FLORIO, Giacomo
Nacque ad Udine, probabilmente nel 1465, figlio unico di Nicolò di Florio da Spalato, e di Margherita Onesti di Nicolò.
La famiglia era di modeste origini, ma non disagiata: sappiamo che il genitore aveva intrapreso con successo l'arte della tintoria nel capoluogo friulano, sicché poté mandare il figlio a studiare giurisprudenza all'università di Padova nel novembre 1486.
Adeguate conoscenze e indubbie capacità intellettuali, insieme ad una grande volontà di emergere, di migliorare il proprio status sociale; ecco perché, essendogli morto il padre, il 23 nov. 1491 sposò Elena Nicolettis di Nicolò, che gli portò in dote 400 ducati d'oro, con cui il F. poté far valere la sua laurea in diritto civile, intraprendendo con successo l'avvocatura in contrada Mercatovecchio.
L'ascesa economica procedette di pari passo con quella sociale: il 29 sett. 1494 era incaricato dell'insegnamento di istituzioni giuridiche, allora attivato ad Udine; nello stesso anno, inoltre, il F. veniva ascritto al Consiglio della città, ed il 18 ag. 1496 otteneva la carica di avvocato fiscale: gli emolumenti non erano elevatissimi, un ducato al mese, ma il ruolo ricopriva una funzione determinante nell'amministrazione urbana, ed infatti il F. lo avrebbe conservato per tutta la vita.
Nel 1497 fu tra i promotori del locale Collegio dei giuristi; quindi, dopo un decennio nel corso del quale siamo privi di sue notizie, il F. figura nel 1507 tra i responsabili della riforma degli statuti di Udine e l'anno seguente venne nominato conservatore dì quel Monte di pietà; quindi, il 16 giugno 1509, venne incaricato di recarsi a Gorizia per chiedere il risarcimento dei danni inferti a taluni villaggi appartenenti alla Serenissima, ma la difficile situazione venutasi a creare dopo Agnadello fece fallire la missione.
Il F. aveva sortito dalla natura un temperamento del tutto alieno dai riti e dai rischi bellici, sicché stupisce di trovarlo, nel settembre 1511, tra quanti, in Osoppo, sostennero l'assedio degli Imperiali; probabilmente, essendosi data Udine al nemico, egli aveva preferito riparare colà presso G. Savorgnan, di cui tutelava parte degli interessi come procuratore e con la cui fazione - filoveneziana - si era schierato in occasione dei torbidi che avevano sconvolto la Patria alcuni mesi prima.
Nuovamente ad Udine, il 29 marzo 1513 il F. entrò per la prima volta a far parte del massimo magistrato cittadino, quello dei deputati ad utilia, della durata di sei mesi; fu proprio in quest'arco di tempo che si verificò la riforma del governo della città in senso aristocratico, ed il F. appoggiò la "serrata", perché il titolo dottorale veniva automaticamente a collocarlo nel rango dei nobili.
La sua immagine di persona gradita al governo marciano fu messa alla prova, e con successo, qualche tempo dopo. Nel febbraio 1514, infatti, una vittoriosa controffensiva degli Imperiali rese questi ultimi momentaneamente padroni di gran parte del Friuli. In seguito però ad un rapido rovesciamento delle fortune militari, così frequente in quegli anni convulsi, il 31 marzo gli Imperiali sgombravano Udine, verso cui si dirigevano le truppe di B. Alviano. Incontro al comandante vittorioso fu allora mandato il F., con altri sei notabili della città, alla quale venne così risparmiato il temuto saccheggio e, soprattutto, la perdita degli antichi privilegi.
La fine dei lunghi anni di ostilità decise la fortuna del F.: nel '515 la Comunità udinese gli alienò un livello perpetuo in pagamento di alcuni suoi crediti; nello stesso anno il F. acquistava dalla famiglia Torsi un edificio nel vicino borgo di San Cristoforo, dove si trasferiva, e nel 1517 inviava il primogenito Ottavio nel ripristinato Studio di Padova: sarebbe stato costui ad assicurare la continuità del casato, in seguito al matrimonio con Elisabetta Manin; degli altri figli Girolamo premorì al padre nel 1537, Tranquilla andò sposa ad Ettore Montegnacco di Gemona, Adriana a Vincenzo de Girardis di Portogruaro, Virginia e Camilla si fecero monache e Faustina rimase nubile.
Troviamo ad Udine il F. in qualità di tutore dei pupilli nel 1514 e nel 1525, incaricato nell'agosto del 1516 di negoziare la restituzione dei beni ancora una volta depredati dai Goriziani, commissario di un lascito a Nimis nel 1517, nuovamente deputato ad utilia nel 1518 e, nello stesso anno, tra i sei ambasciatori incaricati dal Parlamento friulano di ottenere da Venezia la ratifica di talune deliberazioni concernenti i contratti livellari ed i patti agrari. Il 22 novembre dello stesso 1518 il F. fu a Verona insieme con E. Strassoldo, per trattare con gli agenti imperiali la soluzione di certe vertenze relative alle Comunità ffiulane: questa missione si sarebbe più tardi rivelata di decisiva importanza nella vita del Florio.
Nel 1520, infatti, troviamo nuovamente il F. a Verona, stavolta in qualità di vicario del podestà Lonardo Emo, che intendeva sfruttarne l'esperienza veronese, dal momento che colà stavano svolgendosi le trattative tra i commissari di Carlo V e dell'arciduca Ferdinando da una parte, e l'incaricato veneziano F. Pesaro dall'altra, al fine di giungere ad una definizione dei rispettivi confini.
Per questa ragione il F. fu anche convocato a Venezia; due mesi dopo, inoltre, il Senato decideva di inviarlo ai negoziati che sarebbero proseguiti a Worms, in qualità di consulente dell'ambasciatore Francesco Corner.
Il F. giunse a Worms alla metà di febbraio del 1521. I colloqui del Corner e del F. con il cancelliere imperiale Mercurino da Gattinara, o i suoi delegati, durarono circa tre mesi: particolarmente spinosa risultò la condizione di alcuni villaggi che la Repubblica aveva assegnato in feudo a G. Savorgnan; pertanto alla fine di marzo il F. scriveva alla Signoria suggerendo di rinunciare a quest'ultima pretesa e di procedere alla ratifica dei capitoli concordati.In riconoscimento dell'opera prestata, il 2 maggio l'ambasciatore veneziano, in base alla facoltà trasmessagli con diploma imperiale, creava il F. conte palatino e il 6 giugno riceveva l'elogio del suo principe, a palazzo ducale.
Il 18 ag. 1521, mentre ricopriva nuovamente la carica dì deputato ad utilia (lo sarebbe stato anche nel 1525 e nel 1526), il F. era a Venezia con altri cinque inviati della Patria, per rallegrarsi dell'assunzione al trono di Antonio Grimani, cui rivolse la rituale orazione latina. Nel 1522 venne incaricato dalla Comunità di Udine di redigere gli elenchi dei titolati e dei cittadini; quindi, in seguito al trattato di alleanza tra la Serenissima e Carlo V (29 luglio 1523), che confermava i precedenti accordi di Worms, il 20 ag. 1523 il F. ed altri due deputati vennero inviati dal Senato a Gradisca e poi a Gorizia, onde sovraintendere alla restituzione dei beni dei sudditi veneti. Non tardarono peraltro ad emergere contrasti con il commissario imperiale Vito Della Torre, sicché il 18 ottobre il F. fu convocato a Venezia, dove gli venne conferita più ampia delega ed il rango di nunzio, mentre per conto degli Arciducali le commissioni passavano ad Erasmo di Domberg. Per tutto il resto dell'anno e anche nei primi mesi di quello successivo, il F. fece la spola tra Udine, Gorizia, l'Istria e Venezia, adoperandosi per condurre a buon fine una questione la cui soluzione si sarebbe tuttavia protratta ancora a lungo.
Qualche settimana dopo, in occasione di una nuova convocazione a Venezia, il F. presentava il conto dello zelo dispiegato; ci informa il Sanuto che il 23 maggio 1524 venne letta in Collegio una supplica del F., "qual si ha faticato, e si fatica, qual è qui per aver questi confini dil Friul con li cesarei, richiede il dominio civil di tre ville per lui recuperate che teniva todeschi tra Maran e Gradisca": si trattava di Campolongo, Bagnaria e Biancada, ma - continua il Sanuto - "il Consejo mormorò" e così la richiesta finì per essere ridimensionata, sicché il 7 luglio "fu posto li sia dato in vita soa e di soi fioli legittimi 50 stera di frumento et 50 mastelli di vin di la gastaldia di Cividal di Friul".
Il F. dovette pertanto accontentarsi di questa rendita (che andò ad aggiungersi alle cospicue proprietà da lui già acquistate a Brazzano, Persereano e Cavallico), rinunciando agli ambiti diritti signorili; né per questo cessò di sentirsi "marchesco", come dimostra la collaborazione fornita nella primavera-estate dello stesso 1524 a Carlo Contarini, incaricato di proseguire a Vienna le trattative confinarie; per il diplomatico stese una Informazione sui capitoli di Worms, datata 12 ott. 1524 e conservata tra le carte segrete del Collegio.
Negli anni che seguirono il F. si divise tra frequenti viaggi a Venezia e lunghe permanenze ad Udine dove fu, fra l'altro, riformatore dello statuto civico nel 1527 e fra i tre membri della giunta cittadina nel 1528 e nel 1530.
Con l'aprirsi degli anni Trenta prese ad assentarsi sempre più a lungo dal Friuli, forse per lasciar spazio ai figli che gli erano subentrati nella professione forense, forse perché incapace di rifiutare la sua opera a quel governo marciano nei cui confronti provò sempre ammirazione ed orgoglio e di cui subiva il fascino.
Seguì pertanto come vicario a Vicenza il podestà Andrea Gritti (1532), quindi passò a Padova con Agostino Da Mula, senza peraltro portare a termine l'incarico, poiché - nell'imminenza della riapertura delle trattative concernenti le vertenze confinarie austrovenete - il 24 marzo 1533 la Signoria decideva di inviare nella sede prescelta, cioè Trento, il F., insieme con Matteo Avogadro e Andrea Rosso, affinché coadiuvassero l'azione diplomatica affidata a Giovanni Dolfin.
Ancora una volta sorsero difficoltà, talché il 15 giugno - riferisce il Sanuto - i delegati veneziani denunciavano la malafede dei commissari imperiali, che "tutti noi stomacò"; occorre però ricordare che, oltre alle definizioni confinarie, c'erano in ballo anche le complesse questioni della giurisdizione aquileiese (nella circostanza - afferma lo Joppi - il F. scrisse una Difesa dei diritti del patriarcato d'Aquileia) e delle proprietà dei Vendramin a Latisana, già appartenute ai conti di Gorizia. In ottobre le delegazioni si recarono in Istna, poi a Gradisca, quindi rientrarono a Trento, dove la presenza del F. (cui si deve la decisione, da parte veneziana, di rinunciare a Tolmino) è documentata sino all'agosto 1534, quando le conferenze vennero sospese. I lavori ripresero nel febbraio successivo e si conclusero in luglio; per conferire a quanto previsto una definitiva sanzione, nell'ottobre il F. dovette recarsi nuovamente in Istria, a Pisino, a dirigere la posa dei cippi confinari.
Il F. fu ancora vicario a Brescia, nel 1537, con Giacomo Marcello; a Treviso nel 1538 con Girolamo Zane; a Padova nel 1541 con Andrea Mocenigo.
Qui però, all'inizio dell'estate dell'anno seguente, fu colto da apoplessia e perdette l'uso della favella. Rimase in queste condizioni per alcuni giorni, dopo di che chiese di essere trasportato a Udine; giunto a Portogruaro presso la figlia Adriana, morì il 22 luglio 1542. Fu sepolto ad Udine, nella tomba da lui fatta costruire nella chiesa di S. Maria del Castello.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Collegio secreta. Lettere, filze 7-8, 12-14; Collegio deliberazioni secreta, reg. 56, c. 129r; L. e G. Amaseo - G.A. Azio, Diarii udinesi dall'anno 1508 al 1541, a cura di A. Ceruti, Venezia 1884, pp. XI, XIII ss., 92, 261, 539; M. Sanuto, Diarii, XXII, XXVI, XXIX-XXXI, XXXIV-XXXVI, XXXVIII-XXXIX, XLIV-XLV, LII, LVII-LVIII, Venezia 1888-1903, ad Indices; G.G. Capodagli, Udine illustrata… Udine 1665, pp. 291-302; V. Joppi, Alcune notizie sulla vita di G. F. giuriconsulto udinese del sec. XVI, Udine 1862; F. Di Manzano, Cenni biografici dei letterati ed artisti friulani dal sec. IV al XIX, Udine 1885, pp. 88 ss.; G. De Renaldis, Memorie storiche degli ultimi tre secoli del patriarcato d'Aquileia (1411-1751), Udine 1888, pp. 206, 226; A. Sacchetti, Per il possesso di Tolmino. Episodio di storia cividalese, in Nuovo Arch. veneto, n.s., X (1905), pp. 64 s., 73, 79, 81, 85, 88; A. Battistella, Udine nel sec. XVI. L'ordinamento interno della città, in Memorie stor. forogiuliesi, XVIII (1922), pp. 177, 190; F. Bonati Savorgnan d'Osoppo, Aspetti della personalità di G. Savorgnan, ibid., XLVII (1966), p. 85; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini..., III, 4, a cura di E. Martellozzo Forin, Padova 1982, p. 68; A. Viggiano, Governanti e governati, Treviso 1993, p. 287; R. Corbellini, Una generazione per l'altra..., in Interni di famiglia, a cura di R. Corbellini, Udine 1994, pp. 122 ss.; Diz. biogr. degli Italiani, XXVIII, p. 128.