Seggi di Napoli.
Incerta è anche la data di morte del G., che alcuni situano poco dopo il 1536.
Fonti e Bibl.: C. Tutini, Del origine, e fundatione de' Seggi di Napoli… [s.n.t., ma Napoli 1641], pp. 218, 223, 234, 236, 284; M. Camera, Memorie storico-diplomatiche dell'antica città e ducato di Amalfi cronologicamente ordinate sino al secolo XVIII, I, Salerno 1876, p. 648; Catalogo ragionato dei libri, registri e scritture esistenti nella Sezione antica… dell'Archivio municipale di Napoli (1387-1806), a cura di B. Capasso, II, Napoli 1899, p. 327; B. Capasso, Le fonti della storia delle provincie napoletane dal 568 al 1500, a cura di E.O. Mastroianni, Napoli 1902, ad indicem; E. Cochrane, Historians and historiography in the Italian Renaissance, Chicago-London 1981, ad indicem.