FIOCCHI, Giacomo (detto Mino)
Nacque a Lecco il 28 sett. 1893 da Giulio e Giuseppina Cantù, quinto di otto fratelli di una famiglia di industriali, produttori di munizioni militari. Frequentò il liceo classico "Beccaria" a Milano, dove la famiglia si trasferì alla fine del secolo. Nel 1911 iniziò gli studi di architettura presso la Scuola superiore del politecnico di Milano, diretta da G. Moretti.
Questi era allora un importante esponente di quella cultura eclettica milanese da cui prese le mosse il liberty: il gruppo di giovani studenti, formato da G. De Finetti, E. Lancia, G. Muzio, G. Ponti e dal F., sviluppò un rigoroso linguaggio architettonico, basato sui principi d'ordine e semplicità dell'architettura classica visti con lo sguardo metafisico del primo moderno; questo movimento prenderà il nome di "Novecento milanese" e si porrà come alternativa al razionalismo dei più giovani, quali F. Albini, I. Gardella, G. Terragni, e il gruppo B.B.P.R. (G.L. Banfi, L. Belgioioso, E. Peressutti ed E.N. Rogers).
Il periodo militare, trascorso con Muzio nel Veneto durante la prima guerra mondiale, divenne un importante momento nella formazione di architetto del F.: l'influenza dell'architettura palladiana, lì visitata e studiata, diventò un suo costante riferimento. Si laureò nel 1919 e iniziò a collaborare nello studio di via S. Orsola, cenacolo d'arte formato dai giovani architetti con cui aveva condiviso gli studi e l'esperienza bellica. Nel 1921 iniziò l'attività professionale in proprio vincendo il primo premio ex aequo nel concorso per il piano regolatore e l'edificazione dell'Isola Comacina. Partecipò nel 1930 alla IV Triennale di Monza e ricevette una medaglia d'oro per un interessante progetto di villa sul lago.
Condivise la sua unica esperienza razionalista con Lancia, M. Marelli e G. Serafini nel progetto per la V Triennale di Milano del 1933.
Il F. sviluppò uno stile personale di semplificazione formale degli elementi classici dell'architettura; lavorò tutta la vita seguendo un processo di studio e di reimpiego di forme tratte soprattutto dall'architettura palladiana e da quella neoclassica lombarda. Mantenendosi sulle proprie scelte con rigorosa coerenza, il F. disegnò tutta la sua opera con lo stesso preciso tratto a matita; non ebbe mai collaboratori e i suoi progetti raramente subirono l'influenza dei movimenti artistici, con cui aveva peraltro frequenti contatti.
Partecipe della forte tradizione familiare nel campo dell'industria, con la moglie Sita e tre figli, si impegnò a realizzare strutture e servizi per gli operai della ditta di famiglia: la scuola materna a Belledo di Lecco del 1928, le case popolari a Pescarenico di Lecco del 1929 e le case operaie a Belledo del 1939. Ricevette numerosi incarichi dai suoi stessi familiari: case milanesi. ville sul lago, baite di montagna.
In particolare si ricorda la casa Fiocchi in via Cernaia a Milano del 1926, una delle prime opere costruite: in questo palazzetto urbano applicò alla facciata lesene classiche di un ordine gigante semplificate, facendo diretto riferimento agli ordini giganti di Palladio, ma soprattutto al neoclassico palazzo Saporiti di corso Venezia a Milano.
Il F. continuò a frequentare G. Ponti e il Muzio anche se si mantenne sempre isolato professionalmente, lavorando per una committenza formata soprattutto dagli amici frequentati nei salotti della borghesia milanese. Costruì la maggior parte delle opere progettate: in particolare si ricordano le importanti case e ville per le famiglie Falck, Campanini e Monzino, realizzate a Milano tra le due guerre. Partecipò alla vita culturale milanese, frequentando il cenacolo di via Bagutta, luogo di ritrovo dei più importanti artisti. Dal 1955 fece parte della commissione edilizia del Comune di Milano.
Morì l'11 genn. 1983 ad Appiano Gentile (Como).
"L'architetto Mino Fiocchi ha un gusto singolare e pacato, sia che rinnovi, come nella breve facciata della casa in via Cernaia, motivi tipicamente lombardi, sia che chiuda nel semplice parallelepipedo di giuste e armoniche proporzioni una villa a Lecco, o rievochi accordi più antichi nella casa operaia sulle rive dell'Adda. Sono da ammirare la sobrietà e il peso degli elementi architettonici, la perfetta conoscenza e l'impiego dei materiali, la perizia del costruire" (G. Muzio, Alcuni architetti d'oggi in Lombardia, in Dedalo, XI [1931], 8, p. 1). Questi brevi appunti di un amico ben descrivono tutta l'opera architettonica del F., opera intesa come approfondimento intorno a pochi temi: il rapporto con l'architettura classica, in particolare palladiana, l'importanza dei sito e la valorizzazione del paesaggio, l'aspetto costruttivo e il controllo dei materiali.
Nella sua biblioteca si trovavano pochi libri, ma questi indicavano precisi interessi: quelli più importanti su Palladio, a partire dalle bellissime edizioni delle fabbriche palladiane di O. Bertotti Scamozzi, insieme con le raccolte di fotografie sull'architettura del Rinascimento toscano; parte consistente della sua biblioteca era inoltre dedicata ai libri sui giardini e sulle piante; ebbe inoltre una rara edizione originale di Civic Art - American Vitruvius, il volume curato nel 1922 da W. Ilegemann e C. Peet sull'arte di costruire le città. Lavorò fino alla fine degli anni Settanta, progettando e costruendo moltissime abitazioni. Il tema delle tipologie residenziali, dalla casa popolare alla villa, dal palazzo urbano al rifugio di montagna, fu argomento di ricerca di tutta la sua vita, a parte poche eccezioni, come i primi concorsi per i monumenti a Monza e a Genova, e alcuni progetti di architettura sacra. Anche quando si cimentò in opere di carattere pubblico, quali ad esempio la Banca popolare di Lecco, la scuola di Belledo o il municipio di Oggiono, i suoi riferimenti furono le ville rinascimentali toscane o venete.
Il rapporto con il paesaggio assunse un ruolo fondamentale già nel progetto del 1921per l'Isola Comacina e in quello per una villa sul lago del 1930, in cui risolse con una serie di dislivelli l'affaccio verso il lago; nelle realizzazioni di ville il progetto si sviluppò sempre dalla definizione degli affacci e dello spazio libero su assi prospettici e percorsi tesi a modificare anche la pianta dell'edificio stesso, così come avviene nelle ville Fiocchi o nelle cappelle sui monti. Il F. progettò anche i giardini, definendoli fin nelle coloriture dei cespugli.
Con passione seguiva un cantiere fino nel disegno dei singoli elementi d'arredo, lavorando con precisione artigianale i materiali semplici dell'architettura: il mattone, l'intonaco, il legno e la pietra. Le pietre naturali locali, come il serpentino di casa Campanini del 1941 o la breccia lombarda della casa del senatore Falck, realizzata a Milano nel 1938, diventarono esse stesse elemento decorativo delle facciate. Insieme con la casa Monzino di via Telesio, costruita nel 1955con l'elegante semplicità dell'intonaco bianco, queste case rappresentano forse le opere più interessanti, sia per il loro impianto planivolumetrico, sempre articolato con logge, corti e giardini, sia soprattutto per la ricerca stilistica: in questi esempi infatti l'applicazione di forme classiche, che avviene senza mediazione nelle ville, subisce un interessante processo di elaborazione critica.
Fonti e Bibl.: F. Reggiori, Casa Fiocchi a Milano dell'arch. Mino F., in Architettura e arti decorative, VI (1926-27), pp. 322-325; E. Lancia, Androni e atrii d'entrata di alcune case moderne in Milano, in Domus, 1 (1928), pp. 8-11; R. F., Due costruzioni montanine dell'arch. Mino F., ibid., VIII (1928-29), pp. 232-235; T. Buzzi, Villa Fiocchi a Castello sopra Lecco, in Domus, III (1930), 3, pp. 19-26; G. Canella - V. Gregotti, Il Novecento e l'architettura, in Edilizia moderna, 1963, n. 81, p. 10; M. Grandi - A. Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Bologna 1980, pp. 140, 155, 159, 209, 302; C. Fiocchi, M. F. architetto, mezzo secolo di progetti, Milano 1981; G. Gambirasio - B. Minardi, G. Muzio. Opere e scritti, Milano 1982, p. 259; M. Boriani - C. Morandi - A. Rossari, Milano contemporanea. Itinerari di architettura e urbanistica, Torino 1986, pp. 119, 137, 155, 204; Mino F. architetto, Lecco 1986; A. Burg, Novecento milanese, Milano 1991, pp. 79 s., 196 s. e passim.